Il Cristianesimo congela alcune delle maggiori contrapposizioni ontologiche: il Bene e il Male, il Cristo e l’Anticristo, l’uomo e la donna, il Dio e la Dea. Nel mondo cristiano i valori della Dea spariscono.
Il Cristianesimo distrugge uno dei rami dell’antinomia yin/yang, senza risolverla.
La dottrina cristiana si fonda interamente sulla potenza di un Dio Padre-Creatore con sacerdozio maschile, mentre annichilisce i valori della Dea, ovvero dell’energia femminile. Appoggiandosi a Costantino, la Chiesa di Roma non ha istituzionalizzato una religione paritaria aperta ai due lati dell’umanità e in grado di esprimere le due valenze dell’energia naturale umana, ma ha trasformato il paganesimo matriarcale in una potenza teocratica maschilista e misogina, demonizzando lo spirito della Dea, allontanando dal femminino sacro i valori di cura e protezione del mondo che sono sempre stati propri della Grande Madre.
Questo monopolio del maschile, incentrato sul potere, ha poi avallato la distruzione tecnologica della natura, appoggiando o giustificando ogni sorta di violenza e di guerra.
L’era dei Pesci (i 2000 anni dell’era cristiana) avrebbe dovuto essere il tempo dell’amore e della fratellanza, invece ha dilaniato il mondo nelle contrapposizioni feroci, e si chiude ora nei bagliori della guerra, con un mondo diviso e dominato dalla strategia del terrore.
Nel 1916 uno scritto automatico aveva spinto Jung a ricercare le origini del Cristianesimo attraverso lo gnosticismo.
Gli gnostici, attraverso vie paranormali, aprirono a Jung la concezione di un Dio delle origini, che è insieme maschile e femminile, ed egli completala visione con otto anni di studio si quella parte dispersa della storia del Cristianesimo, evidenziando come la svolta totalitaria del Concilio di Nicea (325 d.C.), aveva configurato in modo fisso il mondo cristiano, distruggendo i valori del divino femminile.
Gli gnostici avevano composto la dualità del ‘Pesce astrologico’ in una divinità che era insieme maschio e femmina, creando delle comunità paritarie in cui i poteri sacerdotali erano ripartiti tra uomini e donne. Ma il desiderio di dominio prevalse nei vescovi cristiani del 3° secolo sul messaggio di amore, travisando la visione primitiva e inglobando la distribuzione sessista del potere e il patriarcato di Roma.
Jung scrive che non vi sarà pace finché la società non integrerà le valenze del maschile come del femminile e applica questa regola di conciliazione psichica a tutta la storia dell’Occidente.
Finché i valori del femminile (la compassione, la cura, l’empatia, la partecipazione, il rispetto per la natura) non saranno riconosciuti e integrati, non ci sarà pace sulla Terra.
Se l’era dei Pesci è stata quella dell’opposizione, la successiva era dell’Acquario dovrà essere quella della conciliazione, pena la fine del mondo. Giustamente papa Giovanni ha detto in una sua profezia: “Il tempo nuovo sarà il tempo delle donne.” Cioè solo se gli uomini faranno riaffiorare i valori della Dea, le virtù della Grande Madre, ci sarà speranza di uscire dalla catena della paura e del conflitto per iniziare la via della fiducia e della pace.
Ragionevolmente un mondo nuovo potrà rinascere, solo se piccoli gruppi cominceranno a praticare di nuovo la compassione, l’aiuto, la condivisione, l’attività disinteressata, la partecipazione. Papa Giovanni, assieme a Papa Luciani, ha chiamato Dio “Madre”. E ha profetizzato: “Tutti periranno. Si salveranno solo i gruppi”, riecheggiando l’Apocalisse, i “144.000 giusti”, ovvero 12 x 12, come 12 erano stati gli apostoli. In un gruppo piccolo ci sono meno tentazioni di potere e sono più forti i vincoli naturali dell’amicizia.
Il dettato automatico di Jung su Basilide è del 1916.
Se nel cristianesimo c’era un difetto, non era contenuto negli inizi, ma apparve nella svolta del 3° secolo con Nicea e si consolidò poi statuendo una chiesa di potere e non di amore.
