martedì 18 febbraio 2020

A 50 km da Göbekli Tepe: le enigmatiche sculture di Nevali Cori. - Sabina Marineo


Carta della Penisola Anatolica. A nord-est, nei pressi di Sanliurfa, il sito di Göbekli Tepe. A poca distanza, a nord-ovest di Göbekli Tepe, il sito di Nevali Cori oggi sommerso dalle acque.

Situato sulle allora fertili pendici dei monti Tauro e attraversato dal fiume Kantara, un affluente dell’Eufrate, l’insediamento di Nevali Cori si trovava in una posizione strategica. Ma se migliaia di anni fa il corso d’acqua aveva invitato i primi agricoltori a costruirvi il loro insediamento, nella seconda metà del XX secolo furono proprio quelle stesse acque a decretarne la definitiva sparizione.
le enigmatiche sculture di Nevali Cori
Probabilmente una struttura sacra, il misterioso edificio rettangolare portato alla luce a Nevali Cori. Nel centro è ancora visibile un pilastro del tipo di Göbekli Tepe. Nella fossa vuota si ergeva un tempo il suo gemello.

Sin dal 1975 le autorità turche avevano incaricato l’archeologo tedesco Harald Hauptmann, dell’Università di Heidelberg, di mettere in salvo i reperti archeologici della regione. Il team diretto dal professor Hauptmann lavorava in collaborazione con il Museo Archeologico di Sanliurfa. Poi, in vista della costruzione della Diga di Atatürk, la situazione precipitò. Era inevitabile che le acque trattenute dall’imponente barriera, generando un enorme lago artificiale, inghiottissero il territorio anatolico, facessero sparire centri abitati e vestigia del passato. Bisognava salvare il salvabile senza perdere tempo. Dunque furono organizzate a Nevali Cori sette campagne di scavo, dal 1983 al 1991. Una corsa contro il tempo: recuperare il più possibile dal sito archeologico prima che fosse troppo tardi.
Più di 100.000 oggetti furono messi in salvo dal team di Hauptmann mentre il livello delle acque aumentava con una velocità di dieci centimetri al giorno. Nella primavera del 1992 Nevali Cori sparì, portando via con sé l’eco di presenze millenarie. Oggi nel Museo Archeologico di Sanliurfa, accanto ai reperti mozzafiato della vicina Göbekli Tepe, è possibile ammirare anche quelli non meno intriganti recuperati a Nevali Cori.
le enigmatiche sculture di Nevali Cori                    Testa di animale selvatico, forse predatore. Nevali Cori. ca. 8600 a. C.
Il sito fu abitato dall’8600 all’8000 a. C., ciò significa che Nevali Cori è uno dei centri abitati più antichi di cui si abbia notizia. In seguito ai lavori di scavo di Hauptmann, vennero alla luce delle capanne più antiche di pianta rotonda e più di 20 edifici più “recenti” di pianta rettangolare e fondamenta in pietra che misuravano in media 18 x 6 metri e circa 2 m di altezza. Erano stati costruiti a una certa distanza l’uno dall’altro, come dei bungalow. Il tetto era fatto di travi di legno, canne e fango poggiato su una struttura in muratura. L’interno della casa standard era costituito da una stanza principale di abitazione e altre due o tre camere che espletavano la funzione di officine e/o magazzini per le provviste.
Sotto la pavimentazione della stanza principale, vi era un’ingegnosa rete di intercapedini, attraverso le quali circolava l’acqua del fiume Kantara e che costituiva, quindi, un sistema di climatizzazione anti litteram. Un’ottima soluzione, sia per gli abitanti che ne approfittavano nei periodi più caldi, sia per la conservazione delle provviste alimentari. I focolari erano posizionati fuori dalle case, all’aperto. Sotto la pavimentazione delle abitazioni furono trovati inoltre resti di sepolture, ad alcuni dei defunti era stata asportata la testa.
Anche un edificio di culto emerse dalle polveri dei millenni, una costruzione situata a sud-est dell’area abitata con pavimento a terrazzo, di pianta perfettamente quadrata e una lunghezza di 13 m. Soprattutto qui si evidenziò il collegamento stretto con la vicina Göbekli Tepe. Nel mezzo di questo santuario si ergeva infatti un enorme pilastro a forma di tau, proprio come quelli che caratterizzano i templi di Göbekli Tepe. Doveva trattarsi di genti che si riconoscevano nella medesima cultura.
le enigmatiche sculture di Nevali Cori   Scultura itifallica. Nevali Cori
Una decina di millenni fa, l’insediamento di Nevali Cori era circondato da ampi terreni fertili su cui sorsero i primi campi che costituivano la base economica di una popolazione di cacciatori sempre più dedita alla coltivazione di grano e spelta e all’allevamento del bestiame. Di quali animali si nutrivano gli abitanti di Nevali Cori? In base alle ossa ritrovate in situ, gli archeologi hanno rilevato la presenza di capre, pecore, manzi (gli stessi manzi che, un giorno, avrebbero “conquistato” l’Europa) e maiali. I resti fossili hanno segnalato tuttavia anche il grande consumo di selvaggina, che rivestiva un ruolo predominante nella dieta alimentare di queste genti. Cacciavano gazzelle, uri, cavalli, cinghiali, cervi e lepri. Stiamo parlando infatti del periodo di transizione da un tipo di società di cacciatori raccoglitori ad una basata in primis sull’economia agricola.

