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venerdì 12 febbraio 2021

Matteo Renzi e Denis Verdini a processo lo stesso giorno davanti alla Corte dei Conti. Stesso reato (danno erariale) ma fatti diversi.

Le udienze si terranno in videoconferenza per l'emergenza coronavirus. Le accuse all'ex premier riguardano la scelta di due collaboratori non laureati per il suo staff, nel 2009. L'ex senatore di Forza Italia, attualmente ai domiciliari, invece a processo per la truffa legata ai finanziamenti ricevuti dalla Società Editoriale Toscana.

Di nuovo insieme ma stavolta la politica non c’entra. Matteo Renzi e Denis Verdini saranno a processo lo stesso giorno davanti alla Corte dei Conti. Il 24 febbraio prossimo il fondatore d’Italia viva e l’ex leader di Ala compariranno davanti ai magistrati contabili che li accusano di danno erariale. A riportare la notizia sono la Nazione e l’edizione fiorentina di Repubblica, che spiega come Renzi e Verdini siano accusati dello stesso reato ma per fatti completamente diversi. I due, tra l’altro, non si incontreranno visto che entrambe le udienze saranno tenute in videoconferenza a causa dell’emergenza coronavirus. Le accuse per Renzi riguardano la scelta di due collaboratori non laureati per il suo staff, nel 2009, quando era sindaco di Firenze, circostanza di cui sono chiamati a rispondere anche due dirigenti di Palazzo Vecchio. Il danno contestato dalla procura contabile è di 69mila euro.

Verdini, invece, è a processo per la truffa legata ai finanziamenti ricevuti dalla Società Editoriale Toscana (Ste), che pubblicava Il Giornale della Toscana. Durante le indagini, la Procura della Corte dei Conti aveva disposto un sequestro conservativo a carico dell’ex senatore di Forza Italia e dell’ex deputato Massimo Parisi fino a un valore di 9 milioni e 100mila euro, pari ai contributi pubblici per l’editoria “ottenuti non avendone diritti”. Il padre della compagna di Matteo Salvini si trova attualmente agli arresti domiciliari nella sua villa di Pian del Giullari, ottenuti nei giorni scorsi dopo che il tribunale del Riesame lo aveva considerato “soggetto particolarmente vulnerabile al contagio da Covid 19″ e “occorre tutelare in via provvisoria la sua salute“.

Da novembre si trovava nel carcere di Rebibbia dopo la condanna in via definitiva a sei anni e mezzo per il crac del Credito cooperativo fiorentino. Durante la detenzione Verdini ha ricevuto le visite di di parlamentari, come aveva raccontato ilfattoquotidiano.it: lo stesso SalviniMatteo RenziLuca Lotti e tanti ex compagni di centrodestra. E poi il “re delle cliniche romane” Antonio Angelucci, Ignazio Larussa e Daniela Santanché, fino a Maurizio Lupi e Renata Polverini. Proprio per sostenere il governo di Renzi, nel 2014 Verdini uscì da Forza Italia fondando Ala, un suo gruppo parlamentare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/02/12/matteo-renzi-e-denis-verdini-a-processo-lo-stesso-giorno-davanti-alla-corte-dei-conti-stesso-reato-danno-erariale-ma-fatti-diversi/6099250/

giovedì 26 novembre 2020

Caso Gregoretti, la Corte dei Conti indaga per un eventuale danno erariale. - Saul Caia

 

I magistrati contabili vogliono appurare se l'azione di Salvini o del Viminale abbia creato una perdita economica allo Stato italiano, costringendo le navi e i loro equipaggi a restare ancorato per giorni al porto.

Si arricchisce di nuovi atti il fascicolo d’indagine della Corte dei Conti di Roma sul caso “Bruno Gregoretti”, il pattugliatore della Guardia Costiera che, nel luglio 2019 con a bordo 135 migranti, venne stoppato alcuni giorni dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini prima dello sbarco. I magistrati contabili stanno acquisendo i documenti del procedimento penale del Tribunale dei ministri di Catania, dove il leader del Carroccio è accusato di sequestro di persona aggravato.

Il caso Gregoretti. La nave aveva salvato 135 migranti nel corso di un’operazione di soccorso a largo del Mediterraneo, intervenendo dopo la segnalazione d’allarme lanciata del peschereccio italiano “Accursio Giarratano” e di uno tunisino. Il pattugliatore poi si era diretto al porto di Catania, dove aveva atteso alla fonda per alcuni giorni. All’inizio il Viminale aveva consentito lo sbarco di sedici minori non accompagnati, per poi far spostare la Gregoretti nel porto di Augusta.

