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sabato 10 ottobre 2020

E l’Eni fa causa alla Nigeria: “Rivogliamo i nostri pozzi”. - Gianni Barbacetto

 

L’accusa dei pm: l’affare in Africa grazie a tangenti.

Mentre a Milano va verso la conclusione il processo per corruzione internazionale a Eni e ai suoi manager, accusati di aver pagato una supertangente in Nigeria, altre vertenze sul contenzioso nigeriano si accendono in giro per il mondo, a Washington e nel Delaware. Il 3 settembre si è chiusa la causa promossa dallo Stato nigeriano presso la Corte di Giustizia di Londra, che si è detta non competente per motivi di giurisdizione. Ora la compagnia petrolifera italiana ha avviato a Washington un arbitrato contro la Nigeria presso l’Icsid (International Centre for the Settlement of the Investment Disputes), l’organizzazione della Banca mondiale che giudica sulle contese contrattuali internazionali. Il 14 settembre, Eni ha chiesto all’Icsid di valutare il comportamento della Nigeria, che sulla base di accuse di corruzione che Eni ritiene infondate, non ha rispettato il contratto firmato nel 2011 che concedeva a Eni (e alla sua alleata Shell) il diritto di esplorazione sul gigantesco campo petrolifero denominato Opl 245. La Nigeria non ha mai revocato a Eni e Shell la licenza d’esplorazione petrolifera, non l’ha però mai trasformata in licenza estrattiva, bloccando dal 2011 a oggi l’investimento delle due compagnie.

Eni e Shell avevano ottenuto la licenza pagando su un conto a Londra del governo africano 1 miliardo e 92 milioni di dollari, poi subito girati a Malabu, una società riferibile all’ex ministro del petrolio Dan Etete, e infine dispersi in una serie di conti di politici, faccendieri, ministri ed ex ministri nigeriani e di alcuni mediatori internazionali. Una gigantesca corruzione internazionale, secondo la Procura di Milano, un caso di tangente che non è, come di solito, una percentuale dell’affare realizzato, ma addirittura l’intero importo dell’affare. Un normale contratto, secondo Eni, che ripete di aver versato i soldi su un regolare conto del governo, di non essere responsabile di quello che è successo dopo il suo bonifico e di voler tornare quindi in possesso del giacimento, che ritiene di aver regolarmente pagato, prima che la licenza scada, nel maggio 2021.

L’ipotesi dell’accusa formulata dai pm milanesi Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro è però condivisa dagli attuali governanti nigeriani, che accusano di corruzione i loro predecessori, rifiutano di dare a Eni e Shell il giacimento e anzi chiedono di tornare in possesso di quel miliardo di dollari che ritengono strappato al popolo della Nigeria.

A pronunciarsi sulle accuse penali sarà, tra qualche mese, il Tribunale di Milano. Intanto però a Washington è al lavoro anche l’Icsid, che dovrà valutare gli argomenti contrattuali presentati contro lo Stato della Nigeria, per conto di Eni, da due studi legali, Three Crowns di Londra e Aluko & Oyebode di Lagos. “Si tratta di un atto dovuto a tutela dei nostri investimenti e nei confronti dei nostri investitori”, dichiara Eni, “ma confidiamo che si possa comunque arrivare a una soluzione soddisfacente per entrambe le parti”.

Al lavoro anche il Tribunale distrettuale del Delaware, negli Usa, dove Eni ha chiamato in causa la Drumcliffe Partners Llc, una società americana di gestione degli investimenti che si è impegnata a finanziare le azioni legali della Nigeria, in cambio di una percentuale su quanto riuscirà a recuperare. Drumcliffe sostiene di gestire un portafoglio mondiale di richieste di risarcimenti per un valore complessivo di 14 miliardi di dollari che riguardano frodi commerciali, insolvenze, recupero crediti. Nel caso della Nigeria, Drumcliffe ha garantito finanziamenti per 2,75 milioni di dollari da impegnare nelle azioni legali del Paese africano in giro per il mondo, con l’obiettivo di recuperare la cifra di oltre 1 miliardo di dollari che la Nigeria potrebbe ottenere come risarcimento da Eni e Shell .

La vicenda nasce nel 2016, quando il procuratore generale e ministro della Giustizia della Nigeria, Abubakar Malami, dà mandato allo studio legale nigeriano Johnson & Johnson di recuperare i fondi di Opl 245 acquisiti illecitamente, secondo il governo, dalla società Malabu controllata dall’ex ministro Etete. In cambio di un compenso del 5 per cento sulle somme recuperate. Nel 2018, lo studio Johnson & Johnson stipula un accordo con una società del Delaware collegata a Drumcliffe, Poplar Falls Llc, riconoscendole un compenso del 35 per cento sui fondi che riuscirà a recuperare. Sul miliardo ipotizzato, sarebbero tra i 300 e i 400 milioni di dollari. Una “commissione” abnorme, secondo Eni, che chiede al tribunale del Delaware di fare chiarezza. Secondo un report commissionato dalla compagnia petrolifera, il fondatore di Drumcliffe, James “Jim” Christian Little, nel suo profilo Linkedin conferma di aver lavorato per una azienda, la Sra International, che ha fornito servizi tecnologici alle agenzie d’intelligence Usa; un suo collaboratore, Christopher Camponovo, ha lavorato per il Dipartimento di Stato americano e per il National Security Council Usa.

(foto ilFQ)

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/10/e-leni-fa-causa-alla-nigeria-rivogliamo-i-nostri-pozzi/5961226/

martedì 23 giugno 2020

Milano, tangenti su appalti metro: 13 arresti tra cui dirigente Atm. Greco: Gare truccate.



Tra gli indagati nell'operazione della guardia di finanza figura un dirigente responsabile degli 'impianti di segnalamento e automazione' delle linee metropolitane. Il sindaco Sala: "Ora provvedimenti immediati da Atm".

