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venerdì 31 marzo 2023

VIVA I REATI NEGLI APPALTI! - Viviana Vivarelli.

 

Salvini, nuovo Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha lanciato il nuovo CODICE DEGLI APPALTI.

Se le misure prese in vari campi da questo Governo hanno scontentato la plebe gratificando comunque qualche lobbye di privilegiati, si deve riconoscere che qui il neo Ministro è riuscito a scontentare tutti: lavoratori, padroni, sindacati e frattaglie.
Avanti i lavori illimitatamente e liberatutti! Tutto all'insegna del PRESTO E BENE. Avete mai visto qualcosa che nella pubblica amministrazione vada presto e bene? La parola d'ordine in Italia nella PA è sempre stata: col massimo della lentezza, col massimo del costo finale, col minimo del risultato totale e con la corruzione dall'A alla Z.
Insomma 200 miliardi in balia del peggio!
Come se in 75 anni di Repubblica questo peggio non l'avessimo mai visto, tra appalti truccati, subappalti in anarchia, nepotismi, spartizioni tra compagni di merenda, aste e concorsi di cui si sa prima il vincitore, assegnazioni ad personam, controlli mancanti, precariato a go go, mafia ovunque, salari fasulli, costi gonfiati e chi più ne ha più ne metta.
Si deve dire che Salvini è riuscito ad affrancare anche i pochi angolini rimasti di legittimità nei lavori pubblici.
Se l’irresponsabilità e la corruzione l'hanno sempre fatta da padrone, ora sarà anche peggio!
"Nessun bando, nessuna competizione, nessuno trasparenza nel 98% dei futuri contratti pubblici per forniture, servizi, lavori pubblici... una sorta di “emergenza permanente”, una notte in cui tutte le vacche sono nere. Ma di questo Salvini se ne bea.
Sotto una soglia tra i 150 e i 500mila euro il funzionario pubblico potrà dare i lavori "a chi gli pare". Fino a due anni fa quella soglia era di 40mila euro, tanto che le commissioni più grosse venivano parcellizzate per passare con le assegnazioni ad minchiam. Ma ora: allegria! E' arrivato il citofonista col mojito che dà il liberi tutti!
"Il nuovo codice introduce procedure negoziate senza bando e senza concorrenza – saranno consultate discrezionalmente 5 o 10 imprese – per tutti gli appalti fino a 5,3 milioni di euro; autorizza senza più vincoli il subappalto a cascata (la mafia esulta), estende l’appalto integrato, in cui l’impresa progetta ed esegue l’opera, mentre l’ente pubblico in concreto ostaggio dei privati si limita a staccare l’assegno; reintroduce la revisione prezzi".
In pratica getta in una giugla di illiceità i più elementari principi di concorrenza, trasparenza, efficienza, danneggiando le impre stesse.
Nel 2001 Prodi fu molto criticato per la famigerata 'legge obiettivo' che, per sveltire le pratiche, abolì i controlli, aprendo la strada alla peggior corruzione, mentre l'Italia si riempiva di cattedrali nel deserto, opere inutili, costosissime e rimaste incompiute.
Insomma ora i contratti saranno assegnati per citofono. Altro che la Meloni che dà un Ministero al cognato! E, ovviamente, a fare i lavori non saranno i migliori ma i più apparentati o quelli che pagano la mazzetta più alta al funzionario pubblico.
Va beh, direte, lo facevano anche prima! Sì, però, ora lo si potrà fare per legge!!

Viviana Vivarelli fb 31/3/2023

giovedì 27 maggio 2021

Massimo ribasso, minima sicurezza: sai che impresa… - Antonio Padellaro

 

Nel leggere l’accusa per gli arresti di Stresa – avere manomesso i freni d’emergenza per non bloccare l’impianto, e avere dunque provocato la tragedia del Mottarone – insieme al disgusto mi è venuta in mente questa frase: l’Italia del massimo ribasso. Procedura che probabilmente non c’entra nulla con la criminale decisione d’inserire sulla funivia il letale “forchettone” (termine molto italiano), ma che molto invece ha a che fare con quella cultura, diciamo così, d’impresa, che pur di aggiudicarsi un appalto – o di garantirsi gli incassi di giornata – non bada a spese. Nel senso che riduce i costi all’inverosimile, comprimendo i salari e favorendo il lavoro in nero.

Ma è soprattutto sulla minima sicurezza che si rivale il massimo ribasso, come dimostrano i numeri assurdi degli infortuni sul lavoro: 554.340 denunciati all’Inail nel 2020, leggermente in calo nell’anno della pandemia, ma con 1.270 morti, più 16,6% rispetto al 2019. Senza contare il problema delle infiltrazioni mafiose che nella deregulation trovano sempre un terreno più che fertile. Principio quello di risparmiare su tutto il risparmiabile sul quale si preferisce non sottilizzare troppo nel momento in cui l’Italia riprende a camminare. Infatti, se qualcuno prova a obiettare che la giusta necessità di accelerare il processo produttivo, evitando le lungaggini burocratiche, non può avvenire a discapito dell’incolumità dei dipendenti e degli utenti, apriti cielo. Nel migliore dei casi le osservazioni prudenziali sulla indispensabile incolumità delle persone saranno catalogate come “ideologiche” (ovvero stataliste e dunque anti-industriali). Come se chiedendo verifiche più rigorose avessi parlato male di Garibaldi.

Speriamo che dopo le aspre critiche di sindacati, Pd e sinistra sulla bozza del decreto Semplificazioni – con costi abbattuti in eccesso, subappalti a volontà e controlli affidati ai controllati – non si debba un giorno parlare del governo Draghi come del governo del massimo ribasso. E che l’auspicata ripresa non debba mai più consentire che le vite umane siano giocate sulla ruota della fortuna. Fino a quando succede che un cavo si spezza.