Stessi pilastri, un culto comune. Ma prevale la dimensione umana.

Dunque, come ho scritto più sopra, il pilastro a forma di tau scoperti a Nevali Cori rappresenta la continuità del pensiero religioso-culturale di Göbekli Tepe. Anch’esso è antropomorfo. Osservandolo attentamente, si distinguono i rilievi delle braccia e delle mani. Anch’esso è acefalo. Ma altre sculture di Nevali Cori muovono un passo in altra direzione. Se i pilastri di Göbekli Tepe rappresentavano individui appartenenti a un’altra dimensione dal valore esclusivamente simbolico, le sculture di Nevali Cori mostrano invece individui più vicini, nella loro completezza, con volti umani, anche se ancora intrappolati nell’universo magico del sacro. Gli archeologi Thomas Voß e Michael Zech osservano a tale proposito:
“Le circa 700 figurine di terracotta scoperte a Nevali Cori evidenziano questo: 30 di esse rappresentano animali e 670 individui dalle sembianze umane suddivise, a parità di numero, in donne nude e uomini vestiti di una corta gonna. Figure di questo tipo suggeriscono un immaginario imperniato sullo sciamanismo, in cui, come a Göbekli Tepe, un ruolo predominante spetta ai serpenti e agli uccelli. ”
le enigmatiche sculture di Nevali Cori  Testa umana. Nevali Cori.
Figurine di terracotta trovate al di fuori delle abitazioni, in pozzi comuni, per lo più rotte, come se fossero state volutamente spezzate e gettate lì dopo aver perduto il loro valore, la funzione magica originaria. Le figurine femminili rappresentano sculture di donne incinte, donne con un bimbo in grembo, donne sedute. Tenendo conto della pari frequenza di immagini maschili e femminili, si potrebbe pensare che avessero avuto un significato allegorico, rappresentativo, usate nel corso di cerimonie religiose/magiche concernenti entrambi i sessi, come ipotizza l’archeologo Michael Morsch.
E chi mai avrà rappresentato la misteriosa testa umana trovata invece nella nicchia dell’edificio di culto? Più grande di una testa di grandezza naturale, di essa si è conservata soltanto la parte posteriore. Calva, liscia, attraversata da un serpente che striscia verso l’alto. Lo stesso serpente che così spesso appare sui pilastri di Göbekli Tepe. Il frammento di una ciotola di pietra calcarea è splendido e intrigante allo stesso tempo. Ornato da un rilievo che mostra individui dal grosso ventre, danzanti spalla a spalla accanto a tartarughe. Donne incinte? Il richiamo a un rito della fertilità? Nel medesimo edificio di culto vennero alla luce anche i frammenti di un’altra singolare scultura. Una sorta di palo-totem, formato da teste umane sormontate da un uccello. Un reperto unico nel panorama dell’archeologia preistorica in terra d’Anatolia.
Poi c’è un’altra testa, questa volta con un volto, denominata scherzosamente la “Monna Lisa di Nevali Cori” e misura circa 50 cm di altezza: la testa di una donna i cui capelli sono raccolti in una complicata pettinatura, forse tenuti insieme da una retina, sulla sommità del capo. E un’ulteriore sorpresa. Osservando con maggiore attenzione, sembra di riconoscere i contorni d un uccello che tiene fra le zampe il volto della Monna Lisa di Nevali Cori. Un altro volto, ancor più misterioso, rivela soltanto lineamenti schematici. Forse rappresentava una maschera usata durante le cerimonie sacre? Oppure il volto di un defunto?
Nevali Cori. L’importanza di questo sito è evidente, soprattutto in quanto testimone di quel fatidico passaggio dalla vita nomade dei cacciatori raccoglitori a quella sedentaria agricola degli allevatori di bestiame anatolici che, nel corso dei millenni, esportarono le loro tecnologie in Europa, dando luogo a quella che viene chiamata la “rivoluzione neolitica”. Dall’Anatolia alla Grecia, sino all’Europa centro-orientale, là dove si diffondeva la Cultura della ceramica lineare, là dove sorgevano le prime comunità agricole danubiane.
 Parte posteriore di testa umana con serpente. Nevali Cori. Fu scoperta in una nicchia dell’edificio rettangolare. Impressionante è lo stile scultoreo del serpente che richiama subito alla mente i rilievi di Göbekli Tepe.
Ora Nevali Cori si nasconde sotto un ampio specchio d’acqua. Il terzo lago, per grandezza, della Turchia. In una vecchia intervista rilasciata alla rivista “Spiegel” nel 1991, il professor Hauptmann si dimostrava piuttosto ottimista. Si diceva convinto che, fra due o tre generazioni, gli agenti erosivi avrebbero messo fine alla funzione di contenimento della diga di Atatürk, liberando le acque. Nuove generazioni di archeologi avrebbero potuto riprendere i lavori a Nevali Cori. Ma la diga, una delle più grandi del mondo, il pomo della discordia fra la Turchia e le nazioni vicine nella feroce guerra per l’acqua e l’economia agricola, è ancora là. Nonostante l’erosione distrugga poco a poco le rive del lago che si sgretolano e precipitano nelle acque. E Nevali Cori aspetta.

