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venerdì 22 giugno 2018

Caso Maugeri, Corte dei Conti sequestra 5 milioni a Roberto Formigoni: “Deviò la sua funzione pubblica per fini privati”.

Caso Maugeri, Corte dei Conti sequestra 5 milioni a Roberto Formigoni: “Deviò la sua funzione pubblica per fini privati”

Coinvolti anche l’ex faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone: in totale la cifra sequestrata è di 30 milioni di euro. Proprio per i casi San Raffaele e Maugeri, l'ex governatore della Lombardia condannato in primo grado a 6 anni con l'accusa di corruzione. Tra cinque giorni la sentenza d'appello.


A cinque giorni dalla sentenza d’appello nel processo penale la Procura della Corte dei Conti della Lombardia ha disposto il sequestro di 5 milioni di euro a carico dell’ex governatore della Regione Roberto Formigoni per la vicenda Maugeri. I pm contabili hanno ordinati sequestri “conservativi” anche a carico degli altri imputati nel processo penale tra cui l’ex faccendiere Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio SimoneQuesti ultimi due hanno scelto di concordare la pena, mentre per l’ex senatore di Ap l’accusa ha chiesto una pena di 7 anni e mezzo, più alta di quanto inflitto dal Tribunale di Milano in primo grado: sei anni per corruzione. In totale la cifra sequetrata supera i 30 milioni di euro. Secondo la difesa, invece, la teoria dell’accusa “prima ancora di essere provata non tiene sotto il profilo della logica. Qui i giudizi, le impressioni si sostituiscono ai fatti. E sostenere che a monte c’è un sistematico asservimento” di Roberto Formigoni “e a valle le pressioni che egli fa, è una invenzione”, ha dichiarato uno degli avvocati dell’ex governatore, Luigi Stortoni.
Le indagini della magistratura contabile: “Sistema illecito”.
Ma anche la magistratura contabile condivide le conclusioni della Procura. Inoltre c’è stata “una complessa ed articolata attività istruttoria”, diretta da Salvatore Pilato, “perché fondata sugli analitici e puntuali riscontri di contabilità finanziaria, integrati dalle fonti probatorie provenienti dai giudizi penali, con la fondamentale collaborazione della Guardia di Finanza di Milano”, delegata ad eseguire i sequestri, i magistrati hanno definito “gli accertamenti relativi al finanziamento da parte della Regione Lombardia della Fondazione Salvatore Maugeri, ente ospedaliero accreditato con il sistema sanitario regionale”. Per i pm contabili, anche sulla base degli atti penali, è “emersa la distrazione dal finanziamento delle cosiddette funzioni non tariffabili, dei contributi regionali a finalità vincolata per l’importo stimato nell’invito a dedurre nella misura di euro 59.383.107″. Contestato un danno erariale, dunque, di quasi 60 milioni nei confronti della Regione Lombardia. Ed è emersa l’esistenza di “un sistema illecito composto da soggetti interni all’amministrazione regionale”, tra cui proprio l’ex governatore, “e da soggetti esterni, che hanno cooperato in consapevole concorso per la distrazione delle risorse economiche dalle finalità pubbliche”. 