IlFQ

giovedì 8 aprile 2021

Arresti domiciliari per il sindaco di Opera, Antonino Nucera: mascherine tolte alle Rsa per darle ai parenti e appalti a imprenditori amici. - Cesare Giuzzi

Aprile 2020: Antonino Nucera si fa fotografare mentre distribuisce mascherine

 Agli arresti anche la compagna e capo dell’ufficio tecnico comunale Rosaria Gaeta, coinvolti tre imprenditori. Le indagini dei carabinieri svelano anche illeciti smaltimenti di rifiuti. Nelle intercettazioni chiedeva per sé metà delle forniture date alle residenze per anziani.

Mentre il mondo intero travolto dal Coronavirus cercava disperatamente mascherine chirurgiche, il sindaco Antonino Nucera dirottava le forniture della Protezione civile direttamente ai suoi uffici per poi distribuirle ad amici e parenti. Dispositivi di protezione che in quei giorni — marzo e aprile dello scorso anno — erano stati inviati a Opera, comune di 13 mila abitanti alle porte di Milano, per i nonnini ricoverati nella Rsa «Anni azzurri Mirasole» della frazione di Noverasco, e per la farmacia comunale per poi essere distribuiti alla popolazione. In realtà, secondo le accuse, quelle mascherine venivano utilizzate dal sindaco stesso o messe a disposizione dei suoi familiari, come la ex moglie e i suoceri, a dipendenti comunali o agli agenti della polizia locale (che però le avrebbero dovute ricevere dalla Regione Lombardia). Quegli stessi agenti che, sulla base delle ordinanze molto restrittive emesse dal sindaco dopo il primo caso di Codogno, sorvegliavano strade e piazze con l’uso dei droni per scoprire chi uscisse fuori casa.

In totale oltre 2.800 i dispositivi di protezione finiti al centro dell’inchiesta «Feudum» che ha portato all’arresto del sindaco di Opera, della sua compagna e capo dell’ufficio tecnico e di tre imprenditori. Tutti sono finiti ai domiciliari. Nucera, nei primi mesi della pandemia aveva pubblicato sulla sua pagina Facebook diversi attacchi al governo soprattutto legati alla questione della distribuzione delle mascherine. In particolare a fine aprile quando aveva anche scritto al premier Giuseppe Conte contestando il prezzo «politico» di 50 centesimi a mascherina in quanto, a suo dire, sarebbe stato impossibile per i Comuni ottenere forniture a simili prezzi e le amministrazioni avrebbero così dovuto coprire l’aggravio dei costi. In un’altra occasione, in concomitanza con il periodo delle indagini dei carabinieri, Nucera aveva pubblicato fotografie mentre distribuiva le mascherine agli abitanti.

L’affaire mascherine vale al sindaco Antonino Nucera, 49 anni, originario di Melito Porto Salvo (Reggio Calabria) l’accusa di peculato nell’ordinanza firmata dal gip milanese Fabrizio Filice con la quale sono stati disposti gli arresti domiciliari. Stessa misura per il capo dell’ufficio tecnico di Opera Rosaria Gaeta, legata sentimentalmente a Nucera e per gli imprenditori Giovanni Marino, Giuseppe Corona (Marino costruzioni srl) e Rosario Bonina (Veria srl). Gli arresti sono stati eseguiti dai carabinieri nelle province di Milano, Lodi, Varese e Messina.

Perché l’inchiesta dei carabinieri del Nucleo investigativo di Milano, coordinati dagli aggiunti Alessandra Dolci (Direzione distrettuale antimafia) e Maurizio Romanelli (pool anticorruzione della Procura) e dai pm Silvia Bonardi Stefano Civardi, ruota intorno non solo alla riprovevole sottrazione di mascherine agli anziani e al personale della Rsa, ma anche a giri di appalti pilotati assegnati alle imprese amiche e all’illecito smaltimento di materiali di scarto, da qui il coinvolgimento della Dda competente per il traffico di rifiuti. In cambio il sindaco e la compagna avrebbero ottenuto la ristrutturazione «a titolo gratuito» di una casa a San Donato Milanese, di proprietà della donna, da parte delle due imprese «favorite» negli appalti. L’inchiesta inizia proprio nei giorni dell’esplosione della pandemia e parte da una segnalazione che parla di stretti rapporti tra il sindaco di Opera, la sua compagna e alcuni imprenditori ai quali andrebbero sistematicamente appalti anche con il sistema dell’affidamento diretto.

Tra le opere finite nel mirino dei carabinieri del Nucleo investigativo, guidati dai comandanti Michele Miulli e Antonio Coppola, il rifacimento del campo sportivo di Opera, i lavori nelle scuole Don Milani, la media di via Papa Giovanni e l’elementare «Sacco e Vanzetti» e parte dei lavori di manutenzione del cimitero di Assago (Gaeta è responsabile dell’area edilizia pubblica di quel Comune). Ma anche l’affare dei termoscanner per il Comune, la farmacia e gli uffici della polizia locale (quasi 11 mila euro) con l’impresa dei Marino che fa da procacciatrice di clienti per l’effettivo fornitore delle apparecchiature assicurandosi un guadagno triplo rispetto al costo di mercato, come scrivono i magistrati. Nucera e Gaeta, più un’altra serie di imprenditori, sono indagati anche per lo smaltimento dell’asfalto fresato a seguito dei lavori sulla ex Statale Valtidone. Materiali di scarto e di fatto rifiuti speciali che venivano riutilizzati per compattare il terreno su cui realizzare una tensostruttura, smaltiti nei campi del Parco Sud di due imprenditori agricoli, riutilizzati mescolandoli alla terra nel cantiere della passerella ciclopedonale sulla stessa strada, o smaltendoli abusivamente (1.000 tonnellate) grazie a imprenditori compiacenti. Nei confronti di un architetto bresciano, consulente del Comune di Opera, è stata emessa una misura interdittiva e il gip ha disposto il sequestro preventivo di 40 mila euro (il prezzo della corruzione) e di due camion usati, secondo la procura, per commettere i reati ambientali.

