Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 1 luglio 2021
Potentati e politica deviata contro Giuseppe Conte e il suo tentativo di rinnovamento politico. - Alfredo Morganti
Carcere Santa Maria Capua Vetere: pestaggi, torture, la barba strappata. Il film dell’orrore dietro le sbarre. - di Fulvio Bufi, inviato a Santa Maria Capua Vetere (Caserta)
La contestazione degli agenti al comandante troppo «morbido», poi il blitz con i rinforzi dall’esterno. E quel grido: «Lo Stato siamo noi»
La voce del comandante rimbomba nel silenzio dei corridoi alle quattro del pomeriggio. Gli agenti che lo seguono hanno il passo pesante. C’è rumore di cancelli che sbattono, ci sono voci che si accavallano. Perquisizione straordinaria. Tutti fuori dalle celle. E stavolta è un ordine delle guardie, non una scelta dei detenuti come la sera prima, quando, dopo la socialità, quelli del reparto Nilo hanno deciso di non rientrare e sono rimasti nei corridoi a protestare per avere le mascherine e soprattutto notizie sicure sulla voce che sta girando: in carcere c’è uno positivo al Covid. Una notte difficile, ma poi è intervenuto il magistrato di sorveglianza, ha garantito tamponi per tutti e li ha tranquillizzati, e pure il comandante è stato comprensivo, pure lui ha cercato di abbassare la tensione. Ora invece no. Ora l’aria è diversa, è brutta. Perquisizione straordinaria. L’inferno comincia così.
La struttura.
La casa circondariale «Francesco Uccella» di Santa Maria Capua Vetere ha venticinque anni di vita, ci lavorano 485 agenti penitenziari e nel reparto Nilo ci sono 370 detenuti. E in tutto l’istituto non c’è l’acqua potabile. Il 6 aprile del 2020 l’Italia è in lockdown ma chi è chiuso in carcere sta scoppiando.Ormai da un mese c’è una rivolta al giorno. Prima Salerno, poi Napoli, poi Modena, con l’assalto alla farmacia interna, la razzia di Metadone e tredici morti per overdose. E ancora Rieti, Bologna, Trieste, Venezia. A Foggia settantadue reclusi hanno aperto il portone e se ne sono andati. A Santa Maria Capua Vetere si è risolto tutto in poche ore e senza violenze né danni. Ma gli agenti della penitenziaria non hanno gradito l’atteggiamento del comandante. Un loro collega che dirige il Gruppo di supporto agli interventi (una struttura che interviene nelle carceri quando servono rinforzi) lo dice al provveditore del Dap Antonio Fullone, dal quale la sua squadra dipende direttamente. « Il personale è molto deluso», gli scrive su WhatsApp. «Si sono raccolti per contestare l’operato del comandante. Rischiamo di perdere il carcere». E Fullone decide di dare agli agenti quel «segnale forte» del quale, dirà poi ai magistrati che lo indagano, «avevano bisogno». Scrive alla direttrice reggente e le dice che « l’unica scelta è quella di usare la forza. Tecnicamente è il direttore che impartisce l’ordine (della perquisizione, ndr). Puoi fare riferimento che viene dato di intesa con me».
Squadre antisommossa.
Ma per la perquisizione non ci sarebbe bisogno del Gruppo di sostegno, e invece quelli arrivano. Con i caschi, gli scudi e i manganelli. Forse sono i loro passi con gli anfibi quelli che rimbombano nel corridoio del Nilo alle quattro del pomeriggio. Sicuramente sono i loro manganelli a precipitare sulle teste, le schiene, le braccia e le gambe dei detenuti che vengono fatti uscire dalle celle e obbligati a raggiungere la sala della socialità: per arrivarci devono attraversare un corridoio dove i poliziotti si sono messi ai due lati e picchiano tutti. Ma quelli del personale interno riescono a fare anche di peggio. Loro conoscono ogni recluso, e sicuramente qualcuno lo tengono puntato più degli altri. Sono quei quindici che poi verranno mandati in isolamento e lasciati per giorni con addosso i vestiti strappati e sporchi di sangue.