Renzi in Pakistan a sciare con l’alta finanza, M5s: ‘Vacanze sono sua priorità’. Lui: ‘Devo chiedere permesso al tribunale dell’antirenzismo?’

Renzi in Pakistan a sciare con l’alta finanza, M5s: ‘Vacanze sono sua priorità’. Lui: ‘Devo chiedere permesso al tribunale dell’antirenzismo?’

In una foto pubblicata sui social dal primo ministro pakistano il leader di Italia Viva è presente a un aperitivo di lavoro con alcuni componenti del board di Afiniti, una società di intelligenza artificiale. Il motivo del viaggio, a leggere Imran Khan, è "vacanza sciistica". Di certo la presenza dell'ex premier in Pakistan coincide con il momento complesso dell'esecutivo di cui Renzi fa parte: difficoltà create proprio dall'ex Rottamatore.

La foto è stata pubblicata il 15 febbraio alle ore 8.31 dal primo ministro del Pakistan Imran Khan ed è stata ripresa nell’edizione odierna del quotidiano La Verità di Maurizio Belpietro: un giardino, il sole, un gruppo di persone attovagliate attorno a un tavolo per il classico aperitivo. Ciò che salta all’occhio non è tanto l’arredamento dozzinale da pensione vista mare, quanto la dicotomia tra il modesto salottino e il calibro delle personalità presenti al convivio. L’elenco è proprio del primo ministro pakistano: c’è lui, la principessa Beatrice di York, l’ex premier spagnolo Josè Maria Aznar, alcuni finanzieri tra cui Muhammad Ziullah Chishti, l’ex ambasciatore pakistano negli Stati Uniti Ali Jehangari Siddiqui e l’ex presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi.

Motivo dell’incontro? A leggere il post di Imran Khan si tratterebbe di “sky-trip“, ovvero “vacanza sciistica”. Insomma, a sentire il primo ministro pakistano il leader di Italia Viva si trovava in Pakistan per sciare. Leggendo il quotidiano di Maurizio Belpietro, però, emerge un altro aspetto: nel gruppo di “amici” ritratti nello scatto in questione, ci sono almeno tre persone che hanno legami forti con Afiniti, una società di intelligenza artificiale: si tratta di Aznar, attualmente nel board di Afiniti, che tra i fondatori vede anche Ziullah Chishti e come ex membro del cda (al pari di David Cameron) Jehangari Siddiqui. Collegamenti tra la presenza di Renzi e la società di intelligenza artificiale? Nessuno può dirlo. Ciò che appare certo, invece, è che nei giorni in cui il governo italiano è attraversato da forti fibrillazioni interne, colui che ha provocato queste tensioni si trovi in Pakistan, nella più semplice delle ipotesi per sciare
La conferma direttamente da un tweet di Matteo Renzi, che parte dalla natura incontaminata del Pakistan per arrivare alla situazione italiana: “Ci sono momenti in cui è bello riscoprirsi a riflettere, ammirando la natura incontaminata. Anche a 4.000 metri. E quassù non ci sono polemiche ma solo tanta bellezza. Ci aspettano giorni impegnativi, buona settimana a tutti”.