Il “provvedimento cautelare” disposto dai magistrati “è stato limitato alle quote di profitto realizzate da ciascuno dei presunti responsabili”: 5 milioni a Formigoni, 4 milioni all’ex presidente della Fondazione Umberto Maugeri, 4 milioni all’ex direttore amministrativo Costantino Passerino e 10 milioni a testa a Daccò e Simone. I sequestri conservativi riguardano “beni immobili, crediti anche a titolo di vitalizio, conti correnti bancari” nei limiti “delle quote di arricchimento personale”. Per l’11 luglio è fissata l’udienza di convalida dei sequestri conservativi.
Formigoni “si adoperò per deviare la funzione pubblica a fini privati”
L’ex Governatore lombardo Roberto Formigoni “si è adoperato per ‘deviare’ la funzione pubblica a fini privati, avvalendosi dei ‘mediatori/agevolatorì Pierangelo Daccò e Antonio Simone, con interventi e pressioni sugli uffici regionali, mirati alla precisa finalità di drenare illecitamente una ingentissima quantità di risorse pubbliche, assegnate a copertura dei fondi destinati alle cosiddette funzioni non tariffabili”. La misura cautelare, spiegano i pm contabili, “è stata eseguita a garanzia del credito risarcitorio dell’Amministrazione regionale, a fronte della commissione di illeciti dolosi motivati da ragioni economiche“.
Allo “stato degli atti non risultano corrisposte le provvisionali” di risarcimento stabilite dal Tribunale di Milano con la sentenza del dicembre 2016 che ha condannato Formigoni anche a versare 3 milioni di euro, in solido con l’uomo d’affari Pierangelo Daccò e con l’ex assessore lombardo Antonio Simone, alla Regione Lombardia. Nel disporre ed eseguire i sequestri i pm contabili chiariscono anche che non hanno riconosciuto alcuna “rilevanza” alle confische disposte nel processo penale (oltre 6,6 milioni a carico di Formigoni) perché quelle confische penali “hanno una rilevanza esclusivamente sanzionatoria e non risarcitoria del danno pubblico“.
I magistrati: “Danno erariale di oltre 73 milioni di euro”
La Procura contabile spiega, inoltre, di aver eseguito i sequestri perché “l’ingente danno contestato rende assai probabile l’esecuzione di atti in grado di diminuire la garanzia patrimoniale del credito erariale” vantato dalla Regione Lombardia “da parte dei membri del sodalizio criminoso”. I magistrati, in particolare, hanno calcolato il danno erariale in relazione alle somme “retrocesse” a favore dei “partecipanti al sistema illecito”, tra cui Formigoni, e su un “complessivo finanziamento regionale” alla Maugeri, tra il ’98 e il 2010, di oltre 73 milioni di euro. Da questa cifra, però, è stato detratto il risarcimento di 14 milioni già corrisposto dalla Fondazione Maugeri alla Regione e, dunque, il danno finale è di circa 60 milioni. I presunti intermediari della corruzione, Daccò e Simone, tra l’altro, avrebbero girato “parte delle somme ricevute” dalla Maugeri “al Presidente Formigoni sia in contanti, sia sotto forma di utilità patrimoniali di vario genere e natura“, tra cui l’ormai famoso uso di yacht per le vacanze. Alla Maugeri, nel frattempo, “in violazione degli obblighi di imparzialità ed esclusivo perseguimento dell’interesse pubblico, sono state assegnate ingenti somme del fondo sanitario regionale”. Il “complesso sistema illecito”, infine, come emerso anche dall’inchiesta della Procura di Milano, era basato anche su una “rete di società italiane ed estere (anche in centri offshore)”.

giovedì 22 dicembre 2016

Roberto Formigoni condannato a sei anni per corruzione nella sanità lombarda. “Vacanze di lusso in cambio di fondi”. - Giovanna Trinchella




L'ex governatore della Regione Lombardia, attuale senatore Ncd e presidente della Commissione agricoltura, riconosciuto colpevole in primo grado per i casi San Raffaele e Maugeri, due fra i maggiori scandali della sanità regionale. Caduta l'associazione a delinquere. Disposti anche sei anni di interdizione dai pubblici uffici e il pagamento di tre milioni al Pirellone, in solido con i coimputati Daccò (nove anni e due mesi) e Simone (otto anni e otto mesi). Sette anni a Passerino, ex direttore della clinica pavese. Le "utilità" ricevute dal "Celeste" in cambio di finanziamenti pubblici per 200 milioni alle strutture private stimate dai pm Pedio e Pastore in 8 milioni, tra vacanze e contanti. Il legale: "Cortesie, non tangenti". Cinque assolti, tra loro Perego e Lucchina. Confische complessive per 53,8 milioni.