La barba strappata.
Pure gli agenti di Santa Maria hanno i manganelli, almeno la gran parte, ma oltre a picchiare vogliono umiliare. A tutti quelli che hanno la barba la tagliano, ma a uno che la ha più lunga degli altri la afferrano fino a strappargliela, e poi gli avvicinano un accendino minacciando di bruciargliela. La telecamera della stanza 5 della quinta sezione li inquadra al minuto 3,40 della registrazione acquisita dagli investigatori. Sono in due con il detenuto, e lo odiano al punto da chiamare a raccolta i colleghi: «Venite c’è quello con la barba e i tatuaggi, venite anche voi a prendervi la soddisfazione». E quando lui, stremato non riesce più ad andare avanti, gli sferrano due schiaffi alla nuca: «Vai pezzo di merda, ce la fai a camminare». I video che girano in Rete, che sono solo una parte di quelli in mano alla Procura di Santa Maria Capua Vetere, raccontano molto ma non tutto. C’è ancora altro. C’è il detenuto che dopo il pestaggio si aggrappa al cancello delle scale e cerca di arrampicarsi. Un altro recluso così ricostruisce la scena: «Piangeva e diceva di non volere scendere. E veniva picchiato da tre agenti». E c’è quello che viene prelevato dalla cella, picchiato, riportato in cella e poi costretto a uscire di nuovo e a raggiungere la sala della socialità. Dove, dopo appena 26 secondi, ricomincia il pestaggio. Preceduto da quello che doveva essere una specie di grido di battaglia degli agenti picchiatori, perché lo riferiscono anche altri detenuti: «Ora lo Stato siamo noi».
Lo scontro divide M5s. Conte: 'Il mio progetto politico non resterà nel cassetto'.
Assemblee di Camera e Senato chiedono di evitare scissioni.
A Giuseppe Conte "ho solo chiesto la garanzia di avere la struttura del garante identica alla struttura che c'è adesso. Gli ho detto: 'dammi la possibilità di essere il visionario, il custode dei valori' " ha detto in serata Grillo rivendicando le sue "scelte di cuore" e rifiutando l'etichetta di "padre-padrone".
E dalle due assemblee traspare il rammarico per la replica dell'ex premier a Grillo che avrebbe ostacolato un possibile tentativo di dialogo. Ma deputati e senatori ci sperano ancora. "Per una volta chiediamo noi a Beppe e Giuseppe responsabilità. Vediamoci e capiamo come difendere un sogno comune" ha detto in assemblea dei deputati Stefano Buffagni, applaudito dalla platea. "Si ritiene che una sintesi e una mediazione siano ancora possibili" per non disperdere "l'ambizioso progetto" mettono nero su bianco i senatori in un documento condiviso.
E anche alla Camera la richiesta dei deputati è quella di non dividersi in "tifoserie", elemento raccolto dal capogruppo Davide Crippa. Con un minimo comune denominatore tra le due assemblee: la richiesta di poter leggere, valutare e votare lo statuto di Conte. "Lo statuto non l'abbiamo neanche visto" hanno lamentato alcuni ma non c'è stato uno schieramento netto né da una parte, né dall'altra, anche se con alcuni distinguo. I deputati, commentano fonti parlamentati, hanno manifestato la mancanza di coinvolgimento rispetto ai recenti avvenimenti e un'obiettiva mancanza di elementi specifici sui motivi dello scontro.
Lo scontro e il botta e risposta
"C'è tanto sostegno dei cittadini: ho lavorato per 4 mesi. Ho aspettato Grillo in piena trasparenza. Il progetto politico non rimane nel cassetto per la contrarietà di una persona sola", ha detto l'ex premier Giuseppe Conte.
Il post di Beppe Grillo "non è" una delusione "solo per me. Questa svolta autarchica credo sia una mortificazione per un'intera comunità, che io ho conosciuto bene e ho apprezzato, di ragazze e ragazzi, persone adulte, che hanno creduto in certi ideali. E' una grande mortificazione per tutti loro", aveva detto l'ex premier in giornata.