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La foto ha creato molte polemiche. Tra i primi a parlare il sottosegretario all’Interno Gianluca Castaldi (M5s): “Informo lo ‘sciatore pakistano'”, ha scritto su Twitter, “che qua stiamo lavorando sodo. Si goda la vacanza, potrebbe essere una delle ultime a spese degli italiani”. A lui ha replicato, intervenendo in difesa di Renzi, il viceministro al commercio estero di Italia viva Ivan Scalfarotto: “Non credo sia ammissibile che un sottosegretario di Stato, e per di più ai rapporti con il Parlamento, si esprima così. La Costituzione richiederebbe a chi ricopre funzioni pubbliche disciplina e onore: sull’onore non indago, ma la disciplina è andata totalmente perduta”. Per i 5 stelle si è esposto anche il viceministro dello Sviluppo economico Stefano Buffagni: “Mentre il M5s lavora per gli italiani”, ha scritto su Facebook, “Renzi si fa una vacanza mondana. C’è chi come noi lavora per gli italiani, e poi c’è chi preferisce farsi una vacanza a sciare con l’alta finanza in Pakistan. Gli italiani ci chiedono risposte, ci chiedono lavoro, crescita, giustizia, equità. Queste sono la priorità! Altro che weekendini mondani in montagna! Ognuno è libero di fare ciò che crede… Ma per il Movimento 5 stelle stare al governo significa mettere i cittadini al primo posto e risolvere i loro problemi!”.

Alle polemiche Renzi tramite la sua enews, giustificando la sua assenza: “Avevo preso l’impegno di incontrare il presidente della Repubblica, il primo ministro, il capo dell’esercito a Islamabad assieme all’ex premier spagnolo José María Aznar. Un politico degno di questo nome ha anche relazioni internazionali. Se ad altri non capita non so che farci. Poi, con alcuni amici, siamo andati due giorni a sciare a 4.000 metri, in luoghi bellissimi”. E ha chiuso: “Posso fare due giorni sugli sci o devo chiedere il permesso al Tribunale dell’antirenzismo?”.

Il mantra degli affari sulla vetta del mondo per il Paulo Coelho di Rignano sull’Arno. - Daniela Ranieri

Renzi dal Pakistan: «Se cade il Conte bis, nuovo governo e niente elezioni»
– “Ci sono momenti in cui è bello riscoprirsi a riflettere, ammirando la natura incontaminata. Anche a 4.000 metri. E quassù non ci sono polemiche ma solo tanta bellezza”. Le parole, come avrete capito dalla loro sconcertante banalità, sono di Matteo Renzi, il Paulo Coelho del Valdarno. Sembra di vederlo, seduto nella posizione del loto, mentre medita e recita mantra coi monaci del posto bevendo tè masala. Gli è che il Nostro, dopo aver posizionato i candelotti di dinamite nelle Istituzioni, è partito per le nevi del Pakistan. Sappiamo cosa state pensando: ma come, fino all’altro ieri era qua che minacciava di far cadere il governo sulla prescrizione, e adesso è già sulla vetta del mondo che si atteggia a Dalai Lama, staccato dalle cose terrene, tipo Brad Pitt dopo 7 anni in Tibet? Purtroppo il primo ministro pakistano Imran Khan ha rovinato l’eterea visione, pubblicando sui social una foto che immortala i suoi compagni di “ski-trip” (vacanza sciistica): attorno a un tavolo da giardino, in un cortile che potrebbe pure essere quello del resort “Il Coccio” dell’amico Marcucci in Garfagnana, siedono la principessa Beatrice di York (figlia di Andrea, amico di quell’Epstein arrestato per traffico di minori e suicida), l’ex premier spagnolo Aznar, il finanziere paki-americano Zia Chishti, l’ex ambasciatore pakistano negli Usa Ali Jehangari Siddiqui, un capo della Tim più altri milionari in petrodollari, e infine, spaparanzato al sole a capotavola, lui, Renzi (sul tavolo ogni ospite ha un’aranciata oppure una tazza di tè: Renzi è l’unico che ha sia l’aranciata che il tè). La Verità ha scoperto il link tra questi ricconi ed ex potenti: la Afiniti, una società di intelligenza artificiale, a cui in futuro si farà sempre più ricorso in mancanza di quella naturale. Ignoriamo le competenze di Renzi sul tema (a onor del vero, era bravo con le slide), e in quale lingua si esprima, ma è evidente che la missione ha natura spirituale quanto uno yak tibetano ha contezza di Rignano sull’Arno. Ci viene in mente ora che Renzi sottoponeva un tariffario agli imprenditori che volevano parlare con lui: 100 mila euro, cinque volte quello che prendono i cantanti neomelodici per esibirsi alle comunioni. Un affarone per il Pil del Pakistan. Dove vige la legge del karma: le conseguenze delle nostre azioni ci seguono ovunque come un’ombra, ne siamo responsabili ed eredi. (Nell’interesse preminente dello Stato, chiediamo alla Farnesina se è possibile corrompere gli sherpa locali per rapire, rifocillare e trattenere l’Illuminato a 4000 metri per un po’, o almeno fino alla fine della legislatura).