Corriere della Sera

mercoledì 10 marzo 2021

L’agenzia per i giovani dà l’appalto da 4 mln a E&Y (da cui viene la direttrice). - Stefano Vergine

 

L’ultimo appalto milionario porta la data di venerdì 5 marzo 2021. Quel giorno il gigante mondiale della consulenza Ernst & Young – un fatturato di 37,3 miliardi di dollari – ha ricevuto una bella notizia dall’Italia. Una delle sue controllate, EY Advisory Spa, si è aggiudicata la gara numero 7841608: un contratto di consulenza affidatole dalla Agenzia Nazionale per i Giovani, l’ente governativo che gestisce in Italia i programmi europei di istruzione giovanile come l’Erasmus. E proprio di questo si dovrà occupare Ernst & Young, una delle cosiddette Big Four della consulenza insieme a Deloitte, Pwc e Kpmg: aiutare l’istituzione italiana nella “gestione e attuazione dei programmi Erasmus+/Youth in action, European solidarity corps, degli analoghi programmi europei per i giovani del settennato 2021–2027 e delle iniziative proprie dell’Agenzia nazionale per i giovani”, si legge nel bando. Il tutto per un valore stimato dall’ente pubblico in 4,2 milioni di euro Iva esclusa. Fin qui niente di strano.

Da anni l’Italia, così come tante altre nazioni del mondo, affida infatti contratti di consulenza ai giganti mondiali del settore, come dimostra il controverso caso della McKinsey appena assoldata per assistere il ministero del Tesoro nella scrittura del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). L’appalto assegnato lo scorso 5 marzo ad Ernst & Young ha però una particolarità. È il nome della dirigente al vertice dell’ente statale che ha affidato l’incarico alla multinazionale britannica: Lucia Abbinante. Barese, 33 anni, esperta di educazione, la direttrice generale dell’Agenzia Nazionale per i Giovani fino a poco tempo fa lavorava infatti proprio per Ernst & Young.

I documenti letti da Il Fatto raccontano che è stata proprio Abbinante a comunicare ai suoi ex datori di lavoro l’aggiudicazione del contratto. La commessa è stata vinta al termine di una gara d’appalto e la multinazionale londinese se l’è aggiudicata grazie a un eccellente punteggio: 98,33 su 100. Il fatto di aver affidato un contratto milionario all’azienda che fino a poco tempo fa le pagava lo stipendio deve avere però creato qualche imbarazzo alla stessa Abbinante. Lo suggerisce quello che c’è scritto sul sito internet della Agenzia Nazionale per i Giovani o, per essere più precisi, quello che non c’è più scritto. Fino a poche settimane fa, cliccando sul nome di Lucia Abbinante l’utente veniva infatti reindirizzato al pdf del suo curriculum in formato europeo, mentre adesso il sistema rimanda a una più semplice pagina web in cui sono riassunte in forma discorsiva le esperienze lavorative della dirigente pubblica.

Dieci anni come coordinatrice di Radio Kreattiva, “la prima web radio antimafia italiana partecipata dagli studenti e dalle studentesse”. I progetti sviluppati per ong internazionali come Save The Children e Terres Des Hommes. Le “docenze in comunicazione e progettazione sociale”. La collaborazione con il dipartimento per le Politiche giovanili e quello per le Pari opportunità. Fino al ruolo di consigliere dell’ex ministro per le Politiche giovanili e lo Sport, Vincenzo Spadafora, l’esponente del Movimento 5 Stelle che lo scorso 7 agosto ha nominato la giovane project manager barese alla direzione generale dell’Agenzia Nazionale per i Giovani con uno stipendio annuale di 317mila euro (lordi) e un incarico che scadrà nel 2023.

Di tutte le esperienze citate sulla pagina web ora attiva sul sito dell’Agenzia ne manca una. Proprio quella in Ernst & Young, dove Abbinante ha lavorato a partire dal luglio del 2018 come consulente. Mansione svolta: “Servizio di supporto specialistico e assistenza tecnica presso il Comune di Bari per l’implementazione del Programma Operativo Nazionale Città Metropolitane”. Contattata per un commento, la dirigente conferma di aver lavorato per Ernst & Young “fino al settembre del 2019 come consulente junior”, si dice “dispiaciuta per il fatto che sul sito dell’Agenzia non sia più riportata quell’esperienza di lavoro”, ma garantisce che “l’affidamento della gara non ha nulla che fare con il mio passato: le decisioni sulle gare vengono prese da una commissione di cui io non faccio nemmeno parte”, spiega, “e comunque Ernst & Young lavora per l’Agenzia almeno dal 2016, ben prima che io arrivassi”. Il ministero incaricato di vigilare sull’Agenzia è quello delle Politiche giovanili e lo Sport. Oggi è guidato dalla 5 Stelle Fabiana Dadone.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/03/10/lagenzia-per-i-giovani-da-lappalto-da-4-mln-a-ey-da-cui-viene-la-direttrice/6128300/

giovedì 9 luglio 2020

Appalti e mazzette nelle forze armate col tariffario al 10 per cento. Coinvolti anche generali. - Maria Elena Vincenzi

Appalti e mazzette nelle forze armate col tariffario al 10 per cento. Coinvolti anche generali

La polizia di Stato, coordinata dal procuratore aggiunto Paolo Ielo e dal pm Antonio Clemente, ha eseguito un'ordinanza nei confronti di 31 persone: 7 agli arresti domiciliari tra imprenditori e ufficiali, 19 divieti di contrattare con la pubblica amministrazione, cinque sospensione di servizio per appartenenti alle forze dell'ordine. Ma l'indagine è molto più ampia e conta 64 indagati.

giovedì 28 maggio 2020

'Ndrangheta: appalti pilotati per favorire le cosche.

