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domenica 2 agosto 2020

Uri Galler. - Marco Travaglio

Zona rossa? Non ci sarà”. Gallera si sbugiarda da sé - Il Fatto ...
Invidioso marcio per le ultime irresistibili gag della sua spalla Fontana, che tenta di soffiargli la parte di capocomico, Gallera recupera subito terreno con una raffica di nuove scempiaggini, malgrado il triplo handicap di non avere un cognato nel ramo camici, né un conto in Svizzera, né una madre dentista con 5,5 milioni alle Bahamas (brava, ma un po’ cara). Il Giulio, che sta all’Attilio come Mario Santonastaso sta a Pippo, ha commentato l’audio, diffuso dal Corriere, della riunione del 4 marzo con Fontana e il ministro Speranza. Si parlava dell’ipotesi di una zona rossa ad Alzano e Nembro: i comuni della Val Seriana alle porte di Bergamo dove il 22 febbraio era esploso il secondo focolaio lombardo dopo quello di Codogno (subito cinturato dal governo). E il contributo di Gallera fu memorabile: “Secondo me, l’idea della zona rossa lì, al di là che dia il messaggio che magari non è perfettamente lì… però c’abbiamo il secondo focolaio, sta crescendo… bisognerebbe proprio…”. Ci scusiamo con i lettori per l’idioma di ceppo non indoeuropeo balbettato dall’assessore, ma è testuale. Voi cosa ci capireste? Che sta invocando la zona rossa? A parte il fatto che, nel caso, avrebbe dovuto già disporla lui da 11 giorni, in base alla legge 883/1978 sul Ssn. Ma no, non la chiede neppure il 4 marzo, quando ormai il contagio dilaga. Tant’è che Speranza, allertato il giorno prima non da Gallera ma dall’Iss, dice in italiano: “Tutto quel che abbiamo fatto finora non porta nessun segnale minimo di contenimento, ancora zero”. Ma Gallera minimizza: “É presto, e poi il dato è un po’ grezzo”. E attende il governo. Che si muove il 5, appena l’Iss raccomanda la zona rossa, e fa di più: due decreti per chiudere l’intera Lombardia (7 sera) e poi tutt’Italia (10).
Ora il Corriere domanda a Gallera perchè non chiese a Speranza la zona rossa. E lui: “Cosa dovevamo fare? Urlare o mettergli le mani addosso?”. No, bastava disporla o – in mancanza di coraggio (Confindustria non voleva) – chiederla. “Eravamo gli unici a spingere… abbiamo fatto di tutto per convincerli”: forse con la telepatia, visto che dagli atti risulta l’opposto. Per 11 giorni non chiede mai la zona rossa in privato (vedi audio). E chiede addirittura di non farla in pubblico: “Nuove zone rosse non sono all’ordine del giorno, Alzano compreso” (29.2), “Più che fare la zona rossa, isoliamo i positivi” (2.3). Negli anni 80 spopolava Uri Geller, l’illusionista anglo-israeliano che piegava i cucchiai e fermava le lancette degli orologi con la forza del pensiero. Ora abbiamo Uri Galler, l’illusionista padano che tenta di piegare i governi e fermare le pandemie con la forza del pensiero. Purtroppo gli manca il pensiero.

martedì 9 giugno 2020

Camici, inchiesta aperta a Milano. A Como arriva un’altra denuncia. - Gianni Barbacetto e Davide Milosa

Camici, inchiesta aperta a Milano. A Como arriva un’altra denuncia

La Procura di Milano ha un fascicolo aperto sulla fornitura di camici e altro materiale sanitario offerti alla Regione Lombardia dalla Dama spa, l’azienda controllata da Andrea Dini e da sua sorella Roberta, moglie del presidente lombardo Attilio Fontana.
Giornata pesante, quella di ieri, per il presidente, che in mattinata ha visto il Tar annullare l’accordo della Regione con Diasorin sui test sierologici. Poi il Fatto ha dato notizia dell’indagine sui camici: un fascicolo per ora a modello 45, senza indagati e ipotesi di reato. Riguarda la fornitura ad affidamento diretto, che la Regione accetta ad aprile 2020, di materiale sanitario per 513 mila euro, che Dama spa ha fatturato in data 30 aprile.
La vicenda è stata raccontata domenica dal Fatto Quotidiano, anticipando una inchiesta giornalistica di Giorgio Mottola andata in onda ieri sera nel programma Report di Rai3.
Fontana ha passato la giornata di ieri a difendersi, sostenendo che si è trattato non di una fornitura commerciale, ma di una donazione. “Non c’è stato alcun equivoco. Sono stati comprati tutti i camici di tutti quelli che li producevano perché ne avevamo bisogno. Da parte dell’azienda di mio cognato i camici sono stati donati. Quindi non c’è alcun problema”.
Eppure l’affidamento diretto a una azienda controllata dalla moglie e dal cognato del presidente della Regione configura un imbarazzante conflitto d’interessi. Potrebbe in astratto comportare anche un’ipotesi d’accusa di abuso d’ufficio, ma la Procura milanese, in attesa di compiere accertamenti, ha aperto soltanto un fascicolo a modello 45, cioè senza indagati né ipotesi di reato. All’ufficio diretto dal procuratore Francesco Greco era arrivata nelle scorse settimane una segnalazione proveniente dall’interno di Aria, la centrale acquisti della Regione Lombardia. Una segnalazione da Aria risulta sia arrivata anche alla Procura di Como.
Dama spa compare regolarmente nell’elenco fornitori della società regionale Aria. Ma a differenza di altre aziende fornitrici, non ha sottoscritto il “patto d’integrità” del 2019, che comprende anche la dichiarazione di assenza di conflitti d’interesse. Così, in piena emergenza Covid, l’azienda aveva potuto presentare un’offerta commerciale alla Regione per la fornitura di camici, copricapi e calzari sanitari. Aria aveva accettato l’offerta, firmato l’ordine di fornitura il 16 aprile e il 30 aprile aveva ricevuto una regolare fattura, con pagamento previsto a 60 giorni.
Soltanto il 22 maggio (dopo che il giornalista di Report aveva chiesto spiegazioni a Dini e Fontana) erano cominciate ad arrivare in Regione note di storno di Dama spa che annullavano le richieste di pagamento. Ma le donazioni prevedono tutt’altra procedura, spiega uno specialista, l’avvocato Mauro Mezzetti: “Intanto non basta la decisione del solo rappresentante legale: è necessaria una decisione del consiglio d’amministrazione di cui deve essere informato il collegio sindacale, perché sia garantito che la donazione non danneggia l’azienda donatrice. Poi, se non si tratta di una donazione di beni di modico valore (e mezzo milione di euro non mi pare sia un valore modico)”, continua l’avvocato Mezzetti, “ci vuole un atto notarile, sottoscritto con la presenza di due testimoni e la redazione di una nota firmata da chi dona, da chi riceve e dal notaio”. Non solo: “L’atto di donazione va registrato entro venti giorni – conclude Mezzetti – altrimenti scattano sanzioni, perché le donazioni sono sottoposte a un’imposta dell’8 per cento, con pene pecuniarie per chi non paga”.

martedì 7 maggio 2019

Tangenti in Lombardia, 43 misure cautelari: coinvolti politici e imprenditori.