"Smentiamo i retroscena, le fantasiose ricostruzioni e le presunte prese di posizione del ministro Di Maio che rimbalzano su agenzie e giornali in queste ore. Il ministro Di Maio sta lavorando come sempre per l'unità. Di Maio ha più volte ribadito che è necessario agire pensando al bene degli italiani". Lo fa sapere lo staff del ministro.
Secondo Vito Crimi, "Grillo ha indetto la votazione del comitato direttivo impedendo una discussione e una valutazione della proposta di riorganizzazione e di rilancio del MoVimento 5 Stelle alla quale Giuseppe Conte ha lavorato negli ultimi mesi, su richiesta dello stesso Beppe. Pur rientrando fra le sue facoltà indire la votazione, non concordo con la sua decisione. Il voto, tuttavia, non potrà avvenire sulla piattaforma Rousseau, poiché questa è inibita al trattamento dei dati degli iscritti al MoVimento. Inoltre, consentire ciò violerebbe quanto disposto dal Garante della Privacy".
"Ti invito ad autorizzare, entro e non oltre le prossime 24 ore, la Piattaforma Rousseau al trattamento dei dati, come espressamente consentito dal provvedimento del garante della privacy e come rientrante nei poteri del titolare del trattamento. Nel caso, invece, in cui decidessi di utilizzare subito la nuova piattaforma, sarai ritenuto direttamente e personalmente responsabile per ogni conseguenza dannosa dovesse occorrere al MoVimento (azioni di annullamento voto, azioni risarcitorie …) per le scelte contrarie allo statuto che dovessi operare". Lo scrive Beppe Grillo su Fb rivolgendosi al reggente Vito Crimi.
"Come ti ho sempre detto prima di poter votare su un'altra piattaforma - ha aggiunto Grillo - è, infatti, necessario modificare lo statuto con una votazione su Rousseau. Inoltre nella mancanza dell'organo direttivo l'unico autorizzato ad indire le elezioni dello stesso è il garante, e in quanto tale l'ho fatto secondo le sole modalità possibili previste dallo statuto vigente (art. 4 lettera b). Inoltre il garante della privacy non ha mai identificato in te il titolare dei dati degli iscritti, essendosi limitato a indicarlo genericamente nel movimento, probabilmente a causa della tua controversa reggenza".
"L'assemblea dei senatori del M5s ritiene doveroso esprimere gratitudine per lo sforzo profuso nella redazione del nuovo statuto, che tuttavia ad oggi gli iscritti e gli eletti non conoscono ed hanno tutto il diritto di vedere ed esaminare", sottolinea una nota dei senatori pentastellati. "In un Movimento che della democrazia diretta e della trasparenza ha fatto i propri principali pilastri - continua - è indispensabile che sia condiviso con l'intera comunità 5 Stelle. Si ritiene inoltre che una sintesi e una mediazione siano ancora possibili" per non disperdere "l'ambizioso progetto".
"A Vito Crimi esprimiamo il nostro pieno ed incondizionato sostegno in questa delicata fase politica dove il suo ruolo si rivela ancora oggi imprescindibile. Per Vito parlano la sua storia, la passione, la serietà ed il suo storico attivismo al servizio del MoVimento 5 Stelle. Da più di un anno Vito lavora incessantemente per gestire una difficile e delicata fase transitoria, coincisa peraltro con un periodo drammatico per il nostro Paese. A lui oggi rivolgiamo un accorato appello affinché vada avanti nel suo generoso sforzo verso un rinnovamento serio ed un reale rilancio del M5s". Lo scrive su fb il ministro 5s Stefano Patuanelli.