(Archivio) © ANSA

Decine di arresti in tutta Italia, coinvolti anche 11 funzionari pubblici.

Un cartello criminale composto da imprenditori e funzionari pubblici per pilotare gli appalti e agevolare le cosche della 'Ndrangheta. Lo ha scoperto la Guardia di Finanza che sta eseguendo decine di arresti in diverse regioni italiane. L'indagine, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, ha preso di mira i profili 'imprenditoriali' dei Piromalli, la cosca che opera nella Piana di Gioia Tauro. I finanzieri stanno eseguendo anche sequestri di beni e imprese per oltre 103 milioni. 
I provvedimenti cautelari e i sequestri, nei quali sono impegnati circa 500 finanzieri dei comandi provinciali e dello Scico, sono scattati in Calabria, nelle province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza e Vibo Valentia, in Sicilia tra Messina, Palermo, Trapani e Agrigento, in Campania - a Benevento e Avellino - a Milano e Brescia in Lombardia e ad Alessandria, Gorizia, Pisa, Bologna e Roma.
L'operazione, coordinata dal procuratore di Reggio Calabria Giovanni Bombardieri e denominata 'Waterfront', è l'epilogo delle indagini sull' ala imprenditoriale dei Piromalli. Dagli accertamenti, infatti, è emersa l'esistenza di un cartello composto da imprenditori e pubblici ufficiali ritenuti responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata alla turbativa d'asta aggravata dall'agevolazione mafiosa, frode nelle pubbliche forniture, corruzione ed altri reati. Sono 11 i funzionari pubblici coinvolti.

mercoledì 15 aprile 2020

Salvini tanaliberatutti. - Roberta Labonia

A Milano comincia oggi IDN18: parlano Salvini, Fontana e Fedriga ...

Era giusto l’8 aprile scorso quando Matteo Salvini ci aveva regalato questa “perla” : “… non è il momento di mandare inchieste sugli ospedali lombardi, lasciamo che medici e dirigenti lavorino. Anzi onore a chi è in trincea, io più che un’inchiesta dei Nas o un fascicolo della procura avrei mandato medaglie”.
Il suo è lo stesso giochetto sporco che sta facendo in queste ore la premiata ditta leghista Fontana&Co. Anzi lui è il loro maestro. La stanno buttano in caciara contando sulla commozione che sta suscitando in queste ore l’abnegazione e il senso di sacrificio di tutto il personale medico e infermieristico lombardo, per nascondere le loro vergognose mancanze, le loro scelte scellerate. Come è stata quella di riaprire, il 23 febbraio scorso, dopo averlo chiuso per neanche 4 ore, il Pronto Soccorso di Alzano Lombardo, senza nessuna sanificazione, appena scoperto che ci erano passati 2 casi Covid. Chi volesse una chiave di lettura dei numeri agghiaccianti di vittime dell’epidemia nel bresciano e nella bergamasca è servito.
Alle 14,00 la direzione dell’Ospedale sceglie di chiudere, riporta “L’eco di Bergamo”. “lo volevamo chiuso”, testimonia un primario, “poi telefonarono da Milano” (Leggi Pirellone). Ora la Procura di Bergamo ha aperto un inchiesta. Ed è solo una delle tante che si stanno apprendo in queste ore su molte strutture sanitarie lombarde. Quelle che Salvini, appunto, non vuole. Non è il momento, dice lui.
E stamattina sempre il Cazzaro Verde ha rincarato la dose. A Coffee Break su La7 (ormai è ufficiale, Cairo è uno dei suoi sponsor), non contento, ha dettato la sua ricetta per la ricostruzione post epidemia : “Condono è una brutta parola” – ha sentenziato – ma in tempo di guerra ci vogliono pace fiscale, pace edilizia, blocco del codice degli appalti”. E perchè no il rutto libero di fantozziana memoria? E ancora: “Io dalla task force (ndr, quella per la ricostruzione voluta da Conte), mi aspetto questo. Tutto quello che non è vietato è permesso, se non ho risposta dall’ente pubblico, faccio, parto”.
Sembra che dopo questo discorso, il “comitato” a tutela degli evasori di tutta Italia gli voglia intestare una piazza mentre i capi di Cosa Nostra, ‘Ndrangheta, Camorra e Corona Unita si dice si siano riuniti e abbiano deciso di dedicargli un monumento. Ovviamente ricorro ai paradossi così, tanto per sdrammatizzare, che di incazzature ce ne prendiamo già abbastanza. Ma come non incazzarsi, anzi indignarsi, davanti a tanta irresponsabilità, tanta superficialità? Non sarà con la ricetta dell’ennesimo condono che l’Italia potrà ripartire. Quello che non gli riuscì nel 2018 col Conte Uno, quando Luigi Di Maio gli fece tana quando scopri che nel testo del dl fiscale qualcuno aveva inserito lo scudo per i capitali mafiosi e la non punibilità per chi evade, Salvini forse vuole riproporlo adesso? Contando su un opinione pubblica resa claustrofobica dalla lunga quarantena e in grande misura pressata da problemi economici? Roba da sciacalli.
E il condono edilizio? Che c’azzecca con la ripresa post – epidemia, direbbe Di Pietro. All’Italia, per ripartire, servono investimenti in infrastrutture. Sia materiali, come gli Ospedali pubblici, le scuole antisismiche, e la manutenzione, quella vera, non quella targata Benetton, delle nostre Autostrade, che immateriali, come la banda larga. Serve ritornare ad investire nell’istruzione, in un corpo insegnante efficiente e preparato. Da qui bisogna iniziare, e serviranno tanti, tanti soldi, se l’Europa non sarà miope, per risollevare l’azienda Italia e tutto il resto del vecchio continente. Altro che l’ennesimo condono edilizio targato Salvini/Berlusconi /Meloni!
E poi il peggio del peggio, l’affondo finale del leghista: “bloccare il codice degli appalti”. Non ripensarlo, semplificarlo, renderlo più a misura del piccolo e medio imprenditore (che quelli grossi c’ hanno barba di tecnici a supportarli). No. Bloccarlo! Nel nostro Paese equivarrebbe a dire alle mafie: prego, accomodatevi, ecco le chiavi di casa, I’Italia è vostra.
Come se già non lo fosse abbastanza.