Tredici persone sono state arrestate dal Nucleo di polizia economico finanziaria della guardia di finanza di Milano nell'ambito di un'inchiesta su presunte tangenti e appalti truccati relativi alle forniture per le metropolitane milanesi. Dodici, tra cui alcuni imprenditori, sono finite in carcere mentre un'altra persona è stata messa ai domiciliari. Al centro dell'indagine ci sono 8 appalti da 150 milioni di euro, mentre risultano indagate 30 persone fisiche e otto società tra cui Siemens Mobility, Alstom Ferroviaria, Ceit e Engineering Informatica. Tra gli arrestati figurano due funzionari Atm, Stefano Crippa e Paolo Bellini, dirigente dell'Atm (società municipalizzata del Comune di Milano) responsabile degli 'impianti di segnalamento e automazione' delle linee metropolitane, due manager di Alstom Ferroviaria e uno di Siemens Mobility.

Le accuse. 
Le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere, corruzione, turbativa d'asta, peculato, abuso d'ufficio. Il dirigente Atm, ritenuto pubblico ufficiale, secondo l'accusa avrebbe incassato o pattuito presunte mazzette per 125mila euro tra ottobre del 2018 e luglio del 2019. 
Tra gli appalti al centro dell'inchiesta, uno sulla manutenzione di impianti di telecomunicazione della linea 5 della metropolitana milanese e uno sui sistemi di segnalazione automatica della linea 2. Sono in corso perquisizioni in altre città d'Italia nelle sedi delle otto società indagate, oltre che in quelle Atm, a Cascina Gobba e in Viale Zara. L'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e dal pm Giovanni Polizzi ha portato all'ordinanza cautelare firmata dal gip Lorenza Pasquinelli.

Indagini anche su appalto per sistema frenate d'emergenza su M1.
Durante le indagini sono stati anche "raccolti elementi" su un "episodio di corruzione" del 2006 per "l'assegnazione dell'appalto relativo al sistema di segnalamento" della linea M1, "nel cui contesto sono emerse le recenti criticità (frenate brusche d'emergenza)". In Procura a Milano, infatti, sono aperte anche indagini sulle brusche frenate (FOTO) con feriti che si sono ripetute per mesi. Del sistema di sicurezza se ne occupa Alstom, società finita ora indagata nell'inchiesta sugli appalti.

Le intercettazioni: "Ho un lavoretto da 18 milioni".
"Adesso c'è l'altra gara importante di 18 milioni, e questo sarebbe un bel lavoretto da fare, è l'installazione delle colonnine elettriche per gli autobus in tutti i depositi". Così in un'intercettazione parlava Paolo Bellini, il dirigente dell'Atm finito in carcere oggi. Lo si legge nell'ordinanza di custodia cautelare di oltre 400 pagine nella quale il gip parla esplicitamente di "metodo Bellini" sugli appalti. 
"C'è da chiudere la banchina e siccome non c'è da recuperare niente gli ho detto: con fiamma ossidrica e flessibile, due settimane, smantelliamo una banchina". In questo modo, intercettato nel marzo 2019, Paolo Bellini si interessava anche dell'esecuzione di lavori per la "eliminazione delle porte di banchina", da affidare ad una società a lui riconducibile, per il problema delle "frenate". 
Bellini inoltre avrebbe proposto all'amministratore di una società coinvolta nelle gare truccate di falsificare "la stampigliatura di un cavo" con caratteristiche diverse da quelle "richieste da Atm". Lo scrive il gip spiegando che per il dirigente, come emerge dalle intercettazioni, la "posa del cavo 'sbagliato'" sarebbe "sicuramente passata inosservata" salvo un incidente. "Un incendio, un cortocircuito ... per arrivare a quello deve bruciare la galleria", diceva l'uomo intercettato.

Negli ultimi 2 anni influenzate tutte le gare pubbliche.
Intercettazioni, come scrive il gip di Milano Lorenza Pasquinelli, che dimostrano "il livello di spregiudicatezza raggiunto da Bellini" che ha proposto a Piergiorgio Colombo, amministratore della Gilc impianti srl, una delle società che avrebbe ottenuto gli appalti grazie al "metodo Bellini", di falsificare "la stampigliatura di un cavo" per "occultare" all'Atm che "il prodotto fornito non corrispondeva a quello da contratto". Solo se ci fosse stato un incidente, come emerge dalle intercettazioni, per Bellini il "magistrato" avrebbe potuto prendere "il c.... di pezzo di cavo" e far fare "un'analisi chimica, tecnica". Per il giudice "l'imponente mole di elementi acquisiti descrive un fenomeno criminale in essere da ben più tempo rispetto all'inizio" delle indagini. Bellini avrebbe creato, infatti, una delle sue società, la Ivm, con la quale si inseriva "privatamente negli appalti" pubblici, già "circa 10 anni fa". Emergono, poi, elementi già del 2006 sulla gara per la "manutenzione del segnalamento" della linea M1, la "procedura gemella", scrive il gip, "a quella per la M2", ossia sul problema delle frenate, "oggetto di alcune delle attuali contestazioni". Dalle intercettazioni, aggiunge il gip, viene fuori che nemmeno "una procedura di gara pubblica negli ultimi 2 anni circa" si è salvata dal condizionamento, "più o meno penetrante", dell'intervento "abusivo di Bellini.”

Il procuratore Greco: "Metodica alterazione di gare".
Le indagini "hanno accertato l'esistenza di un sistema di metodica alterazione di gare ad evidenza pubblica indette da Atm spa gravitante attorno alla figura" di Bellini, "pubblico ufficiale con il ruolo di Responsabile dell'Unità amministrativa complessa sugli impianti di segnalamento e automazione delle linee metropolitane 1, 2, 3 e 5", e "alle società Ivm srl e Mad System srl", create dal dirigente per "interferire" negli appalti. Lo spiega il procuratore di Milano Francesco Greco.
Il "metodo" dell'associazione per delinquere, spiega ancora Greco, consisteva "nell'offrire alle imprese interessate a partecipare alle gare" la "consulenza del pubblico ufficiale", il dirigente indagato, che avveniva "sotto forma di fornitura di materiale e informazioni privilegiate, trafugate dalla stazione appaltante". Alle imprese sarebbe anche stata garantita la "possibilità di sopralluoghi riservati e perfino la supervisione e correzione delle bozze di offerta, sino all'indicazione precisa delle percentuali di ribasso da offrire ad Atm", che è "parte lesa", per prevalere sulle concorrenti. In cambio il dirigente avrebbe incassato tangenti "proporzionali al valore dell'appalto e cadenzate mensilmente". In più le imprese vincitrici delle gare dovevano "coinvolgere nell'esecuzione delle opere", come subappaltatori, le società Ivm e Mad System o altre imprese con cui l'uomo "concordava" le mazzette. 

