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martedì 22 giugno 2021

Consip, i pm chiedono di assolvere Verdini ma ribadiscono: “Processate Tiziano Renzi”.

 

Rinvio a giudizio per Tiziano Renzi e altre sei persone. Lo ha ribadito ieri il pm romano Mario Palazzi nell’ambito di uno dei filoni dell’inchiesta Consip, che si sta discutendo davanti al gup Annalisa Marzano. Nella stessa udienza di ieri, il sostituto procuratore ha chiesto invece l’assoluzione “perché il fatto non sussiste” per l’ex senatore Denis Verdini, per l’imprenditore Ezio Bigotti, per l’ex parlamentare Ignazio Abrignani, per l’ex ad di Grandi Stazioni Silvio Gizzi e per l’ex ad di Consip, Domenico Casalino. Per l’imprenditore campano Alfredo Romeo, che non aveva optato per il rito abbreviato, è stato chiesto il luogo a procedere per l’accusa di turbativa d’asta.

Nel caso di Verdini e di altri (tra cui l’ex parlamentare Abrignani), l’accusa è quella di concussione. Secondo il capo di imputazione Verdini nel 2016, quando era ancora parlamentare, “costringeva Marroni”, ad di una “società pubblica i cui vertici vengono designati proprio dal governo”, “a erogare a Ezio Bigotti (…) l’utilità consistita nell’incontrarlo e ascoltarlo in quanto interessato a conoscere notizie riservate sulla gara FM4 e a sollecitare una minore resistenza di Consip nei contenziosi pendenti”. Accuse che però non stanno in piedi secondo il pm, che ha chiesto l’assoluzione di Verdini perché il fatto non sussiste. Diversa la posizione di Tiziano Renzi. Durante una delle scorse udienze davanti al gup, la difesa del padre dell’ex premier aveva fatto sapere di star valutando la possibilità di chiedere il rito abbreviato. Richiesta che poi non si è concretizzata ed è stato scelto dunque il rito ordinario. Ieri per il padre dell’ex premier e altri imputati, il pm Palazzi ha ribadito la richiesta di rinvio a giudizio. Per Tiziano Renzi, indagato inizialmente per il solo reato di traffico di influenze, la Procura molti mesi fa aveva chiesto l’archiviazione, rigettata dal gip Gaspare Sturzo che ha disposto nuove indagini. E così alla fine Renzi si è ritrovato indagato per traffico di influenze e turbativa d’asta in relazione a due gare: l’appalto Fm4 indetto da Consip (del valore di 2,7 miliardi di euro) e la gara per i servizi di pulizia bandita da Grandi Stazioni. A settembre dovrebbe arrivare la decisione del gup, che dovrà ascoltare prima le difese.

IlFQ

giovedì 3 giugno 2021

Il recluso Verdini raccomanda Renzi a Toti e Brugnaro. - Giacomo Salvini

 

Nuovo partito - Al capezzale di B. e FI.

Agire nell’ombra gli è sempre piaciuto. Per tessere trame e risolvere problemi, come il Mr. Wolf di Pulp Fiction. E allora Denis Verdini, oggi ai domiciliari nella sua villa di Pian de’ Giullari sulle colline di Firenze dopo la condanna definitiva a 6 anni e 6 mesi per il crac del Credito cooperativo fiorentino, è sceso in campo anche stavolta. Obiettivo: iniziare a mettere in piedi quel “grande centro” che alle prossime elezioni politiche possa fare da stampella moderata all’alleanza di centrodestra. Una terza gamba che unisca i moderati di Forza Italia (l’ala liberal di Mariastella Gelmini e Mara Carfagna), ma soprattutto Matteo Renzi, Carlo Calenda e Luigi Brugnaro. Tant’è che si dice che a consigliare l’accelerata per la nascita del nuovo partito del sindaco di Venezia e Giovanni Toti sia stato proprio lui. Dentro Forza Italia raccontano che l’ex Richelieu di Fivizzano abbia chiamato anche diversi parlamentari azzurri per convincerli a lasciare Berlusconi: “Ormai Forza Italia è finita – è il ragionamento che Verdini ha fatto ad alcuni di loro – vedete Berlusconi come è messo… adesso serve un’operazione nuova, una forza liberale e riformista che possa andare al governo tra un anno”. Da Coraggio Italia! spiegano che “l’idea del partito è solo di Toti e Brugnaro” ma confermano che quella sia la direzione e fanno sapere che il gruppo parlamentare nei prossimi giorni si allargherà ancora rispetto ai 31 parlamentari attuali.

E non è un caso che venerdì, alla vigilia dell’inaugurazione del Salone Nautico, Brugnaro abbia cenato insieme a Renzi in un noto ristorante veneziano. I due sono in ottimi rapporti da quando il leader di Italia Viva era a Palazzo Chigi e arrivò a Ca’ Farsetti per firmare il “Patto per Venezia” e poi ottenne il sostegno del sindaco al referendum costituzionale del 2016. Durante la cena, a quanto risulta al Fatto, i due hanno parlato degli scenari politici futuri e dell’idea di un polo centrista che si ponga in alternativa all’alleanza giallorossa e anche ai sovranisti di Lega e FdI. E che poi, dopo il voto, diventi l’ago della bilancia di un governo di centrodestra. Un esperimento studiato non per le prossime elezioni amministrative ma alle prossime elezioni politiche. “Il governo Draghi ha scomposto il quadro politico – spiega un alto dirigente vicino al sindaco di Venezia – sarà Renzi a venire da noi, nel centrodestra”. Così non è passata inosservata la dichiarazione del capogruppo renziano al Senato Davide Faraone che ha parlato così di Toti e Brugnaro: “Sono due persone che stimo, riformiste e moderate e tutti i riformisti e i moderati presto dovranno stare insieme – ha detto Faraone a Un Giorno da Pecora – Che differenza c’è tra me e Mara Carfagna?”.

Dell’operazione è a conoscenza anche Matteo Salvini – che si confronta spesso con il suocero Verdini e con il suo fedelissimo Marcello Pera – che infatti ha incoraggiato la formazione di Coraggio Italia! per svuotare sempre di più Forza Italia e annettere l’ala filo leghista del partito azzurro che fa riferimento al trio Tajani-Bernini-Ronzulli. L’idea dei leghisti è quella di una federazione con FI per rendere difficile il sorpasso di Giorgia Meloni e, allo stesso tempo, invitare le colombe azzurre a lasciare. Degli scenari politici ed editoriali dei prossimi mesi Salvini avrebbe parlato con Renzi il 23 maggio durante la cena a casa Angelucci. Verdini non poteva esserci, ma è difficile che non ne sapesse qualcosa.

