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giovedì 3 giugno 2021

Il recluso Verdini raccomanda Renzi a Toti e Brugnaro. - Giacomo Salvini

 

Nuovo partito - Al capezzale di B. e FI.

Agire nell’ombra gli è sempre piaciuto. Per tessere trame e risolvere problemi, come il Mr. Wolf di Pulp Fiction. E allora Denis Verdini, oggi ai domiciliari nella sua villa di Pian de’ Giullari sulle colline di Firenze dopo la condanna definitiva a 6 anni e 6 mesi per il crac del Credito cooperativo fiorentino, è sceso in campo anche stavolta. Obiettivo: iniziare a mettere in piedi quel “grande centro” che alle prossime elezioni politiche possa fare da stampella moderata all’alleanza di centrodestra. Una terza gamba che unisca i moderati di Forza Italia (l’ala liberal di Mariastella Gelmini e Mara Carfagna), ma soprattutto Matteo Renzi, Carlo Calenda e Luigi Brugnaro. Tant’è che si dice che a consigliare l’accelerata per la nascita del nuovo partito del sindaco di Venezia e Giovanni Toti sia stato proprio lui. Dentro Forza Italia raccontano che l’ex Richelieu di Fivizzano abbia chiamato anche diversi parlamentari azzurri per convincerli a lasciare Berlusconi: “Ormai Forza Italia è finita – è il ragionamento che Verdini ha fatto ad alcuni di loro – vedete Berlusconi come è messo… adesso serve un’operazione nuova, una forza liberale e riformista che possa andare al governo tra un anno”. Da Coraggio Italia! spiegano che “l’idea del partito è solo di Toti e Brugnaro” ma confermano che quella sia la direzione e fanno sapere che il gruppo parlamentare nei prossimi giorni si allargherà ancora rispetto ai 31 parlamentari attuali.

E non è un caso che venerdì, alla vigilia dell’inaugurazione del Salone Nautico, Brugnaro abbia cenato insieme a Renzi in un noto ristorante veneziano. I due sono in ottimi rapporti da quando il leader di Italia Viva era a Palazzo Chigi e arrivò a Ca’ Farsetti per firmare il “Patto per Venezia” e poi ottenne il sostegno del sindaco al referendum costituzionale del 2016. Durante la cena, a quanto risulta al Fatto, i due hanno parlato degli scenari politici futuri e dell’idea di un polo centrista che si ponga in alternativa all’alleanza giallorossa e anche ai sovranisti di Lega e FdI. E che poi, dopo il voto, diventi l’ago della bilancia di un governo di centrodestra. Un esperimento studiato non per le prossime elezioni amministrative ma alle prossime elezioni politiche. “Il governo Draghi ha scomposto il quadro politico – spiega un alto dirigente vicino al sindaco di Venezia – sarà Renzi a venire da noi, nel centrodestra”. Così non è passata inosservata la dichiarazione del capogruppo renziano al Senato Davide Faraone che ha parlato così di Toti e Brugnaro: “Sono due persone che stimo, riformiste e moderate e tutti i riformisti e i moderati presto dovranno stare insieme – ha detto Faraone a Un Giorno da Pecora – Che differenza c’è tra me e Mara Carfagna?”.

Dell’operazione è a conoscenza anche Matteo Salvini – che si confronta spesso con il suocero Verdini e con il suo fedelissimo Marcello Pera – che infatti ha incoraggiato la formazione di Coraggio Italia! per svuotare sempre di più Forza Italia e annettere l’ala filo leghista del partito azzurro che fa riferimento al trio Tajani-Bernini-Ronzulli. L’idea dei leghisti è quella di una federazione con FI per rendere difficile il sorpasso di Giorgia Meloni e, allo stesso tempo, invitare le colombe azzurre a lasciare. Degli scenari politici ed editoriali dei prossimi mesi Salvini avrebbe parlato con Renzi il 23 maggio durante la cena a casa Angelucci. Verdini non poteva esserci, ma è difficile che non ne sapesse qualcosa.