La Chiesa sotterrò tutte le testimonianze che mostravano la sua svolta unilaterale ma, per un contrappasso dello Spirito, ciò che era stato cacciato sarebbe riemerso e ciò avvenne, curiosamente, alla fine dell’era cristiana, e proprio nella forma dell’anfora (simbolo dell’Aquario).
Nel 1897, a Ossirinco, in giare (anfore) viene ritrovato il Vangelo di Tommaso che delinea un Cristo molto diverso.
Nel 1945 si trovano le giare di Nag Hammadi e viene alla luce una intera biblioteca gnostica che rivela il pensiero del primo cristianesimo.
Nel 1947 abbiamo lo strepitoso ritrovamento di QUMRAN, 870 rotoli del Mar Morto su Antico Testamento e scritti esseni, precedenti e contemporanei al Cristo, dove si ipotizza che egli sia stato un Gran Maestro di Giustizia.
La religione tradita mostrava le prove del suo tradimento. I codici esseni e gli scritti gnostici rivelano, in particolare, quanto grande era stato da parte della Chiesa il tradimento del mondo femminile. Gli Gnostici avevano analizzato proprio lo hieros gamos o nozze sacre, unione di maschile e di femminile, che sarà poi il principio fondamentale del pensiero junghiano che lo faranno diventare uno dei maggiori esperti di alchimia del mondo.
Il Dio degli gnostici era stato una divinità tanto maschile quanto femminile, ma il Cristianesimo aveva ucciso questa armonia. La sua scelta lo portava a discriminare la società secondo basi sessiste e a disprezzare i valori attinenti al femminile come subordinati, disprezzando la terra, la natura, la materia, l’amore, la sessualità.
Ma l’atteggiamento dei primi cristiani non era questo.
Il Cristianesimo delle origini era molto diverso, ma, quando la Chiesa si strutturò come religione di stato, assunse le strutture formali del maschilismo romano, e, quando dovette scegliere tra gli 80 Vangeli che riportavano variamente la vita e le parole del Cristo, operò una selezione drastica e mirata, creando un Cristo su misura e respingendo le altre possibilità.
Così fu negato il fatto che i Vangeli apocrifi dicevano che il Cristo si era sposato, e addirittura due volte, forse con Maria Maddalena, che non era una prostituta, come si è voluto insinuare poi, ma solo una donna bella e intelligente, al punto che in alcuni Vangeli apocrifi i discepoli accusano Cristo di amare lei più di loro e di volerla come capo della sua chiesa.
Dan Brown riprende appunti in modo fantasioso questo filone, facendo della Maddalena non solo la sposa del Cristo ma addirittura l’apostolo più fedele, quello che appare nell’affresco di Leonardo, alla sua sinistra ne “L’ultima Cena”. È certamente il gioco di fantasia di un romanziere, ma suscitò la reazione convulsa e esagitata della Chiesa di Roma a indicare come sotto ci fosse un tasto dolente, un enorme delitto storico: la negazione della donna. Per quella negazione era più facile mettere all’indice il romanzo che affrontare le responsabilità etiche e giuridiche di una Chiesa che per 2000 anni aveva discriminato e combattuto le donne. Su questa scelta, perpetrata con furia iconoclasta sui simboli del femminile sacro, si è stabilizzata la storia dell’Occidente, la sua cultura, la sua gerarchia di valori.
Forse, inizialmente, ci fu solo una strategia politica. Il maschilista mondo romano non avrebbe mai approvato una chiesa diretta da una donna, sarebbe stata una rivoluzione sociale inaccettabile e così la Chiesa si adeguò al maschilismo romano, senza apportare troppe rivoluzioni culturali e sociali.
Non sapremo mai cosa avvenne duemila anni fa: forse il Cristo si sposò, forse rimase l’uomo virginale che la Chiesa ci ha imposto e che ha giustificato sia la gerarchia del sacerdozio maschile che la demonizzazione della sessualità e della donna in quanto tentatrice. Non è storicamente verosimile che un palestinese di 33 anni non fosse sposato, lo comandavano le leggi morali, e, se non lo avesse fatto, sarebbe stato mal visto. Se il Cristo fosse stato sposato, è verosimile che avesse dei figli, sicuramente ebbe dei fratelli, e la Chiesa cancellò anche questi nell’esigenza di calare in Maria la spodestata Dea Vergine. Sicuramente il Cristo non fu misogino, com’è stata la Chiesa per duemila anni e come è tuttora; certo non trattava le donne come esseri inferiori e subordinati e non avrebbe mai pensato che in suo nome la donna sarebbe stata privata dell’anima per 1300 anni e che anche dopo due millenni le sarebbe stato vietato di esercitare il sacerdozio.