"Assunzioni pilotate."
Il dirigente Atm avrebbe anche pilotato "alcune procedure di assunzione di personale nell'azienda di proprietà comunale, favorendo soggetti privi delle necessarie professionalità e competenze, ma legati alle imprese che lo remuneravano illecitamente, e quindi inseriti nel gruppo di lavoro alla sue dipendenze, garantendogli così l'assoluta riservatezza nelle gestione illecita della fase esecutiva dei lavori", spiega ancora il procuratore Francesco Greco. Sono stati ricostruiti "decine di episodi corruttivi e di turbativa d'asta" in particolare su appalti "per l'innovazione e la manutenzione" delle linee metropolitane. Tra indagati e arrestati, spiega Greco, "spiccano in particolare gli esponente di Siemens Mobility spa, Alstom Ferroviaria spa, Engineering informatica spa, Ceit spa, Gilc impianti civili srl e Ctf impianti srl", tutte società indagate per la legge sulla responsabilità amministrativa, assieme alle due riferibili al dirigente Atm che, oltre a 125mila euro di tangenti, tra promesse e versate, avrebbe ottenuto anche "prestazioni di servizi e benefit" e "l'acquisizione di rilevanti subappalti" per le sue due aziende. 

Il sindaco Sala: "Ora provvedimenti immediati da Atm."
"Atm è un'eccellenza milanese e il suo lavoro non deve e non sarà infangato dalle malefatte di pochi. Ovviamente mi aspetto provvedimenti immediati da parte dell'azienda nei confronti di chi è stato coinvolto nei procedimenti giudiziari e una seria verifica dei processi aziendali". Così il sindaco di Milano, Giuseppe Sala. "E' sconfortante scoprire che mentre tutti si impegnano e lavorano per il bene della comunità, qualche disonesto mette a repentaglio il lavoro fatto da una intera azienda", ha dichiarato. “Ho chiesto ad Atm - ha fatto sapere Sala - di prendere provvedimenti rapidi, queste persone devono essere allontanate, licenziate, quello che si può fare. Se le cose stanno così la giustizia intervenga rapidamente e le pene siano anche esemplari. Non me l'aspettavo e ho dentro tantissima rabbia perché tanti stanno facendo la loro parte in questo momento di difficoltà e due funzionari ti mettono in croce - ha aggiunto. È la dimostrazione che bastano due funzionari infedeli, ancora oggi per regole o per la mancanza di controlli, per gettare una macchia" sulla città "e questo non va bene”, ha concluso.

La nota di Atm.
In relazione "all’accesso della guardia di finanza di Milano alle sedi di ATM , al fine di acquisire documentazione e informazioni inerenti un’indagine in corso nei confronti, tra l’altro, di due funzionari ATM, Paolo Bellini e Stefano Crippa", l’azienda ha fatto sapere in una nota di aver "sin da subito prestato la propria fattiva collaborazione alle Autorità inquirenti anche al fine di determinare al più presto gli elementi relativi alle responsabilità dei soggetti indagati e assumere tutti i conseguenti provvedimenti a riguardo. L’Azienda - si sottolinea nella nota - è del tutto estranea ai fatti contestati, attribuiti ai singoli soggetti che, a quanto si apprende, avrebbero agito autonomamente in violazione del Codice Etico di ATM ancor prima che in violazione delle norme di legge. Di conseguenza, ATM ha già dato incarico ai propri legali al fine di tutelare l’Azienda in tutte le sedi opportune".

sabato 30 novembre 2019

Tangenti Anas Catania, altri 9 arresti. -

Tangenti Anas Catania, altri 9 arresti

Si allarga l’inchiesta “Buche d’oro” su corruzione e manutenzione delle strade: scoperto controllo di appalti per 4 milioni di euro. Il pm: “Molta amarezza, nessuno ha denunciato”.

CATANIA – Nove persone (quattro funzionari Anas e cinque imprenditori) sono state arrestate dalla Guardia di finanza di Catania con l’accusa di corruzione perpetrata nell’esecuzione di lavori di rifacimento delle strade affidati all’Anas Spa (Area Compartimentale di Catania), nella sostituzione di barriere incidentate e nella manutenzione del verde lungo le stesse arterie. Il Gip ha disposto il carcere per sei persone e i domiciliari per altre tre.