IlFQ

venerdì 12 febbraio 2021

Matteo Renzi e Denis Verdini a processo lo stesso giorno davanti alla Corte dei Conti. Stesso reato (danno erariale) ma fatti diversi.

Le udienze si terranno in videoconferenza per l'emergenza coronavirus. Le accuse all'ex premier riguardano la scelta di due collaboratori non laureati per il suo staff, nel 2009. L'ex senatore di Forza Italia, attualmente ai domiciliari, invece a processo per la truffa legata ai finanziamenti ricevuti dalla Società Editoriale Toscana.

Di nuovo insieme ma stavolta la politica non c’entra. Matteo Renzi e Denis Verdini saranno a processo lo stesso giorno davanti alla Corte dei Conti. Il 24 febbraio prossimo il fondatore d’Italia viva e l’ex leader di Ala compariranno davanti ai magistrati contabili che li accusano di danno erariale. A riportare la notizia sono la Nazione e l’edizione fiorentina di Repubblica, che spiega come Renzi e Verdini siano accusati dello stesso reato ma per fatti completamente diversi. I due, tra l’altro, non si incontreranno visto che entrambe le udienze saranno tenute in videoconferenza a causa dell’emergenza coronavirus. Le accuse per Renzi riguardano la scelta di due collaboratori non laureati per il suo staff, nel 2009, quando era sindaco di Firenze, circostanza di cui sono chiamati a rispondere anche due dirigenti di Palazzo Vecchio. Il danno contestato dalla procura contabile è di 69mila euro.

Verdini, invece, è a processo per la truffa legata ai finanziamenti ricevuti dalla Società Editoriale Toscana (Ste), che pubblicava Il Giornale della Toscana. Durante le indagini, la Procura della Corte dei Conti aveva disposto un sequestro conservativo a carico dell’ex senatore di Forza Italia e dell’ex deputato Massimo Parisi fino a un valore di 9 milioni e 100mila euro, pari ai contributi pubblici per l’editoria “ottenuti non avendone diritti”. Il padre della compagna di Matteo Salvini si trova attualmente agli arresti domiciliari nella sua villa di Pian del Giullari, ottenuti nei giorni scorsi dopo che il tribunale del Riesame lo aveva considerato “soggetto particolarmente vulnerabile al contagio da Covid 19″ e “occorre tutelare in via provvisoria la sua salute“.

Da novembre si trovava nel carcere di Rebibbia dopo la condanna in via definitiva a sei anni e mezzo per il crac del Credito cooperativo fiorentino. Durante la detenzione Verdini ha ricevuto le visite di di parlamentari, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it: lo stesso SalviniMatteo RenziLuca Lotti e tanti ex compagni di centrodestra. E poi il “re delle cliniche romane” Antonio Angelucci, Ignazio Larussa e Daniela Santanché, fino a Maurizio Lupi e Renata Polverini. Proprio per sostenere il governo di Renzi, nel 2014 Verdini uscì da Forza Italia fondando Ala, un suo gruppo parlamentare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/12/matteo-renzi-e-denis-verdini-a-processo-lo-stesso-giorno-davanti-alla-corte-dei-conti-stesso-reato-danno-erariale-ma-fatti-diversi/6099250/

martedì 29 dicembre 2020

Verdini e le visite in carcere: da Salvini a Renzi, politici in processione a Rebibbia.

 

Se il saluto del segretario leghista al "suocero" appare scontato, meno ovvio è quello del leader di Italia Viva proprio nei giorni in cui soffiavano venti di crisi.

Sarà che spira aria di crisi di governo, ma è un fatto che tra il 23 e il 24 dicembre molti politici sono andati a trovare Denis Verdini, 69 anni, fiorentino, recluso nel carcere di Rebibbia dal 3 novembre, dopo la condanna a sei anni e sei mesi per la bancarotta del Credito cooperativo fiorentino. Una processione bipartisan, che va da Matteo Salvini a Matteo Renzi e Luca Lotti, passando per diversi esponenti del centrodestra.

Se, di fatto, la visita di Salvini appare piuttosto scontata, dal momento che il leader leghista è fidanzato da due anni con la figlia di Verdini, Francesca, meno ovvia invece è quella del leader di Italia viva. Che forse ha sentito il bisogno di consultarsi con il banchiere ed ex senatore proprio nei giorni in cui teneva il premier Conte con le spalle al muro sul Recovery fund minacciando la crisi. Singolare anche la visita di Luca Lotti: il deputato renziano, già ministro dello Sport, ma rimasto nel Pd (a suo tempo motivò la sua scelta di non trasferirsi nel partito di Renzi perché "il frazionismo mina la credibilità in politica") è tra i personaggi coinvolti nel caso Consip, assieme a Tiziano Renzi (padre di Matteo) e lo stesso Verdini.

A portare un saluto a Verdini, che nel frattempo si è fatto crescere una lunga barba bianca, anche molti ex compagni di centrodestra come Ignazio Larussa, Daniela Santanché, Maurizio Lupi e Renata Polverini. Ma anche il re delle cliniche romane e forzista Antonio Angelucci.

Come accennato la condanna per Verdini per la bancarotta dell'ex Credito cooperativo fiorentino è diventata definitiva il 3 novembre. lI giudici della Quinta sezione penale della Cassazione, presieduta da Paolo Antonio Bruno, hanno confermato la condanna a più di sei anni inflitta in Appello, ad eccezione di quattro mesi caduti per prescrizione. I supremi giudici non hanno accolto quindi la richiesta del sostituto procuratore generale della Cassazione che aveva chiesto per Verdini un nuovo processo d'Appello in relazione ad alcuni capi di imputazione.

https://www.repubblica.it/politica/2020/12/28/news/verdini_e_le_visite_in_carcere_da_salvini_a_renzi_politici_in_processione_a_rebibbia-280149938/

Io credo che uno dei motivi che spingono alcuni personaggi a fare visita al condannato Verdini, sia il fatto che lui sappia tutto di loro e che, pertanto, potrebbe distruggerli politicamente e legalmente.
Verdini è la vittima sacrificale provvista di un grande potenziale, quello di tenere in pugno personaggi da lui addestrati che risiedono in parlamento e che, a loro volta, in virtù dei "consigli" ed "aiuti" ricevuti, hanno il compito di portare a termine i programmi preventivamente pattuiti, quelli, cioè, meno graditi ai cittadini in quanto imposti da chi detiene il potere economico; per cui, alla prima inadempienza del contratto, scatta la ritorsione...
E, per evitare e bloccare la ritorsione, è necessario munirsi di spiegazioni che dimostrino, senza ombra di dubbio, i motivi del ritardo dell'adempienza. 
Renzi, conscio del suo scarso seguito, lo fa pubblicamente, lapalissianamente, (della serie: lo faccio a te, ma è per farlo sapere a mia suocera) ostacolando il governo. 