Se era un Cristo di amore, se la sua parola era rivoluzionaria, a maggior ragione non avrebbe mai convalidato il conformismo maschilista successivo.
I Vangeli gnostici parlano tranquillamente di amore tra uomo e donna, dicono che sono esseri simili, e che anche la donna deve crescere nella conoscenza, dunque non pongono limiti alle sue facoltà intellettive.
La vera rivoluzione della parola del Cristo non era stata solo la liberazione degli schiavi, considerati uguali ai liberi, ma la liberazione delle donne, considerate pari agli uomini. Del resto, che parola di libertà sarebbe stata la sua, se avesse lasciato metà dell’umanità in una condizione di dipendenza? Per questo il messaggio cristiano trovò così largo consenso femminile. Per questo le prime martiri erano disposte a dare la vita per il nuovo credo. Non certo per cadere in un giogo uguale all’antico. Sicuramente la parola del Cristo destò tanto fervore perché vi si parlava di amore, che è una caratteristica del femminile, e non del potere, che è una regola del maschile, ma altrettanto sicuramente perché vi si parlava di libertà per tutti.
Ma, quando la Chiesa si strutturò come istituzione statale, di quella parità non si parlò più e chiunque volle avanzare richieste in tal senso fu tacciato di eresia.
Quando nel 325 l’imperatore pagano Costantino, per mettere pace nel suo impero, decise di unificare Cristianesimo e Paganesimo, fissando una religione sola, cercò un sistema religioso che fosse accettabile da tutti e non troppo rivoluzionario e che facesse prevalere elementi conservatori. Si decise che il Cristo nascesse il 25 dicembre, che era già una festa pagana, che si appoggiava sul solstizio d’inverno, momento in cui la luce del giorno riprendeva ad allungarsi, indicante simbolicamente la nascita della luce e degli dei relativi: Mitra, Dioniso, Osiride, Apollo…
Il mito del dio morto e resuscitato dopo tre giorni era presente in tutto il mondo antico, da Dioniso a Mitra e ugualmente era comune il simbolismo della dea madre ma vergine.
Antichissimi archetipi sopravvissero a contrassegnare l’esistenza del Cristo, che usciva dalla storia per entrare nell’eternità. La leggenda riprese il mito della stella e quello dell’offerta al bambinello di oro, incenso e mirra, come erano stati offerti al piccolo Krishna.
Il problema più grosso era stabilire la sua natura, se era un uomo o era Dio, e, per pochi voti, si decise che Cristo fosse Dio. Questo segna la differenza tra l’interpretazione del Cristo nella Chiesa di Roma o in altre confessioni, come l’Islam, che lo ritengono solo un grande uomo santo. La divinità fu il risultato risicato di una serie di votazioni, dove prevalsero gli opportunisti che nella divinità del Cristo videro una forte leva di potere. Così nacque una nuova religione. Si distrussero i Vangeli che parlavano di un Cristo uomo e si tennero quelli da cui si poteva dedurre la figura di un Cristo Dio. Tutto quello che era femminile fu collegato al peccato, si fece ripiombare la donna in un mondo di dolore, di colpa, di non potere, e, quando essa divenne curatrice della malattia, la si bollò come strega e si compì su di lei il più grande genocidio della storia.
La donna fu considerata l’essere impuro per eccellenza, collegata al peccato e al demonio, la tentatrice. Su questa condanna fu costruita una gerarchia potente che per i mille anni del Medioevo concentrò la conoscenza e la gestione nelle mani di soli pochi uomini.