I provvedimenti di oggi riguardano la terza misura restrittiva adottata dall’Autorità Giudiziaria, nell’ambito dell’operazione ‘Buche d’Oro’, condotta dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Catania che aveva già portato all’emissione di 9 misure cautelari e al controllo di appalti per milioni di euro. Il terzo filone di oggi riguarda il controllo di appalti per 4 milioni di euro e l’individuazione di profitti criminali per 500 mila euro.
I nuovi fatti corruttivi riguardano persone già raggiunte da precedenti misure cautelari (per l’Anas Riccardo Carmelo Contino, Giuseppe Panzica e Giuseppe Romano già ai domiciliari, destinatari oggi di analoga misura; per le imprese corruttrici, vi è Pietro Matteo Iacuzzo, rappresentante legale della “Isap srl” di Termini Imerese, già ai domiciliari e, da oggi, ristretto in carcere), si registra il coinvolgimento di ulteriori responsabili di corruzioni perpetrate nell’ultimo biennio.
In carcere sono finiti: Giorgio Gugliotta, 45 anni, dipendente Anas, competente alla manutenzione delle seguenti strade statali 114 Orientale Sicula, 114 dir “Costa Saracena”, 194 (Ragusana, dal km 0,3 al km 11,7); Amedeo Perna, napoletano, 50 anni, dipendente della “Ifir, tecnologie stradali srl”, società che si occupa della “costruzione di strade, autostrade e piste aeroportuali”, con sede a Milano; Santo Orazio Torrisi, 62 anni, rappresentante legale della “Sicilverde srl”, impresa che si occupa della “cura e manutenzione del paesaggio, compresi parchi e giardini” con sede ad Aci S. Antonio (Ct); Giuseppe Ciriacono, 51 anni, padre del rappresentante legale della “Ital costruzioni group srl”, società che si occupa di “attività di costruzione e opere di ingegneria civile” con sede a Caltagirone (Ct); Vincenzo Baiamonte, 54 anni, già dipendente della “Safe Roads srl”, che si occupa dell’attività di “costruzioni di edifici residenziali e non residenziali” con sede a Misilmeri (Pa), e dal 2019, dipendente anche della “Truscelli Salvatore srl”, con sede a Caltanissetta, il cui rappresentante legale, Salvatore Truscelli lo scorso 18 ottobre è stato posto agli arresti domiciliari quale imprenditore corruttore sorpreso dai finanzieri a consegnare negli uffici dell’Anas una tangente di 10.000 euro in contanti.
Il faro della Procura sull’imprenditore Perna è stato acceso sui lavori di ‘manutenzione ordinaria delle opere di sicurezza lungo le strade statali 114 Orientale Sicula, 194 Ragusana, 114 dir Costa Saracena e 193 di Augusta per la sostituzione di barriere incidentate o inadeguate. Il lavoro era stato aggiudicato con un ribasso del 25% per 150 mila euro, iniziato nell’aprile 2018 e concluso nel febbraio 2019.
Nella circostanza, i funzionari Anas corrotti favorivano la registrazione in contabilità della sostituzione di barriere mai avvenuta. Questo, secondo quanto ricostruito dagli stessi pubblici ufficiali, alcuni dei quali stanno collaborando, poteva avvenire in quanto vi sarebbero state barriere di sicurezza in buone condizioni che non andavano sostituite. Il risparmio di costi a vantaggio dell’azienda aggiudicatrice era di circa 90.000 euro che avrebbero fruttato ai 3 funzionari una ‘tangente’ di 30.000 euro.
L’accordo però, per difficoltà dell’impresa coinvolta, non si concretizzava nella sua interezza, ma con il solo pagamento di 5.000 euro. A ‘garanzia’ della Ifir sarebbe intervenuto un altro imprenditore per ‘assicurare’ ai funzionari Anas l’integrale versamento della ‘mazzetta’. Quest’intervento permetteva all’impresa corruttrice di portare fino al termine il suo progetto illecito pur non essendo poi in grado di assolvere all’impegno di pagare l’intera tangente pattuita di 30 mila euro.
“Vi è un retrogusto molto amaro. Non vi sono stati soggetti che hanno dall’interno segnalato i fatti nonostante le leggi che consentono l’anonimato, non vi sono state stazioni appaltanti che dovevano controllare che abbiano esercitato questi controllo”, ha commentato il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro.
“Non vi è dubbio che al di là della sistematica violazione da parte di tutti i vertici dell’area compartimentale di Catania – aggiunge il procuratore – vi è anche una maggiore responsabilità delle stazioni appaltanti perché, quantomeno, l’anomalia dei ribassi avrebbe dovuto indurre a dei maggiori controlli”.
“Questi episodi hanno fatto in modo che Anas sia intervenuta in maniera decisa: bonificando e azzerando l’area dei vertici dell’area compartimentale di Catania – continua Zuccaro -. Li hanno sistematicamente sostituiti con persone che in gran parte vengono da fuori così come noi auspicavamo e che sembrano in grado di poter iniziare un nuovo corso a Catania”.
“Amarezza tanta – ha sottolineato Zuccaro – ma la constatazione che c’è la volontà di cambiare. Il Paese non può più tollerare questa sistematica spoliazione delle poche risorse pubbliche per avere dei lavori che non soltanto sono fatti male, ma che espongono al rischio la sicurezza degli utenti”.

giovedì 19 settembre 2019

Tangenti, le accuse a Sozzani fondate non solo sulle intercettazioni via trojan: c’è un bonifico alla base del presunto finanziamento illecito. - Marco Pasciuti

Tangenti, le accuse a Sozzani fondate non solo sulle intercettazioni via trojan: c’è un bonifico alla base del presunto finanziamento illecito

Nella richiesta di custodia cautelare tra le carte dell'inchiesta "Mensa dei poveri" che a inizio maggio ha portato agli arresti di 28 persone tra politici, amministratori e imprenditori, il pm ha allegato "la scannerizzazione" del bonifico da 12mila euro su cui la procura di Milano fonda l'accusa mossa al deputato di Forza Italia.

La Camera ne ha negato l’uso, ma le accuse mosse dalla procura di Milano a Diego Sozzani non si fondano solo sulle intercettazioni carpite tramite trojan: nella richiesta di custodia cautelare tra le carte dell’inchiesta “Mensa dei poveri” che a inizio maggio ha portato agli arresti di 28 persone tra politici, amministratori e imprenditori, il pm ha allegato il bonifico da 12mila euro alla base dell’accusa di finanziamento illecito mosso al deputato di Forza Italia. Elementi che però una maggioranza relativa trasversale alla Camera ha ritenuto non sufficienti per superare il sospetto di un fumus persecutionis, l’unico requisito in base al quale i deputati dovevano decidere per il sì o per il no alla richiesta di misura cautelare firmata dal gip di Milano.

