In Sicilia l'assistenza medica vale nove miliardi l'anno. E lì si concentrano gli interessi politici e mafiosi. Ma l'opera di rigore della Borsellino è stata "aggredita" dagli amici del governatore. Fino alle dimissioni.
In Sicilia la Regione spende poco più di 9 miliardi all’anno per l’assistenza sanitaria, e per questo è la principale industria dell’isola. È una miniera d’oro in cui tanti in passato si sono lanciati per grattare, scavare e portare via a palate somme di denaro che finivano spesso nelle casse di società in mano alla mafia. E dove la politica è spesso andata a braccetto con imprenditori collusi e medici compiacenti che hanno devastato la sanità siciliana, mortificandola professionalmente, preferendo le raccomandazioni dei padrini alle tante capacità che ci sono negli ospedali per ricoprire incarichi di responsabilità nelle strutture sanitarie e in particolare nei reparti.
La politica ancora una volta spiana la strada ai raccomandati, preferendoli ai medici - e sono tanti - che invece dimostrano nelle corsie e in sala operatoria quanto sono bravi. Sono purtroppo storie di mafia, politica e sanità intrecciate, descritte in tante sentenze giudiziarie.
Del resto quello dell’assistenza sanitaria è un settore in cui il denaro non manca mai, in cui i controlli sono labili e le possibilità per i mafiosi di esercitare la loro principale vocazione, l’intermediazione privata, sono infinite. A raccontarlo è un bollettino della procura che a partire dal 1980 registra, solo a Palermo, l’apertura di decine di indagini. Uno dopo l’altro finiscono in carcere medici, farmacisti, dirigenti sanitari, politici, mafiosi per appalti pilotati, truffe e forniture mediche. È lo stesso Bernardo Provenzano, come riportano i pentiti, a decidere di investire nelle società che forniscono servizi a nosocomi e ambulatori pubblici. Mazzette a iosa circolano anche nel mondo dello smaltimento dei rifiuti ospedalieri e quasi sempre, quando scattano le perquisizioni, si scopre che molti degli indagati sono legati tra loro da vincoli di fratellanza massonica.
In questo clima la mafia ha prosperato. Tradizionalmente molti medici sono uomini d’onore, spesso capi di mandamenti. Altri sono invece considerati a disposizione dei boss. Anche i due presidenti della Regione che hanno preceduto Rosario Crocetta erano entrambi medici ed entrambi hanno avuto problemi con il mondo della Sanità. Salvatore Cuffaro è in carcere per aver favorito Cosa nostra dopo aver concordato il tariffario regionale nel retrobottega di un negozio a Bagheria con l’imprenditore della sanità privata, Michele Aiello. E Raffaele Lombardo è stato condannato in primo grado a sei anni e otto mesi per concorso esterno in associazione mafiosa.
Quando Lucia Borsellino nel novembre 2012 viene nominata assessore regionale alla Salute, il passo amministrativo e le linee sulla sanità sembrano cambiare in meglio. La figlia di Paolo Borsellino in quel periodo testimoniava la “rivoluzione” politica che aveva propagandato Rosario Crocetta nella sua vincente campagna elettorale. Lei, dipendente della Regione, lavorava proprio all’assessorato alla Salute come dirigente del settore farmaceutico. E di assessori ne aveva conosciuti diversi, fino a quando nel 2010, uno degli allievi del papà, l’ex pm Massimo Russo, passato alla politica con il governo Lombardo, la porta ai vertici dell’assessorato. Poi con Crocetta diventa la responsabile della Salute.
Ha le idee chiare Lucia e punta a «una sanità libera in Sicilia». Ma non tutti sembrano seguirla su questa idea. Tanto che l’organizzazione degli ospedali inizia a zoppicare. Sulla sua strada incrocia due persone che tenteranno di dirigere alle sue spalle nomine e incarichi.
Il primo è Matteo Tutino, il medico personale e amico di Crocetta, arrestato lo scorso giugno per truffa, peculato, abuso d’ufficio e falso che chiamava il governatore siciliano «il mio confessore». Avrebbe dovuto limitarsi a gestire il reparto di Chirurgia plastica a Villa Sofia ma di fatto si comportava come se fosse un manager della sanità. E poi l’ex dirigente dell’ospedale Villa Sofia di Palermo, Giacomo Sampieri, anche lui coinvolto in questa inchiesta giudiziaria.