Verdini, a mio parere, è l'altra faccia della politica quella che perde il suo onorevole significato di arte di governare, per cui, chi si rivolge a lui per consigli e suggerimenti, è l'esempio del politico da non supportare.
cetta.

venerdì 6 novembre 2020

Renzi come Benigni: Denis ti voglio bene!


Lontani i tempi del comunismo, di Roberto Benigni (o meglio, di quel Roberto Benigni) e di Carlo Monni, la Toscana è pronta a rottamare il passato e a concedere alle sale cinematografiche, non appena sarà possibile, una più fresca versione del fortunatissimo Berlinguer ti voglio bene. La triste circostanza della condanna di Denis Verdini per la bancarotta del Credito cooperativo fiorentino ci offre infatti l’insperato sequel: Denis ti voglio bene. L’idea è tutta di Matteo Renzi, già pronto erede di Benigni, che ieri su Avvenire ha espresso un sentito cordoglio per i guai dell’ex alleato: “A livello personale mi dispiace molto. Una cosa che mi ha insegnato la vita è che il più grande lusso della politica non sono i voli di Stato o le auto blu, ma le relazioni umane. E io sono amico di Denis, gli voglio bene e sono vicino alla sua famiglia” (Salvini compreso, immaginiano, ndr). Il set è pronto. Non ci resta che piangere.

Il prete che minimizza la pedofilia, il martire Verdini e il gigante Proietti: i post di Scanzi. - Andrea Scanzi

 

Irresponsabilità da “sgovernatore”

Che pena, certi sgovernatori. Che faccia tosta. Che mancanza totale di rispetto, morale, senso istituzionale. Di alcuni neanche sarebbe il caso di parlare. Tipo il reggente Spirlì, quello che mesi fa si vantava di usare le parole “negri”, “froci” e “zingari”. O Fontana, uno che già solo immaginarlo governatore della Lombardia viene voglia di invadere la Polonia. Questi fenomeni sono i campioni dello scaricabarile: autonomisti quando fa comodo, statalisti quando c’è da scaricare le colpe sul governo centrale. Ecco: questa gente mi ha brasato i coglioni. Me li ha proprio frantumati, glassati e vivisezionati dalle fondamenta. Il loro atteggiamento – dentro una pandemia mondiale! – è scellerato e inaccettabile. Lombardia zona rossa? È il minimo sindacale. E anzi andava fatto tre settimane fa. Idem la Calabria, quella che giorni fa “sbagliava” i dati in terapia intensiva. Mancano Campania e Liguria? Probabile, ma ciò nulla toglie alle vostre responsabilità.
Sicilia zona arancione? Ex camerata mio Musumeci, abbi pazienza, ma tra i 21 protocolli da seguire non ci sono solo il numero di contagi. C’è per esempio la situazione degli ospedali. E c’è per esempio il tracciamento, e quello della Sicilia è così efficiente che in confronto il tracking di Deliveroo pare Cape Canaveral. Siete stati votati (insensatamente) per governare, non per frignare. In questi mesi avete fatto poco, se non niente. E quel poco spesso lo avete pure sbagliato. Avete davvero rotto le palle. Ed è ora di finirla.

Chi paragona Conte all’isis

“Conte ama colpire col favore delle tenebre, non diversamente dai terroristi islamici che hanno funestato l’ultima notte di libertà di Vienna”.Lo ha scritto davvero, Pietro Senaldi. Okay, lo ha scritto stamani (mercoledì) sulla prima pagina di un “giornale” che incarna da sempre il peggio del “giornalismo”, ma lo ha scritto. Davvero siamo arrivati al punto di accettare parallelismi irricevibili tra un presidente del Consiglio e i terroristi islamici? Denunciate questa deriva terrificante e condividete a più non posso questo post. Sono frasi INACCETTABILI!

Fratelli d’Italia: “La discriminazione rientra nell’ambito delle opinioni”

A eccezione di qualche parlamentare di Forza Italia, quel troiaio di destra che ci ritroviamo ha provato in ogni modo ad affossare il meritorio disegno di legge Zan contro l’omotransfobia, che la maggioranza vorrebbe adottare per rafforzare le tutele contro le discriminazioni e le violenze per orientamento sessuale, genere e identità di genere. Il provvedimento è passato alla Camera.I livelli di orrore morale che hanno raggiunto legaioli e Fratelli dei Quasi Fasci sono stati abominevoli. Ne cito uno per citarne tutti. Lui è tal Edmondo Cirielli di Fratelli dei Quasi Fasci. Ha detto quanto segue: “Potete dire quello che volete, ma l’istigazione alla discriminazione e l’atto della discriminazione, per quanto odiosi e deprecabili, rientrano nell’ambito dell’opinione”. Capito? La discriminazione rientra “nell’ambito dell’opinione”. Siamo ormai oltre l’abominio.

A proposito di negazionisti, c’è anche chi muore. Negazionisti, riduzionisti, no mask e fan di quegli imbecilli che in tivù o in Parlamento non credevano alla seconda ondata, minimizzavano e facevano i selfie in piazze piene con i Kapitoni sognando le discoteche aperte e il “liberi tutti”: leggete queste notizie e poi sputatevi in faccia da soli. Avete colpe indelebili e imperdonabili. Quanto dolore. Quanta rabbia. E quanti deficienti senza speranza, che complicano una situazione di per sé difficilissima. Siamo messi davvero male.

Trump-Biden, sfida con un sistema elettorale delirante.