Perché, dunque, Sozzani è finito sotto inchiesta? La vicenda ha inizio il 29 gennaio 2018. Le elezioni politiche sono alle porte e Sozzani comunica al telefono a Daniele D’Alfonso, titolare della Ecol Service accusato di aver corrotto politici e amministratori locali a Milano e in Lombardia per accaparrarsi appalti nel settore dei rifiuti e delle bonifiche ambientali, di essersi candidato “in un seggio sicuro”. Pochi giorni dopo, il 6 febbraio, il forzista chiama l’imprenditore e gli domanda fuori dai denti: “L’eventuale tuo aiuto quanto potrebbe essere? Perché devo fare il … la cifra finale”. A occuparsi della questione, secondo i magistrati, sarà Mauro Tolbar, collaboratore dello studio tecnico di cui Sozzani è titolare con suo fratello Stefano.

Il 5 marzo, il giorno dopo il voto, Tolbar chiama D’Afonso per dargli l’annuncio: “Siamo dentro… Diego è passato…”. Sozzani, cioè, è stato eletto alla Camera. Il 9 marzo Tolbar alza di nuovo il telefono e illustra il modo in cui, secondo i pm, i soldi di D’Alfonso sono arrivati al neodeputato. Lo hanno fatto attraverso l’amministratore della E.s.t.r.o. Ingegneria di Milano, “il quale invierà via mail una fattura per operazioni inesistenti a D’Alfonso – che quest’ultimo pagherà come concordato con bonifico bancario – proprio al preciso fine di celare l’illecito finanziamento promesso al neo parlamentare”.

La fattura è datata 8 marzo. Il bonifico, eseguito da D’Alfonso, ammonta a 12.688 euro parte il 22 marzo. La dazione di denaro è di 10mila euro, annotano i magistrati, mentre i 2.500 costituiscono la quota concordata dal titolare della E.s.t.r.o. Ingegneria per la sua mediazione, “pari al 25% della somma complessiva”. I rimanenti 188 euro? “Aggiunti per non indicare una cifra tonda e rendere credibile il pagamento”. A quel punto il titolare di E.s.t.r.o, Alessandro Beniamino Crescenti, “monetizza l’incasso e lo consegna, in contanti ed in diverse tranche, a Tolbar che provvederà alla consegna al destinatario finale”. Ovvero Sozzani.

Molte intercettazioni, quindi, alla base di quello che i magistrati definiscono un “quadro gravemente indiziario”. Ma anche documenti: il 23 marzo Tolbar invia una mail al titolare della E.s.t.r.o. in cui scrive: “Ciao, in allegato il pagamento della fattura” ovvero, annotano i pm, “la contabile del bonifico bancario dell’importo di 12.688,00 euro”. Un documento finito nella richiesta di custodia cautelare: “Il P.M. nella propria richiesta ha riportato la scannerizzazione del documento relativo ai movimenti del conto corrente n. xxxxxxxxxxxx della Banca Popolare di Sondrio, intestato alla E.S.TR.O. Ingegeria Srl. (…) – scrive il Gip nell’ordinanza – da cui si evince l’accredito di 12.688,00 euro a fronte di pagamento della sopra citata fattura da parte della Ecol Service Srl”.

E’ il passaggio di denaro che per i pubblici ministeri è alla base del reato contestato in concorso a D’Alfonso, Sozzani e Crescenti: il titolare della Ecol Service lo effettua “in assenza della prescritta delibera da parte dell’organo sociale competente e senza annotare l’elargizione stessa nel bilancio di esercizio“. In pratica, spiegano ancora i magistrati, “l’occulta erogazione di utilità a favore del pubblico ufficiale è stata dissimulata attraverso accordi con società di comodo formalmente giustificativi del pagamento”. Di qui la contestazione del finanziamento illecito.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/09/18/tangenti-le-accuse-a-sozzani-fondate-non-solo-sulle-intercettazioni-via-trojan-ce-un-bonifico-alla-base-del-presunto-finanziamento-illecito/5461999/
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mercoledì 8 maggio 2019

Palermo, tangenti in appalti: 4 arresti. Per 8 imprenditori scatta il Daspo per 12 mesi previsto da legge Spazzacorrotti.

Palermo, tangenti in appalti: 4 arresti. Per 8 imprenditori scatta il Daspo per 12 mesi previsto da legge Spazzacorrotti

Le indagini sono cominciate grazie alla denuncia di un imprenditore edile: il sistema prevedeva pagamenti ai funzionari pari al 2-3% del valore del finanziamento pubblico per la costruzione di scuole e altre opere. Attraverso spese fittizie, poi, riuscivano a recuperare i soldi delle mazzette. Applicato il nuovo articolo 289-bis del ccp: la misura cautelare che prevede il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione.

Truccavano gli appalti pubblici finanziati con fondi del ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in particolare per l’edilizia scolastica, chiedendo varie tangenti con un importo che  corrispondeva circa al 2-3 per cento del valore del finanziamento statale. Questo è emerso dalle indagini che questa mattina hanno portata la polizia di Palermo ad arrestare 4 funzionari del Provveditorato opere pubbliche ed eseguire altre 10 misure cautelari nell’ambito dell’operazione denominata “Cuci e Scuci”. Tra gli indagati anche 8 imprenditori. Per loro è stata disposta per la prima volta a Palermo, e tra le prime in Italia, la misura del divieto di contrattare con la pubblica amministrazione per 12 mesi: il provvedimento cautelare previsto dalla cosiddetta legge Spazzacorrottila norma approvata nel dicembre 2018 e fortemente voluta dal M5s.

