I magistrati contabili vogliono appurare se l'azione di Salvini o del Viminale abbia creato una perdita economica allo Stato italiano, costringendo le navi e i loro equipaggi a restare ancorato per giorni al porto.
Si arricchisce di nuovi atti il fascicolo d’indagine della Corte dei Conti di Roma sul caso “Bruno Gregoretti”, il pattugliatore della Guardia Costiera che, nel luglio 2019 con a bordo 135 migranti, venne stoppato alcuni giorni dall’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini prima dello sbarco. I magistrati contabili stanno acquisendo i documenti del procedimento penale del Tribunale dei ministri di Catania, dove il leader del Carroccio è accusato di sequestro di persona aggravato.
Il caso Gregoretti. La nave aveva salvato 135 migranti nel corso di un’operazione di soccorso a largo del Mediterraneo, intervenendo dopo la segnalazione d’allarme lanciata del peschereccio italiano “Accursio Giarratano” e di uno tunisino. Il pattugliatore poi si era diretto al porto di Catania, dove aveva atteso alla fonda per alcuni giorni. All’inizio il Viminale aveva consentito lo sbarco di sedici minori non accompagnati, per poi far spostare la Gregoretti nel porto di Augusta.
L’ipotesi d’accusa del sostituto procuratore Massimiliano Minerva (della Corte dei Conti) è di danno erariale, ovvero se l’azione di Salvini o del Viminale abbia creato un danno economico allo Stato italiano, costringendo la nave e il suo equipaggio a restare ancorato per giorni al porto. La Gregoretti era un’imbarcazione adibita al controllo e intervento sul settore pesca, che non avrebbe potuto accogliere un numero così elevato di naufraghi.
La Guardia di Finanza sta analizzando e setacciando tutti i costi sostenuti in quei giorni dal pattugliatore della Capitaneria di porto, per valutare se le spese sostenute, tra personale in missione e carburante, siano in linea con l’operazione.
Il caso Diciotti. Sul tavolo del pm Minerva c’è anche il fascicolo sulla “Ubaldo Diciotti”, l’altra nave della Guardia costiera che, dopo aver soccorso 190 naufraghi, era rimasta ormeggiata per cinque giorni alla banchina del porto di Catania nell’agosto 2018. Anche in quel caso, era stato Salvini a firmare il divieto di sbarco. Come per la vicenda Gregoretti, il leader sovranista era finito sotto indagine del Tribunale dei ministri etneo, con l’accusa di sequestro di persona, ma fu salvato dall’intervento di 237 senatori che votarono contro l’autorizzazione a procedere nei sui confronti.
A differenza della precedente vicenda, la Diciotti aveva tra i suoi incarichi anche quello di pattugliare il mare, avendo uno scafo più ampio che avrebbe potuto accogliere i naufraghi. Il magistrato contabile però desidera accertare se ci sia stato un danno erariale, visto l’insistenza con cui la nave restò ancorata alla banchina di Catania, impedendo anche al personale della guardia costiera di poter scendere. Altro elemento chiave nell’indagine contabile potrebbe essere l’entrata in vigore del decreto sicurezza, voluto fortemente da Salvini, e che accentrava i poteri sull’allora ministro dell’Interno. All’epoca del caso della Diciotti il decreto non era stato ancora emanato, mentre per la Gregoretti c’era già il “sicurezza bis”.
Il prossimo 1 dicembre sarà chiamato a testimoniare il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, davanti al giudice dell’udienza preliminare di Catania che dovrà decidere l’esito del procedimento su Salvini, al Tribunale dei ministri etneo. Per l’occasione come teste, all’aula bunker del carcere di Bicocca, sarà presente anche il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese.
Il prossimo 4 dicembre toccherà al ministro degli esteri Luigi Di Maio, che all’epoca era viceministro, e all’ambasciatore Maurizio Massari. Infine il 12 dicembre saranno sentiti gli ex ministri dei Trasporti, Danilo Toninelli, e della Difesa, Elisabetta Trenta.