Rappresentazione artistica della linea di neve osservata intorno a V883 Orionis (fonte: A. Angelich - NRAO/AUI/NSF)
Inizialmente, lo strumento era stato puntato verso la stella V883 Orionis (posta a 1.350 anni luce dalla Terra) per studiare come la frammentazione del disco di polveri e gas che la circondano avrebbe potuto portare alla formazione di pianeti. A sopresa, si è verificata una violenta esplosione, dovuta alla caduta sulla superficie della stella di materiale del disco protoplanetario circostante. Questa 'vampata', che l'ha resa 400 volte più luminosa del sole, è riuscita a scaldare la parte più interna del disco spostando la linea di neve ad una distanza maggiore: posta inizialmente a 450 milioni di chilometri dalla stella, la cintura di neve si è allargata di 10 volte, arrivando ad una distanza di 6 miliardi di chilometri (pari a quella di Plutone dal Sole) dove è diventata visibile per la prima volta.
La sua presenza è fondamentale, perché condiziona la coagulazione dei grani di polvere, il primo passo verso la nascita di un pianeta. I ricercatori ritengono che i pianeti più piccoli e rocciosi, come il nostro, si formino all'interno della linea di neve, mentre all'esterno la presenza di ghiaccio d'acqua permette la formazione di 'palle di neve' cosmica, che generano pianeti massicci e gassosi come Giove. La scoperta che queste esplosioni possano spostare la linea della neve fino a 10 volte il raggio tipico è importante per lo sviluppo di un buon modello di formazione planetaria. Si ritiene che le esplosioni siano uno stadio dell'evoluzione della maggior parte dei sistemi planetari e questa potrebbe essere la prima osservazione di un evento frequente.
Allargata da un'esplosione, riscrive le teorie sulla nascita dei pianeti.
La 'vampata' di una giovane stella ha permesso di osservare, per la prima volta in una culla di pianeti, la cosiddetta linea di neve, ovvero il limite oltre il quale ci sono condizioni di temperatura e pressione tali che l'acqua gassosa si trasforma direttamente in ghiaccio, favorendo la nascita di pianeti giganti gassosi. Questa 'cintura di neve', che potrebbe rivoluzionare le teorie sulla formazione dei pianeti, è descritta su Nature dalle immagini immortalate dal telescopio Alma dello European Southern Observatory (Eso) in Cile.
Inizialmente, lo strumento era stato puntato verso la stella V883 Orionis (posta a 1.350 anni luce dalla Terra) per studiare come la frammentazione del disco di polveri e gas che la circondano avrebbe potuto portare alla formazione di pianeti. A sopresa, si è verificata una violenta esplosione, dovuta alla caduta sulla superficie della stella di materiale del disco protoplanetario circostante. Questa 'vampata', che l'ha resa 400 volte più luminosa del sole, è riuscita a scaldare la parte più interna del disco spostando la linea di neve ad una distanza maggiore: posta inizialmente a 450 milioni di chilometri dalla stella, la cintura di neve si è allargata di 10 volte, arrivando ad una distanza di 6 miliardi di chilometri (pari a quella di Plutone dal Sole) dove è diventata visibile per la prima volta.
La sua presenza è fondamentale, perché condiziona la coagulazione dei grani di polvere, il primo passo verso la nascita di un pianeta. I ricercatori ritengono che i pianeti più piccoli e rocciosi, come il nostro, si formino all'interno della linea di neve, mentre all'esterno la presenza di ghiaccio d'acqua permette la formazione di 'palle di neve' cosmica, che generano pianeti massicci e gassosi come Giove. La scoperta che queste esplosioni possano spostare la linea della neve fino a 10 volte il raggio tipico è importante per lo sviluppo di un buon modello di formazione planetaria. Si ritiene che le esplosioni siano uno stadio dell'evoluzione della maggior parte dei sistemi planetari e questa potrebbe essere la prima osservazione di un evento frequente.
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