L’ipotesi d’accusa del sostituto procuratore Massimiliano Minerva (della Corte dei Conti) è di danno erariale, ovvero se l’azione di Salvini o del Viminale abbia creato un danno economico allo Stato italiano, costringendo la nave e il suo equipaggio a restare ancorato per giorni al porto. La Gregoretti era un’imbarcazione adibita al controllo e intervento sul settore pesca, che non avrebbe potuto accogliere un numero così elevato di naufraghi.

La Guardia di Finanza sta analizzando e setacciando tutti i costi sostenuti in quei giorni dal pattugliatore della Capitaneria di porto, per valutare se le spese sostenute, tra personale in missione e carburante, siano in linea con l’operazione.

Il caso Diciotti. Sul tavolo del pm Minerva c’è anche il fascicolo sulla “Ubaldo Diciotti”, l’altra nave della Guardia costiera che, dopo aver soccorso 190 naufraghi, era rimasta ormeggiata per cinque giorni alla banchina del porto di Catania nell’agosto 2018. Anche in quel caso, era stato Salvini a firmare il divieto di sbarco. Come per la vicenda Gregoretti, il leader sovranista era finito sotto indagine del Tribunale dei ministri etneo, con l’accusa di sequestro di persona, ma fu salvato dall’intervento di 237 senatori che votarono contro l’autorizzazione a procedere nei sui confronti.

A differenza della precedente vicenda, la Diciotti aveva tra i suoi incarichi anche quello di pattugliare il mare, avendo uno scafo più ampio che avrebbe potuto accogliere i naufraghi. Il magistrato contabile però desidera accertare se ci sia stato un danno erariale, visto l’insistenza con cui la nave restò ancorata alla banchina di Catania, impedendo anche al personale della guardia costiera di poter scendere. Altro elemento chiave nell’indagine contabile potrebbe essere l’entrata in vigore del decreto sicurezza, voluto fortemente da Salvini, e che accentrava i poteri sull’allora ministro dell’Interno. All’epoca del caso della Diciotti il decreto non era stato ancora emanato, mentre per la Gregoretti c’era già il “sicurezza bis”.

Il prossimo 1 dicembre sarà chiamato a testimoniare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, davanti al giudice dell’udienza preliminare di Catania che dovrà decidere l’esito del procedimento su Salvini, al Tribunale dei ministri etneo. Per l’occasione come teste, all’aula bunker del carcere di Bicocca, sarà presente anche il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.

Il prossimo 4 dicembre toccherà al ministro degli esteri Luigi Di Maio, che all’epoca era viceministro, e all’ambasciatore Maurizio Massari. Infine il 12 dicembre saranno sentiti gli ex ministri dei Trasporti, Danilo Toninelli, e della Difesa, Elisabetta Trenta.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/26/gregoretti-e-diciotti-la-corte-dei-conti-indaga-per-un-eventuale-danno-erariale/6016530/

lunedì 8 luglio 2019

Matteo Renzi condannato dalla Corte dei Conti della Toscana per danno erariale. E c’è un altro procedimento aperto.

Matteo Renzi condannato dalla Corte dei Conti della Toscana per danno erariale. E c’è un altro procedimento aperto

Da presidente della Provincia di Firenze, nel 2005, secondo i giudici contabili, aveva nominato un collegio di direzione invece di un singolo dg: "Deve 15mila euro allo Stato". E ha ricevuto un invito a dedurre per scelta di due collaboratori privi di laurea per il suo staff quando era sindaco di Firenze. Il suo legale: "Faremo appello. L'altro procedimento? Inspiegabile".

Matteo Renzi è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti della Toscana per un danno erariale di 15mila euro. Da presidente della Provincia di Firenze, nel 2005, secondo i giudici contabili, aveva nominato un collegio di direzione provinciale invece di un singolo direttore generale. Con l’ex premier sono stati condannati anche i quattro dg e l’assessore al Bilancio in carica al momento della nomina. La Corte dei conti ha ritenuto accertato un danno erariale complessivo di 125mila euro, che era stato contestato anche al segretario provinciale dell’epoca, poi deceduto.