Consip, Tiziano Renzi resta sotto inchiesta: archiviati solo due episodi. Nuove indagini per Lotti. Il gip: “Indagare Denis Verdini.” - Marco Lillo e Valeria Pacelli

Consip, Tiziano Renzi resta sotto inchiesta: archiviati solo due episodi. Nuove indagini per Lotti. Il gip: “Indagare Denis Verdini”

Il padre dell'ex premier archiviato solo per due ipotesi di traffico di influenze, ma ancora indagato per altri episodi dello stesso reato. Rigettata l’archiviazione per l’ex ministro Luca Lotti e l’ex generale della Legione Toscana dei carabinieri, Emanuele Saltalamacchia, accusati di rivelazione del segreto d’ufficio. Poi la novità: indagati gli ex parlamentari Denis Verdini e Ignazio Abrignani per turbativa d’asta e concussione. Sono le decisioni del gip di Roma Gaspare Sturzo nell’ambito di uno dei filoni della maxinchiesta Consip.

Non solo Tiziano Renzi resta indagato per alcune ipotesi di traffico di influenze illecite (per altre è stato archiviato). Anche l’ex ministro Luca Lotti resta indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. Inoltre Denis Verdini deve essere iscritto anche lui con l’ex parlamentare del suo partito Ignazio Abrignani e con l’imprenditore Ezio Bigotti per la turbativa della gara Consip e per le pressioni sull’amministratore di allora della società pubblica, Luigi Marroni. Partiamo da Lotti. L’ex fedelissimo di Matteo era indagato nel filone sulla fuga di notizie sull’inchiesta Consip. Le accuse iniziali erano due: favoreggiamento e rivelazione di segreto. Per il primo reato, Lotti è già a processo: secondo le accuse avrebbe spifferato nel 2016 all’allora amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, nominato dal Governo Renzi nel 2015, l’esistenza di un’indagine sugli appalti della Centrale Acquisti della Pubblica Amministrazione. Per il secondo reato, quello di rivelazione di segreto, i pm romani però avevano chiesto l’archiviazione sulla base di motivazioni tecniche relative al suo ruolo di allora che non riguardava il segreto da lui in ipotesi rivelato. Richiesta respinta ieri dal gip Gaspare Sturzo sulla base di ragioni giuridiche opposte. Il gip comunque non ha formulato imputazione coatta ma ha solo chiesto ai pm su questo aspetto di svolgere nuove indagini.

Indagini da fare nel termine di 90 giorni sono state chieste dal gip ai pm anche per la posizione di Tiziano Renzi, inizialmente accusato di traffico di influenze per varie questioni delle quali aveva parlato Carlo Russo con Alfredo Romeo nell’estate del 2016 negli uffici della Romeo Gestioni vicino alla Camera dei Deputati, mentre erano attive le intercettazioni ambientali del Noe dei Carabinieri. Tiziano si è sempre detto all’oscuro di tutto e ha negato di avere incontrato Alfredo Romeo con Carlo Russo. I pm romani non hanno creduto del tutto al padre dell’ex premier, interrogato nel marzo del 2017, ma comunque hanno chiesto l’archiviazione di Tiziano, Alfredo Romeo e del suo consulente Italo Bocchino per il traffico di influenze su tutti i fatti contestati, mentre hanno chiesto solo per Russo il rinvio a giudizio e non per traffico di influenze illecite ma per millantato credito, reato peraltro riformato nel frattempo e di fatto unificato al traffico di influenze illecite.