martedì 3 marzo 2020

A Messina arresti per corruzione, un trojan svela un giro di mazzette.



Indagine della procura condotta dalla Polizia, in manette anche un autista giudiziario.

Un trojan piazzato nei telefoni di due sospetti ha svelato un giro di mazzette che ha coinvolto, oltre ad alcuni imprenditori, funzionari del genio civile di Messina e Trapani e un dirigente del Comune della Città dello Stretto.

L'inchiesta è nata dall'intimidazione subita da un commerciante, Pietro Ferrante, che ha negato di aver subito estorsioni, ma non ha convinto la polizia che ha iniziato a intercettarlo. Sono emersi così i suoi contatti con un imprenditore pregiudicato, Marcello Tavilla.

I due erano soci nella ditta di import-export di pesce Blu Marine Service. Tavilla, insieme all'amante Cinzia Fiorentino e a Pietro Ferrante, avrebbero corrotto un funzionario del Genio Civile di Messina, perché, in cambio di soldi, favorisse nell'aggiudicazione di lavori pubblici le ditte edili degli imprenditori Giuseppe Micali e Giovanni Francalanza.

Al funzionario erano stati promessi 2mila euro per ogni appalto vinto. Tavilla e i complici avrebbero corrotto anche un ex assessore Giorgio Muscolino amministratore del complesso di edilizia popolare "Sottomontagna", gestito dall'Agenzia per il Risanamento della città (A.Ris.Me.). Senza aver mai effettuato una selezione, e dunque in violazione di legge, Muscolino, che avrebbe intascato 400 euro, ha affidato alla ditta di Tavilla i lavori per la sistemazione del parcheggio di "Sottomontagna".

Dal trojan piazzato nel cellulare di Micali è poi venuta fuori un'altra storia di corruzione: quella di Giuseppe Frigone, funzionario del Comune di Messina in servizio al Dipartimento Immobili Comunali. In cambio di una mazzetta di mille euro il funzionario gli avrebbe affidato in somma urgenza, quindi senza gara, i lavori di manutenzione straordinaria al mercato cittadino Sant'Orsola. Ma l'azione di Micali, sempre ascoltato dalla polizia grazie al trojan, non si sarebbe fermata a Messina. L'imprenditore si sarebbe aggiudicato i lavori di dragaggio nel porto di Mazara del Vallo (TP), per un importo di oltre un milione. Insieme ad altri due imprenditori indagati avrebbe corrotto Giancarlo Teresi, ingegnere capo del Genio Civile di Trapani, responsabile dei lavori nel porto. Per assicurarsi l'appalto del dragaggio del porto-canale Micali avrebbe regalato al funzionario il denaro per l'acquisito di un'auto d'epoca, un soggiorno gratuito in un hotel di Messina e una cena per lui e per altre cinque persone in un ristorante di Milazzo.

E c'è anche un autista giudiziario in servizio al Tribunale di Messina tra gli arrestati. L'uomo, a cui sono stati dati i domiciliari, è accusato di rivelazione di segreti d'ufficio. In cambio di favori a una persona a lui vicina avrebbe dato a uno degli indagati informazioni su indagini in corso e sui movimenti di un magistrato. 

L'autista giudiziario arrestato nell'ambito di un'inchiesta su un giro di mazzette scoperto dalla Polizia di Messina è Angelo Parialò: secondo l'accusa faceva da intermediario tra l'imprenditore Marcello Tavilla, finito in carcere oggi, e impiegati del Tribunale di Messina incaricati della nomina di amministratori di condominio. Il piano era fare avere l'affidamento degli incarichi a persone vicine a Tavilla e alla sua amante, Cinzia Fiorentino. Un meccanismo che avrebbe poi permesso ai due di beneficiare dell'eventuale assegnazione di lavori di manutenzione degli ascensori nei condomini in favore di una ditta riconducibile alla Fiorentino. L'autista in cambio avrebbe avuto l'assunzione, in una delle imprese di Tavilla, di un familiare della donna con cui aveva una relazione. L'arrestato svelava inoltre notizie su indagini in corso e sugli spostamenti di magistrati sottoposti a tutela. 

https://www.ansa.it/sicilia/notizie/2020/03/03/-corruzionearrestati-imprenditorifunzionari-pubblici-_2b4a6492-be1e-469b-9bfb-c028d2cb6acb.html

sabato 16 novembre 2019

Pulizia nelle scuole, dal 2020 stop agli appalti: i lavoratori saranno assunti dallo Stato. Ma il bando non c’è ancora e qualcuno resterà fuori. - Lorenzo Vendemiale

Pulizia nelle scuole, dal 2020 stop agli appalti: i lavoratori saranno assunti dallo Stato. Ma il bando non c’è ancora e qualcuno resterà fuori