Ma per quanto la Chiesa abbia cercato di far sparire le tracce degli Esseni e degli Gnostici e abbia tacciato di eresia tutti gli interpreti discordanti, al termine dei duemila anni del suo predominio totalitario, e di poco successivi gli uni agli altri, i ritrovamenti dei rotoli del Mar Morto e dei manoscritti di Nag Hammadi arrivarono improvvisamente e straordinariamente a rivelare una verità che era stata nascosta per duemila anni. Questi ritrovamenti costituivano un pericolo per la religione istituzionale che ha cercato di nasconderne gli effetti o di confutarli in ogni modo.
La Chiesa di stato aveva divinizzato il Cristo per fondare su di lui le basi del suo potere. Ora si poteva scoprire che queste basi erano artefatte.
Ecco perché, nel 2004, il romanzo giallo fantasy, ‘Il codice da Vinci’ dello storico d’arte americano Dan Brown, diventa di colpo un best seller che propagandava in modo volgarizzato e popolare l’intera storia.
Come alcuni anni prima un altro best seller, anche questo malamente scritto e poco verisimile, pessima miscellanea di motivi new age, “La profezia di Celestino”, aveva diffuso di colpo nuovi modi di pensare nelle persone più aliene dall’esoterismo, ora un giallo d’autore diffondeva in modo romanzato uno dei maggiori segreti della Chiesa.
Ma ormai la Chiesa di Roma dava vistosi segni di cedimento e non era più un’autorità riconosciuta, anche se non abbandonava nessuno dei capisaldi su cui aveva fondato il suo immenso potere materiale e spirituale, appoggiandosi sempre alla potenza degli Stati. In particolare la Chiesa non aveva mai corretto la disparità tra uomo e donna. Invece la parità tra il principio maschile e quello femminile interessava moltissimo Jung e fu il motivo portante di tutta la sua vita. A differenza di Freud, il cui sistema è tutto improntato sulla sessualità maschile, Jung operò costantemente per l’emersione del principio femminile e delle sue facoltà e il punto principale del pensiero gnostico, che gli era apparso per vie paranormali e su cui meditò per otto anni, fu proprio lo hieros gamos, le nozze sacre, la complementarietà e l’integrazione tra le due valenze della psiche e del mondo, lo yin e lo yang, uniti nella perfezione del Tao.
Così tutta la vita e l’opera di Jung sembrano rivolti a questo compito: non tanto indagare la psiche umana, quanto far riaffiorare i valori della Dea, facilitare l’integrazione delle energie, non solo nella psiche ma nel mondo, in quanto il mondo non è che la proiezione di ciò che si dilania o si armonizza nella nostra anima.
A questo punto occorreva un passaggio, che collegasse lo spirito alla natura, che facesse riemergere i valori della Dea attraverso ciò che la Chiesa aveva respinto: la materia.
Arrogandosi un potere assoluto sullo Spirito, la Chiesa cristiana aveva demonizzato, insieme al potere femminile, anche la materia, la Terra, la fisica, la ricerca sulle trasformazioni naturali. Ma questo passo intermedio non poteva essere assunto dalla scienza, in quanto la scienza moderna aveva dissacrato la natura e l’aveva violentata in nome di una razionalità prevaricante. La scienza era diventata non il luogo del sapere ma il mezzo attraverso cui il potere si esercitava sul mondo, si era mescolata alla politica e al mercato e dunque non poteva essere il campo del femminile ritrovato.
Doveva esserci un modo diverso di trattare la natura secondo il suo spirito ctonio e quel modo era “l’alchimia”. Ecco perché Jung passa gli ultimi 30 anni della sua lunga vita occupandosi di alchimia.
Di nuovo è lo Spirito che interviene, guidandolo e lo fa con i sogni.
Se lo studio dello gnosticismo fu preceduto da una trance, quello dell’alchimia cominciò con una serie di sogni (1926): “… essi mostravano che, accanto alla mia casa, ce n’era un’altra, o un’ala di essa, che mi era estranea. Alla fine venne un sogno in cui la raggiunsi. C’era una bellissima biblioteca con libri del 1600-1700, rilegati in pelle di cinghiale. Tra questi, alcuni decorati con strane incisioni in rame e illustrazioni con simboli che non avevo mai visto. Più tardi scoprii che erano simboli alchemici. Nel sogno ero consapevole del loro fascino. In un altro sogno ero imprigionato in un castello del 1700.”