Il gip Sturzo invece sul traffico di influenze presunto di Tiziano in concorso con il suo amico Carlo Russo e con l’imprenditore Alfredo Romeo e Italo Bocchino (consulente dell’imprenditore) distingue le singole questioni e le posizioni dei singoli soggetti. Archivia tutti e tre (Alfredo Romeo, Italo Bocchino e Tiziano Renzi) per le chiacchiere di Russo e Romeo relative alle pressioni da fare su Monica Chittò (ignara e mai indagata), allora sindaco di Sesto San Giovanni del Pd. Archiviano solo Tiziano Renzi per le chiacchiere di Russo e Romeo relative all’allora dirigente dell’Inps Daniela Becchini (anche lei mai indagata). Mentre il Gip Sturzo rigetta la richiesta di archiviazione sulle gare più importanti, quella da 2,7 miliardi di Consip e quella di Grandi Stazioni del valore di decine di milioni. Su queste due vicende Sturzo chiede ai pm romani di indagare ancora sul padre dell’ex premier insieme a Alfredo Romeo e Italo Bocchino. Invece sulla questione della presunta ‘mediazione nei confronti di Daniela Becchini’ il Gip chiede di indagare solo Romeo e Bocchino, non Tiziano, per traffico di influenze.

Quindi sulle due questioni più importanti e cioè la presunta ‘mediazione nei confronti di Luigi Marroni‘ allora amministratore di Consip, e la presunta ‘mediazione nei confronti di Silvio Gizzi‘ amministratore delegato di Grandi Stazioni il Gip ha disposto per Tiziano Renzi (oltre che per Russo, Romeo e Bocchino)“ordine di integrazione di indagini ex 409 comma 4 codice procedura penale”. A distanza di quasi due anni dalla richiesta dei pm quindi il Gip prende una decisione mediana: non manda Tiziano Renzi a giudizio e non lo archivia. La difesa di Tiziano Renzi, rappresentata dal’avvocato Federico Bagattini, coglie l’aspetto positivo del provvedimento del gip: “Per due volte la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione di Tiziano Renzi, riconoscendo la correttezza del comportamento del mio cliente – spiega Bagattini – rimaniamo a disposizione dei magistrati romani anche per le nuove indagini, con la tranquillità e la fiducia di chi intende collaborare con gli inquirenti, prendendo atto che – a differenza dei ripetuti rumors della vigilia – il Gup non ha ordinato l’imputazione coattiva sotto alcun profilo”. Altra novità dell’inchiesta è l’iscrizione di nuovi indagati. Come Denis Verdini. Concussione e turbativa d’asta è il reato ravvisato dal gip Sturzo che deve essere contestato oltre che al fondatore di Ala anche al parlamentare Ignazio Abrignani e all’imprenditore Ezio Bigotti. La turbativa d’asta “in relazione alla gara d’appalto Consip Fm4” e concussione in relazione “ai danni di luigi Marroni in riferimento alla vicenda Cofely e agli incontri con Bigotti”.

lunedì 17 febbraio 2020

Göbekli Tepe - Wikipedia

Göbekli Tepe, Urfa.jpg

Göbekli Tepe (trad. collina tondeggiante in turco, Portasar in armeno, Xerabreşkê (sacre rovine) in curdo) è un sito archeologico, situato a circa 18 km a nordest dalla città di Şanlıurfa nell'odierna Turchia, presso il confine con la Siria, risalente all'inizio del Neolitico, (Neolitico preceramico A) o alla fine del Mesolitico.
Vi è stato rinvenuto il più antico esempio di tempio in pietra: iniziato attorno al 9500 a.C.,[2] la sua erezione dovette interessare centinaia di uomini nell'arco di tre o cinque secoli. Le più antiche testimonianze architettoniche note in precedenza erano le ziqqurat sumere, datate 5000 anni più tardi.
Intorno all'8000 a.C. il sito venne deliberatamente abbandonato e volontariamente seppellito con terra portata dall'uomo.