Nel frattempo si discute già della possibile scissione: da una parte chi resta nel M5S con Grillo, dall'altra chi andrebbe con l'ex premier. "Beppe ha esagerato", è il commento di chi vedeva in Conte una risorsa imprescindibile per il rilancio del Movimento. "Il fatto che non si possa votare su Rousseau è semplicemente falso, non c'è una diffida da parte del Garante della Privacy rispetto alla piattaforma", sottolinea invece un altro deputato. E, soprattutto alla Camera, non tutti stanno dalla parte di Conte. "Non ci ha mai coinvolto, come sulle alleanze in Calabria, chi ha scelto Ventura? Di certo io non la sosterrò", attacca una parlamentare calabrese.
ANSA
Conte, Grillo.
Cetta.
Le belle persone.
A me, questa bella persona, incute sicurezza.
Gli sono grata per avermi protetta durante l'epidemia di covid, gli sono grata pe tutto ciò che ha fatto durante il suo governo.
Partito e dipartito. - Marco Travaglio
Ogni giorno, per sapere come la penso e cosa faccio, consulto i quotidiani di destra e un paio di siti-fogna che sembrano conoscere a menadito i miei pensieri e azioni. Per anni hanno rivelato che consigliavo Grillo, ovviamente a nostra insaputa (mai Beppe mi ha chiesto un consiglio né mai gliene ho dati). Poi divenni il consigliere occulto di Di Maio, talmente occulto che non ne sapevamo nulla né io né lui, che infatti faceva quasi sempre l’opposto di quel che avrei fatto io. Nell’ultimo biennio fui promosso a suggeritore di Conte, a mezzadria con Casalino. Qualche “bene informato” ha addirittura scritto che fui io a suggerirgli di andare allo scontro con l’Innominabile (che, com’è noto, lo adorava) per il gusto di mettere a repentaglio il suo governo e cercare voltagabbana per strada: senza di me, il Conte-2 sarebbe ancora vivo e vegeto grazie al tetragono sostegno di Iv. E vi risparmio, per esigenze di spazio, i bei tempi in cui secondo Repubblica suggerivo assessori alla Raggi e secondo Bisignani preparavo il partito di Conte (“Con-te”) con Scanzi e tali Rospi e Capozza. Poi Grillo e Conte, consigliati entrambi da me, hanno scazzato. E io, non potendo fare come Totò e Peppino nei panni dei cugini Posalaquaglia, falsi testimoni sia per l’imputato sia per la parte civile, ho scelto Conte perché così fa un nuovo partito senza un soldo e con tutti i media contro. Magari, viste le mie virtù diplomatiche, mi fa ministro dei Rapporti col Parlamento. E posso coronare il sogno condiviso con Scanzi, Rospi e come si chiama quell’altro? ah sì: Capozza.
Fine della fantascienza, torniamo sulla terraferma. Grillo fa un oggettivo favore a Conte: lo libera da ogni residuo legame affettivo con i fu 5Stelle e lo costringe a dare una casa nuova a eletti, iscritti ed elettori (vecchi e nuovi) che non si riconoscono più in un Movimento trasformato nel bunker a due piazze del fondatore e del redivivo Casaleggio. Il marchio è ancora forte. Ma senza l’effetto Conte, che ne ha attutito la picchiata dopo la resa incondizionata a Draghi, si sfarinerà. E una battaglia interna per scalarlo a dispetto del fondatore terrebbe Conte&C. impegnati in altre beghe legali infinite e sfibranti. Se non c’è modo di portare il nuovo Statuto al voto degli iscritti, chi non vuole morire con Grillo non può che uscire e navigare in mare aperto. Ma sapendo che un nuovo partito non si improvvisa e non deve somigliare neppure lontanamente a un partito personale. Il “partito di Conte” potrà avere successo solo se sarà costruito a misura di tutti i cittadini che votano i 5Stelle, che li votavano ma hanno smesso e che avrebbero potuto votarli se fossero stati meno settari e più aperti. Cioè se non sarà “il partito di Conte”.