La decisione risale allo scorso anno. Ma solo a ottobre, dieci mesi dopo, il governo ha varato il decreto che autorizza il concorso. Secondo gli ultimi dati, i posti a bando saranno 11.263 ma gli ex-Lsu sono di più: 16.019. Alcuni posti saranno spezzati in contratti part-time. Più serio l’ostacolo dei requisiti: 10 anni di servizio continuativo, licenza media, fedina penale pulita.
Primo gennaio 2020: finisce l’era delle coopinizia quelle delle pulizie “internalizzate”. Le scuole italiane non saranno più curate da ditte esterne ma sempre dagli stessi lavoratori che diventeranno dipendenti statali. Il ministero li assumerà tutti (o quasi?), per pulire direttamente gli istituti, magari risparmiare qualche milione, sicuramente mettere fine a un sistema di appalti e subappalti sanzionato dall’Antitrust. Una rivoluzione su cui, dai lavoratori ai sindacati, dalla politica alle scuole, sono tutti d’accordo, tranne ovviamente le coop. Il problema è che a poche settimane dalla partenza non è stato fatto quasi nulla: il concorso per stabilizzare i lavoratori è stato approvato ma non ancora bandito (figuriamoci espletato). Soprattutto, non sono stati risolti i nodi sulla platea dei beneficiari: i lavoratori coinvolti sono 16mila, i posti in palio solo 11mila. E poi c’è il problema dei requisiti minimi: qualcuno rischia di rimanere fuori. Intanto le ditte, sul piede di guerra, hanno già avviato le procedure di licenziamento per tutti. Un bel pasticcio, che alla fine potrebbe concludersi con una proroga.
LA SVOLTA DEL 2018: INTERNALIZZARE GLI EX-LSU – Parliamo degli ex lavoratori socialmente utili (Lsu), disoccupaticassaintegrati o impiegati degli appalti storici che a fine anni ‘90 il governo Prodi aveva pianificato di stabilizzare negli enti locali per la pulizia delle scuole, salvo poi dirottarli nelle cooperative quando si decise di privatizzare il servizio. Da allora una quota dell’organico Ata è stata “accantonata” per dare un impiego a queste persone, in quelle scuole (circa 4mila) che per la pulizia non si servono di personale interno. Sono circa 16mila in tutta Italia, oltre il 50% al Sud, con una forte concentrazione in Campania. L’esternalizzazione ha funzionato, soprattutto perché lo Stato ci ha messo centinaia di milioni ogni anno, quelli delle gare Consip. E quando non bastava, rabboccava con altri finanziamenti (anche il famoso progetto “Scuole belle” lanciato da Matteo Renzi non era altro che una maniera per garantire il livello occupazionale degli ex Lsu). La multa dell’Antitrust nel 2016 ha però mostrato tutte le storture del sistema. E l’anno scorso il governo gialloverde, su spinta del M5S, ha deciso di fare quello di cui si discuteva da anni: togliere il servizio alle coop e più o meno con gli stessi soldi assumere i lavoratori.
I NODI IRRISOLTI: 5MILA POSTI IN MENO E I REQUISITI – Il provvedimento fu approvato nella manovra a fine 2018. Solo a ottobre, dieci mesi dopo, il governo ha varato il decreto che autorizza il concorso (per titoli, senza prove: quasi una formalità). Ancora non è stato bandito. Colpa di lungaggini tecniche ma anche di qualche problema sostanziale. I nodi sono essenzialmente due. Il primo è la differenza tra il numero di posti e quello dei lavoratori: secondo gli ultimi dati, i posti a bando saranno 11.263 ma gli ex-Lsu sono di più, esattamente 16.019, perché molti di loro lavorano part-time. Cosa ne sarà dei 4.756 di troppo? In questo caso il problema potrebbe già contenere la soluzione, almeno parziale: in sede provinciale alcuni posti saranno spezzati in contratti part-time. Più serio l’ostacolo dei requisiti fissati dal decreto: 10 anni di servizio continuativolicenza mediafedina penale pulita. Considerando la storia degli ex-Lsu (e il fatto che a volte le ditte li facevano lavorare con contratti a tempo determinato), qualcuno resterà fuori di sicuro: quanti di preciso non si sa, perché numeri ancora non ce ne sono. Le ditte non li hanno (o non li vogliono dare), mentre le procedure di licenziamento sono già state avviate: non collaborano insomma, ma era difficile aspettarsi il contrario da chi perderà un business milionario. Al passaggio di consegne, però, manca poco più di un mese.
CORSA CONTRO IL TEMPO (E RISCHIO PROROGA) – Il Consiglio superiore per l’istruzione (Cspi) ha appena dato parere favorevole al decreto che autorizza il concorso, a condizione però di garantire il mantenimento occupazionale e reddituale di tutti i lavoratori. Per farlo bisogna capire esattamente chi e quanti resteranno fuori, e trovare una soluzione: alcuni potrebbero essere accompagnati alla pensione, altri magari impiegati in altri ministeri (per cui potrebbe essere aperto un tavolo inter-istituzionale). Per fare tutto però serve tempo. Al Miur continuano ad essere ottimisti e a sostenere che si lavora per chiudere la pratica entro il 31 dicembre: il concorso è stato ulteriormente semplificato, non appena ultimato i lavoratori potranno entrare in servizio. Qualcun altro, però, suggerisce che sarebbe più saggio disporre una proroga, affidare le pulizie alle ditte ancora per i primi mesi del 2020 e rinviare la rivoluzione al prossimo anno scolastico, in modo che anche le scuole possano essere più preparate al nuovo sistema.

mercoledì 16 ottobre 2019

Palermo, il crac Sikelia ferma i cantieri di collettore fognario e policlinico. - Sara Scarafia

Palermo, il crac Sikelia ferma i cantieri di collettore fognario e policlinico

La ditta, che gestiva l'appalto insieme con la Tecnis, la stessa dell'anello, ha presentato richiesta per il concordato preventivo davanti al tribunale fallimentare di Catania.