Sampieri e Tutino al telefono si definiscono «uomini del presidente», che operano per «la legalità» e su «mandato» di Crocetta. Davanti all’opera di sbarramento fatta da queste due persone Lucia Borsellino comincia a comprendere che la sua strada è in salita, ostacolata pure da fuoco amico. Come emerge da intercettazioni depositate dalla procura di Palermo che indaga su Tutino e Sampieri. Entrambi si davano un gran da fare per far nominare manager, tanto da stilare una lista «di fedelissimi» per consegnarla a Crocetta. Alcune delle persone citate nelle intercettazioni sono state poi nominate.
«La Borsellino un elemento di disturbo»
I verbali dell'interrogatorio dell'assessore regionale. In cui i pm le chiedono se sapeva che Tutino la metteva «in cattiva luce» con Crocetta. E le svelano lo scandalo dell'ospedale Villa Sofia. Il giorno in cui comincia il calvario della donna che voleva risanare la sanità siciliana
Sentita dai magistrati, Lucia Borsellino ha spiegato che il comportamento di Tutino era «assolutamente irrituale» e «questa irritualità la riferisco anche agli aspetti comportamentali diciamo... una persona che si relaziona direttamente con l’amministrazione... devo dire con la stessa frequenza con cui lo può fare un direttore generale o un commissario... sicuramente altri direttori di struttura complessa non fanno altrimenti...».
Un comportamento che Tutino avrebbe avuto che superava le sue competenze di primario. Ma era l’amicizia di Crocetta a spingerlo ad avere questo comportamento tanto che Tutino e Sampieri si definivano nelle intercettazioni «pretoriani del presidente». E così mettevano alle corde Lucia Borsellino, pretendendo di guidare, da dietro le quinte, la sanità siciliana. Lei voleva nominare persone competenti ai vertici delle Asp (aziende sanitarie provinciali) e per questo non voleva alla guida di Villa Sofia Giacomo Sampieri. L’allontanamento di quest’ultimo dall’ospedale ha provocato “pressioni” politiche su Borsellino, da lei denunciate ai pm, che sarebbero state esercitate da due deputati regionali del Megafono, il movimento di Crocetta, affinché Sampieri venisse piazzato a Trapani. Sampieri era su tutte le furie per la sua rimozione: «Faccio immediatamente un esposto alla magistratura e la denuncio... me ne sto fottendo, pure se si chiama Lucia Borsellino». E Tutino è pronto a rispondergli: «Bravo».
L’assessore ha tenuto duro a questi attacchi frontali e sotterranei per oltre un anno, e come ha detto Manfredi Borsellino, «ha portato la croce».
«Lucia Borsellino sapeva delle offese»
Il fratello Manfredi interviene alla commemorazione della strage di via D'Amelio: «Ha portato la croce, le hanno fatto vivere lo stesso calvario di mio padre». E ha denunciato il «silenzio delle istituzioni» sulle sue dimissioni. Dichiarando: «Le rivelazioni sull'intercettazione non l'hanno turbata perché ha vissuto il clima di ostilità». L'abbraccio del presidente Mattarella
Un gruppetto di donne, parlando dell’assessore, riunite nella stanza di Tutino il 6 giugno 2014, dicono: «Crocetta se la tiene perché la Borsellino è una cosa inutile e può manovrarla come vuole». Da quando Borsellino ha iniziato a tentare di stravolgere il mondo dei manager e degli assetti dirigenziali della sanità siciliana per lei il clima si è fatto pesante, e il suo isolamento è cresciuto. Gli atti giudiziari ci consegnano uno spaccato inquietante, con Tutino che avrebbe controllato il lavoro che stava svolgendo Lucia Borsellino nei giorni in cui si discuteva della creazione di una banca dei tessuti a Villa Sofia. Ed era stato anche firmato un protocollo di intesa con un partner privato senza informare l’assessorato. E su questo punto l’assessore dice ai pm: «La procedura non è per niente conforme e poi in ogni caso sarebbe stato necessaria quanto meno una informazione preventiva».
I pm chiedono: «Lei ha avuto modo di percepire un particolare interesse da parte di Tutino e Sampieri in relazione al buon fine di questa convenzione?». E Borsellino risponde: «Sì, era evincibile proprio dalla frequenza con la quale gli stessi chiedevano anche lumi all’assessorato circa la possibilità di portare a buon fine questo obiettivo». Come pure quello di introdurre la chirurgia estetica, passione di Tutino, in ospedale. Per l’assessore «la normativa nazionale nonché gli atti assunti dall’amministrazione regionale non hanno mai previsto questa possibilità».