L’ex presidente della Lombardia, e senatore di Ncd, Roberto Formigoni è stato condannato a 6 anni di carcere per corruzione, mentre è caduta – “per non aver commesso il fatto” – l’accusa di associazione a delinquere. Lo ha deciso la decima sezione penale del Tribunale di Milano nel processo sul caso Maugeri e San Raffaele per il quale l’ex numero uno del Pirellone era imputato con altre nove persone. La sentenza, letta nella maxi aula della Prima Corte d’Assise d’Appello, la stessa dei processi a carico di Silvio Berlusconi, arriva otto mesi dalla richiesta di pena, quantificata dai pm in nove anni. E innesca subito la polemica politica, non solo regionale, mentre il governatore leghista Roberto Maroni sceglie di “prendere atto” senza ulteriori commenti.
Le condanne per Daccò e gli altri
Per il “Celeste”, alla guida della Regione ininterrottamente dal 1995 al 2013, già democristiano ed esponente di Forza Italia di osservanza ciellina, poi approdato fra gli alfaniani, i giudici hanno disposto anche sei anni di interdizione dai pubblici uffici. Il tribunale ha condannato Formigoni in solido con Pierangelo Daccò e l’ex assessore Antonio Simone – coimputati al processo, entrambi ciellini – a versare una provvisionale complessiva alla Regione Lombardia di 3 milioni di euro. Daccò è stato condannato a 9 anni e 2 mesi (l’accusa aveva chiesto 8 anni e 8 mesi) e Simone a 8 anni e 8 mesi come chiesto dalla pm Laura Pedio e Antonio Pastore. Condannati anche l’ex direttore amministrativo della Maugeri, Costantino Passerino, a 7 anni, e l’imprenditore Carlo Farina a 3 anni e 4 mesi.
Confiscato il tesoretto del Celeste
Il tribunale ha disposto la confisca di circa 6,626 milioni di euro, in beni tra i quali quadri, quote di proprietà di sette ‘abitazioni’ (da Sanremo a Lecco ad Arzachena), di due box, di un terreno, di un ufficio e di un negozio a Lecco, oltre a tre auto e conti correnti. Per quanto riguarda la quota del 50% di proprietà della villa in Sardegna il cui acquisto era stato uno dei punti al centro dell’inchiesta, i giudici hanno deciso il trasferimento di quelle quote in capo allo storico amico di Formigoni, Alberto Perego, assolto oggi insieme ad altri quattro imputati: l’ex moglie di Daccò Carla Vites, l’ex dg della sanità regionale Carlo Lucchina, l’ex segretario generale del Pirellone Nicola Maria Sanese e l’ex dirigente regionale Alessandra Massei. I pm avevano chiesto le loro condanne. In particolare avevano chiesto 5 anni e 6 mesi di carcere per Lucchina e Sanese e 5 anni per Perego. Le confische disposte dal tribunale a carico dei cinque condannati ammontano a oltre 53,8 milioni di euro: 15,9 milioni a Simone, 23,353 a Daccò, 8 a Passerino.
La difesa: “Presenteremo appello, erano cortesie”
La difesa di Formigoni attende di leggere le motivazioni e poi presenterà ricorso in appello, ha spiegato l’avvocato Mario Brusa, uno dei legali del senatore. “Un’ottima cosa”, ha aggiunto, l’assoluzione dell’ex Governatore dall’associazione per delinquere. Un altro difensore del politico Ncd, Luigi Stortoni, aggiunge all’Ansa che non di corruzione ma di “cortesie” nei confronti del Celeste si è trattato: “L’assoluzione dei funzionari della Regione dimostra che le attività erano svolte in maniera legale e che la sanità lombarda era gestita correttamente. Questo conferma che i cosiddetti benefit non erano corruzione ma ‘cortesie‘”. “Questo risultato oltremodo ci sorprende”, hanno commentato invece gli avvocati Gabriele Vitiello e Matteo De Luca, legali di Daccò. “È una sentenza che di certo stravolge la verità – hanno aggiunto -. Attendiamo ovviamente di leggerne le motivazioni per predisporci a un doveroso atto di appello”.
L’accusa: “Corrotto con viaggi e vacanze”, la difesa: “Un teorema”