Le elezioni americane hanno confermato due vecchie certezze; gli americani sono cocciutamente insondabili e gli “esperti” non analizzano, ma tifano. I “politologi”, quasi tutti di sinistra, speravano in Biden sulla base di un’unica considerazione: “Trump è irricevibile”. Verissimo, ma questa non è un’analisi: è una speranza. È il credere che tutti gli umani la pensino come te. Se così fosse, i Pink Floyd sarebbero Imperatori della Galassia, Enrico Berlinguer avrebbe fatto il Presidente del Consiglio per secoli e Salvini sculaccerebbe – col naso – i billi della Val di Chiana. La verità è che, come quattro anni fa, molti “tromboni” non hanno capito nulla delle elezioni americane. Tre giorni fa ho telefonato a uno dei miei migliori amici. Si chiama Massimiliano Bertozzi. Vive a New York da più di dieci anni. Fa il cameraman (anche) per Sky e Mediaset. È bravissimo. Gli ho chiesto se fosse vero, come in tanti ripetevano da noi, che il diversamente carismatico Biden avesse già vinto. Lui: “No. La sua rimonta si è fermata da qualche settimana, Trump sta riconquistando tutti e mi gioco ogni cosa che vincerà l’election Day e poi parlerà di brogli sul voto postale. Non solo: qualora arrivasse la vittoria dei Dem per via del voto postale, non riconoscerà l’eventuale vittoria. E ricorrerà alla Corte Suprema, dove ovviamente c’è tutta gente sua”.Esattamente quello che è accaduto. (Non invento nulla: ho la sua nota vocale e ieri ho pure citato quello che ha detto durante la #ScanziLive). Ora: Massi è sicuramente un genio, e lo sapevo già, ma forse molti “esperti” potevano almeno telefonargli prima di sparare cazzate per mesi sui giornali e in tivù. Le elezioni 2020 hanno peraltro evidenziato l’eterna stortura di un sistema elettorale folle, contorto e un po’ ridicolo. E’ vagamente anacronistica la pantomima dei 535 “Grandi Elettori”, che poi votano di fatto a dicembre il Presidente degli Stati Uniti (quella degli USA è un’elezione indiretta). E’ folle la suddivisione del peso elettorale dei vari Stati. E’ folle il “winner takes all”, ovvero chi vince in uno Stato anche solo per un voto in più prende poi TUTTI i grandi elettori in palio (tranne che in Nebraska e Maine, dove vige il proporzionale). È inaccettabile che un presidente possa divenire tale prendendo meno voti dell’altro (è accaduto anche quattro anni fa). Ed è assai contorto questo sistema tripartito andato in scena nelle ultime settimane: c’è stato il voto di ieri, ma pure il voto per posta e il voto anticipato.Questi ultimi due ritarderanno lo spoglio proprio negli Stati in bilico. Infatti l’esito di Wisconsin, Michigan e Pennsylvania lo sapremo domani e venerdì! A tutto questo, aggiungete il fatto che il voto postale è di per sé un disastro perché la posta negli USA fa schifo e molte schede sono arrivate tardi. O addirittura sono andate perdute. Una roba allucinante: siamo nel 2020, non nel far west! Biden, ennesimo candidato sbagliato dei Democratici, può ancora vincere. Per farlo, però, deve trionfare in Georgia e in uno stato tra Michigan e Pennsylvania. Oppure vincere Michigan e Wisconsin. Ma in tutti questi Stati Trump è per ora in vantaggio, lo spoglio è molto avanti e occorrerebbe che Biden stravincesse nel voto postale. Probabile, perché quel voto privilegia da sempre i democratici, ma a quel punto Trump non abbandonerà la Casa Bianca e non riconoscerà la vittoria. E accadrà di tutto. Come aveva anticipato il mio amico. Da tutto questo, sperando che Trump perda (anche un tombino fa meno danni di lui) si imparano tre cose: 1) Gli Stati Uniti sono un paese straordinario, ma di sicuro non possono insegnare a nessuno la democrazia; 2) Certi “esperti” sono affidabili come Balotelli; 3) Ogni volta che dovrò scommettere su qualcuno e qualcosa, d’ora in poi telefonerò al mio amico.(Se volete vi passo il numero).

Verdini in galera, per i “garantisti” è un martire

In uno dei non pochi casi giudiziari che lo riguardano, quest’uomo è stato condannato in Cassazione per il crac del Credito fiorentino: 6 anni e mezzo. La condanna è quindi ora definitiva. Verdini andrà in galera. Si è già costituito a Rebibbia. Nelle prossime ore i garantisti caricaturali che allignano a destra come a (finta) sinistra lo faranno passare per martire. Sarà il solito coro patetico. Null’altro che folclore moralmente colpevole. Non provo pietà nei confronti di quest’uomo un tempo (?) potentissimo e politicamente “ferocissimo”, casomai rabbia. La rabbia per tutti quei politici che, anche a “sinistra”, lo hanno celebrato per decenni come un grande statista, fino ad elevarlo a “padre costituente” in quello schifoso referendum del 4 dicembre 2016 che stava per affossare per sempre questo paese. Le colpe dei renziani per quel tentativo di distruzione della Costituzione resteranno eterne. Ora ho due curiosità. La prima è quanto ci metteranno a toglierlo di galera – con qualche cavillo – prima della scadenza della condanna. La seconda è chi sarà per primo a portargli le arance. Forse il genero Salvini. Forse la collega “costituente” Boschi. O forse l’allievo Renzi. Sia come sia, la sua “politica” ha già fatto più danni della grandine. Auguri all’uomo, magari in carcere imparerà qualcosa, ma politici come lui anche no. Abbiamo già dato. Basta così.

“Meglio la pedofilia dell’aborto”, l’inaccettabile don.

Lui è tal “don” Andrea Leonesi. Dialettica pietosa e italiano che all’asilo lo parlano meglio. E fin qui i suoi pregi. Durante l’omelia del 27 ottobre presso la chiesa dell’Immacolata di Macerata, questo bel giuggiolone ha avuto il coraggio di sostenere che l’aborto sia più grave della pedofilia. Una roba da vomito. E per me una roba anche moralmente criminale. Già che c’era, il fenomeno dall’italiano tragico ha sparato pure boiate sulle coppie omosessuali, sulle femministe che “se spojano ‘n Chiesa” e sulle mogli sottomesse ai mariti. Guardate questo video e poi vomitate. La Chiesa di Papa Francesco ha tutto il mio rispetto. La Chiesa di “preti” così è quanto di più distante dalla mia idea di vita. E mi fa semplicemente schifo che uno così sia prete.