L'ultima tegola - nel cuore della città già funestato dai ritardi dell'appalto dell'anello ferroviario - è lo stop ai lavori del nuovo collettore fognario, quello che ha chiuso l'incrocio tra via Roma e via Amari, rivoluzionando e sconvolgendo, la viabilità. Spariti gli operai, sparite le ruspe, restano solo i disagi. Il cantiere finanziato dal Comune: la ditta Sikelia, che gestiva l'appalto insieme con la Tecnis, la stessa dell'anello, ha presentato richiesta per il concordato preventivo davanti al tribunale fallimentare di Catania. E a fermarsi non sono soltanto i lavori della rete fognaria: fermo è anche il maxi-appalto del Policlinico con i reparti di Oculistica e Ginecologia, ma anche il nuovo pronto soccorso, che non sono ancora stati completati. 

Ma che succede? In via Roma - tra via Guardione e piazza Sturzo - gli scavi sono fermi. "I lavori si sono fermati in attesa di capire che cosa succederà" dice la Fillea Cgil che racconta che gli operai, rimasti in 30, non ricevono lo stipendio da due mesi. Il nuovo sistema fognario, che trasporterà al depuratore di Acqua dei Corsari i liquami di buona parte della città, doveva essere completato a maggio 2020. Già con due anni di ritardo. Ma adesso non è più possibile fare una previsione. 
 
I lavori - che hanno chiuso l'incrocio di via Roma e via Amari - sono completi al sessanta per cento. Manca ancora, per esempio, il tunnel sotterraneo che dovrebbe passare sotto via Roma. E intanto i costi del nuovo collettore - stimati in 26 milioni - sono aumentati in corso d'opera di almeno 3 milioni. 
 
Pare che l'azienda abbia un acquirente, la Amec di Catania, gestita da Mimmo Costanzo e Concetto Bosco, i vecchi proprietari della Tecnis, che era stata sequestrata nel 2016 e poi restituita. Ma non c'è ancora nessun atto ufficiale. E il Comune è in allarme. "La città non può permettersi un'altra incompiuta", dice l'assessora ai Lavori Pubblici Maria Prestigiacomo. 
 
E in allarme c'è pure l'Università che ha affidato l'appalto per i lavori del Policlinico. Il restyling dell'ospedale doveva essere completato nel 2017. Poi, un aggiornamento del nuovo cronoprogramma, spostò la data al 2017. E ancora a novembre 2019. Ma dalle ferie d'agosto nessuno è rientrato: il cantiere è del tutto fermo. Sono solo due i padiglioni già consegnati e operativi: Oculistica e Medicina generale. 


https://palermo.repubblica.it/cronaca/2019/10/15/news/palermo_il_crac_sikelia_ferma_i_cantieri_di_collettore_fognario_e_policlinico-238591288/?fbclid=IwAR3GdS4ohVj_ptEe10QQF8FICKHD0sLiFEBRMCXlR5wJFruEzUT64KC1nEc

martedì 14 maggio 2019

Ponte Morandi, le mani della Camorra nella demolizione: interdittiva antimafia a un’azienda coinvolta nei sub-appalti. - Giovanna Trinchella e Andrea Tundo

Ponte Morandi, le mani della Camorra nella demolizione: interdittiva antimafia a un’azienda coinvolta nei sub-appalti

Si tratta della Tecnodem, che ha ottenuto lavori per 100mila euro dalla Fratelli Omini, tra le società scelte per la demolizione del viadotto: il prefetto di Genova ha emesso un'interdittiva antimafia, notificata dalla Dia di Genova. L'amministratrice della ditta è consuocera di Ferdinando Varlese, pluripregiudicato napoletano "legato" al clan D'Amico che figura anche tra i dipendenti insieme a due figli e a una nipote. La struttura commissariale chiede la risoluzione del contratto.