Per l’accusa il faccendiere Pierangelo Daccogià condannato nel processo San Raffaele, e l’ex assessore lombardo Antonio Simone sarebbero stati “il borsellino” attraverso cui l’allora governatore avrebbe goduto di una serie di benefit di lusso, tra cui “viaggi ai Cairabi e barche con tanto di champagne a bordo”. In questo modo il Celeste, per i pm di Milano Laura Pedio e Antonio Pastore, era “capo” di un “gruppo criminale” che avrebbe “sperperato 70 milioni di euro di denaro pubblico con un grave danno al sistema sanitario”. Soldi tolti ai malati per i suoi sollazzi, grazie a “corruzione sistemica durata 10 anni”. Soldi “rubati, rubati ai malati della Regione Lombardia, soldi pubblici che erano destinati a curare malattie, ad accorciare liste di attesa, ad aumentare posti letto, a comprare farmaci… – aveva detto il pm -. E anche i soldi con cui è stato costruito un ospedale in Cile per i bambini cerebrolesi sono stati rubati ad altri malati”.
Formigoni né da indagato né da imputato, come era suo diritto, si è fatto interrogare, ma per gli inquirenti durante le dichiarazioni spontaneein cui affermava che i suoi atti erano legittimi e incontestabili bollando come un teorema le ricostruzione della Procura di Milano, ha “mentito”. Ed è venuto a farlo, aveva aggiunto il pm Pedio, “qua in aula da senatore della Repubblica e da presidente della Commissione Agricoltura”. Secondo l’accusa, dalle casse della Fondazione Maugeri – il cui ex presidente Umberto Maugeri – ha patteggiato una pena a sarebbero usciti circa 61 milioni di euro tra il ’97 e il 2011 e dalle casse del San Raffaele, tra il 2005 e il 2006, altri nove milioni di euro. Tutti soldi che sarebbero confluiti sui conti e sulle società di Daccò e Simone, considerati i collettori di quelle tangenti fatte di giornate in barche e flûte, di cene e vacanze, quantificate in circa otto milioni di euro. E lui in cambio, sempre secondo l’accusa, avrebbe favorito la Maugeri e il San Raffaele con atti di Giunta garantendogli rimborsi per 200 milioni di euro.
Formigoni, l’amico Perego e la villa in Sardegna
Formigoni, assieme all’amico di una vita e anche lui tra i ‘memores domini’, Alberto Perego, avrebbe avuto “i poteri di armatore” su tre yacht che, uno dietro l’altro, Dacco’ gli avrebbe messo a disposizione per il suo “uso esclusivo”, con tanto di “cabine riservate” e “marinai” a disposizione per un totale di circa 4,7 milioni di euro. Oltre, poi, a cinque viaggi ai Caraibi interamente pagati, a un finanziamento da 600mila euro per una campagna elettorale nel 2010, alle cene per la quali Formigoni “non sborsava come al solito neanche un centesimo”. Dacco’ avrebbe garantito, a detta dei pm, a Formigoni e al suo “prestanome” Perego un maxisconto da 1,5 milioni di euro sull’acquisto di una villa in Sardegna non potendo Perego pagare “il mutuo da oltre 6mila euro”, l’ex numero uno del Pirellone nel dicembre del 2010 lo nominò, hanno ricostruito i pm, come membro del cda dell’Istituto nazionale di genetica molecolare garantendogli cosi’ “uno stipendio superiore ai 100mila euro all’anno”.
Pm: “I conti correnti silenti di Formigoni che non si comprava neanche un vestito”
Durante la requisitoria il pm aveva descritto anche una scena definita “agghiacciante”. Quella di un Presidente che consegna buste di contanti a un direttore di banca nel Palazzo della Regione e si raccomanda di non versarli sul suo conto ma su un conto di ‘transito'”. Formigoni, infatti, sempre secondo i pm, avrebbe goduto anche di “parte di quegli milioni di euro in contanti”‘ di Dacco’. Tra il 2002 e il 2012, invece, “i conti del Presidente sono rimasti silenti” perché, aveva detto il pm Pedio, “lui non si comprava neanche un vestito, non si pagava neanche un aereo per andare in Sardegna a godersi la sua bella barca”.