Il sogno in cui si trovano nuove ali della casa indica che si stanno aprendo nuove parti della psiche e ciò prefigura l’accesso a nuove vie conoscitive. La parte maschile di Jung stava per incontrarsi con la sua parte femminile. Il sogno della biblioteca preannuncerà una via di cui Jung non è ancora cosciente e che si dispiegherà con la ricerca degli ardui testi ermetici.
Con l’alchimia il logos tornava alla Natura, nel mondo maschile risorgeva la Dea.
Il simbolo tornava là dove era nato, alla terra. Aprendosi all’alchimia, Jung sperava di capire dove sarebbe andato il mondo e come sarebbe stato il tempo nuovo.
Inizia così la sua ultima ricerca, quella sulle energie sottili, le comunicazioni, i mutamenti, il sostrato comune, il rapporto tra energia della natura e psiche umana, un’applicazione diversa dalla scienza e dalla filosofia ma prossima al misticismo, la magia, lo sciamanesimo, la religione, l’arte… Jung scopre allora di riprendere il filo sottile che lo lega al suo predecessore kahrmico: PARACELSO, il grande medico alchimista del Rinascimento. È a metà della sua vita, ha 53 anni, gli ultimi 33 saranno la prosecuzione naturale del cammino dei grandi alchimisti, dal 1928 alla morte. Sono di questo periodo i suoi testi esoterici più difficili.
Quando Jung si imbatte nell’alchimia, vede che è la conclusione naturale di tutta la sua ricerca: lo gnosticismo, la filosofia naturalistica, la psicologia dell’inconscio, il Tao… tutto si unisce, i simboli gnostici si collegano a quelli dell’inconscio e alle immagini alchemiche. Nell’alchimia si ritrovano le immagini del Piccolo Ignoto e del Grande Ignoto, dell’Oriente e dell’Occidente, del maschile col femminile, del Dio e della Dea. L’alchimia risolse il problema che Jung si era portato dentro fin dall’infanzia: il problema del suo rapporto con la madre, che velava un problema più grande: il rapporto del mondo cristiano con la Dea, del maschile col femminile, del logos con l’eros, dell’Animo e l’Anima, della parte maschile del mondo con quella femminile. Questo principio, dell’integrazione delle energie, era stato ampiamente elaborato dalle ricerche operative, clandestine e segrete, degli alchimisti per tutta l’era cristiana, ma principalmente tra il 1100 e il 1500, ed è verosimile che uno dei maggiori alchimisti sia stato proprio Leonardo da Vinci.
Gli alchimisti furono operatori dell’invisibile nel visibile. Lavorando sulla materia, riconducendosi allo spirito femminile, profondo, della Terra, per studiarne il simbolismo e la trasformazione, attraverso la fusione col principio maschile dell’energia, o spirito del Cielo.
L’alchimia occuperà l’attenzione di Jung per 30 anni, dando alla sua vita una straordinaria completezza. In fondo tutta la sua ricerca aveva avuto uno scopo finale: le nozze alchemiche, l’incontro dei due principi fondamentali dell’universo, che aveva scandagliato come psicologo all’interno della psiche e ora gli apparivano come principi fondamentali di ogni trasmutazione, uniti nell’ermafrodita, il Rebis, Re e Regina. Questo compimento si realizzerà alla fine della sua vita proprio in un mirabile sogno dove, con indicibile piacere, in un Eden sovrannaturale, assisterà alle nozze di Zeus con Hera, il dio del Cielo e la dea della Terra, il principio maschile e quello femminile dell’universo.
Il testo di Don Brown sfiora molti degli argomenti che abbiamo trattato. Riporto integralmente: “In termini di profezie siamo attualmente in un’epoca di enormi cambiamenti. Il vecchio millennio si è appena concluso e con esso è finita, dopo 2000 anni, l’età astrologica dei Pesci e il pesce è anche il segno di Gesù. Come qualsiasi esperto di simboli astrologici ci può confermare, l’ideale dei Pesci è che l’uomo debba ricevere ordini dai poteri superiori, perché è incapace di pensare da solo. Perciò questa è stata un’epoca di fervore religioso. Adesso però entriamo nell’età dell’Acquario, il portatore d’acqua, il cui ideale afferma che l’uomo è capace di apprendere la verità e di pensare da sé. Il cambiamento ideologico è enorme ed avviene proprio ora.”