La magistratura contabile ha aperto anche un altro procedimento sul senatore ed ex segretario del Partito Democratico. Mercoledì, infatti, ha ricevuto dalla procura della Corte dei conti un invito a dedurre per un presunto danno erariale per la scelta di due collaboratori privi di laurea per il suo staff quando era sindaco di Firenze, fatti risalenti al 2009. In questo caso il presunto danno erariale attribuito a Renzi, coinvolto insieme ad altri due dirigenti, è di 69mila euro

“Abbiamo immediatamente predisposto appello come avvenuto in analoga circostanza in passato”, ha commentato l’avvocato di Renzi, Alberto Bianchi. “La condanna è avvenuta senza nessuna richiesta di condanna da parte della procura, e in presenza di una legge che esclude che possa essere sottoposto a giudizio un soggetto che, come nel caso di Matteo Renzi, era rientrato nel processo su ordine del giudice dopo che la procura ne aveva chiesto l’archiviazione”.
Quanto all’altro procedimento, Bianchi rileva che “già in passato la Corte dei Conti in appello ha smentito la ricostruzione giuridica della sede fiorentina in primo grado e ha stabilito come non vi sia necessità della laurea per le posizioni di staff del sindaco. Anche in questo caso peraltro è inspiegabile il coinvolgimento dell’organo politico in presenza dei visti amministrativi di regolarità”.

giovedì 4 luglio 2019

Matteo Renzi condannato dalla Corte dei Conti della Toscana per danno erariale. E c’è un altro procedimento aperto.

Matteo Renzi condannato dalla Corte dei Conti della Toscana per danno erariale. E c’è un altro procedimento aperto

Da presidente della Provincia di Firenze, nel 2005, secondo i giudici contabili, aveva nominato un collegio di direzione invece di un singolo dg: "Deve 15mila euro allo Stato". E ha ricevuto un invito a dedurre per scelta di due collaboratori privi di laurea per il suo staff quando era sindaco di Firenze. Il suo legale: "Faremo appello. L'altro procedimento? Inspiegabile."

Matteo Renzi è stato condannato in primo grado dalla Corte dei Conti della Toscana per un danno erariale di 15mila euro. Da presidente della Provincia di Firenze, nel 2005, secondo i giudici contabili, aveva nominato un collegio di direzione provinciale invece di un singolo direttore generale. Con l’ex premier sono stati condannati anche i quattro dg e l’assessore al Bilancio in carica al momento della nomina. La Corte dei conti ha ritenuto accertato un danno erariale complessivo di 125mila euro, che era stato contestato anche al segretario provinciale dell’epoca, poi deceduto.
La magistratura contabile ha aperto anche un altro procedimento sul senatore ed ex segretario del Partito Democratico. Mercoledì, infatti, ha ricevuto dalla procura della Corte dei conti un invito a dedurre per un presunto danno erariale per la scelta di due collaboratori privi di laurea per il suo staff quando era sindaco di Firenze, fatti risalenti al 2009. In questo caso il presunto danno erariale attribuito a Renzi, coinvolto insieme ad altri due dirigenti, è di 69mila euro
“Abbiamo immediatamente predisposto appello come avvenuto in analoga circostanza in passato”, ha commentato l’avvocato di Renzi, Alberto Bianchi. “La condanna è avvenuta senza nessuna richiesta di condanna da parte della procura, e in presenza di una legge che esclude che possa essere sottoposto a giudizio un soggetto che, come nel caso di Matteo Renzi, era rientrato nel processo su ordine del giudice dopo che la procura ne aveva chiesto l’archiviazione”.
Quanto all’altro procedimento, Bianchi rileva che “già in passato la Corte dei Conti in appello ha smentito la ricostruzione giuridica della sede fiorentina in primo grado e ha stabilito come non vi sia necessità della laurea per le posizioni di staff del sindaco. Anche in questo caso peraltro è inspiegabile il coinvolgimento dell’organo politico in presenza dei visti amministrativi di regolarità”.

venerdì 7 giugno 2019

Giudice firma la sua assoluzione, Renzi la promozione a capo della Corte dei Conti. - Thomas Mackinson | 26 Febbraio 2015

Giudice firma la sua assoluzione, Renzi la promozione a capo della Corte dei Conti

Martino Colella, classe 1945, magistrato napoletano di lungo corso a un passo dalla pensione (che scatterà il 31 dicembre) giura: "Nessun collegamento tra le due vicende".

Il giudice firma la sua assoluzione in appello, Renzi la sua nomina a capo della Corte dei Conti. Sei giorni dopo la pubblicazione della sentenza che ha definitivamente assolto il Presidente del Consiglio per la vicenda dei portaborse assunti in Provincia il Governo, su proposta dello stesso Renzi e per decreto, ha ratificato la nomina del magistrato che presiedeva il collegio giudicante a Procuratore Generale della Corte dei Conti.