mercoledì 21 settembre 2016

Processo Maugeri, “70 milioni di euro tolti ai malati per i sollazzi di Formigoni”.

Processo Maugeri, “70 milioni di euro tolti ai malati per i sollazzi di Formigoni”

Secondo il pm di Milano Laura Pedio dalle casse della Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro tra il '97 e il 2011 e dalle casse del San Raffaele tra il 2005 e il 2006 altri nove milioni di euro. Tutti soldi che sarebbero confluiti sui conti e sulle società di Daccò e Simone, presunti collettori delle tangenti, i quali poi avrebbero garantito circa otto milioni di euro in benefit di lusso, tra cui vacanze, l’uso di yacht e finanziamenti per la campagna elettorale all’allora governatore lombardo Formigoni, l'acquisito di una villa in Sardegna.

Per il Celeste il pm di Milano Laura Pedio ha già chiesto nove anni il 15 aprile 2016, al termine di una lunga e dettagliata requisitoria in cui la pubblica accusa ha contestato a Roberto Formigoni il ruolo di “corrotto” e a Pierangelo Daccò quello di “collettore delle tangenti”
L’ex presidente della Regione Lombardia ha sempre respinto le accuse e dopo l’arringa difensiva la parole è passata di nuovo, per le controrepliche al pubblico ministero. Che in un’ora ha fissato un punto fondamentale nel chiarire quali possono essere le conseguenze della corruzione. Perché quel sistema messo insieme dal “gruppo criminale” al centro del caso Maugeri ha portato a sottrarre “oltre 70 milioni di euro alle cure dei malati lombardi. Milioni di euro pubblici finiti in una percentuale del 25 per cento nelle tasche di Daccò e Simone per finanziare i sollazzi di Formigoni, dei suoi familiari e dei suoi amici” ha sottolineato il pm nell’udienza del processo con al centro la vicenda della Fondazione di Pavia nel quale tra i 10 imputati figurano oltre all’attuale senatore di Ncd Formigoni, l’ex assessore Antonio Simone e l’ex dg della sanità lombarda Carlo Lucchina.
Il pm Pedio ha replicato ai difensori degli imputati che hanno bollato la ricostruzione della Procura “illogica” e hanno parlato di “buio della prova” sottolineando come l’accusa “ha avuto argomenti insuperabili” e come nessuno dei legali è riuscito a smontare il quadro accusatorio. Durante l’intervento l’accusa ha paragonato Formigoni all’ex senatore statunitense Duke Cunningham. Nel sostenere che le utilità ricevute dall’ex governatore lombardo da parte di Daccò non sono, come ha affermato la sua difesa, “cortesie tra amici” ma semmai “pagamenti corruttivi”, ha ricordato il caso dell’ex senatore americano Cunningham condannato nel 2005 a 8 anni e 4 mesi per corruzione. “Tra i pagamenti corruttivi – ha elencato il pm – c’erano un’imbarcazione per uso e divertimento del membro del Congresso, viaggi aerei, vacanze e anche oggetti di antiquariato”. Oltre a questo il rappresentante dell’accusa ha citato una sentenza della Cassazione dell’agosto 2009. La Suprema corte aveva condannato “per molto meno” l’ex direttore generale della sanità del Piemonte per “una crociera con la moglie, una piccola imbarcazione, pernottamenti a San Remo e qualche fiches del Casinò”.
Secondo l’accusa, infatti, dalle casse della Maugeri sarebbero usciti circa 61 milioni di euro tra il ’97 e il 2011 e dalle casse del San Raffaele tra il 2005 e il 2006 altri nove milioni di euro. Tutti soldi che sarebbero confluiti sui conti e sulle società di Daccò e Simone, presunti collettori delle tangenti, i quali poi avrebbero garantito circa otto milioni di euro in benefit di lusso, tra cui vacanzel’uso di yacht e finanziamenti per la campagna elettorale all’allora governatore lombardo Formigoni, l’acquisito di una villa in Sardegna. E lui in cambio, sempre secondo l’accusa, avrebbe favorito la Maugeri e il San Raffaele con atti di giunta garantendogli rimborsi indebiti (circa 200 milioni di euro per la Maugeri). Dopo l’intervento del pm, durato circa un’ora, il Tribunale ha rinviato per le controrepliche delle difese al 15 e al 22 dicembre prossimi, giorno, quest’ultimo in cui dovrebbe arrivare la sentenza.