IlFQ

sabato 6 giugno 2020

Con-te partirò. - Marco Travaglio




Se i set dei film e delle fiction non si decidono a riaprire alla svelta, rischiano di vedersi rubare il mestiere dai giornali. Cioè da quegli oggetti cartacei che un tempo contenevano notizie e ora fabbricano invenzioni. Le più in voga, negli ultimi tempi, sono tre: escogitare alibi (ovviamente falsi) per salvare le chiappe agli sgovernanti della Lombardia prima che passino alla storia come i più terrificanti (e al contempo comici) serial killer mai visti sull’orbe terracqueo; trovare il modo di scongiurare la scomparsa di due specie in via d’estinzione, i renziani e i calendiani; propiziare la nascita di un nuovo governo, possibilmente presieduto da Mario Draghi (senza peraltro domandargli se sia minimamente interessato) e sostenuto da tutti i vecchi partiti, previo dirottamento di Giuseppe Conte su un qualche strapuntino di consolazione (senza peraltro domandargli se sia minimamente interessato). La terza missione, la più improba, vede impegnatissime le principali testate e i loro signorini grandi firme, che studiano per il premier nuovi mestieri alternativi (come se non fosse già un prof e un avvocato).
L’estate scorsa, caduto il suo primo governo, tutti scrivevano che sarebbe andato certamente al ministero degli Esteri o a Bruxelles come commissario Ue (infatti restò premier). L’altro giorno Il Tempo e Il Dubbio (mica pizza e fichi) lo davano sicuro candidato di Pd e 5Stelle a sindaco di Roma (dove peraltro il M5S ricandida la Raggi e i dem, come sempre, uno a caso da buttar giù alla prima occasione). Ieri il sempre attendibile Claudio Tito, su Repubblica, lo dipingeva molto “tentato” dall’appassionante sfida di candidarsi a senatore alle elezioni suppletive a Sassari (gnamm!) per “blindare il governo” (qualunque cosa voglia dire) e diventare “il primo candidato ‘giallorosso’”, un “laboratorio” vivente della prossima “fusione Pd-M5S” (ovviamente mai pensata da alcuno). L’idea che uno che fa il presidente del Consiglio con consensi intorno al 60%, fra i più alti in Europa, non stia nella pelle di fare il senatore di Sassari o il sindaco di Roma, rende perfino più credibile la notizia ripetuta per la quarantesima volta da Libero: “Giuseppi confida nel virus per rimanere in sella e sogna il Quirinale”. E mentre briga per il Campidoglio, per il seggio sassarese e per il Quirinale e nei ritagli di tempo governa, ha ancora parecchio tempo libero. Infatti ha “pronto il suo partito”. Lo scrive un’altra firma di provata credibilità: Stefano Zurlo del Giornale. Dunque dev’essere vero. L’aveva già scritto ai primi d’aprile il piduista Bisignani su Libero: “Il partito di Conte è pronto. Dovrebbe chiamarsi ‘Insieme con Conte’. Il piano segreto del premier”.
Talmente segreto che non ne sapevano nulla né Conte né gli altri congiurati: Andrea Scanzi, il sottoscritto, un certo Gianluca Rospi (ha “un ufficio in via della Pigna”, e ho detto tutto) e un “fidatissimo collaboratore, Gerardo Capozza”. Senza dimenticare “i gruppi vicini alla figura di San Francesco d’Assisi” (santa Chiara, il lupo di Gubbio e alcuni uccelli), “i ciellini di Giorgio Vittadini, il volontariato, la Comunità di Sant’Egidio e gli intransigenti di Civiltà Cattolica”. Quando lessi la bisignanata, ci scherzai sopra sul Fatto e proposi per il Pochette Party un nome più accattivante del noiosissimo “Insieme con Conte”, ma soprattutto più diretto e subliminale: “Con-te”. Voi non ci crederete ma l’altroieri l’autorevole Zurlo ha trasformato la mia battuta in una notizia: “‘Con-te’: un gioco di parole per un partito che cerca strada” ma è “pronto”: “Un contenitore a immagine e somiglianza” di Conte, il quale “cospira con due mani: in una ci sono diversi soggetti della diaspora grillina, nell’altra prototipi democristiani”. Peccato non ne abbia una terza, di mano, perché ci sono pure “una decina di circoli in gestazione, embrione del movimento”.
Se poi ne avesse una quarta, potrebbe pilotare “alcuni nomi” che lavorano con lui notte e giorno al partito: Bruno Tabacci, ex Dc, ex Ccd, ex Udc, ex Pd, ex giunta Pisapia, ex Più Europa (lui, antiabortista, con l’abortista Emma Bonino); “il comandante Gregorio De Falco”, quello che tentò di rimandare a bordo Schettino, poi salì a bordo del M5S, poi ne scese in piena èra giallo-verde e riuscì a votare persino la mozione Bonino pro Tav essendo stato eletto col movimento più No Tav della storia; Lorenzo Fioramonti, quello che pensava di fare il ministro dell’Istruzione dal Sudafrica e diede le dimissioni un mese dopo, ma solo perché non credeva che Conte le accettasse e ora guida “Eco”, movimento ambientalista monozigote a chilometro zero, impatto zero e soprattutto voti zero. Insomma, tutta gente a posto e soprattutto coerente. Poi c’è Angelo Sanza, uno che era già sottosegretario di Andreotti e amico di Cossiga: un tenero virgulto. E tal “Alessandro Fusacchia, a suo tempo ghostwriter della Bonino”. Un parterre de roi da paura, un trust di cervelli e trascinatori di folle che – assicura Zurlo – “va avanti con provette e alambicchi”. Intanto nelle redazioni si rincorrono le voci sul marchio già depositato del nuovo partito e si commissionano sondaggi: l’ultimo è di ieri e dà il Con-te Party, prim’ancora che nasca, già al 14%, quarto in assoluto dietro a Lega, Pd e FdI. Numeri che si spiegano in un modo solo: il campione interpellato deve aver saputo di Rospi e Capozza, forse anche di Fusacchia.

