Non c'è dunque tempo da perdere. Soprattutto per l'Italia, dopo l'allarme lanciato ieri congiuntamente dalle Borse, dagli spread, dalla Bce con Trichet e dalla Ue con Barroso.
Siamo noi nell'occhio del ciclone, perché portiamo nella crisi mondiale il fardello del nostro debito pubblico, il ritardo nelle riforme, la paralisi del governo e la polverizzazione della leadership. Dunque l'inconsistenza totale della politica che non sa governare, non sa rinnovarsi, è incapace di parlare al Paese e ai mercati.
La politica è però l'unica leva che può contrastare la crisi, senza politica le democrazie vanno a fondo. Noi abbiamo dato da tempo un giudizio molto negativo su Berlusconi e sul suo governo, che è purtroppo confermato dai fatti. Ma oggi il problema non è più politico, non è più di destra o sinistra, non è nemmeno più Berlusconi.
Il problema è la salvezza dell'Italia. Lo ripete ogni giorno Napolitano, lo hanno capito Bersani, Casini e le parti sociali. Serve uno sforzo straordinario e congiunto per anticipare ad oggi i sacrifici previsti per il 2012, per varare un piano di riforme straordinario, per dimezzare i parlamentari, per cambiare la legge elettorale, per aggredire i costi della politica.
Berlusconi avrebbe dovuto mettere tecnicamente il suo governo al servizio del Parlamento per questa operazione straordinaria. Ma il premier è ormai una miscela esplosiva di ideologia e di impotenza, spaventa i mercati e sa proporre solo volgarità istituzionali, come l'invito incredibile a investire nelle sue aziende. Deve prendere atto, col suo partito, che non ha più il consenso, che non riesce a governare e soprattutto che danneggia il Paese. Si faccia da parte, consentendo al Parlamento e al Quirinale di organizzare un governo di salvezza nazionale. Prima che sia troppo tardi e nell'esclusivo interesse dell'Italia.
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