venerdì 6 maggio 2016

Roberto Formigoni, la Regione Lombardia gli chiede un risarcimento da 5,6 milioni.

Roberto Formigoni, la Regione Lombardia gli chiede un risarcimento da 5,6 milioni

La richiesta presentata dall'avvocato Domenico Aiello - fra l'altro legale di fiducia dell'attuale governatore Maroni - al processo per corruzione sul caso Maugeri. "Accertate le 'utilità'" ricevute in cambio dei finanziamenti, dallo yacht alla villa in Sardegna al denaro per finanziare la campagna elettorale del Celeste. "Ma la sanità lombarda resta un'eccellenza".

La Regione Lombardia chiede un risarcimento da 5,6 milioni di euro a Roberto Formigoni, cioè l’uomo che l’ha governata per quasi un ventennio. Il Pirellone, infatti, è parte civile nel processo milanese per corruzione e associazione a delinquere a carico dell’ex presidente – in sella dal 1995 e dimessosi nel 2013 sull’onda degli scandali giudiziari che avevano investito giunta e consiglio –  e di altre nove persone sul caso Maugeri, la fondazione sanitaria pavese che secondo l’accusa otteneva finanziamenti dalla Regione in cambio di varie “ultilità” per il governatore.
Per di più a richiesta di risarcimento è stata presentata in aula dall’avvocato Domenico Aiello, che è fra l’altro il legale di fiducia del successore di Formigoni, Roberto Maroni della Lega nord, alleata di Formigoni nella passata legislatura. La richiesta è di 5 milioni e 619 mila euro a titolo di provvisionale. Secondo il legale della Regione, il dibattimento ha accertato “tre diverse utilità” che sarebbero andate come “prezzo” della presunta corruzione “al pubblico ufficiale”, ossia all’ex presidente della Regione Lombardia, per il quale i pm di Milano Laura Pedio e Antonio Pastore nella scorsa udienza hanno chiesto una condanna a 9 anni di carcere.
L’avvocato Aiello ha precisato: “Non sto chiedendo qua i 61 milioni di euro che dalla Fondazione Maugeri sarebbero andati ai presunti intermediari, né i 9 milioni che dal San Raffaele (l’altro ente ospedaliero milanese coinvolto nell’inchiesta, ndr) sarebbero andati sempre agli intermediari, ma come provvisionale immediatamente esecutiva chiediamo 5 milioni e 619mila euro di presunte utilità”. Utilità verso Formigoni che il legale ha diviso in tre generi: i 3,7 milioni di euro per l’utilizzo delle imbarcazioni messe a disposizione dal faccendiere Pierangelo Daccò tra il 2007 e il 2011; 1,3 milioni di maxi-sconto sull’acquisto di una villa in Sardegna che era di Daccò; una terza parte di utilità costituita da soldi “consegnati in contanti a cui si aggiungono 600mila euro per il finanziamento di una campagna elettorale e l’acquisto di biglietti”. Per un totale, appunto, di oltre 5,6 milioni di euro, più basso comunque rispetto ai circa 8 milioni contestati dall’accusa a Formigoni, anche perché il legale della Regione ha escluso dal calcolo “tutti quei benefici che riguardano la promozione per finalità politiche”, come il pagamento di cene.
Tra l’altro, il legale ha spiegato che se l’amico del ‘Celeste’, Alberto Perego, anche lui imputato e ritenuto una sorta di prestanome dell’ex Governatore, non dovesse essere ritenuto beneficiario di parte delle utilità “le voci delle imbarcazioni e della villa a carico di Formigoni vanno ridotte del 50%”. L’avvocato della Regione, inoltre, ha chiesto che i giudici riconoscano anche il risarcimenti danni “legato al profitto del reato”, che però non ha quantificato (non indicando nemmeno provvisionali). E ha chiesto anche il riconoscimento del “danno all’immagine”, oltre che il sequestro conservativo sulle somme già sotto sequestro preventivo “affinché parte di quel denaro sia reintegrato nel servizio pubblico”.
Il legale, che ha parlato dei riscontri processuali sul “mercimonio corruttivo“, ha anche voluto distinguere, però, tra la posizione “del pubblico ufficiale” e quella dei dirigenti della Regione sotto processo, sottolineando che la sanità lombarda comunque “rimane un’eccellenza e io non butto via il bambino con l’acqua sporca”.
Una provvisionale di 3 milioni e mezzo di euro è stata chiesta dall’Agenzia delle Entrate per danni patrimoniali e di immagine a Daccò, all’ex assessore Antonio Simone e all’ex direttore finanziario di Fondazione Maugeri Costantino Passerino, imputati a Milano. La richiesta è stata avanzata in aula dall’avvocato Gabriella Vanadia che ha ritenuto di differenziare le posizioni di Daccò e Simone rispetto a quella di Passerino, tenendo conto che la Fondazione ha già saldato il conto con il fisco. Per tanto nel chiedere ai tre di versare la cifra ha precisato che l’ex direttore amministrativo dovrà concorrere fino alla cifra di 750mila euro.
Il legale, nel sottolineare che i tre imputati hanno arrecato all’Agenzia danni patrimoniali per evasione fiscale e per lo sviamento dell’attività di accertamento e danni di immagine, ha chiesto il risarcimento in sede civile e la loro condanna in sede penale.