Proietti, la scomparsa di un vulcano di idee e progetti.

La scomparsa di Gigi Proietti mi ha colpito profondamente. Persino più di quanto credessi. E credo sia accaduto a molti tra voi. Se n’è andato un monumento, un gigante, un fenomeno. E una grande persona. L’ultimo vero mattatore di questo paese. Sono molto triste. E pure un po’ svuotato. Sul FattoMarco Travaglio ha scritto un ricordo bellissimo. È una delle cose migliori che Marco abbia mai scritto. Ha detto (perfettamente) quello che provo anch’io. Per questo desidero pubblicarlo anche qui. Siamo dannatamente soli. Ed è sempre più dura. “Me so’ fatto fa’ ’na piscinetta… ’st’estate ce devi venì! Io me ne sto bono bono in auto-clausura e aspetto… Ci ho pure tre galline che me fanno l’ovetto fresco…”.Quando chiamava Gigi – e capitava spesso, specie durante il lockdown per ridere un po’ dei virologi da divano che dicevano tutto e il contrario di tutto nella stesso programma, spesso nella stessa frase (“Ma come fanno? Boh”) – stentavi a credere che fosse proprio lui: il più grande mattatore vivente. Ora che questo 2020 di merda ci ha portato via anche lui, proprio mentre un inutile cinquantenne twittava sull’inutilità degli ottantenni, si affollano i ricordi di un’amicizia nata grazie al Fatto. Proietti ci leggeva per primi, poi telefonava per commentare, suggerire, soprattutto sghignazzare (“Chi non sa ridere mi insospettisce”). Ogni tanto ci mandava uno stornello, un sonetto in romanesco (“Se pubblichi, non mi firmare: metti ‘Agro Romano’…”).

Una volta, alla nostra festa all’isola Tiberina, doveva essere un’intervista e invece portò il suo pianista Mario e fece uno spettacolo intero col meglio del suo repertorio (“aggràtise”): da Nun me rompe er ca’ a Pietro Ammicca, dal Cavaliere nero a Toto nella saùna (con l’accento sulla u), dal vecchietto delle favole sconce all’addetto culturale pieno di tic al prof che declama La pioggia nel pineto in barese. Il meglio di A me gli occhi please, poi travasato in Cavalli di battaglia, che doveva andare una sera sola all’Auditorium e diventò un tour infinito, sempre sold out. Frammenti di memoria e lampi di genio si mischiano alle lacrime.Il nasone fin sopra la fila di denti bianchi. Gli occhi che roteano. Il vocione cavernoso da fumatore. La risata aperta e la gioia di strapparne agli altri. Sempre in scena, anche per strada e in trattoria. L’opposto del cliché del grande comico, allegro sul palco e sul set, cupo e depresso in privato: a lui ridere piaceva un sacco, almeno quanto far ridere. Lui nel camerino del Globe Theatre a villa Borghese, qualche estate fa, esausto e zuppo di sudore dopo due ore di Edmund Keane con 30 e passa gradi: “Che fate, annate a cena da Dante? Io nun so se me la sento, stasera avrò perso cinque chili…”.Poi si presenta al ristorante e ci ammazza di barzellette e aneddoti su Gassman, Bene, Fabrizi e Stoppa fino alle tre di notte, lui fresco come una rosa, noi tramortiti. “Questa la sapete senz’altro…”. “Questa è troppo feroce… che faccio, la racconto?”. “Marché, famme fa’ ’n tiro de sigaretta, mentre Sagitta nun guarda. E dammene ’n’artra de frodo, che me la fumo quanno tutti dormono…”. Ancora domenica mattina, in rianimazione, con la compagna di sempre Sagitta, le figlie Carlotta e Susanna, il manager Alessandro Fioroni, parlava di lavoro.Del film in uscita su Babbo Natale con Giallini. Della stagione appena chiusa al Globe, unico grande teatro aperto in Italia (“Chissenefrega dei soldi, io i fondi del Fus non me li intasco, facciamo lavorare ’sti ragazzi prima che richiudano tutto”).Dei progetti futuri: rivoleva un teatro tutto per sé, dopo lo scippo del Brancaccio a opera di Costanzo&C., progettava con Renato Zero un nuovo teatro tenda come quello degli anni 70-80 (“Renato fa i concerti e io metto in scena tutto Molière, sto convincendo Corrado Guzzanti e Verdone ad alternarsi con me, tu mi fai il teatro-giornale e magari rimetto su la scuola di teatro che la Regione mi ha chiuso”; seguiva imitazione irresistibile del funzionario dell’assessorato che gli comunica, a gesti e a grugniti, le ragioni dello stop). Un anno fa viene a vedere Ball Fiction e alla fine, in camerino, si accorge di aver perso il portafogli. La nostra Amanda si precipita in sala e lo trova sulla sua poltrona. “Vedi, Gigi, i nostri amici sono tutti onesti!”. “Ma va, penzano che nun ci ho ’na lira!”.All’ultima festa del Fatto, in streaming dal giardino della redazione, doveva venire alla serata di apertura: “Magari chiacchieriamo di come nascono le barzellette, che molti considerano umorismo di serie B perché non le sanno raccontare, non hanno i tempi, la faccia. Il mistero umano di come scocca la scintilla della risata è un tema affascinante. Potrebbe nascerne uno spettacolo, ho letto anche dei saggi molto pensosi…”.Perché era coltissimo, come lo sono quelli che lo dissimulano e si fanno beffe dei colleghi engagé (“Natale in casa Latella”) o “di ricerca (“‘Sospendete immediatamente le ricerche!’, diceva Gassman quando li vedeva”). Ma stava già male (“Famo ’st’altr’anno”). Un paio di mesi fa feci una battuta in un pezzo sugli orrori di stampa: “Se tornasse Il Male con un falso giornalone dal titolo ‘Arrestato Gigi Proietti: è il capo dell’Isis’, tutti commenterebbero: embè?”. Ed ecco puntuale il suo sms: “Salam da Rebibbia! Speravo di passare inosservato, poi invece arriva Travaglio. E scusa: il turbante non lo trovo, acc…”. Lo inseguivamo da due settimane per l’intervista degli 80 anni. Silenzio. Poi, sabato sera, l’sms: “Caro Marco, purtroppo al momento non sono in grande forma e l’intervista temo non si possa fare, poi ti racconterò. Ci sentiamo con calma. Ti abbraccio”.Solo a lui poteva venire in mente di nascere e morire lo stesso giorno, il 2 novembre. Che per un comico non è niente male. Anche Shakespeare ci era riuscito, ma il 23 aprile, non il giorno dei morti.Si dice che far ridere sia impresa molto più difficile che far piangere. E Gigi ne era la prova vivente.Ma ieri, con quell’uscita di scena, è riuscito nelle due imprese insieme”.