Si tratta di Martino Colella, classe 1945, magistrato napoletano di lungo corso a un passo dalla pensione. La sua promozione è arrivata neanche una settimana dopo il deposito della sentenza della I Sezione centrale d’appello di Roma, avvenuto il 4 febbraio, che sollevava il premier da ogni responsabilità sulla vicenda degli incarichi dirigenziali conferiti senza concorso né laurea al personale di staff della sua segreteria che era costata a Renzi due condanne per danno erariale. Non è un dettaglio. Proprio Colella ha firmato, insieme a quattro magistrati, l’assoluzione che il 7 febbraio ha provocato l’esultanza del diretto interessato (“La verità è ristabilita”) e non poche perplessità nel mondo del diritto, giacché le motivazioni sono ricondotte al fatto che era un “non addetto ai lavori” e quindi poteva non percepire l’illegittimità degli atti che autorizzava. Singolare non è solo la pronuncia che, come rilevato da più parti, rischia di spalancare le porte a un sistema diffuso di elusione della responsabilità erariale, mandando assolti i tanti politici “non addetti ai lavori”.

Il punto è che il giudice che presiedeva il collegio che a metà dicembre, in camera di consiglio, ha deciso il proscioglimento dell’imputato Renzi è lo stesso che un mese e mezzo dopo il presidente Renzi ha nominato PG della Corte, cioè capo di coloro che debbono indagare se sussistono ipotesi di danno erariale. La sentenza è stata depositata il 4 febbraio e la nomina è stata ratificata il 10, a margine del Cdm numero 49. “Su proposta del Presidente del Consiglio Matteo Renzi”, si legge nei documenti della riunione, vengono nominati un presidente aggiunto e il capo della Procura Generale della Corte dei Conti, con decorrenza a partire dal 25 marzo 2015. Il primo è Arturo Martucci di Scarfizzi. Il secondo è, appunto, Martino Colella. L’indicazione era stata avanzata il 13 gennaio dal Consiglio di presidenza della Corte dei Conti che ha deliberato all’unanimità e trasmesso i nominativi a Palazzo Chigi.

L’interessato, contattato dal Fatto, si dice certo che le due vicende siano distinte. “La Presidenza del Consiglio riceve la delibera e la formalizza”, spiega Colella che rivendica un cv di prima grandezza sugli altri sei presidenti di sezione in corsa: “Sono stato il più giovane vincitore del concorso per l’Avvocatura di Stato, ho vinto quello d’ingresso alla Corte a soli 26 anni. Dopo il terremoto dell’Aquila ho ricostruito e riorganizzato la sezione, sono presidente d’appello da oltre due anni e nel 2014 ho redatto e sottoscritto 115 sentenze (una è quella che ha assolto Renzi, ndr). Renzi non l’ho mai visto né sentito”. Di più, Colella giura di non aver ricevuto affatto regali dall’attuale Governo, anzi: “L’incarico che mi danno, grazie a questo governo, non comporta alcun guadagno aggiuntivo perché il mio stipendio è già al tetto dei 240mila euro lordi l’anno. Dovrò anzi restituirne 20mila. Sempre grazie a questo governo, poi, andrò in pensione il 31 dicembre prossimo rinunciando ai migliori anni della carriera”. Proprio così, l’altro aspetto curioso della vicenda è che il nuovo incarico durerà soltanto nove mesi e mezzo. Non è ancora partito, e già si parla del successore.