Arresti per tangenti, bufera su Forza Italia in Lombardia (ansa)

In manette anche il consigliere regionale Fabio Altitonante, sottosegretario all'area Expo della Regione Lombardia, e il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella.

Tangenti in Lombardia, il video delle mazzette pagate al tavolino del bar: 
https://tg24.sky.it/cronaca/2019/05/07/tangenti-lombardia-video.html
Sono il consigliere regionale Fabio Altitonante, sottosegretario all'area Expo della Regione Lombardia, e il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale Pietro Tatarella, candidato alle Europee, i due esponenti di Forza Italia al centro della maxi operazione della Dda di Milano eseguita questa mattina in Lombardia e Piemonte. Altitonante, accusato di corruzione, è finito ai domiciliari mentre Tatarella in carcere per associazione per delinquere e corruzione. L'inchiesta, in cui figurano 95 indagati, ha al centro due gruppi criminali attivi tra Milano e Varese e costituiti da esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori. I carabinieri di Monza e la guardia di finanza di Varese hanno eseguito 43 ordinanze di custodia cautelare, di cui 12 in carcere. Nell'inchiesta figura inoltre una richiesta di autorizzazione inviata alla Camera dei Deputati per l'arresto, con l'accusa di finanziamento illecito, del parlamentare di Forza Italia Diego Sozzani.
Il sistema corruttivo.
"L'indagine ha preso un'accelerazione con la campagna elettorale politica dell'anno scorso" per la Regione Lombardia, spiega il PM della Dda di Milano Silvia Bonardi. "Il protagonista è l'imprenditore D'Alfonso - aggiunge Bonardi - che fa la 'semina' tra i politici. E' Pietro Tatarella che lo accompagna in questo incontro con il mondo politico. Sulla carta, Tatarella è consulente stabile della Ecol-Service srl, ed è lui a suggerire chi finanziare. Lo convince anche a effettuare operazioni di triangolazione di finanziamento in cui D'Alfonso è intermediario".  

Chi sono Altitonante e Tatarella.
Fabio Altitonante, 44 anni, nato a Teramo, è laureato in Ingegneria gestionale al Politecnico di Milano. Libero professionista, esperto in Certificazione Qualità, energetica e aziendale, nel 2013 è eletto consigliere regionale in Lombardia ed è stato componente delle Commissioni Territorio e Infrastrutture, Sanità e Politiche sociale e Ambiente e Protezione civile. In precedenza ha ricoperto l'incarico di assessore al Territorio, Infrastrutture, Casa e Acqua pubblica della Provincia di Milano ed è stato consigliere comunale a Milano. Attualmente ha, in qualità di sottosegretario, la delega a Rigenerazione e sviluppo area Expo ed è commissario cittadino di Forza Italia a Milano. Pietro Tatarella, 36 anni, è dagli anni '90 impegnato per Forza Italia, di cui è attualmente vice coordinatore regionale. E' nato e cresciuto a Milano, nel quartiere periferico di Baggio. Per il Comune Tatarella è stato eletto due volte, la seconda con circa 5.500 preferenze, ed è candidato alle prossime elezioni europee.

I filoni di indagine.
Diversi i filoni dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Milano. Per gli inquirenti il personaggio principale è l'imprenditore del settore rifiuti e bonifiche ambientali Daniele D'Alfonso della Ecol-Service srl, anch'egli arrestato. D'Alfonso risponde dell'aggravante di aver favorito la 'ndrangheta, in quanto con gli appalti ottenuti in cambio di tangenti avrebbe dato lavoro agli uomini della famiglia calabrese dei Molluso di Buccinasco. D'Alfonso inoltre, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, avrebbe avuto a libro paga il consigliere comunale milanese e vice coordinatore lombardo di FI Pietro Tatarella, 'stipendiato' con 5mila euro al mese. In cambio il consigliere avrebbe favorito l'imprenditore negli appalti dell'Amsa, in particolare, e l'avrebbe introdotto in altri appalti a Varese e a Novara, dove sarebbe stato attivo il parlamentare di FI Diego Sozzani. "Mi ha fatto dieci cose per centomila, ok, e sto guadagnando", avrebbe detto Daniele D'Alfonso, parlando, intercettato, di una presunta tangente da 100 mila euro in favore di Mauro De Cillis, responsabile operativo di Amsa, l'azienda milanese di servizi ambientali, finito in carcere. Nell'inchiesta sono stati arrestati anche i vertici di altre società partecipate, come Prealpi servizi e Alfa srl.

Le mire sull'Area ex Expo.
Tatarella e D'Alfonso si sarebbero incontrati da Berti, il ristorante milanese nei pressi degli uffici della Regione e già comparso in molte indagini milanesi, e che dagli indagati è chiamato "la mensa dei poveri", definizione che ha dato il nome all'indagine della Dda. Per il Gip Mascarino, poi, c'è "un'ombra quanto mai allarmante sulle modalità con le quali" Fabio Altitonante "potrà gestire la delicatissima delega alla 'Rigenerazione e sviluppo dell'Area ex Expo'". 
In un'intercettazione del 31 ottobre 2018 Tatarella conversando con un imprenditore, spiega il Gip, "spende il nome della Ecol-Service qualificandosi come socio dell'impresa (in realtà egli figura unicamente come consulente con partita iva) e proponendogli una collaborazione". Ciò che rileva, riassume il giudice, è che il consigliere comunale "per mettere in evidenza le potenzialità della 'propria' impresa, sottolinea il suo ruolo di 'collettore' con il mondo istituzionale", dicendo: "io su tutti i contatti diciamo legati all'istituzionale sono molto forte". E riferisce "di aver iniziato a lavorare per la multinazionale spagnola (Acciona spa) presso la quale ha conosciuto il fornitore con il quale adesso lavora", ossia Daniele D'Alfonso, l'imprenditore arrestato. Nel corso del dialogo dice ancora: "l'ex area dove c'era l'expo infatti stiamo cercando di capire se riusciamo ad entrarci un po' pure noi". E "confida di conoscere bene Giuseppe Bonomi, amministratore delegato di Arexpo, e di poter contare su conoscenze istituzionali molto forti". Tatarella, prosegue il Gip, "si avvale della sua funzione pubblica e delle relazioni esistenti con altri Pubblici Ufficiali per incamerare lavori con altre imprese, offrendosi, in caso di alleanze commerciali con questi ultimi, di svolgere anche nel loro interesse, operazioni di illecita intermediazione verso altri Pubblici Ufficiali, nel caso di specie, con l'amministratore delegato di Arexpo, sfruttando le relazioni effettivamente esistenti e accertate dalle intercettazioni". Un "affare", conclude il Gip, quello dell'area ex Expo, che "coinvolge interessi economici di portata milionaria".