I 14 indagati dovranno rispondere, a vario titolo, dei reati di corruzione, falso in atti pubblici e truffe aggravate ai danni dello Stato. L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Sergio Demontis e dai sostituti Giacomo Brandini, Francesco Gualtieri e Pierangelo Padova, ha fatto emergere un sistema di tangenti all’interno del Provveditorato opere pubbliche. Le indagine, svolte dalla sezione Anticorruzione della Squadra Mobile di Palermo, sono cominciate grazie alla coraggiosa denuncia di un imprenditore edile, imbattutosi in una richiesta di tangenti da parte di alcuni dei funzionari pubblici, oggi arrestati, nel corso della ristrutturazione di una scuola elementare nella provincia di Palermo.
Nell’ordinanza del gip di Palermo che ha disposto le misure cautelari si legge che l’indagini, tramite numerosi indizi, ha “registrato uno stratificato sistema corruttivo, annidatosi nel settore degli appalti per opere pubbliche e che ha interessato un importante distretto ministeriale deputato a veicolare rilevanti fondi pubblici”. Il modus illecito adottato consentiva all’imprenditore di recuperare l’importo della tangente, attraverso l’inserimento di voci di spese fittizie o maggiorate nei documenti contabili, predisposti dai funzionari infedeli, restando di fatto a carico dello Stato. Gli appalti pubblici in questione riguardano cinque scuole situate nelle province di Palermo, Enna e Catania, un immobile confiscato alla criminalità organizzata e destinato ai Carabinieri per l’alloggio del personale e un altro edificio a Capaci, destinato alla nuova stazione dei Carabinieri.

Cosa prevede la legge Spazzacorrotti.
La nuova norma anticorruzione, approvata il 18 dicembre 2018, ha modificato diversi articoli del codice penale e del codice di procedure penale. In particolare nel cpp è stato inserito l’articolo 289-bis che prevede appunto il divieto temporaneo di contrattare con la pubblica amministrazione: “Con il provvedimento che dispone il divieto – recita la norma – il giudice interdice
temporaneamente all’imputato di concludere contratti con la pubblica amministrazione”.

martedì 7 maggio 2019

Tangenti in Lombardia, 43 misure cautelari: coinvolti politici e imprenditori.



Arresti per tangenti, bufera su Forza Italia in Lombardia (ansa)

In manette anche il consigliere regionale Fabio Altitonante, sottosegretario all'area Expo della Regione Lombardia, e il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale di Forza Italia Pietro Tatarella.

Tangenti in Lombardia, il video delle mazzette pagate al tavolino del bar: 
https://tg24.sky.it/cronaca/2019/05/07/tangenti-lombardia-video.html
Sono il consigliere regionale Fabio Altitonante, sottosegretario all'area Expo della Regione Lombardia, e il consigliere comunale milanese e vicecoordinatore regionale Pietro Tatarella, candidato alle Europee, i due esponenti di Forza Italia al centro della maxi operazione della Dda di Milano eseguita questa mattina in Lombardia e Piemonte. Altitonante, accusato di corruzione, è finito ai domiciliari mentre Tatarella in carcere per associazione per delinquere e corruzione. L'inchiesta, in cui figurano 95 indagati, ha al centro due gruppi criminali attivi tra Milano e Varese e costituiti da esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori. I carabinieri di Monza e la guardia di finanza di Varese hanno eseguito 43 ordinanze di custodia cautelare, di cui 12 in carcere. Nell'inchiesta figura inoltre una richiesta di autorizzazione inviata alla Camera dei Deputati per l'arresto, con l'accusa di finanziamento illecito, del parlamentare di Forza Italia Diego Sozzani.
Il sistema corruttivo.
"L'indagine ha preso un'accelerazione con la campagna elettorale politica dell'anno scorso" per la Regione Lombardia, spiega il PM della Dda di Milano Silvia Bonardi. "Il protagonista è l'imprenditore D'Alfonso - aggiunge Bonardi - che fa la 'semina' tra i politici. E' Pietro Tatarella che lo accompagna in questo incontro con il mondo politico. Sulla carta, Tatarella è consulente stabile della Ecol-Service srl, ed è lui a suggerire chi finanziare. Lo convince anche a effettuare operazioni di triangolazione di finanziamento in cui D'Alfonso è intermediario".  

Chi sono Altitonante e Tatarella.
Fabio Altitonante, 44 anni, nato a Teramo, è laureato in Ingegneria gestionale al Politecnico di Milano. Libero professionista, esperto in Certificazione Qualità, energetica e aziendale, nel 2013 è eletto consigliere regionale in Lombardia ed è stato componente delle Commissioni Territorio e Infrastrutture, Sanità e Politiche sociale e Ambiente e Protezione civile. In precedenza ha ricoperto l'incarico di assessore al Territorio, Infrastrutture, Casa e Acqua pubblica della Provincia di Milano ed è stato consigliere comunale a Milano. Attualmente ha, in qualità di sottosegretario, la delega a Rigenerazione e sviluppo area Expo ed è commissario cittadino di Forza Italia a Milano. Pietro Tatarella, 36 anni, è dagli anni '90 impegnato per Forza Italia, di cui è attualmente vice coordinatore regionale. E' nato e cresciuto a Milano, nel quartiere periferico di Baggio. Per il Comune Tatarella è stato eletto due volte, la seconda con circa 5.500 preferenze, ed è candidato alle prossime elezioni europee.

I filoni di indagine.
Diversi i filoni dell'inchiesta coordinata dalla Dda di Milano. Per gli inquirenti il personaggio principale è l'imprenditore del settore rifiuti e bonifiche ambientali Daniele D'Alfonso della Ecol-Service srl, anch'egli arrestato. D'Alfonso risponde dell'aggravante di aver favorito la 'ndrangheta, in quanto con gli appalti ottenuti in cambio di tangenti avrebbe dato lavoro agli uomini della famiglia calabrese dei Molluso di Buccinasco. D'Alfonso inoltre, secondo la ricostruzione di inquirenti e investigatori, avrebbe avuto a libro paga il consigliere comunale milanese e vice coordinatore lombardo di FI Pietro Tatarella, 'stipendiato' con 5mila euro al mese. In cambio il consigliere avrebbe favorito l'imprenditore negli appalti dell'Amsa, in particolare, e l'avrebbe introdotto in altri appalti a Varese e a Novara, dove sarebbe stato attivo il parlamentare di FI Diego Sozzani. "Mi ha fatto dieci cose per centomila, ok, e sto guadagnando", avrebbe detto Daniele D'Alfonso, parlando, intercettato, di una presunta tangente da 100 mila euro in favore di Mauro De Cillis, responsabile operativo di Amsa, l'azienda milanese di servizi ambientali, finito in carcere. Nell'inchiesta sono stati arrestati anche i vertici di altre società partecipate, come Prealpi servizi e Alfa srl.