Non è un Paese per vecchi, parola di Toti.

“Le parole di Toti sono terrificanti, fanno semplicemente schifo. Conosco un po’ Toti e mi rifiuto di credere che volesse dire quello che scritto. Il problema è che molti, a destra, pensano quello che ha scritto Toti. Basta sentire quel che ha detto il leghista Borghi alla Camera: c’è gente che ha un’idea ipercapitalista, cinica e mercantile della vita. O lavori e produci, o sei sacrificabile. Questo è terrificante. Proietti aveva 80 anni e magari per Toti o Borghi non era “indispensabile alla produttività”, ma era indispensabile alla nostra bellezza culturale, morale e umana molto più di Toti e Borghi”.(a Otto e mezzo)

Il coordinatore anti-covid ai domiciliari.

Otto persone sono finite agli arresti domiciliari tra cui Antonino Candela, 55 anni, attuale coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19, già commissario straordinario e direttore generale dell’Asp di Palermo. L’operazione “Sorella sanità” ha fatto luce su un vasto sistema di mazzette e appalti pilotati nella sanità, portando a 12 misure cautelari personali, sequestri di imprese e disponibilità finanziarie. “Ricordati che la sanità è un condominio e io sempre capo condominio rimango”, diceva Candela, non sapendo di essere intercettato. Il gip sostiene che Candela “si atteggiava a strenuo paladino della legalità”, ma che è ritenuto a capo di uno dei centri di influenza in grado di condizionare e pilotare gli appalti, intascando mazzette per 260 mila euro.Ne usciremo migliori stocaxzo.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/06/il-prete-che-minimizza-la-pedofilia-il-martire-verdini-e-il-gigante-proietti-i-post-di-scanzi/5992093/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=scanziquotidiani&utm_term=2020-11-06

giovedì 5 novembre 2020

Denis santo subito. - Marco Travaglio
















Non sappiamo chi è il nuovo presidente Usa perché aspettiamo i postini. Non sappiamo quali sono le zone rosse, arancioni e gialle, perché aspettiamo il ministero, l’Iss, il Cts, gli sgovernatori, i sindaci e il divino Otelma. Ma una certezza l’abbiamo: Verdini martire. Condannato in Cassazione a 6 anni e 6 mesi per la bancarotta fraudolenta del Credito cooperativo fiorentino (32 “distrazioni”, cioè 32 furti ai risparmiatori per favorire gli amichetti suoi) e prescritto in extremis per truffa allo Stato sui i fondi pubblici all’editoria, era uno dei pochi berlusconiani rimasti a piede libero. Ma ha provveduto lui stesso a colmare l’inspiegabile ritardo, consegnandosi a Rebibbia prima che i carabinieri andassero a prenderlo. E l’ha fatto senza un lamento, perché non è un piagnucolone e perché, conoscendosi, sapeva benissimo che sarebbe finito lì (anche la scelta dei portafortuna, dal Caimano all’Innominabile al Cazzaro, non ha giovato). Ma a lacrimare al suo posto ci pensano i giornalisti increduli per lo scandalo di un pregiudicato in galera. Il suo amico Giuliano Ferrara, del cui Foglio Verdini fu editore coi soldi di B. e soprattutto nostri, strilla contro “la logica delle manette”, senza spiegare in quale Paese un condannato a 78 mesi resta a piede libero. Ma da lui c’era poco da attendersi: il suo bacio è un apostrofo rosa tra le parole “ti” e “arresto” (Craxi ad Hammamet, B. a Cesano Boscone, Dell’Utri, Previti e Verdini a Rebibbia).

Strepitoso invece Mattia Feltri, quello che aspetta sempre la Cassazione e poi, quando arriva la Cassazione, non gli va bene lo stesso. Premette: “Non so nulla del processo”, anche se “Ferrara lo definisce brutale e spicciativo” senza saper nulla del processo. Ma proprio perché non sa nulla del processo, e se ne vanta, Feltri jr. rimpiange gli abbracci di Denis che “spalancava le tanaglie e mi rinserrava dentro”. E “prova un dolore intenso”: non per le vittime del crac Ccf finite sul lastrico, ma per il bancarottiere-truffatore a cui “voglio molto bene” perché prima della Stampa lavorava al Foglio gestito da Verdini a spese dei contribuenti (prima di passare all’edizione toscana del Giornale e infine al gruppo Libero-Il Tempo del sen. Angelucci). Roba che può accadere solo in Italia: all’estero è conflitto d’interessi. Ma ora, proprio grazie al conflitto d’interessi, mezza stampa lo beatifica. Il Giornale arriva a scrivere che, al suo arrivo a Rebibbia, i giudici dovevano “respingerlo” per evitare che sconti la pena “a contatto col carcere e col virus” (notoriamente circoscritto alle patrie galere), come peraltro fanno 60mila detenuti che non sono mai stati senatori, banchieri ed editori. Diceva Trilussa: “La serva è ladra e la padrona è cleptomane”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/05/denis-santo-subito/5992461/

martedì 3 novembre 2020

Denis Verdini condannato in Cassazione per il crack del Credito fiorentino: 6 anni e mezzo. Adesso dovrà andare in carcere.

 

La suprema corte ha confermato la condanna di secondo grado, scontandola di quattro mesi dichiarati prescritti. L’ex parlamentare può andare in cella almeno per i prossimi mesi. Colpa dell’età: l’8 maggio 2021, infatti, compie 70 anni e solo da quel momento potrà chiedere di scontare la condanna agli arresti domiciliari. L'avvocato Coppi: "E' un uomo molto forte e molto coraggioso e quindi pensiamo che saprà affrontare virilmente questa prova".