Il Gip: "Finanziamenti illeciti a Fratelli d'Italia". 
L'imprenditore D'Alfonso, scrive il Gip nell'ordinanza cautelare, "in occasione della campagna 2018 per le consultazioni politiche e regionali" avrebbe corrisposto "sistematici finanziamenti illeciti a soggetti politici", tra cui Fabio Altitonante, Diego Sozzani, parlamentare di FI, e Angelo Palumbo, anch'egli di FI, "nonché al partito 'Fratelli d'Italia'". Stando ad una delle circa 30 imputazioni dell'inchiesta, Damiano Belli "legale rappresentante della Ambienthesis spa" e Andrea Grossi "amministratore di fatto della stessa" avrebbero elargito "al partito Fratelli d'Italia Alleanza nazionale un contributo economico di complessivi Euro 10.000, in assenza della prescritta delibera da parte dell'organo sociale competente e senza annotare l'elargizione nel bilancio d'esercizio". Il presunto finanziamento illecito sarebbe avvenuto il 5 marzo del 2018 "su richiesta" di Daniele D'Alfonso "a sua volta azionato dal Grossi" e con un bonifico sul conto corrente "intestato a Fratelli d'Italia Alleanza Nazionale, BPM filiale di Roma Montecitorio". Nell'ordinanza si fa notare che l'imprenditore D'Alfonso avrebbe finanziato illecitamente esponenti "tutti riconducibili alla coalizione di centro destra che risulterà vincente nelle elezioni regionali e politiche" dello scorso anno.

Il ruolo di Caianiello.
Un secondo filone, quello di Varese, ha come personaggio principale l'ex coordinatore provinciale di Forza Italia a Varese Gioacchino Caianiello, finito in carcere per associazione per delinquere e corruzione. Caianiello, scrive il Gip nell'ordinanza cautelare, "è al centro di un potentissimo network di conoscenze, interessi, legami che avvincono il potere legale a quello illegale, l'economia alla politica". Il Gip Mascarino ha sottolineato che l'esponente di FI ha manifestato il timore di essere arrestato e l'intenzione di "trasferirsi in Islanda". Inoltre Caianiello, scrive il Gip in base alle intercettazioni, riguardo alla nomina pilotata di Davide Borsani come dirigente della società a totale partecipazione pubblica Alfa di Varese "confessa (...) che la stessa è frutto di un accordo politico preventivo, di cui asserisce di aver reso edotto anche il coordinatore provinciale della Lega Matteo Bianchi". "Lo avevo detto a Matteo Bianchi che c'era l'accordo che prendevo Borsani, no? - dice infatti Caianiello nelle intercettazioni - E' un accordo che è stato fatto al tavolo politico!". Secondo il giudice "il sistema di potere che fa capo" all'ex coordinatore varesino di FI "anche con riferimento ad Alfa, si esprime attraverso la collocazione nei ruoli chiave della società di persone a lui direttamente riferibili". Dalle intercettazioni "emerge un impietoso quadro nel quale tutte le decisioni più importanti - annota il giudice - sono di fatto adottate, ex ante, da Caianiello e solo formalmente ratificate, ex post, all'interno del Consiglio di amministrazione". E riguardo all'episodio specifico della nomina di Borsani il giudice annota che "ancora una volta, la collocazione da parte di Caianiello di uomini di suo riferimento nei posti dirigenziali di una società partecipata, rappresenta la premessa per l'ottenimento, da parte del soggetto designato, di successive utilità". La società Alfa è stata costituita nel giugno 2015 ed è diventata operativa nell'aprile successivo. I suoi soci sono attualmente la Provincia di Varese con 109 Comuni e gestisce il servizio idrico integrato e la distribuzione dell'acqua, la fognatura e la depurazione delle acque reflue, progetta e realizza nuovi impianti e cura la manutenzione di quelli esistenti.

Istigazione alla corruzione nei confronti di Attilio Fontana
Caianiello, insieme al direttore generale dell'ente Afol Metropolitana, Giuseppe Zingale, avrebbe proposto nell'aprile 2018 al governatore lombardo Attilio Fontana, "consulenze onerose in favore dell'avv. Luca Marsico, socio dello studio professionale Fontana-Marsico" in cambio della nomina, non avvenuta, di Zingale alla "direzione generale Istruzione Lavoro e Formazione della Regione". Fontana, parte offesa di una presunta istigazione alla corruzione, non risulta indagato. "Sull'episodio contestato nell'ordinanza di custodia cautelare emessa oggi il governatore lombardo Attilio Fontana è parte offesa - ribadisce il procuratore di Milano Francesco Greco -. E' in corso di valutazione la posizione del governatore sull'episodio relativo all'incarico ottenuto in Regione dal suo socio di studio, Luca Marsico". Il governatore lombardo Attilio Fontana "sarà sentito prossimamente, non sappiamo ancora in quale veste. Non lo abbiamo interrogato prima perché aspettavamo che venissero eseguite le misure cautelari", aggiunge il PM Greco, che sottolinea: "Da tempo in Lombardia politica e imprenditoria locale sono colluse con le cosche del territorio, come evidenziato da tantissime indagini della Dda. C'è una sinergia tra le cosche della 'ndrangheta e imprenditori del luogo". "La nostra preoccupazione in questo momento - conclude il PM - è che magistrati e forze dell'ordine sono pochi per contrastare la criminalità organizzata. La Dda ci ha chiesto aiuto perché è sotto organico".

Il commento di Attilio Fontana.
"Non dico nulla, ho letto che io sono parte offesa. Quindi per rispetto della magistratura le cose che dovrò dire le dirò a loro". Così il governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana. "Se incide sulla candidatura? Penso proprio di no - ha aggiunto Fontana uscendo dal Coni, dove si è svolto un incontro sulla candidatura olimpica di Milano e Cortina ai Giochi invernali del 2026 -. Se c'è qualcuno che ha commesso degli errori non credo possa incidere sulla corsa olimpica".