Le mire sull'Area ex Expo.
Tatarella e D'Alfonso si sarebbero incontrati da Berti, il ristorante milanese nei pressi degli uffici della Regione e già comparso in molte indagini milanesi, e che dagli indagati è chiamato "la mensa dei poveri", definizione che ha dato il nome all'indagine della Dda. Per il Gip Mascarino, poi, c'è "un'ombra quanto mai allarmante sulle modalità con le quali" Fabio Altitonante "potrà gestire la delicatissima delega alla 'Rigenerazione e sviluppo dell'Area ex Expo'". 
In un'intercettazione del 31 ottobre 2018 Tatarella conversando con un imprenditore, spiega il Gip, "spende il nome della Ecol-Service qualificandosi come socio dell'impresa (in realtà egli figura unicamente come consulente con partita iva) e proponendogli una collaborazione". Ciò che rileva, riassume il giudice, è che il consigliere comunale "per mettere in evidenza le potenzialità della 'propria' impresa, sottolinea il suo ruolo di 'collettore' con il mondo istituzionale", dicendo: "io su tutti i contatti diciamo legati all'istituzionale sono molto forte". E riferisce "di aver iniziato a lavorare per la multinazionale spagnola (Acciona spa) presso la quale ha conosciuto il fornitore con il quale adesso lavora", ossia Daniele D'Alfonso, l'imprenditore arrestato. Nel corso del dialogo dice ancora: "l'ex area dove c'era l'expo infatti stiamo cercando di capire se riusciamo ad entrarci un po' pure noi". E "confida di conoscere bene Giuseppe Bonomi, amministratore delegato di Arexpo, e di poter contare su conoscenze istituzionali molto forti". Tatarella, prosegue il Gip, "si avvale della sua funzione pubblica e delle relazioni esistenti con altri Pubblici Ufficiali per incamerare lavori con altre imprese, offrendosi, in caso di alleanze commerciali con questi ultimi, di svolgere anche nel loro interesse, operazioni di illecita intermediazione verso altri Pubblici Ufficiali, nel caso di specie, con l'amministratore delegato di Arexpo, sfruttando le relazioni effettivamente esistenti e accertate dalle intercettazioni". Un "affare", conclude il Gip, quello dell'area ex Expo, che "coinvolge interessi economici di portata milionaria".

Il Gip: "Finanziamenti illeciti a Fratelli d'Italia". 
L'imprenditore D'Alfonso, scrive il Gip nell'ordinanza cautelare, "in occasione della campagna 2018 per le consultazioni politiche e regionali" avrebbe corrisposto "sistematici finanziamenti illeciti a soggetti politici", tra cui Fabio Altitonante, Diego Sozzani, parlamentare di FI, e Angelo Palumbo, anch'egli di FI, "nonché al partito 'Fratelli d'Italia'". Stando ad una delle circa 30 imputazioni dell'inchiesta, Damiano Belli "legale rappresentante della Ambienthesis spa" e Andrea Grossi "amministratore di fatto della stessa" avrebbero elargito "al partito Fratelli d'Italia Alleanza nazionale un contributo economico di complessivi Euro 10.000, in assenza della prescritta delibera da parte dell'organo sociale competente e senza annotare l'elargizione nel bilancio d'esercizio". Il presunto finanziamento illecito sarebbe avvenuto il 5 marzo del 2018 "su richiesta" di Daniele D'Alfonso "a sua volta azionato dal Grossi" e con un bonifico sul conto corrente "intestato a Fratelli d'Italia Alleanza Nazionale, BPM filiale di Roma Montecitorio". Nell'ordinanza si fa notare che l'imprenditore D'Alfonso avrebbe finanziato illecitamente esponenti "tutti riconducibili alla coalizione di centro destra che risulterà vincente nelle elezioni regionali e politiche" dello scorso anno.

Il ruolo di Caianiello.
Un secondo filone, quello di Varese, ha come personaggio principale l'ex coordinatore provinciale di Forza Italia a Varese Gioacchino Caianiello, finito in carcere per associazione per delinquere e corruzione. Caianiello, scrive il Gip nell'ordinanza cautelare, "è al centro di un potentissimo network di conoscenze, interessi, legami che avvincono il potere legale a quello illegale, l'economia alla politica". Il Gip Mascarino ha sottolineato che l'esponente di FI ha manifestato il timore di essere arrestato e l'intenzione di "trasferirsi in Islanda". Inoltre Caianiello, scrive il Gip in base alle intercettazioni, riguardo alla nomina pilotata di Davide Borsani come dirigente della società a totale partecipazione pubblica Alfa di Varese "confessa (...) che la stessa è frutto di un accordo politico preventivo, di cui asserisce di aver reso edotto anche il coordinatore provinciale della Lega Matteo Bianchi". "Lo avevo detto a Matteo Bianchi che c'era l'accordo che prendevo Borsani, no? - dice infatti Caianiello nelle intercettazioni - E' un accordo che è stato fatto al tavolo politico!". Secondo il giudice "il sistema di potere che fa capo" all'ex coordinatore varesino di FI "anche con riferimento ad Alfa, si esprime attraverso la collocazione nei ruoli chiave della società di persone a lui direttamente riferibili". Dalle intercettazioni "emerge un impietoso quadro nel quale tutte le decisioni più importanti - annota il giudice - sono di fatto adottate, ex ante, da Caianiello e solo formalmente ratificate, ex post, all'interno del Consiglio di amministrazione". E riguardo all'episodio specifico della nomina di Borsani il giudice annota che "ancora una volta, la collocazione da parte di Caianiello di uomini di suo riferimento nei posti dirigenziali di una società partecipata, rappresenta la premessa per l'ottenimento, da parte del soggetto designato, di successive utilità". La società Alfa è stata costituita nel giugno 2015 ed è diventata operativa nell'aprile successivo. I suoi soci sono attualmente la Provincia di Varese con 109 Comuni e gestisce il servizio idrico integrato e la distribuzione dell'acqua, la fognatura e la depurazione delle acque reflue, progetta e realizza nuovi impianti e cura la manutenzione di quelli esistenti.