Quando la Chiesa volle distinguersi dal mondo pagano, sottolineando in modo dogmatico, la propria diversità, fu deciso che molti degli antichi simboli dell’energia assumessero un significato negativo. Fu così per il serpente, che connotava le energie della Terra, e divenne simbolo del diavolo, e fu così per il pentacolo, segno femminile, che venne attribuito alla magia nera. In realtà il pentacolo era un simbolo precristiano legato al culto della natura e al culto della Dea, ma la Chiesa demonizzò la Dea e i suoi attributi, e cacciò il femminile dall’universo sacro, tentando di cancellarne la storia. Dice sempre Brown: “Gli antichi vedevano il mondo diviso in due metà, maschile e femminile. I loro dei e le loro dee cercavano di mantenere un equilibrio dei poteri, Yin e Yang. Quando il principio maschile e quello femminile non erano equilibrati, sorgeva il caos. Il pentacolo rappresentava la metà femminile di tutte le cose, un concetto religioso che gli storici delle religioni chiamano ‘il femminino sacro’ o ‘la DEA’. Le religioni antiche erano basate sull’ordine divino della natura. La dea Venere e il pianeta Venere erano una cosa sola. La dea aveva un posto nel cielo notturno ed era nota con vari nomi: Venere, la stella dell’est, Ishtar, Astante, tutti possenti concetti femminili legati alla Natura e alla Madre Terra. Il pianeta Venere traccia un pentacolo perfetto sull’eclittica ogni otto anni. Gli antichi lo avevano visto e il pentacolo era stato preso come simbolo della perfezione, della bellezza e degli aspetti ciclici dell’amore sessuale. Come tributo alla magia di Venere, i Greci avevano fatto ricorso al suo ciclo di otto anni per organizzare anche i giochi olimpici. La stella a 5 punte stava per diventare simbolo ufficiale delle Olimpiadi ma all’ultimo minuto fu trasformata in 5 anelli intrecciati. La Chiesa prese questo bellissimo simbolo femminile e lo fece diventare il simbolo del diavolo.”
Oggi il pentacolo che era un simbolo di protezione è diventato il Pentagono, massimo organo militare per le guerre di conquista americane, il segno di Venere è diventato un segno di guerra e viene dipinto sui bombardieri e messo sulle spalline dei generali, con buona pace della dea dell’amore e della bellezza.
Un pentacolo è anche il famoso disegno di Leonardo dell’uomo vitruviano, posto come una stella a 5 punte, all’interno di un cerchio protettivo, segno di unione di maschile e di femminile.
Dice ancora Dan Brown: “Nessuno poteva negare l’enorme bene fatto dalla Chiesa nel mondo sofferente di oggi, ma essa aveva alle sue spalle una lunga storia di inganni e di violenze. La sua brutale crociata per rieducare le religioni pagane e il culto della femminilità era durata tre secoli e aveva impiegato metodi astuti e terribili. L’opera più sanguinaria era stata il manuale contro le streghe, il Malleus maleficarum, contro ‘il pericolo delle donne che pensano liberamente’ che aveva insegnato al clero come individuarle, torturarle e distruggerle. La categoria delle streghe comprendeva tutte le donne istruite, le sacerdotesse, le zingare, le amanti della natura, le erboriste... anche le levatrici erano uccise per la loro pratica eretica di servirsi di conoscenze mediche per alleviare i dolori del parto, una sofferenza che per la Chiesa era la giusta punizione di Dio per la tentatrice... La donna, un tempo celebrata come l’essenziale metà dell’illuminazione spirituale, era stata bandita dai templi… Non c’erano rabbini di sesso femminile, né sacerdotesse cattoliche, né imam islamiche. L’atto, un tempo sacro, dello yeros gamos, l’unione sessuale tra uomo e donna, con cui ciascuno dei due acquistava l’unità spirituale, era stato ridefinito come peccato!.. I giorni della dea erano finiti… La Madre Terra era divenuta un mondo di maschi e gli dei della distruzione e della guerra avevamo prelevato il loro terribile tributo. Per due millenni l’io maschile non era stato frenato dalla sua controparte femminile”.
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Nell'immagine il REBIS, figura alchemica dell'unione tra maschile e femminile.