Le accuse.
Le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere aggravata dall'aver favorito una cosca mafiosa e finalizzata a corruzione, finanziamento illecito ai partiti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, false fatturazioni per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abuso d'ufficio, nell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto e responsabile della Dda Alessandra Dolci e dai PM Silvia Bonardi, Adriano Scudieri e Luigi Furno.

Le ordinanze cautelari.
Le ordinanze di misura cautelare sono in corso di esecuzione nelle province di Milano, Varese, Monza e Brianza, Pavia, Novara, Alessandria, Torino e Asti. Delle 43 persone destinatarie del provvedimento, firmato dal Gip Raffaella Mascarino, 12 sono finite in carcere, 16 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 12 con obbligo di firma. Di queste solo 9 sono accusate di associazione a delinquere. Sono duecentocinquanta i militari, tra carabinieri e finanzieri impegnati dalle prime luci dell'alba nell'operazione.

Il commento della politica.
"Ringrazio sempre le forze dell'ordine quando arrestano corrotti e corruttori", commenta il ministro degli Interni Matteo Salvini, che in merito al coinvolgimento di Fontana aggiunge: "Se qualcuno ha tentato di corrompere un governatore leghista che non si è fatto corrompere sono doppiamente orgoglioso". Parlando dell'inchiesta, Salvini sottolinea che "se c'è prova di colpevolezza tanti saluti a prescindere dal colore politico, però la colpa va dimostrata". "Rispetto all'arresto di un sottosegretario della giunta regionale, ci sembra doveroso che il presidente Fontana appena possibile venga a riferire in Aula quello di cui è a conoscenza - dichiara il capogruppo del Pd, Fabio Pizzul, intervenendo in Consiglio regionale -. Abbiamo letto che sarebbe parte lesa ma per una questione di trasparenza e chiarezza ci aspettiamo una sua comunicazione al più presto". Alla richiesta del Pd si è unito il capogruppo del Movimento 5 Stelle Andrea Fiasconaro: "Fontana ha una grossa responsabilità politica nell'aver scelto Altitonante. Non deve venire quando ha tempo, ma sarebbe già dovuto essere in quest'Aula per riferire non ai 5 Stelle ma ai cittadini lombardi". Alla richiesta dei capigruppo ha risposto il presidente del Consiglio regionale lombardo Alessandro Fermi, dicendo che Fontana "ha appreso la notizia di questi fatti stamattina e conoscendolo sono certo che non si sottrarrà come non lo ha mai fatto".  "Fontana non è qui perché si sta occupando di fatti concreti, le Olimpiadi, che interessano i cittadini lombardi e veneti", ha aggiunto il capogruppo della Lega Roberto Anelli.

La mozione dei M5S.
Il Movimento 5 Stelle nel frattempo ha presentato una mozione urgente in Consiglio regionale della Lombardia per chiedere al presidente della Regione Attilio Fontana la revoca immediata dell'incarico di sottosegretario della giunta a Fabio Altitonante. "I fatti di reato in questione, la cui gravità è testimoniata all'applicazione di misure cautelari personali coercitive, sembrerebbero configurare un sistema consolidato ed endemico di comportamenti illeciti nell'ambito dell'amministrazione della Regione Lombardia", si legge nel testo depositato dai 5 Stelle, motivo per cui "è indifferibile l'adozione da parte del Consiglio regionale di un atto di indirizzo politico".

venerdì 6 maggio 2016

Roberto Formigoni, la Regione Lombardia gli chiede un risarcimento da 5,6 milioni.

Roberto Formigoni, la Regione Lombardia gli chiede un risarcimento da 5,6 milioni

La richiesta presentata dall'avvocato Domenico Aiello - fra l'altro legale di fiducia dell'attuale governatore Maroni - al processo per corruzione sul caso Maugeri. "Accertate le 'utilità'" ricevute in cambio dei finanziamenti, dallo yacht alla villa in Sardegna al denaro per finanziare la campagna elettorale del Celeste. "Ma la sanità lombarda resta un'eccellenza".

La Regione Lombardia chiede un risarcimento da 5,6 milioni di euro a Roberto Formigoni, cioè l’uomo che l’ha governata per quasi un ventennio. Il Pirellone, infatti, è parte civile nel processo milanese per corruzione e associazione a delinquere a carico dell’ex presidente – in sella dal 1995 e dimessosi nel 2013 sull’onda degli scandali giudiziari che avevano investito giunta e consiglio –  e di altre nove persone sul caso Maugeri, la fondazione sanitaria pavese che secondo l’accusa otteneva finanziamenti dalla Regione in cambio di varie “ultilità” per il governatore.
Per di più a richiesta di risarcimento è stata presentata in aula dall’avvocato Domenico Aiello, che è fra l’altro il legale di fiducia del successore di Formigoni, Roberto Maroni della Lega nord, alleata di Formigoni nella passata legislatura. La richiesta è di 5 milioni e 619 mila euro a titolo di provvisionale. Secondo il legale della Regione, il dibattimento ha accertato “tre diverse utilità” che sarebbero andate come “prezzo” della presunta corruzione “al pubblico ufficiale”, ossia all’ex presidente della Regione Lombardia, per il quale i pm di Milano Laura Pedio e Antonio Pastore nella scorsa udienza hanno chiesto una condanna a 9 anni di carcere.
L’avvocato Aiello ha precisato: “Non sto chiedendo qua i 61 milioni di euro che dalla Fondazione Maugeri sarebbero andati ai presunti intermediari, né i 9 milioni che dal San Raffaele (l’altro ente ospedaliero milanese coinvolto nell’inchiesta, ndr) sarebbero andati sempre agli intermediari, ma come provvisionale immediatamente esecutiva chiediamo 5 milioni e 619mila euro di presunte utilità”. Utilità verso Formigoni che il legale ha diviso in tre generi: i 3,7 milioni di euro per l’utilizzo delle imbarcazioni messe a disposizione dal faccendiere Pierangelo Daccò tra il 2007 e il 2011; 1,3 milioni di maxi-sconto sull’acquisto di una villa in Sardegna che era di Daccò; una terza parte di utilità costituita da soldi “consegnati in contanti a cui si aggiungono 600mila euro per il finanziamento di una campagna elettorale e l’acquisto di biglietti”. Per un totale, appunto, di oltre 5,6 milioni di euro, più basso comunque rispetto ai circa 8 milioni contestati dall’accusa a Formigoni, anche perché il legale della Regione ha escluso dal calcolo “tutti quei benefici che riguardano la promozione per finalità politiche”, come il pagamento di cene.
Tra l’altro, il legale ha spiegato che se l’amico del ‘Celeste’, Alberto Perego, anche lui imputato e ritenuto una sorta di prestanome dell’ex Governatore, non dovesse essere ritenuto beneficiario di parte delle utilità “le voci delle imbarcazioni e della villa a carico di Formigoni vanno ridotte del 50%”. L’avvocato della Regione, inoltre, ha chiesto che i giudici riconoscano anche il risarcimenti danni “legato al profitto del reato”, che però non ha quantificato (non indicando nemmeno provvisionali). E ha chiesto anche il riconoscimento del “danno all’immagine”, oltre che il sequestro conservativo sulle somme già sotto sequestro preventivo “affinché parte di quel denaro sia reintegrato nel servizio pubblico”.
Il legale, che ha parlato dei riscontri processuali sul “mercimonio corruttivo“, ha anche voluto distinguere, però, tra la posizione “del pubblico ufficiale” e quella dei dirigenti della Regione sotto processo, sottolineando che la sanità lombarda comunque “rimane un’eccellenza e io non butto via il bambino con l’acqua sporca”.
Una provvisionale di 3 milioni e mezzo di euro è stata chiesta dall’Agenzia delle Entrate per danni patrimoniali e di immagine a Daccò, all’ex assessore Antonio Simone e all’ex direttore finanziario di Fondazione Maugeri Costantino Passerino, imputati a Milano. La richiesta è stata avanzata in aula dall’avvocato Gabriella Vanadia che ha ritenuto di differenziare le posizioni di Daccò e Simone rispetto a quella di Passerino, tenendo conto che la Fondazione ha già saldato il conto con il fisco. Per tanto nel chiedere ai tre di versare la cifra ha precisato che l’ex direttore amministrativo dovrà concorrere fino alla cifra di 750mila euro.
Il legale, nel sottolineare che i tre imputati hanno arrecato all’Agenzia danni patrimoniali per evasione fiscale e per lo sviamento dell’attività di accertamento e danni di immagine, ha chiesto il risarcimento in sede civile e la loro condanna in sede penale.