Istigazione alla corruzione nei confronti di Attilio Fontana
Caianiello, insieme al direttore generale dell'ente Afol Metropolitana, Giuseppe Zingale, avrebbe proposto nell'aprile 2018 al governatore lombardo Attilio Fontana, "consulenze onerose in favore dell'avv. Luca Marsico, socio dello studio professionale Fontana-Marsico" in cambio della nomina, non avvenuta, di Zingale alla "direzione generale Istruzione Lavoro e Formazione della Regione". Fontana, parte offesa di una presunta istigazione alla corruzione, non risulta indagato. "Sull'episodio contestato nell'ordinanza di custodia cautelare emessa oggi il governatore lombardo Attilio Fontana è parte offesa - ribadisce il procuratore di Milano Francesco Greco -. E' in corso di valutazione la posizione del governatore sull'episodio relativo all'incarico ottenuto in Regione dal suo socio di studio, Luca Marsico". Il governatore lombardo Attilio Fontana "sarà sentito prossimamente, non sappiamo ancora in quale veste. Non lo abbiamo interrogato prima perché aspettavamo che venissero eseguite le misure cautelari", aggiunge il PM Greco, che sottolinea: "Da tempo in Lombardia politica e imprenditoria locale sono colluse con le cosche del territorio, come evidenziato da tantissime indagini della Dda. C'è una sinergia tra le cosche della 'ndrangheta e imprenditori del luogo". "La nostra preoccupazione in questo momento - conclude il PM - è che magistrati e forze dell'ordine sono pochi per contrastare la criminalità organizzata. La Dda ci ha chiesto aiuto perché è sotto organico".

Il commento di Attilio Fontana.
"Non dico nulla, ho letto che io sono parte offesa. Quindi per rispetto della magistratura le cose che dovrò dire le dirò a loro". Così il governatore della Regione Lombardia, Attilio Fontana. "Se incide sulla candidatura? Penso proprio di no - ha aggiunto Fontana uscendo dal Coni, dove si è svolto un incontro sulla candidatura olimpica di Milano e Cortina ai Giochi invernali del 2026 -. Se c'è qualcuno che ha commesso degli errori non credo possa incidere sulla corsa olimpica".

Le accuse.
Le accuse sono, a vario titolo, di associazione per delinquere aggravata dall'aver favorito una cosca mafiosa e finalizzata a corruzione, finanziamento illecito ai partiti, turbata libertà del procedimento di scelta del contraente, false fatturazioni per operazioni inesistenti, auto riciclaggio e abuso d'ufficio, nell'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto e responsabile della Dda Alessandra Dolci e dai PM Silvia Bonardi, Adriano Scudieri e Luigi Furno.

Le ordinanze cautelari.
Le ordinanze di misura cautelare sono in corso di esecuzione nelle province di Milano, Varese, Monza e Brianza, Pavia, Novara, Alessandria, Torino e Asti. Delle 43 persone destinatarie del provvedimento, firmato dal Gip Raffaella Mascarino, 12 sono finite in carcere, 16 ai domiciliari, 3 con obbligo di dimora e 12 con obbligo di firma. Di queste solo 9 sono accusate di associazione a delinquere. Sono duecentocinquanta i militari, tra carabinieri e finanzieri impegnati dalle prime luci dell'alba nell'operazione.

Il commento della politica.
"Ringrazio sempre le forze dell'ordine quando arrestano corrotti e corruttori", commenta il ministro degli Interni Matteo Salvini, che in merito al coinvolgimento di Fontana aggiunge: "Se qualcuno ha tentato di corrompere un governatore leghista che non si è fatto corrompere sono doppiamente orgoglioso". Parlando dell'inchiesta, Salvini sottolinea che "se c'è prova di colpevolezza tanti saluti a prescindere dal colore politico, però la colpa va dimostrata". "Rispetto all'arresto di un sottosegretario della giunta regionale, ci sembra doveroso che il presidente Fontana appena possibile venga a riferire in Aula quello di cui è a conoscenza - dichiara il capogruppo del Pd, Fabio Pizzul, intervenendo in Consiglio regionale -. Abbiamo letto che sarebbe parte lesa ma per una questione di trasparenza e chiarezza ci aspettiamo una sua comunicazione al più presto". Alla richiesta del Pd si è unito il capogruppo del Movimento 5 Stelle Andrea Fiasconaro: "Fontana ha una grossa responsabilità politica nell'aver scelto Altitonante. Non deve venire quando ha tempo, ma sarebbe già dovuto essere in quest'Aula per riferire non ai 5 Stelle ma ai cittadini lombardi". Alla richiesta dei capigruppo ha risposto il presidente del Consiglio regionale lombardo Alessandro Fermi, dicendo che Fontana "ha appreso la notizia di questi fatti stamattina e conoscendolo sono certo che non si sottrarrà come non lo ha mai fatto".  "Fontana non è qui perché si sta occupando di fatti concreti, le Olimpiadi, che interessano i cittadini lombardi e veneti", ha aggiunto il capogruppo della Lega Roberto Anelli.

La mozione dei M5S.
Il Movimento 5 Stelle nel frattempo ha presentato una mozione urgente in Consiglio regionale della Lombardia per chiedere al presidente della Regione Attilio Fontana la revoca immediata dell'incarico di sottosegretario della giunta a Fabio Altitonante. "I fatti di reato in questione, la cui gravità è testimoniata all'applicazione di misure cautelari personali coercitive, sembrerebbero configurare un sistema consolidato ed endemico di comportamenti illeciti nell'ambito dell'amministrazione della Regione Lombardia", si legge nel testo depositato dai 5 Stelle, motivo per cui "è indifferibile l'adozione da parte del Consiglio regionale di un atto di indirizzo politico".