Localizzazione.

Göbekli Tepe è costituita da una collina artificiale alta circa 15 m e con un diametro di circa 300 m, situata sul punto più alto di un'elevazione di forma allungata, che domina la regione circostante, tra la catena del Tauro e il Karaca Dağ e la valle dove si trova la città di Harran.[3]
Il sito utilizzato dall'uomo avrebbe avuto un'estensione da 300 a 500 m².

Storia degli scavi.

La valenza archeologica di questa località fu riconosciuta nel 1963 da un gruppo di ricerca turco-statunitense, che notò diversi consistenti cumuli di frammenti di selce, segno di attività umana nell'età della pietra.
Il sito fu riscoperto trent'anni dopo da un pastore locale, che notò alcune pietre di strana forma che spuntavano dal terreno. La notizia arrivò al responsabile del museo della città di Şanlıurfa, che contattò il ministero, il quale a sua volta si mise in contatto con la sede di Istanbul dell'Istituto archeologico germanico. Gli scavi furono iniziati nel 1995 da una missione congiunta del museo di Şanlıurfa e dell'Istituto archeologico germanico sotto la direzione di Klaus Schmidt, che dall'anno precedente stava lavorando in alcuni siti archeologici della regione.[3] Nel 2006 gli scavi passarono alle università tedesche di Heidelberg e di Karlsruhe.
Il sito archeologico è stato aperto alle visite del pubblico nel marzo del 2019.[4]

Resti archeologici.

Altorilievo a forma di animale su una pietra a T
Gli scavi rimisero in luce un santuario monumentale megalitico, costituito da una collina artificiale delimitata da muri in pietra grezza a secco.
Sono inoltre stati rinvenuti quattro recinti circolari, delimitati da enormi pilastri in calcare pesanti oltre 15 tonnellate ciascuno, probabilmente cavati con l'utilizzo di strumenti in pietra. Secondo il direttore dello scavo le pietre, drizzate in piedi e disposte in circolo, simboleggerebbero assemblee di uomini.
Sono state riportate in luce circa 40 pietre a forma di T, che raggiungono tra i 3 e i 6 metri di altezza[5]. Per la maggior parte sono incise e vi sono raffigurati diversi animali (serpentianatregrutorivolpileonicinghialivacchescorpioniformiche). Alcune incisioni vennero volontariamente cancellate, forse per preparare la pietra a riceverne di nuove. Sono inoltre presenti elementi decorativi, come insiemi di punti e motivi geometrici.
Indagini geomagnetiche hanno indicato la presenza di altre 250 pietre ancora sepolte nel terreno.
Un'altra pietra a forma di T, estratta solo a metà dalla cava, è stata rinvenuta a circa 1 km dal sito. Aveva una lunghezza di circa 9 m ed era probabilmente destinata al santuario, ma una rottura costrinse ad abbandonare il lavoro.
Oltre alle pietre sono presenti sculture isolate, in argilla, molto rovinate dal tempo, che rappresentano probabilmente un cinghiale o una volpe. Confronti possono essere fatti con statue del medesimo tipo rinvenute nei siti di Nevalı Çori e di Nahal Hemar. Gli scultori dovevano svolgere la loro opera direttamente sull'altopiano del santuario, dove sono state rinvenute anche pietre non terminate e delle cavità a forma di scodella nella roccia argillosa, secondo una tecnica già utilizzata durante l'epipaleolitico per ottenere argilla per le sculture o per il legante argilloso utilizzato nelle murature.
Nella roccia sono anche presenti raffigurazioni di forme falliche, che forse risalgono ad epoche successive, trovando confronti nelle culture sumere e mesopotamiche (siti di ByblosNemrikHelwan e Aswad).

Interpretazioni.