mercoledì 17 febbraio 2016

Corruzione in appalti per servizi odontoiatrici: fra arrestati consigliere regionale Rizzi.

Conferenza stampa su appalti sanità irregolari in Lombardia. Nel riquadro Fabio Rizzi

Conferenza stampa su appalti sanità irregolari in Lombardia. Nel riquadro Fabio Rizzi.


Sono 21 i destinatari della misura cautelare, anche Fabio Rizzi (Lega Nord), presidente della commissione regionale Sanità. Un gruppo imprenditoriale avrebbe corrotto i funzionari preposti all'assegnazione delle gare.

Milano, 16 febbraio 2016 - Associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbata libertà degli incanti e riciclaggio: a vario titolo sono queste le accuse per 21 persone coinvolte nell'indagine "Smile". Sotto la lente degli investigatori c'è un gruppo imprenditoriale che avrebbe turbato in proprio favore l'aggiudicazione di una serie di appalti pubblici banditi da diverse aziende ospedaliere per la gestione esterna di servizi odontoiatrici, corrompendo i funzionari preposti alla gestione delle gare. I carabinieri del comando provinciale di Milano hanno dato esecuzione all'ordinanza di misura cautelare emessa dal gip del tribunale di Monza, su richiesta della procura, nelle prime ore del mattino.  Le indagini, avviate nel 2013, vertono su un giro d'affari per oltre 400 milioni di euro. Sono 21 i destinatari dei provvedimenti: 9 in carcere, 7 ai domiciliari e 5 con obbligo di firma.
Fra gli altri è finito in carcere il consigliere regionale della Lega Nord, Fabio Rizzi (LA SCHEDA), 49 anni, presidente della commissione Sanità ed estensore della recente riforma sanitaria lombarda, ex senatore e sindaco di Besozzo (Varese) dal 2007 al 2012, segretario provinciale del Carroccio di Varese dal 2006 al 2008. Ordine di custodia cautelare anche per la moglie di Rizzi, alla quale sono stati concessi gli arresti domiciliari. Per entrambi c'è l'accusa è di associazione per delinquere. Perquisizioni effettuate anche a casa di Rizzi,  e negli uffici al Consiglio regionale dove è in carica dal 2013. Nel pomeriggio il presidente della Regione Roberto Maroni si è definito: "Incazzato, deluso e stupito", annunciando un "comitato ispettivo" sul caso.
A far partire le indagini della Procura di Monza è stato il componente di un collegio sindacale di un'azienda ospedaliera lombarda. "Sono quattro gli imprenditori che si sono aggiudicati importanti gare d'appalto per la gestione dei servizi odontoiatrici nel territorio lombardo, su cui ha indagato il Nucleo Investigativo di Milano - spiega il Comandante Provinciale dei carabinieri di Milano, colonnello Canio Giuseppe La Gala - le gare di appalto pubbliche venivano vinte illecitamente da questo gruppo con la complicità di undici funzionari pubblici. Gli arresti sono stati eseguiti prevalentemente nelle province di Milano, Monza, Como, Bergamo e Varese". Per il gip Giovanna Corbetta, che ha emesso l'ordinanza di custodia, appaiono di «particolare allarme» le condotte di Rizzi e di Mario Longo, componente del suo staff, che "hanno fatto del potere politico lo strumento per accumulare ricchezze, non esitando a strumentalizzare le idee del partito che rappresentano, a intimidire facendo valere la loro posizione, chi appare recalcitrante alle loro pretese".
Maria Paola CanegratiLA DINAMICA - Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, le aziende riferibili all'imprenditrice Maria Paola Canegrati (nella foto), tra cui la «Elledent» e la «Service Dent» (del gruppo Odontoquality con sede ad Arcore-Monza), in dieci anni avrebbero sostanzialmente preso il monopolio dei servizi odontoiatrici appaltati in esterno dagli ospedali lombardi. L'indagine si è svolta su uno studio del sistema di gare d'appalto e poi su intercettazioni ambientali e telefoniche. "Le gare erano puramente formali - come spiega il procuratore aggiunto di Monza Luisa Zanetti, che ha coordinato le indagini insieme al pm Manuela Massenz -. Lei stessa, dal 2013, si è adoperata per procurarsi aderenze nella politica regionale, per poi costruire la sua rete di azione a livello amministrativo con funzionari pubblici corrotti, i quali erano a libro paga del suo gruppo imprenditoriale. Si parla di un giro di affari per 400 milioni di euro".
Fabio Rizzi e Mario Longo, del suo staff (con incarichi pubblici nell'ambito dell'odontoiatria), avrebbero favorito la Canegrati, tra le altre cose, in gare d'appalto bandite dalle Aziende Ospedaliere «Istituti Clinici di Perfezionamento» (del 2015, da 45 milioni di euro) e «Ospedale di Circolo di Busto Arsizio» (del 2014, da 10 milioni di euro), nei rapporti economici intrattenuti con importanti strutture sanitarie private accreditate con il Sistema Sanitario Regionale. I due avrebbero indotto "i funzionari pubblici preposti alla gestione dei servizi di odontoiatria e alle forniture odontoiatriche delle aziende ospedaliere della Regione, nonche' gli amministratori delle strutture private e private convenzionate della Regione, a favorire nell'indizione delle gare d'appalto e nella scelta del contraente privato le societa' riconducibili alla Canegrati".