Denis Verdini andrà in carcere. Almeno per qualche mese. La Cassazione infatti ha confermato la condanna d’appello per l’ex senatore di Forza Italia, che dunque è stato dichiarato colpevole in via definitiva per la bancarotta del Credito cooperativo fiorentino. I 6 anni e 10 mesi del secondo grado sono diventati sei anni e mezzo visto che quattro mesi sono andati in fumo a causa della prescrizione.

La sentenza della Cassazione – La quinta sezione penale della Cassazione, presieduta da Paolo Antonio Bruno, non ha accolto la richiesta del sostituto procuratore generale, Pasquale Fimiani, che, nell’udienza di ieri, aveva chiesto per Verdini un nuovo processo d’Appello sollecitando l’annullamento con rinvio per numerosi episodi relativi alla bancarotta. Dichiarata la prescrizione, come richiesto anche dalla Procura Generale, per i reati di truffa relativi ai contributi all’editori degli anni 2010-11. Per questa vicenda Verdini è stato condannato sia in primo che in secondo grado insieme ad altri 15 imputati: il 3 luglio 2018 la Corte d’Appello di Firenze lo aveva condannato a sei anni e dieci mesi di reclusione, riducendo la pena inflitta in primo grado che era stata di nove anni. Una sentenza che arriva dopo due rinvii dell’udienza davanti alla suprema Corte a causa dell’emergenza coronavirus: inizialmente prevista per lo scorso marzo, l’udienza era slittata prima al 17 luglio e con un nuovo rinvio disposto per poter discutere, che ha trascinato la sentenza fino a oggi.

L’avvocato Coppi: “Andrà in carcere, è un uomo coraggioso” – Adesso per l’inventore di Ala, il gruppo parlamentare nato al Senato per sostenere il governo Renzi, si apriranno le porte del carcere. Colpa dell’età: sarà solo l’8 maggio del 2021, infatti, che Verdini comprirà 70 anni, limite d’età che gli consentirebbe di scontare la pena agli arresti domiciliari. L’ex senatore, dunque, finirà in prigione almeno fino a maggio: i sei anni e mezzo di condanna, tra l’altro, lo escludono dalle norme per abbassare la pressione nelle carceri e combattere il contagio del coronavirus. Possono chiedere di andare ai domiciliari, infatti, solo i detenuti con un residuo di pena da scontare inferiore ai 18 mesi. Ora la Cassazione dovrà notificare il dispositivo della sentenza dei giudici della quinta sezione penale alla Procura Generale di Firenze competente per l’esecuzione della pena. “Siamo profondamente delusi, sia perché il ricorso che avevamo proposto a noi sembrava fondato, sia soprattutto perché ieri il procuratore generale in un intervento molto motivato e molto persuasivo aveva chiesto l’accoglimento in larga parte dei nostri motivi di ricorso”, ha detto l’avvocato Franco Coppi, difensore di Verdini. Che ha confermato la detenzione penitenziaria per il suo assistito. “Purtroppo – dice Coppi – a questo punto mi pare che non ci siano esiti diversi. Per fortuna è un uomo molto forte e molto coraggioso e quindi pensiamo che saprà affrontare virilmente questa prova”.

La vicenda della banca – Per la vicenda del crack del Credito fiorentino, Verdini è accusato in pratica di aver concesso finanziamenti e crediti milionari senza “garanzie”, sulla base di contratti preliminari di compravendite ritenute fittizie. Soldi che, per la procura di Firenze venivano dati a “persone ritenute vicine” a Verdini stesso sulla base di “documentazione carente e in assenza di adeguata istruttoria”. In totale, secondo la magistratura il volume d’affari, ricostruito dai carabinieri dei Ros fiorentino, sarebbe stato pari a “un importo di circa 100 milioni di euro” di finanziamenti deliberati dal cda del Credito i cui membri, secondo quanto ricostruito nell’avviso di chiusura indagini “partecipavano all’associazione svolgendo il loro ruolo di consiglieri quali meri esecutori delle determinazioni del Verdini”. In sintesi secondo l’accusa, Verdini decideva a chi dare, e quanto, mentre gli altri si limitavano a ratificare “senza sollevare alcuna obiezione”. A dare il via all’indagine, la relazione dei commissari di Bankitalia che in 1.500 pagine avevano riassunto lo stato di salute del Credito fiorentino e le anomalie riscontrate.

Tutti gli altri guai giudiziari – Con la sentenza di oggi si mette un punto solo a una delle vicende giudiziarie che hanno coinvolto Verdini. L’ex coordinatore del Popolo della Libertà, infatti, ha anche un’altra condanna, al momento solo in primo grado: quella a cinque anni per la bancarotta della Società toscana di Edizioni, che pubblicava il Giornale di Toscana. Rischia inoltre un altro processo, per turbativa d’asta e concussione: poche settimane fa la procura di Roma ha chiuso le indagini sul suo conto, nell’ambito di uno dei filoni del processo Consip. In altre vicende è uscito assolto, come nel caso dell’inchiesta romana sulla compravendita del palazzo di via della Stamperia, per la quale era accusato di finanziamento illecito. E’ stato riconcosciuto non colpevole anche dall’accusa di far parte della cosiddetta P3, ritenuta dai pm romani un’organizzazione segreta in grado di condizionare il funzionamento degli organi costituzionali. Nello stesso processo era accusato anche di finanziamento illecito, reato per il quale in primo grado è stato condannato a un anno e tre mesi di reclusione. Ma solo per una parte del denaro incassato. Il restante è stato dichiarato prescritto, come pure l’abuso d’ufficio. Il processo è in corso in Appello, ma anche l’unica ipotesi di reato rimasta in piedi è ormai prescritta. Sempre grazie alla prescrizione si è salvato per il caso del processo sulla Scuola dei marescialli, un filone dell’indagine Grandi eventi della Procura di Firenze.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/03/denis-verdini-condannato-in-cassazione-per-il-crack-del-credito-fiorentino-6-anni-e-mezzo-adesso-dovra-andare-in-carcere/5989995/

martedì 18 febbraio 2020

Consip, Tiziano Renzi resta sotto inchiesta: archiviati solo due episodi. Nuove indagini per Lotti. Il gip: “Indagare Denis Verdini.” - Marco Lillo e Valeria Pacelli

Consip, Tiziano Renzi resta sotto inchiesta: archiviati solo due episodi. Nuove indagini per Lotti. Il gip: “Indagare Denis Verdini”

Il padre dell'ex premier archiviato solo per due ipotesi di traffico di influenze, ma ancora indagato per altri episodi dello stesso reato. Rigettata l’archiviazione per l’ex ministro Luca Lotti e l’ex generale della Legione Toscana dei carabinieri, Emanuele Saltalamacchia, accusati di rivelazione del segreto d’ufficio. Poi la novità: indagati gli ex parlamentari Denis Verdini e Ignazio Abrignani per turbativa d’asta e concussione. Sono le decisioni del gip di Roma Gaspare Sturzo nell’ambito di uno dei filoni della maxinchiesta Consip.