C’è l’ombra della camorra tra le ditte che stanno lavorando alla  demolizione del ponte Morandi, crollato il 14 agosto 2018 seppellendo 43 persone. Si tratta della Tecnodem S.r.l., ditta napoletana che  si occupa di demolizione di materiale ferroso e ha ottenuto 100mila euro di commesse in sub-appalto dalla Fratelli Omini, una delle società partecipanti all’Associazione temporanea di imprese scelta dalla struttura commissariale per abbattere i tronconi del viadotto sopravvissuti al collasso.
Le condanne di Varlese – La Dia di Genova ha notificato in mattinata alla Tecnodem un’interdittiva antimafia emessa dal prefetto Fiamma Spena perché l’azienda è ritenuta “permeabile di infiltrazione della criminalità organizzata di tipo mafioso”. L’amministratrice e unica socia della società è Consiglia Marigliano, consuocera di Ferdinando Varlese, pluripregiudicato napoletano domiciliato a Rapallo, che risulta anche tra i dipendenti della stessa ditta insieme ad alcuni suoi famigliari. Varlese è stato condannato nel 1986 dalla Corte d’Appello di Napoli per associazione a delinquere in un processo che vedeva tra gli imputati anche soggetti affiliati al clan Misso-Mazzarella-Sarno guidato da Michele Zaza e Ciro Mazzarella.
I legami con il clan D’Amico – E tredici anni fa ha ricevuto un’altra condanna in secondo grado per estorsione tentata in concorso con l’aggravante mafiosa: un’episodio dal quale – sostiene la Direzione investigativa antimafia genovese – “si evincono in maniera circostanziata i legami di Varlese con il sodalizio camorristico D’Amico”, al quale il consuocero dell’amministratrice di Tecnodem “risulta legato da rapporti di parentela”. Sulla base di questi accertamenti, la Dia di Genova ha ritenuto che la società sia in una “condizione di potenziale asservimento” o “condizionamento” dei clan camorristici. 
La storia della Tecnodem – Lo scorso novembre, la società ha acquisito il ramo d’azienda principale della Eurodemolizione s.r.l., ditta della nipote di Varlese. A sua volta, la Eurodemolizione, nell’ottobre 2014, aveva acquistato lo  stesso ramo d’azienda dalla Varlese s.r.l. che era di proprietà dei figli del pluripregiudicato ora tra i dipendenti della Tecnodem di Consiglia Marigliano, la cui figlia ha sposato uno dei figli Varlese. Per gli investigatori, tra l’altro, l’amministratrice di Tecnodem non ha mai lavorato né ha esperienza specifica nel settore delle demolizioni. I passaggi societari, in sostanza, sono stati valutati dalla Prefettura di Genova come il tentativo di aggirare le verifiche antimafia nei confronti di Varlese, poiché la sua condanna è ritenuta ostativa dalle normative. 
Il “curriculum” di Varlese – La storia “criminale” di Varlese comprende anche diverse sentenze per lesionicontrabbando e furto. E parentele “pericolose”: tre suoi nipoti (tutti figli della sorella) sono ritenuti dalla Dia elementi di spicco del clan D’Amico, egemone nel quartiere San Giovanni a Teduccio, dove la Tecnodem ha la sua sede. Ed è proprio con uno dei suoi nipoti che nel 2004 Ferdinando Varlese è stato condannato in primo grado a 3 anni e 3 mesi per tentata estorsione, poiché – secondo i giudici – avrebbero provato a costringere il titolare di un’impresa a cedergli le quote. La Dia, tra l’altro, ha ricostruito come nella catena di acquisizioni dalla Varlese s.r.l. fino alla Tecnodem, le tre imprese hanno avuto tra i soci o gli amministratori persone legate al pregiudicato che oltretutto pur non essendo registrato tra gli operai che operano nel cantiere del Morandi sarebbe entrato più volte presentandosi ai varchi come visitatore. Non potrà più farlo: in virtù dell’accordo stipulato da Fratelli Omini e Tecnodem, il contratto verrà sciolto.
Chiesta risoluzione contratto – La conferma è arrivata dallo stesso sito della struttura commissariale guidata dal sindaco Marco Bucci: “Dato il provvedimento interdittivo adottato dalla Prefettura nei confronti dell’impresa Tecnodem srl, la struttura commissariale ha provveduto a chiedere l’immediata risoluzione del contratto in essere all’Ati di demolizione, di cui la stessa azienda era un subappalto con incarico di “demolizione e bonifica di impianti tecnologici”, si legge sul portale, dove si sottolinea che “al provvedimento si è arrivati grazie all’efficienza dei controlli svolti puntualmente eseguiti nei confronti delle aziende che orbitano attorno al cantiere”. Una velocità riconosciuta anche dal ministro delle Infrastrutture, Danilo Toninelli, che ringraziando la Dia spiega che è “la dimostrazione che ci controlli funzionano anche con procedure estremamente e semplificate”, grazie anche al protocollo d’intesa firmato dalla prefettura e dal commissario Bucci il 17 gennaio 2019 che ha esteso il regime delle informazioni antimafia a tutti i contratti nel cantiere indipendentemente da importi e durata.

domenica 6 agosto 2017

Adesso l'Anac inguaia la Consip: "Gara truccata per 2,7 miliardi". - Luca Romano



Secondo l'Anac guidata da Raffaele Cantone, l'appalto di 2,7 miliardi di euro per la gestione dei servizi della pubblica amministrazione potrebbe essere stato truccato.

Colpo di scena nel caso Consip. Secondo l'Anac guidata da Raffaele Cantone, l'appalto di 2,7 miliardi di euro per la gestione dei servizi della pubblica amministrazione potrebbe essere stato truccato.

E di fatto l'Anac, come rirporta il Corriere, sottolinea un presunto accordo d cartello tra le imprese concorrenti. Il dossiere adesso arriverà sui tavoli della Procura di Roma che è titolare dell'inchiesta per cui è finito in carcere l'imprenditore Alfredo Romeo e sotto indagine Tiziano Renzi e Carlo Russo. Questi ultimi due sono indagati per traffico di influenze illecite. E nella stessa inchiesta sono conincolti anche Luca Lotti, ministro dello sport, e il comandante dei carabinieri Tullio Del Sette con il generale Saltalamacchia.
Ora nell'indagine si apre un nuovo filone che mette nel mirino i vertici della "centrale acquisti". Bisognerà definire il loro ruolo nella spartizione tra le aziende delle commesse. Inoltre nel corso delle verifiche sull’appalto Fm4, Anac ha valutato anche la posizione della Manital, un'azienda esclusa dalla gara dopo aver vinto quattro lotti. Ad escluderla dalla gara una contestazione fiscale. Poi il ricorso al Tar. Secondo l'Anac l'esclusione dell'azienda dalla gara "presenta ripetute omissioni in materia di verifica, e l’avvio della procedura che determinò l’esclusione viene definito "irrituale". insomma a quanto pare il caso Consip non è del tutto chiuso. E adesso il nuovo filone delle indagini alla luce della relazione dell'Anac potrebbe avere nuovi colpi di scena.

http://www.ilgiornale.it/news/cronache/adesso-lanac-inguaia-consip-gara-truccata-27-miliardi-1428758.html