LE RICOMPENSE - D'altro canto, secondo le intercettazioni riportate nelle carte dell'inchiesta emerge che la campagna elettorale 2013 del presidente della Commissione sanità della Regione Lombardia, Fabio Rizzi, sarebbe stata interamente finanziata dall'imprenditrice Canegrati. Sempre secondo l'accusa, per i vari "favori", i due sarebbero stati ricompensati con una tangente di 50mila euro (pagata in contanti grazie all`intermediazione di un altro soggetto accusato di riciclaggio) ed una serie di finte consulenze da 5mila euro al mese fatturate dalla moglie di Longo; la creazione di una società utilizzata per istituire alcuni ambulatori odontoiatrici in strutture sanitarie private, le cui quote sono state intestate alla Canegrati e, per interposta persona, a Longo e a Rizzi; la promessa di ulteriori future nuove dazioni in denaro o di incarichi di natura privata.
MARONI - "Sono molto incazzato per quello che è successo, fermo restando la presunzione di innocenza e la fiducia nella magistratura". Così Roberto Maroni dopo l'arresto di Fabio Rizzi. "Fermo restando che stiamo leggendo gli atti e verificando nel dettaglio le imputazioni - ha detto il governatore lombardo intervenendo in Consiglio - il mio primo sentimento è di stupore e di grande delusione se le accuse fossero confermate nei confronti di Fabio Rizzi. Non vogliamo coprire nessuno, non abbiamo nessuno da difendere, chiunque abbia sbagliato mi risponderà". Maroni ha poi annunciato un "comitato ispettivo" sul caso di Fabio Rizzi. Il presidente della Lombardia ha sostenuto che in questa vicenda "la Regione è parte offesa", aggiungendo di sentirsi "offeso" anche personalmente e come leghista. Maroni, in mattinata aveva incontrato i capigruppo di maggioranza e il presidente del Consiglio Regionale, Raffaele Cattaneo. La riunione è stata convocata dal governatore a seguito della notizia dell'arresto di RizziCattaneo aveva in precedenza riunito i capigruppo che avevano chiesto l'intervento di Maroni in Assemblea regionale, salvo poi decidere che si sarebbero attese maggiori informazioni soprattutto alla luce della conferenza stampa convocata dalla Procura titolare dell'indagine.
"La riforma prevede regole e nuovi strumenti di controllo. Ne cito uno, l'Agenzia di controllo, appena partita, lo strumento più idoneo per garantire che quello che è successo non possa ripetersi. Se qualcuno viola le regole e disattende la legge morale, questi comportamenti sono difficili per noi da verificare e da intervenire. Noi lo faremo sulle regole. Non servono nuove regole, sono già tutte previste nella nuova legge. L'Agenzia dei controlli è già stata istituita e siamo pronti che possa attivarsi fin da subito", ha concluso Maroni.
SALVINI - "Esco ora dal Parlamento Europeo e leggo degli arresti in Lombardia. Prima riflessione: chi sbaglia davvero, non merita la Lega". Cosi' su Facebook il segretario federale della Lega Nord, Matteo Salvini. "Seconda riflessione: spero - prosegue Salvini - che le accuse si rivelino una bufala. Terza riflessione: spero che alcuni magistrati non siano in campagna elettorale, e' accaduto gia' troppe volte. Quarta riflessione: sono sicuro che l'eventuale errore di pochi non danneggi il lavoro delle migliaia di persone che ogni giorno mandano avanti benissimo gli ospedali in Lombardia. Quinta riflessione: sono orgoglioso - conclude - di essere il segretario della Lega".
MOZIONE DI SFIDUCIA - Il M5S ha affermato nell'aula del Consiglio regionale della Lombardia la necessità di presentare una mozione di sfiducia alla Giunta Maroni a seguito dell'arresto del presidente della commissione Sanità Fabio Rizzi (Lega Nord): lo ha detto il capogruppo Stefano Buffagni nel suo intervento nel dibattito dopo le dichiarazioni del governatore Roberto Maroni in Aula. Intanto si è appreso che il centrosinistra regionale (Pd-Patto civico) è al lavoro su una propria mozione di sfiducia alla Giunta Maroni.

venerdì 10 luglio 2015

Maugeri, gip Milano sequestra villa in Sardegna e conti correnti di Formigoni.



Sigilli alla casa estiva di Arzachena e ai depositi bancari riconducibili all’ex governatore della Lombardia e al suo amico Alberto Perego. Il sequestro è stato disposto dal giudice Paolo Guidi su richiesta della Procura per un totale di 49 milioni di euro e riguarda anche gli altri imputati del processo. Il gip: "Confermato il sistema tangenti", "Tesoretto" a disposizione dell'ex presidente. 

