I pm di Milano hanno apposto i sigilli alla casa estiva di Arzachena e ai depositi bancari riconducibili all’ex governatore della Lombardia e al suo amico Alberto Perego. Il sequestro è stato disposto dal giudice Paolo Guidi su richiesta della Procura per un totale di 49 milioni di euro e riguarda anche gli altri imputati del processo.
A poco meno di un mese dall’inizio del processo, il 6 maggio, Roberto Formigoni, comincia a pagare il suo conto con la giustizia. La Procura di Milano ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo dei suoi beni, conti ad eccezione di uno, tre auto, frazioni di alcune proprietà, ma soprattutto quella villa in cima alla collina del Pevero, non lontano da Porto Cervo, sette stanze su tre livelli, patio, verande coperte, terrazzo da cui si contempla Cala di Volpe. Era questa dimora a essere nell’elenco dei benefits ottenuti dall’allora governatore della Lombardia in cambio di delibere di giunta che avrebbero permesso alla Fondazione Maugeri (e anche al San Raffaele) di ottenere un flusso di finanziamenti e rimborsi: “provvedimenti diretti ad erogare consistenti somme di denaro e procurare altri indebiti vantaggi economici alla Fondazione”. Il provvedimento disposto dal gip di Milano Paolo Guidi riguarda anche gli altri imputati: il valore totale del “prezzo della corruzione” è di 49 milioni di euro. Una corruzione, come scrive il giudice nelle 42 pagine del provvedimento, viene confessata da Umberto Maugeri e Gianfranco Mozzali, rispettivamente l’allora presidente della Fondazione e consulente: “Hanno confermato in sede di incidente probatorio – scrive il gip – il sistema di tangenti e la connessa ed articolata struttura societaria e contrattuale di supporto in Italia e all’estero…”. Ma non solo il giudice sottolinea come i due abbiano “riferito alla ineluttabilità di effettuare pagamenti di ingenti somme a favore di Daccò e Simone al fine che si aprissero le porte in Regione Lombardia, in un contesto ove la gestione dei finanziamenti nel campo della sanità era sotto il controllo di un tavolo della sanità”.
Formalmente ad acquistare la villa, nell’ottobre 2011, fu Alberto Perego, amico dell’attuale senatore. Ma anche l’ex presidente paga 1 milione di euro sostenendo sia un prestito. E così questa mattina su richiesta dei pm Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta il gip Paolo Guidi ha disposto il sequestro, effettuato dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano.
Secondo la tesi dei pm “le utilità a favore del presidente di Regione Lombardia” in cambio della “protezione globale” che garantiva erano davvero tante: 3,7 milioni in yacht, 800 mila euro in vacanze ai Caraibi, e poi spese varie, ristoranti. Invano il Celeste aveva cercato di difendersi sostenendo che si trattava di spese di gruppo, ma mai è riuscito a produrre una ricevuta. Dalle analisi dei conti correnti fatte da chi indaga non risulterebbero, a fronte delle entrate, uscite se non per importi modestissimi. E neanche nessuna restituzione di denaro come lui aveva affermato per l’acquisto di biglietti aerei, per esempio, al faccendiere Pierangelo Daccò, già condannato in appello per il crack San Raffaele.
Oltre che a Formigoni nel processo ci sono Daccò appunto, l’ex assessore alla Sanità della Lombardia Antonio Simone, gli ex vertici della fondazione Maugeri, Nicola Maria Sanese dirigente del Pirellone, il direttore generale dell’assessorato alla Sanità Carlo Lucchina e appunto Alberto Perego. Il sequestro dei conto perché, come era riportato nell’avviso di conclusione delle indagini, “somme di denaro contante” sarebbero state “periodicamente consegnate in Milano da Daccò a Formigoni di importo non determinato e, comunque, complessivamente non inferiori a circa euro 270mila”. Il sequestro riguarda gli altri imputati: ovvero Perego, Daccò, Simone e altri per un totale di 49 milioni.
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