Non solo Tiziano Renzi resta indagato per alcune ipotesi di traffico di influenze illecite (per altre è stato archiviato). Anche l’ex ministro Luca Lotti resta indagato per rivelazione di segreto d’ufficio. Inoltre Denis Verdini deve essere iscritto anche lui con l’ex parlamentare del suo partito Ignazio Abrignani e con l’imprenditore Ezio Bigotti per la turbativa della gara Consip e per le pressioni sull’amministratore di allora della società pubblica, Luigi Marroni. Partiamo da Lotti. L’ex fedelissimo di Matteo era indagato nel filone sulla fuga di notizie sull’inchiesta Consip. Le accuse iniziali erano due: favoreggiamento e rivelazione di segreto. Per il primo reato, Lotti è già a processo: secondo le accuse avrebbe spifferato nel 2016 all’allora amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, nominato dal Governo Renzi nel 2015, l’esistenza di un’indagine sugli appalti della Centrale Acquisti della Pubblica Amministrazione. Per il secondo reato, quello di rivelazione di segreto, i pm romani però avevano chiesto l’archiviazione sulla base di motivazioni tecniche relative al suo ruolo di allora che non riguardava il segreto da lui in ipotesi rivelato. Richiesta respinta ieri dal gip Gaspare Sturzo sulla base di ragioni giuridiche opposte. Il gip comunque non ha formulato imputazione coatta ma ha solo chiesto ai pm su questo aspetto di svolgere nuove indagini.

Indagini da fare nel termine di 90 giorni sono state chieste dal gip ai pm anche per la posizione di Tiziano Renzi, inizialmente accusato di traffico di influenze per varie questioni delle quali aveva parlato Carlo Russo con Alfredo Romeo nell’estate del 2016 negli uffici della Romeo Gestioni vicino alla Camera dei Deputati, mentre erano attive le intercettazioni ambientali del Noe dei Carabinieri. Tiziano si è sempre detto all’oscuro di tutto e ha negato di avere incontrato Alfredo Romeo con Carlo Russo. I pm romani non hanno creduto del tutto al padre dell’ex premier, interrogato nel marzo del 2017, ma comunque hanno chiesto l’archiviazione di Tiziano, Alfredo Romeo e del suo consulente Italo Bocchino per il traffico di influenze su tutti i fatti contestati, mentre hanno chiesto solo per Russo il rinvio a giudizio e non per traffico di influenze illecite ma per millantato credito, reato peraltro riformato nel frattempo e di fatto unificato al traffico di influenze illecite.

Il gip Sturzo invece sul traffico di influenze presunto di Tiziano in concorso con il suo amico Carlo Russo e con l’imprenditore Alfredo Romeo e Italo Bocchino (consulente dell’imprenditore) distingue le singole questioni e le posizioni dei singoli soggetti. Archivia tutti e tre (Alfredo Romeo, Italo Bocchino e Tiziano Renzi) per le chiacchiere di Russo e Romeo relative alle pressioni da fare su Monica Chittò (ignara e mai indagata), allora sindaco di Sesto San Giovanni del Pd. Archiviano solo Tiziano Renzi per le chiacchiere di Russo e Romeo relative all’allora dirigente dell’Inps Daniela Becchini (anche lei mai indagata). Mentre il Gip Sturzo rigetta la richiesta di archiviazione sulle gare più importanti, quella da 2,7 miliardi di Consip e quella di Grandi Stazioni del valore di decine di milioni. Su queste due vicende Sturzo chiede ai pm romani di indagare ancora sul padre dell’ex premier insieme a Alfredo Romeo e Italo Bocchino. Invece sulla questione della presunta ‘mediazione nei confronti di Daniela Becchini’ il Gip chiede di indagare solo Romeo e Bocchino, non Tiziano, per traffico di influenze.

Quindi sulle due questioni più importanti e cioè la presunta ‘mediazione nei confronti di Luigi Marroni‘ allora amministratore di Consip, e la presunta ‘mediazione nei confronti di Silvio Gizzi‘ amministratore delegato di Grandi Stazioni il Gip ha disposto per Tiziano Renzi (oltre che per Russo, Romeo e Bocchino)“ordine di integrazione di indagini ex 409 comma 4 codice procedura penale”. A distanza di quasi due anni dalla richiesta dei pm quindi il Gip prende una decisione mediana: non manda Tiziano Renzi a giudizio e non lo archivia. La difesa di Tiziano Renzi, rappresentata dal’avvocato Federico Bagattini, coglie l’aspetto positivo del provvedimento del gip: “Per due volte la procura di Roma ha chiesto l’archiviazione di Tiziano Renzi, riconoscendo la correttezza del comportamento del mio cliente – spiega Bagattini – rimaniamo a disposizione dei magistrati romani anche per le nuove indagini, con la tranquillità e la fiducia di chi intende collaborare con gli inquirenti, prendendo atto che – a differenza dei ripetuti rumors della vigilia – il Gup non ha ordinato l’imputazione coattiva sotto alcun profilo”. Altra novità dell’inchiesta è l’iscrizione di nuovi indagati. Come Denis Verdini. Concussione e turbativa d’asta è il reato ravvisato dal gip Sturzo che deve essere contestato oltre che al fondatore di Ala anche al parlamentare Ignazio Abrignani e all’imprenditore Ezio Bigotti. La turbativa d’asta “in relazione alla gara d’appalto Consip Fm4” e concussione in relazione “ai danni di luigi Marroni in riferimento alla vicenda Cofely e agli incontri con Bigotti”.