venerdì 10 luglio 2015

Maugeri, gip Milano sequestra villa in Sardegna e conti correnti di Formigoni.



Sigilli alla casa estiva di Arzachena e ai depositi bancari riconducibili all’ex governatore della Lombardia e al suo amico Alberto Perego. Il sequestro è stato disposto dal giudice Paolo Guidi su richiesta della Procura per un totale di 49 milioni di euro e riguarda anche gli altri imputati del processo. Il gip: "Confermato il sistema tangenti", "Tesoretto" a disposizione dell'ex presidente. 

A poco meno di un mese dall’inizio del processo, il 6 maggio, Roberto Formigoni, comincia a pagare il suo conto con la giustizia. La Procura di Milano ha chiesto e ottenuto il sequestro preventivo dei suoi beni, conti ad eccezione di uno, tre auto, frazioni di alcune proprietà, ma soprattutto quella villa in cima alla collina del Pevero, non lontano da Porto Cervo, sette stanze su tre livelli, patio, verande coperte, terrazzo da cui si contempla Cala di Volpe. Era questa dimora a essere nell’elenco dei benefits ottenuti dall’allora governatore della Lombardia in cambio di delibere di giunta che avrebbero permesso alla Fondazione Maugeri (e anche al San Raffaele) di ottenere un flusso di finanziamenti e rimborsi: “provvedimenti diretti ad erogare consistenti somme di denaro e procurare altri indebiti vantaggi economici alla Fondazione”.
“Confermato il sistema delle tangenti”. Il provvedimento disposto dal gip di Milano Paolo Guidi riguarda anche gli altri imputati: il valore totale del “prezzo della corruzione” è di 49 milioni di euro. Una corruzione, come scrive il giudice nelle 42 pagine del provvedimento, viene confessata da Umberto Maugeri Gianfranco Mozzali, rispettivamente l’allora presidente della Fondazione e consulente: “Hanno confermato in sede di incidente probatorio – scrive il gip – il sistema di tangenti e la connessa ed articolata struttura societaria e contrattuale di supporto in Italia e all’estero…”. Ma non solo il giudice sottolinea come i due abbiano “riferito alla ineluttabilità di effettuare pagamenti di ingenti somme a favore di Daccò e Simone al fine che si aprissero le porte in Regione Lombardia, in un contesto ove la gestione dei finanziamenti nel campo della sanità era sotto il controllo di un tavolo della sanità”.
La villa dell’amico Alberto Perego. Formalmente ad acquistare la villa, nell’ottobre 2011, fu Alberto Perego, amico dell’attuale senatore. Ma anche l’ex presidente paga 1 milione di euro sostenendo sia un prestito. E così questa mattina su richiesta dei pm Laura Pedio, Antonio Pastore e Gaetano Ruta il gip Paolo Guidi ha disposto il sequestro, effettuato dai militari del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano.
Secondo la tesi dei pm “le utilità a favore del presidente di Regione Lombardia” in cambio della “protezione globale” che garantiva erano davvero tante: 3,7 milioni in yacht, 800 mila euro in vacanze ai Caraibi, e poi spese varie, ristoranti. Invano il Celeste aveva cercato di difendersi sostenendo che si trattava di spese di gruppo, ma mai riuscito a produrre una ricevuta una. Dalle analisi dei conti correnti fatte da chi indaga non risulterebbero, a fronte delle entrate, uscite se non per importi modestissimi. E neanche nessuna restituzione di denaro come lui aveva affermato per l’acquisto di biglietti aerei, per esempio, al faccendiere Pierangelo Daccògià condannato in appello per il crack San Raffaele
“Consegnate anche somme in contanti”. Oltre che a Formigoni nel processo ci sono Daccò appunto, l’ex assessore alla Sanità della Lombardia Antonio Simone, gli ex vertici della fondazione Maugeri, Nicola Maria Sanese dirigente del Pirellone, il direttore generale dell’assessorato alla Sanità Carlo Lucchina e appunto Alberto Perego. Il sequestro dei conto perché, come era riportato nell’avviso di conclusione delle indagini, “somme di denaro contante” sarebbero state “periodicamente consegnate in Milano da Daccò a Formigoni di importo non determinato e, comunque, complessivamente non inferiori a circa euro 270mila”. Il sequestro riguarda gli altri imputati: ovvero Perego, Daccò, Simone e altri per un totale di 49 milioni
“Il tesoretto” a disposizione di Formigoni. Le indagini, scrive il gip, hanno accertato “l’esistenza di una struttura organizzata e permanente, avente il suo fulcro presso la Giunta regionale della Regione Lombardia e in ispecie in Roberto Formigoni, presidente della Giunta dal 1997 al 2011, volta a trasferire indebitamente e con sorprendente continuità, al polo sanitario Fondazione Salvatore Maugeri e all’omologo polo Fondazione San Raffaele ingenti somme di denaro a titolo di finanziamenti regionali tangibilmente maggiori di quanto sarebbe stato permesso dai perimetri e dai limiti della discrezionalità amministrativa e tecnica”. Tutto ciò “secondo un piano preordinato per cui una quota (notevole) di tali somme doveva essere drenata dalle Fondazioni verso società estere e relativi conti correnti riconducibili a due soggetti (Pierangelo Dacco’ e Antonio Simone)” i quali per almeno un decennio “venivano a essere gestori di un ‘tesoretto’(dell’ordine di decine di milioni di euro) che in parte, negli anni, veniva messo a disposizione del presidente Formigoni e del suo entourage“.  
Formigoni: “Non hanno sequestrato 49 milioni perché non li ho”. “I 49 milioni che sarebbero stati sequestrati a me, non li hanno sequestrati perché non li ho”. E su questa cifra, “la stampa, con cui sono solidale, è stata indotta in errore da una comunicazione ambigua degli uffici” della Procura di Milano. Formigoni dice di volere fare chiarezza: “Sono trasparente e voglio una conferenza stampa alla luce del sole”. “Questi 49 milioni come si legge nelle carte devono o dovranno essere sequestrati a una serie di soggetti. Si parla di tale signor Maugeri, tale signora Mazzali, Daccò, Simone… E si dice che 25 milioni sono stati già sequestrati”. “Una calunnia”, insomma. I magistrati, ha poi sostenuto, riconoscono “che Formigoni non ha intascato un euro ed è per questo che devono arrampicarsi sugli specchi e inventare le famose presunte utilità” di cui avrebbe beneficiato, come vacanze, yacht e case di lusso. Il senatore sostiene di avere a sua disposizione il conto da parlamentare con un saldo positivo di “18 euro” e di essere in rosso su un altro dopo aver aperto un fido “anche per pagare gli avvocati”. “Fortunatamente al 20 del mese mi arriva la mensilità di aprile”. 

giovedì 27 novembre 2014

Massimo Gianluca Guarischi condannato a 5 anni. Accusato per viaggi di Formigoni.

Massimo Gianluca Guarischi condannato a 5 anni. Accusato per viaggi di Formigoni

L'ex consigliere regionale di Fi accusato di essere il "grimaldello" di alcune aziende sanitarie per accedere a finanziamenti del Pirellone, anche per forniture oncologiche. Per i pm aveva un rapporto privilegiato con l'allora governatore, indagato in un altro filone.