A poco meno di un mese dall’inizio del processo, il 6 maggio, Roberto Formigoni, comincia a pagare il suo conto con la giustizia. La Procura di Milano ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo dei suoi beni, conti ad eccezione di uno, tre auto, frazioni di alcune proprietà, ma soprattutto quella villa in cima alla collina del Pevero, non lontano da Porto Cervo, sette stanze su tre livelli, patio, verande coperte, terrazzo da cui si contempla Cala di Volpe. Era questa dimora a essere nell’elenco dei benefits ottenuti dall’allora governatore della Lombardia in cambio di delibere di giunta che avrebbero permesso alla Fondazione Maugeri (e anche al San Raffaele) di ottenere un flusso di finanziamenti e rimborsi: “provvedimenti diretti ad erogare consistenti somme di denaro e procurare altri indebiti vantaggi economici alla Fondazione”.
“Confermato il sistema delle tangenti”. Il provvedimento disposto dal gip di Milano Paolo Guidi riguarda anche gli altri imputati: il valore totale del “prezzo della corruzione” è di 49 milioni di euro. Una corruzione, come scrive il giudice nelle 42 pagine del provvedimento, viene confessata da Umberto Maugeri Gianfranco Mozzali, rispettivamente l’allora presidente della Fondazione e consulente: “Hanno confermato in sede di incidente probatorio – scrive il gip – il sistema di tangenti e la connessa ed articolata struttura societaria e contrattuale di supporto in Italia e all’estero…”. Ma non solo il giudice sottolinea come i due abbiano “riferito alla ineluttabilità di effettuare pagamenti di ingenti somme a favore di Daccò e Simone al fine che si aprissero le porte in Regione Lombardia, in un contesto ove la gestione dei finanziamenti nel campo della sanità era sotto il controllo di un tavolo della sanità”.
La villa dell’amico Alberto Perego. Formalmente ad acquistare la villa, nell’ottobre 2011, fu Alberto Perego, amico dell’attuale senatore. Ma anche l’ex presidente paga 1 milione di euro sostenendo sia un prestito. E così questa mattina su richiesta dei pm Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta il gip Paolo Guidi ha disposto il sequestro, effettuato dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano.
Secondo la tesi dei pm “le utilità a favore del presidente di Regione Lombardia” in cambio della “protezione globale” che garantiva erano davvero tante: 3,7 milioni in yacht, 800 mila euro in vacanze ai Caraibi, e poi spese varie, ristoranti. Invano il Celeste aveva cercato di difendersi sostenendo che si trattava di spese di gruppo, ma mai riuscito a produrre una ricevuta una. Dalle analisi dei conti correnti fatte da chi indaga non risulterebbero, a fronte delle entrate, uscite se non per importi modestissimi. E neanche nessuna restituzione di denaro come lui aveva affermato per l’acquisto di biglietti aerei, per esempio, al faccendiere Pierangelo Daccògià condannato in appello per il crack San Raffaele
“Consegnate anche somme in contanti”. Oltre che a Formigoni nel processo ci sono Daccò appunto, l’ex assessore alla Sanità della Lombardia Antonio Simone, gli ex vertici della fondazione Maugeri, Nicola Maria Sanese dirigente del Pirellone, il direttore generale dell’assessorato alla Sanità Carlo Lucchina e appunto Alberto Perego. Il sequestro dei conto perché, come era riportato nell’avviso di conclusione delle indagini, “somme di denaro contante” sarebbero state “periodicamente consegnate in Milano da Daccò a Formigoni di importo non determinato e, comunque, complessivamente non inferiori a circa euro 270mila”. Il sequestro riguarda gli altri imputati: ovvero Perego, Daccò, Simone e altri per un totale di 49 milioni
“Il tesoretto” a disposizione di Formigoni. Le indagini, scrive il gip, hanno accertato “l’esistenza di una struttura organizzata e permanente, avente il suo fulcro presso la Giunta regionale della Regione Lombardia e in ispecie in Roberto Formigoni, presidente della Giunta dal 1997 al 2011, volta a trasferire indebitamente e con sorprendente continuità, al polo sanitario Fondazione Salvatore Maugeri e all’omologo polo Fondazione San Raffaele ingenti somme di denaro a titolo di finanziamenti regionali tangibilmente maggiori di quanto sarebbe stato permesso dai perimetri e dai limiti della discrezionalità amministrativa e tecnica”. Tutto ciò “secondo un piano preordinato per cui una quota (notevole) di tali somme doveva essere drenata dalle Fondazioni verso società estere e relativi conti correnti riconducibili a due soggetti (Pierangelo Dacco’ e Antonio Simone)” i quali per almeno un decennio “venivano a essere gestori di un ‘tesoretto’(dell’ordine di decine di milioni di euro) che in parte, negli anni, veniva messo a disposizione del presidente Formigoni e del suo entourage“.  
Formigoni: “Non hanno sequestrato 49 milioni perché non li ho”. “I 49 milioni che sarebbero stati sequestrati a me, non li hanno sequestrati perché non li ho”. E su questa cifra, “la stampa, con cui sono solidale, è stata indotta in errore da una comunicazione ambigua degli uffici” della Procura di Milano. Formigoni dice di volere fare chiarezza: “Sono trasparente e voglio una conferenza stampa alla luce del sole”. “Questi 49 milioni come si legge nelle carte devono o dovranno essere sequestrati a una serie di soggetti. Si parla di tale signor Maugeri, tale signora Mazzali, Daccò, Simone… E si dice che 25 milioni sono stati già sequestrati”. “Una calunnia”, insomma. I magistrati, ha poi sostenuto, riconoscono “che Formigoni non ha intascato un euro ed è per questo che devono arrampicarsi sugli specchi e inventare le famose presunte utilità” di cui avrebbe beneficiato, come vacanze, yacht e case di lusso. Il senatore sostiene di avere a sua disposizione il conto da parlamentare con un saldo positivo di “18 euro” e di essere in rosso su un altro dopo aver aperto un fido “anche per pagare gli avvocati”. “Fortunatamente al 20 del mese mi arriva la mensilità di aprile”. 

giovedì 27 novembre 2014

Massimo Gianluca Guarischi condannato a 5 anni. Accusato per viaggi di Formigoni.

Massimo Gianluca Guarischi condannato a 5 anni. Accusato per viaggi di Formigoni

L'ex consigliere regionale di Fi accusato di essere il "grimaldello" di alcune aziende sanitarie per accedere a finanziamenti del Pirellone, anche per forniture oncologiche. Per i pm aveva un rapporto privilegiato con l'allora governatore, indagato in un altro filone.