sabato 21 settembre 2019

Il centro dilettevole. - Marco Travaglio


La tentazione di accostare Italia Viva al Psdi di Nicolazzi era fortissima: sia in omaggio a Fortebraccio, sia perché Teresa Bellanova nei panni di Vincenza Bono Parrino con le sue “borzette” era irresistibile.
Poi Matteo Cariglia ha rivelato a Vespa la vera essenza della sua catastrofica creatura: “C’è bisogno di una cosa allegra e divertente”. Accipicchia, ci siamo detti: è la prima volta, a memoria d’uomo, che un politico (si fa per dire) fonda un partito non per realizzare un programma qualsiasi, ma per farsi quattro risate.
Poi ci è apparso, come un’illuminazione, il Bertinotti di Corrado Guzzanti. Quello della “sinistra che non deve governare, ma fare scherzi telefonici, rompere i coglioni e divertirsi”. Quello che rimpiangeva i bei tempi di Prodi, che lavoravano tutto il giorno, mentre lui giocava a biliardo e poi “alle 3 del mattino andavamo sotto casa di Veltroni, ci appendevamo al campanello e poi via a correre e ridere per la strada”. Perché “la sinistra è gioco, è divertimento, è fantasia. ‘Alabarda spaziale!’: è questo lo slogan di una sinistra moderna”. Programma semplice: “Suonare ai citofoni citando Lenin e schivando la secchiata d’acqua: ‘Andate a dormire!’, ‘La rivoluzione non dorme mai!’”. E strategia precisa: “Diventare la forza più irresponsabile del Paese, opponendo al voto utile il voto dilettevole”.
Ora, con la crisi delle ideologie, la Sinistra sta poco bene ed è affollatissima, fra 5Stelle, Pd e LeU. Ed ecco l’ideona: fondare il Centro del gioco e degli scherzi per rompere i coglioni a Conte & C..
Fino a una settimana fa, Renzi controllava i gruppi parlamentari Pd. Ma si annoiava: vuoi mettere invece una miniditta ad personam? Conta molto meno, perché metà dei renziani non ci entrano. Ma se ne parla molto di più. Anzi tutti dicono che adesso Renzi è il padrone del governo, come se prima non ci fosse e come se i cosiddetti “renziani” lo fossero per convinzione e non per convenienza (altri 4 anni di poltrona e di pensione).
Basta scorrere i nomi dei 41 italo-vivi: Bonifazi, sempre e ovunque tesoriere; la Boschi, e-ho-detto-tutto; Migliore, detto Genny ‘a Poltrona; Rosatellum; De Filippo, per non lasciare solo Bonifazi in rappresentanza degli indagati; Ferri, perché il gemello Lotti per ora non viene; una di FI, che giustamente non vede la differenza; e Socialistanencini (si chiama così, una parola sola), che porta in dote il glorioso marchio del Psi (di Craxi, sia chiaro, non certo dei putribondi Turati, Nenni e Pertini).
Più che un partito, pare il bar di Guerre Stellari. Quindi basta dare del bugiardo a Renzi: stavolta è stato di parola. Il Centro Dilettevole è appena partito e già fa scompisciare.