ILFQ
Addio 5S, Conte va avanti con il suo nuovo partito. - Luca De Carolis
Ha già saltato il fosso, l’avvocato. È già oltre il Movimento, Giuseppe Conte. “C’è tanto sostegno dai cittadini, abbiamo fatto un progetto politico ed evidentemente non lo voglio tenere nel cassetto, perché non può essere la contrarietà di una singola persona a fermare questa proposta politica che ritengo ambiziosa e utile anche per il Paese”. Poco prima delle otto della sera, l’ex premier conferma che in politica c’è e ci resterà. Beppe Grillo, l’avversario, non può bloccarlo. Così la scissione per l’avvocato è già un’opzione da immaginare con numeri e nomi, una domanda rivolta ai big e ai maggiorenti compulsati nelle ultime ore: “Tu stai con me o con Casaleggio?”.
Conte ormai pensa al suo partito, alla sua lista, da costruire svuotando il M5S di Grillo. E per agevolare l’operazione, deve anche abbattere la statua del padre che ha bollato come “padrone”, smentirlo. “Ho sempre rispettato e continuerò a rispettare Beppe Grillo, ma gli chiedo solo di non dire falsità sul mio conto e il mio operato”, scandisce l’ex premier alla nube di telecamere e cronisti che assedia casa sua. Ce l’ha con le verità diffuse dal fondatore in un video, poco prima. Retroscena di cartapesta, secondo il Conte che parla come gli viene più naturale, da avvocato: “Abbiamo una fittissima corrispondenza documentale, se Grillo mi autorizza sono disposto a pubblicare perché agisco sempre in trasparenza”. È un’altra sfida, dopo quella non raccolta sulla votazione del nuovo Statuto contiano. Fondata su accuse: “Grillo voleva più di una diarchia, ha chiesto di rappresentare a livello internazionale il M5S e il coordinamento della comunicazione. E il mio Statuto non era seicentesco, era la sua proposta a essere medievale”. E per rafforzare il concetto, presto lo presenterà il suo Statuto. Sarà la base della sua creatura politica, dove non si troverà traccia della figura del Garante, come in una damnatio memoriae. Nell’ attesa, va via con le auto e la scorta.
Dietro, si lascia la sua tela. Fatta innanzitutto delle telefonate per sondare i tanti indecisi del Movimento e cementare le sue truppe, già forti, maggioritarie in Senato. Ma bisogna correre, perché il tempo è poco, anzi forse siamo già ai supplementari. “Ancora qualche giorno e Giuseppe rischia di rimanere nelle sabbie mobili” sospira un fedelissimo. Non è un caso che ieri Grillo abbia ordinato al reggente Vito Crimi di convocare entro 24 ore la votazione del comitato direttivo sulla piattaforma Rousseau, quella di Davide Casaleggio. Ma Crimi, primo avversario del figlio di Gianroberto, sostiene che no, su Rousseau non si può tecnicamente votare e che non concorda con il Garante. Per questo ha minacciato di lasciare il comitato di Garanzia e il Movimento. E il Senato a trazione contiana si è schierato tutto con lui, con il ministro Stefano Patuanelli primo a fare muro: “A Vito esprimiamo il nostro incondizionato sostegno, vada avanti”. Anche Roberta Lombardi e Giancarlo Cancelleri, gli altri membri del comitato, respingono il diktat del Garante e paventano l’addio. È una rivolta, che di sicuro farà perdere tempo a Grillo, e gli toglierà altro ossigeno. Ma anche Conte non può sprecarne. Anche se una contiana come Paola Taverna cerca la terza via con un post: “A Conte è stato chiesto un progetto innovativo e la democrazia diretta è un principio di cui va garantito il reale esercizio, quindi il futuro del Movimento va deciso dal Movimento, cioè dagli iscritti”. Ergo, il nuovo Statuto contiano va votato, e Grillo si rassegni.
Ma pare impossibile tornare indietro adesso, sono stati bruciati troppi ponti. “Con Conte siamo almeno un centinaio – giura un senatore – e qui a Palazzo Madama siamo compatti”. Certo, in Senato per creare un gruppo parlamentare autonomo servirebbe il simbolo di una forza politica già esistente, e non è un dettaglio. Casomai è un problema: l’ennesimo.
ILFQ