L’ex consigliere regionale lombardo di Forza Italia Massimo Gianluca Guarischi è stato condannato a 5 anni di reclusione per un presunto giro di tangenti nella sanità. Lo ha deciso il tribunale di Milano che lo ha condannato anche a versare come provvisionale di risarcimento un milione di euro alla Regione Lombardia, parte civile. In un altro filone della stessa inchiesta è indagato per corruzione l’ex governatore Roberto Formigoni, oggi senatore Ncd, al quale Guarischi avrebbe regalato viaggi e vacanze in cambio di un trattamento di favore nei finanziamenti regionali ad aziende sanitarie.
Guarischi, arrestato per corruzione nel marzo 2013, era, secondo l’accusa, una sorta di grimaldello per sbloccare i finanziamenti regionali a favore delle imprese del settore sanitario che versavano tangenti. In particolare, la procura ha contestato a Guarischi di essere riuscito a sbloccare due delibere della Regione Lombardia tra il 2011 e il 2012 che stanziarono finanziamenti per favorire la società Hermex in relazione alla fornitura di una apparecchiatura sanitaria, un cosiddetto acceleratore lineare usato per le malattie oncologiche. In particolare, sempre secondo le indagini dei pm Claudio Gittardi e Antonio d’Alessio, Guarischi avrebbe avuto un rapporto privilegiato con l’allora governatore Formigoni, per il quale avrebbe creato una “struttura di piacere” fatta di viaggi e vacanze. Formigoni, infatti, assieme all’ex assessore lombardo alla sanità Luciano Bresciani, è indagato per corruzione e turbativa d’asta in un filone dell’ inchiesta ancora aperto. Indagine che avrebbe accertato pagamenti di voli privati, per circa 65 mila euro, per una serie di vacanze trascorse da Guarischi, Formigoni e altre persone tra il 2009 e il 2013 in diversi luoghi, tra cui Croazia e Sudafrica.
Oggi la quarta sezione penale (presidente del collegio Oscar Magi) ha condannato Guarischi ad una pena anche più alta di quella chiesta dalla procura, perché i pm avevano chiesto 3 anni e 8 mesi di carcere, tenuto conto della recidiva di Guarischi, già condannato in un procedimento per dissesto idrogeologico. I giudici hanno disposto anche la confisca di 447 mila euro, ritenuti il presunto prezzo della corruzione, e hanno condannato l’ex consigliere al versamento di una provvisionale di un milione di euro a favore della Regione Lombardia, che si è costituita parte civile. I giudici hanno inflitto a Guarischi anche l’interdizione dai pubblici uffici (5 anni) e dalla pubblica amministrazione (2 anni). Inoltre hanno ordinato la trasmissione degli atti alla Procura per indagare sulle testimonianze rese da Luana Cazzato, amica di Formigoni e presente durante le vacanze di gruppo, e da un’altra testimone. L’altro imputato del processo, l’ex manager dell’ospedale di Sondrio Luigi Gianola, è stato assolto, mentre i pm avevano chiesto per lui la condanna a un anno e 6 mesi per turbativa d’asta.
La prova delle tangenti “non c’è mai stata, non è mai emersa”, ha commentato Guarischi. “Non so che cosa dire, mi aspettavo l’assoluzione”. L’ex assessore ha assistito in aula, insieme al suo legale, alla lettura del dispositivo. “È una condanna pesante, molto pesante”, ha commentato il difensore Michele Apicella. “Siamo abbastanza stupiti, non c’è la aspettavamo. Attendiamo di leggere le motivazioni, poi presenteremo ricorso”.

giovedì 10 aprile 2014

Maugeri, gip Milano sequestra villa in Sardegna e conti correnti di Formigoni.

Roberto Formigoni

I pm di Milano hanno apposto i sigilli alla casa estiva di Arzachena e ai depositi bancari riconducibili all’ex governatore della Lombardia e al suo amico Alberto Perego. Il sequestro è stato disposto dal giudice Paolo Guidi su richiesta della Procura per un totale di 49 milioni di euro e riguarda anche gli altri imputati del processo.
A poco meno di un mese dall’inizio del processo, il 6 maggio, Roberto Formigoni, comincia a pagare il suo conto con la giustizia. La Procura di Milano ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo dei suoi beni, conti ad eccezione di uno, tre auto, frazioni di alcune proprietà, ma soprattutto quella villa in cima alla collina del Pevero, non lontano da Porto Cervo, sette stanze su tre livelli, patio, verande coperte, terrazzo da cui si contempla Cala di Volpe. Era questa dimora a essere nell’elenco dei benefits ottenuti dall’allora governatore della Lombardia in cambio di delibere di giunta che avrebbero permesso alla Fondazione Maugeri (e anche al San Raffaele) di ottenere un flusso di finanziamenti e rimborsi: “provvedimenti diretti ad erogare consistenti somme di denaro e procurare altri indebiti vantaggi economici alla Fondazione”. Il provvedimento disposto dal gip di Milano Paolo Guidi riguarda anche gli altri imputati: il valore totale del “prezzo della corruzione” è di 49 milioni di euro. Una corruzione, come scrive il giudice nelle 42 pagine del provvedimento, viene confessata da Umberto Maugeri e Gianfranco Mozzali, rispettivamente l’allora presidente della Fondazione e consulente: “Hanno confermato in sede di incidente probatorio – scrive il gip – il sistema di tangenti e la connessa ed articolata struttura societaria e contrattuale di supporto in Italia e all’estero…”. Ma non solo il giudice sottolinea come i due abbiano “riferito alla ineluttabilità di effettuare pagamenti di ingenti somme a favore di Daccò e Simone al fine che si aprissero le porte in Regione Lombardia, in un contesto ove la gestione dei finanziamenti nel campo della sanità era sotto il controllo di un tavolo della sanità”.
Formalmente ad acquistare la villa, nell’ottobre 2011, fu Alberto Perego, amico dell’attuale senatore. Ma anche l’ex presidente paga 1 milione di euro sostenendo sia un prestito. E così questa mattina su richiesta dei pm Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta il gip Paolo Guidi ha disposto il sequestro, effettuato dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano.
Secondo la tesi dei pm “le utilità a favore del presidente di Regione Lombardia” in cambio della “protezione globale” che garantiva erano davvero tante: 3,7 milioni in yacht, 800 mila euro in vacanze ai Caraibi, e poi spese varie, ristoranti. Invano il Celeste aveva cercato di difendersi sostenendo che si trattava di spese di gruppo, ma mai è riuscito a produrre una ricevuta. Dalle analisi dei conti correnti fatte da chi indaga non risulterebbero, a fronte delle entrate, uscite se non per importi modestissimi. E neanche nessuna restituzione di denaro come lui aveva affermato per l’acquisto di biglietti aerei, per esempio, al faccendiere Pierangelo Daccògià condannato in appello per il crack San Raffaele
Oltre che a Formigoni nel processo ci sono Daccò appunto, l’ex assessore alla Sanità della Lombardia Antonio Simone, gli ex vertici della fondazione Maugeri, Nicola Maria Sanese dirigente del Pirellone, il direttore generale dell’assessorato alla Sanità Carlo Lucchina e appunto Alberto Perego. Il sequestro dei conto perché, come era riportato nell’avviso di conclusione delle indagini, “somme di denaro contante” sarebbero state “periodicamente consegnate in Milano da Daccò a Formigoni di importo non determinato e, comunque, complessivamente non inferiori a circa euro 270mila”. Il sequestro riguarda gli altri imputati: ovvero Perego, Daccò, Simone e altri per un totale di 49 milioni