Sia come sia, le domande restano tutte: tra 600 magistrati contabili, possibile che sia stato scelto proprio quello che ha presieduto il collegio che un mese e mezzo prima ha mandato assolto il premier? Potevano ignorarlo i consiglieri della Corte? Proviamo dall’altra parte: poteva non sapere Renzi che stava ratificando la nomina del suo giudice a Berlino? Proprio alla luce delle motivazioni della sentenza vergate dal collegio di Colella si direbbe che sì, tutto è possibile. Così come non si era accorto di aver firmato delle nomine illegittime di portaborse, perché in fondo non era un addetto ai lavori, è possibile che non si sia accorto di aver promosso il giudice che lo ha assolto. Renzi, presidente di Provincia e del Consiglio. Ma sempre a sua insaputa.
Dal Fatto Quotidiano del 26 febbraio 2015.
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO. 
Nomina del Procuratore Generale, precisazione su articolo di stampa.
Relativamente a quanto riportato in un articolo di stampa nel quale sono contenute alcune illazioni particolarmente gravi e prive di ogni fondamento nei confronti della Corte dei conti, l’Ufficio stampa precisa quanto segue.La nomina del Procuratore Generale della Corte dei conti è disposta dal Consiglio di presidenza – a seguito di un’apposita procedura concorsuale – e formalizzata con un Decreto del Presidente della Repubblica, controfirmato dal Presidente del Consiglio dei Ministri. Nello specifico, alla procedura concorsuale bandita dal Consiglio di presidenza il 17 dicembre 2014, hanno partecipato sette Presidenti di Sezione della Corte dei conti. All’esito delle audizioni personali degli interessati e valutati i fascicoli e i curricula dei singoli candidati, il Consiglio di presidenza, nell’adunanza del 13-14 gennaio 2015, ha nominato, all’unanimità, Procuratore Generale della Corte dei conti il Presidente di Sezione dott. Martino Colella, peraltro già primo nella graduatoria parziale elaborata sulla base dell’anzianità di servizio e della professionalità specifica, in considerazione dell’elevatissimo spessore professionale e dell’indiscusso prestigio dello stesso.
Corte dei conti – Ufficio stampa
LA REPLICA DELL’AUTORE. 
Riceviamo la nota e volentieri pubblichiamo. Rileviamo che la ricostruzione dell’articolo e della nota sono sostanzialmente identici nella definizione delle date e delle procedure che hanno portato il presidente Colella a capo della Procura Generale della Corte dal prossimo 25 di marzo. Proprio per fornire una ricostruzione esatta dei fatti e anche una spiegazione delle circostanze con cui è avvenuta la procedura abbiamo provveduto a contattare il presidente Collela dando ampio spazio alla sua posizione in merito. Aggiungiamo, per completezza, quello che la nota non dice. E cioé che a sei giorni dal deposito della sentenza, avvenuto il 4 febbraio, il Presidente del Consiglio ha formalizzato la delibera di nomina del magistrato che a metà dicembre ha presieduto il collegio che l’ha mandato assolto.
T.M.

giovedì 23 luglio 2015

"Titolo falso per fare il primario" Tutino, s'indaga per danno erariale. - Riccardo Lo Verso

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Dopo la Procura ordinaria si muove anche quella regionale della Corte dei Conti. L'ipotesi è che l'azienda ospedaliera Villa Sofia abbia provocato un danno erariale, assegnando al chirurgo plastico il ruolo di primario senza che ne avesse i titoli.

PALERMO - La Procura regionale della Corte dei Conti irrompe nel caso Tutino. I pubblici ministeri contabili ipotizzano che l'azienda ospedaliera Villa Sofia abbia provocato un danno erariale assegnando al chirurgo plastico il ruolo e di conseguenza lo stipendio di primario senza che ne avesse i titoli.

Negli uffici di via Filippo Codova sono iniziati gli interrogatori. L'impressione è che i pm contabili abbiano atteso gli esiti delle indagini della Procura ordinaria - Tutino è finito ai domiciliari e sotto inchiesta c'è pure l'ex commissario dell'azienda ospedaliera Giacomo Sampieri - prima di attivarsi.

Si parte dal tanto contestato curriculum del medico personale del governatore Rosario Crocetta che Sampieri volle accanto a sé, chiamandolo in comando da Caltanissetta dove si erano conosciuti quando era direttore sanitario del Sant'Elia. Poi, fu bandito il concorso per primario di Chirurgia plastica e maxillo facciale. Tutino vinse la concorrenza di altri candidati che fecero ricorso al Tar, sostenendo che il collega  non avesse i titoli. Il Tribunale amministrativo, però, dichiarò il ricorso inammissibile senza entrare nel merito.

Infine è arrivata l'inchiesta dei pubblici ministeri ordinari che contestano a Tutino il reato di falso. Avrebbe, infatti, omesso di avere riportato una condanna penale. Un precedente giudiziario che avrebbe bloccato la sua nomina, così come il procedimento disciplinare per alcuni interventi eseguiti senza autorizzazione a Caltanissetta. Il procedimento fu trasmesso a Palermo dove rimase, secondo l'accusa dolosamente, nel cassetto di Sampieri, fino a fare scadere i termini.

Agli atti dell'inchiesta c'è il parere che l'azienda sanitaria chiese al ministero dell'Istruzione sul “titolo conseguito da Tutino all'Albert Einstein College of Medicine” di New York. “Trattandosi di titolo conseguito a seguito di un percorso formativo della durata di cinque mesi - scrissero dal Miur - non può trovare corrispondenza con titoli accademici rilasciati da università italiane e pertanto non può essere oggetto di riconoscimento”. Insomma, non poteva essere utilizzato in Italia anche perché l'eventuale riconoscimento doveva passare dal ministero della Salute. Da qui l'inchiesta per il presunto danno erariale avviata ora dalla Procura regionale della Corte dei Conti.


http://livesicilia.it/2015/07/22/matteo-tutino-primario-falso-titolo-inchiesta-palermo-ospedale-villa-sofia-danno-erariale_649961/