E così Tutino attaccava violentemente Lucia Borsellino con telefonate infuocate dirette al suo “confessore” Rosario Crocetta. Per difendere il suo amico Sampieri il 27 marzo 2014 Tutino chiama il governatore, che alcuni giorni prima aveva subito un intervento chirurgico, e dice: «Presidente, Lucia sta facendo la revoca». Crocetta risponde: «No. No, ho chiarito...» e aggiunge subito dopo: «Più tardi mi devi togliere i punti eh!!». Tutino: «Certo, gli hai parlato? Che sta succedendo un...» e il governatore: «già fatto... per... che è dimissionario (Sampieri ndr)...». E Crocetta insiste: «mi devi togliere i punti eh!!». Il governatore sembra non far caso all’attacco di Tutino all’assessore. A Crocetta interessava in quel momento solo che il suo medico gli togliesse i punti «perché già sono due settimane... ok».
I magistrati ascoltano in procura Lucia Borsellino, la quale «censura in toto il connubio Tutino-Sampieri» e con le sue dichiarazioni «sconfessa il tenore di numerose conversazioni intercorse (ed intercettate) tra i due principali indagati» scrivono i pm, e aggiungono: «Criticava aspramente l’opera del consolidato binomio, col quale non era affatto in sintonia a dispetto di quanto millantato» da Tutino e Sampieri.
Così, dopo l’arresto del medico personale di Crocetta, il 2 luglio scorso Lucia Borsellino consegna al suo presidente una lettera dai contenuti molto critici nei confronti dell’operato del governatore, e con questa si dimette dall’incarico di assessore alla Salute.
Lucia Borsellino, ecco le dimissioni-denuncia
«Aggredita l'istituzione e la mia persona». Il testo della lettera di addio dell'assessore alla Sanità: «Deluse le aspettative dei siciliani, lascio per ragioni di ordine etico e morale». Un j'accuse rimasto nel silenzio fino alle rivelazioni de "l'Espresso"
Ma, come ha detto il fratello di Lucia, Manfredi Borsellino, davanti al Capo dello Stato alla vigilia della commemorazione della strage di via d’Amelio a Palermo: «Quella lettera ha prodotto solo il silenzio sordo delle istituzioni, soprattutto regionali. È una lettera che dice tutto...».
È una lettera di addio al governo regionale, contraddistinta dalla sobrietà di chi la scrive che però fissa nero su bianco alcuni passaggi chiave. L’ex assessore parla di «prevalenti ragioni di ordine etico e morale e quindi personale» alla base della sua decisione. Lucia Borsellino sceglie proprio quelle parole «etica» e «morale» per fare esplicito riferimento alle motivazioni che stanno alla base del suo addio e che hanno reso incompatibile la sua permanenza in giunta.
Intervistata da “Repubblica” ha detto di essere stata «tradita» da Crocetta. L’etica e la morale di Lucia Borsellino non potevano più trovare posto al fianco del governatore. Non solo, in un altro passaggio l’ex assessore fa riferimento al «valore morale e civico» del suo impegno, aspetti fortemente messi in discussione dagli «accadimenti che hanno aggredito la credibilità dell’istituzione sanitaria che sono stata chiamata a rappresentare e quindi, della mia persona». Usa un termine di chiara durezza: «aggredito». Che anche in questo caso è stato esplicitato e amplificato dal fratello Manfredi: «Da oltre un anno mia sorella Lucia era consapevole del clima di ostilità e delle offese che le venivano rivolte».
Nelle sue dimissioni, l’assessore che voleva risanare la sanità siciliana parla di «deluse aspettative» in questa esperienza di governo regionale. Delusa per non aver visto quella rivoluzione tanto urlata in campagna elettorale dal presidente. E in questa lettera prende le distanze dal presidente Crocetta, fino ad affrontare il «caso del primario di chirurgia plastica e maxillo-facciale dell’Azienda ospedaliera Villa Sofia-Cervello», Matteo Tutino. Vicende giudiziarie che secondo l’ex assessore ledono «l’immagine dell’istituzione sanitaria e dell’intera Regione siciliana». E in conclusione indirizza al presidente le sue riflessioni «con l’auspicio che inducano a scelte responsabili».
Ma come ha detto Manfredi Borsellino, questa lettera ha prodotto solo il «silenzio sordo» delle istituzioni regionali. Un silenzio che è stato spezzato dopo due settimane dalle rivelazioni de “l’Espresso” sull’intercettazione tra Crocetta e Tutino (smentita dalla Procura di Palermo), rivelazioni che, come ha dichiarato Manfredi, «non hanno turbato l’interessata, mia sorella Lucia per una semplice ragione: perché da oltre un anno, perché l’ho vissuto da fratello, era consapevole del clima di ostilità in cui operava, delle offese che le venivano rivolte per adempiere nient’altro che il suo dovere, purtroppo sono corsi e ricorsi storici drammatici».
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