L’ex consigliere regionale lombardo di Forza Italia Massimo Gianluca Guarischi è stato condannato a 5 anni di reclusione per un presunto giro di tangenti nella sanità. Lo ha deciso il tribunale di Milano che lo ha condannato anche a versare come provvisionale di risarcimento un milione di euro alla Regione Lombardia, parte civile. In un altro filone della stessa inchiesta è indagato per corruzione l’ex governatore Roberto Formigoni, oggi senatore Ncd, al quale Guarischi avrebbe regalato viaggi e vacanze in cambio di un trattamento di favore nei finanziamenti regionali ad aziende sanitarie.
Guarischi, arrestato per corruzione nel marzo 2013, era, secondo l’accusa, una sorta di grimaldello per sbloccare i finanziamenti regionali a favore delle imprese del settore sanitario che versavano tangenti. In particolare, la procura ha contestato a Guarischi di essere riuscito a sbloccare due delibere della Regione Lombardia tra il 2011 e il 2012 che stanziarono finanziamenti per favorire la società Hermex in relazione alla fornitura di una apparecchiatura sanitaria, un cosiddetto acceleratore lineare usato per le malattie oncologiche. In particolare, sempre secondo le indagini dei pm Claudio Gittardi e Antonio d’Alessio, Guarischi avrebbe avuto un rapporto privilegiato con l’allora governatore Formigoni, per il quale avrebbe creato una “struttura di piacere” fatta di viaggi e vacanze. Formigoni, infatti, assieme all’ex assessore lombardo alla sanità Luciano Bresciani, è indagato per corruzione e turbativa d’asta in un filone dell’ inchiesta ancora aperto. Indagine che avrebbe accertato pagamenti di voli privati, per circa 65 mila euro, per una serie di vacanze trascorse da Guarischi, Formigoni e altre persone tra il 2009 e il 2013 in diversi luoghi, tra cui Croazia e Sudafrica.
Oggi la quarta sezione penale (presidente del collegio Oscar Magi) ha condannato Guarischi ad una pena anche più alta di quella chiesta dalla procura, perché i pm avevano chiesto 3 anni e 8 mesi di carcere, tenuto conto della recidiva di Guarischi, già condannato in un procedimento per dissesto idrogeologico. I giudici hanno disposto anche la confisca di 447 mila euro, ritenuti il presunto prezzo della corruzione, e hanno condannato l’ex consigliere al versamento di una provvisionale di un milione di euro a favore della Regione Lombardia, che si è costituita parte civile. I giudici hanno inflitto a Guarischi anche l’interdizione dai pubblici uffici (5 anni) e dalla pubblica amministrazione (2 anni). Inoltre hanno ordinato la trasmissione degli atti alla Procura per indagare sulle testimonianze rese da Luana Cazzato, amica di Formigoni e presente durante le vacanze di gruppo, e da un’altra testimone. L’altro imputato del processo, l’ex manager dell’ospedale di Sondrio Luigi Gianola, è stato assolto, mentre i pm avevano chiesto per lui la condanna a un anno e 6 mesi per turbativa d’asta.
La prova delle tangenti “non c’è mai stata, non è mai emersa”, ha commentato Guarischi. “Non so che cosa dire, mi aspettavo l’assoluzione”. L’ex assessore ha assistito in aula, insieme al suo legale, alla lettura del dispositivo. “È una condanna pesante, molto pesante”, ha commentato il difensore Michele Apicella. “Siamo abbastanza stupiti, non c’è la aspettavamo. Attendiamo di leggere le motivazioni, poi presenteremo ricorso”.

domenica 7 ottobre 2012

Formigoni, urlare per non dire. - Peter Gomez



Fino a tre mesi fa Roberto Formigoni si ispirava a un celebre aforisma del poeta Paul Valéry: “Quando non si può attaccare il ragionamento si attacca il ragionatore”.
Non appena c’erano domande sulle sue vacanze dal valore di molte centinaia di migliaia di euro, pagate da Pierangelo Daccò, il governatore accusava la stampa di aver falsificato i verbali. Poi è arrivato l’invito a comparire per corruzione. E Formigoni dai poeti è passato ai filosofi.
Per distogliere l’attenzione dal nocciolo della questione – a Daccò sono stati versati 70 milioni di euro da un ospedale privato come compenso per i 200 milioni di fondi regionali concessi a quella struttura – il Celeste si è aggrappato all’Arte di ottener ragione, il trattato di Shopenhauer pubblicato postumo perché il grande pensatore si vergognava di avervi minuziosamente elencato “le vie traverse e i trucchi di cui si serve la natura umana per celare i suoi difetti”.
Stratagemmi del tipo: se si è di fronte a un’argomentazione che ci batterà “non dobbiamo consentire che sia portata a termine, ma dobbiamo interrompere e sviare”. Regola applicata mercoledì sera anche a Porta a Porta quando chi scrive ha tentato di farlo parlare degli scandali della sanità lombarda. Con due particolarità però. Formigoni alza sempre di più toni, arrivando ormai a urlare. E, per anestetizzare i cittadini, occupa costantemente il piccolo schermo.
Perché come spiega questa volta uno storico, Tacito: “Il crimine, quando scoperto, non ha altro rifugio che la sfrontatezza”. E noi, che siamo semplici cronisti, la sfrontatezza la vediamo tutta. Il resto, invece, è solo materia da tribunali.