Le raffigurazioni di animali hanno permesso di ipotizzare un culto di tipo sciamanico, antecedente ai culti organizzati in pantheon di divinità delle culture sumera e mesopotamiche.
Lo studio degli strati di detriti accumulati sul fondo del lago di Van in Anatolia ha prodotto importanti informazioni sui cambiamenti climatici del periodo, individuando una consistente crescita della temperatura intorno al 9500 a.C. I resti di pollini presenti nei sedimenti hanno permesso di ricostruire una flora composta da querceginepri e mandorli. Fu forse il cambiamento climatico a determinare una progressiva sedentarizzazione delle genti che costruirono il sito. All'inizio degli anni novanta lo studioso di preistoria Jacques Cauvin ha ipotizzato[6] che lo sviluppo delle concezioni religiose avrebbe costituito una spinta alla sedentarizzazione, spingendo gli uomini a raggrupparsi per celebrare riti comunitari. Questa ipotesi ribalta completamente la concezione seguita fino a questo momento dagli studiosi, secondo cui la religione si sarebbe sviluppata solo in seguito al formarsi di insediamenti stabili causati dalla nascita dell'agricoltura.
La presenza di una così grande struttura monumentale, dimostra che anche precedentemente allo sviluppo dell'agricoltura e nell'ambito di un'economia di caccia e raccolta, gli uomini possedevano mezzi sufficienti per erigere strutture monumentali. Secondo il direttore dello scavo fu proprio l'organizzazione sociale necessaria alla creazione di questa struttura a favorire uno sfruttamento pianificato delle risorse alimentari e di conseguenza lo sviluppo delle prime pratiche agricole, ribaltando quindi di nuovo le ipotesi finora seguite. Il sito si trova infatti nella regione della Mezzaluna fertile, dove era presente naturalmente il grano selvatico, che poi gli uomini addomesticarono dando vita ai primi esperimenti agricoli.
Nessuna traccia di piante o animali domestici è stata tuttavia rinvenuta negli scavi, e mancano inoltre resti di abitazioni. A circa 4 m di profondità, ossia ad un livello corrispondente a quello della costruzione del santuario, sono state rinvenute tracce di strumenti in pietra (raschiatoi e punte per frecce), insieme ad ossa di animali selvatici (gazzelle e lepri), semi di piante selvatiche e legno carbonizzato, che testimoniano la presenza in questo periodo di un insediamento stabile.
Klaus Schmidt in Costruirono i primi templi, come proposta di tipo speculativo, lascia intendere[7] che la civiltà sviluppata nella provincia di Urfa, che aveva qui uno dei suoi principali templi noti (definibile anche come archetipo di anfizionia, o "anfizionia dell'età della pietra"), sarebbe stata trasfigurata nel mito dei monti di Du-Ku della cosmogonia sumera: in questi monti sarebbero esistite le prime divinità (non dotate di nomi individuali, ma semplici spiriti, retaggio degli spiriti sciamanici) e i Sumeri ritenevano che l'uomo vi avesse appreso l'agricoltura, l'allevamento e la tessitura (vi sono forti indizi che almeno i primi due di questi elementi siano effettivamente comparsi in questa zona verso la fine, o comunque durante, la costruzione del complesso megalitico)[7].
Ian Hodder, del programma archeologico della Stanford University, ha detto a proposito del sito: “Molte persone pensano che questo possa cambiare tutto. Cambia completamente le carte in tavola. Tutte le nostre teorie erano sbagliate. Le teorie sulla "rivoluzione del Neolitico" hanno sempre sostenuto che tra 10 e 12 mila anni fa agricoltori ed allevatori hanno iniziato a creare villaggi, città, lavori specializzati, scrittura e tutto ciò che sappiamo delle antiche civiltà. Ma uno dei punti salienti delle vecchie teorie è che sia nata prima la città e solo dopo i luoghi di culto. Ora, invece, sembra che la religione sia apparsa prima della vita civilizzata ed organizzata in centri urbani; anzi, che sia quasi stata il motore primario per la creazione della prima città.”[8]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ Responsabile di scavi a Göbekli Tepe, su Cieli paralleli, 21 giugno 2014.
  2. ^ (ENBuilding Göbekli Tepe in National Geographic
  3. ^ Salta a:a b (ENGobekli Tepe: The World's First Temple? in Smithsonian.com
  4. ^ L'inaugurazione degli scavi aperti al pubblico su La Repubblica.
  5. ^ Apre in Turchia il Gobekli Tepe, il tempio che cambiò la storia delle religioni, La Stampa, 10 marzo 2019.
  6. ^ Jacques Cauvin Nascita delle divinità e nascita dell'agricoltura, Jaca Book, 2010
  7. ^ Salta a:a b Klaus Schmidt Costruirono i primi templi (traduzione di Umberto Tecchiati), Oltre edizioni, 2011
  8. ^ (ENDo these mysterious stones mark the site of the Garden of Eden? in Daily Mail
  9. ^ Tom Knox Il segreto della Genesi, edizione italiana Longanesi & C., 2009