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lunedì 9 settembre 2024

Forse l'Universo aveva una “vita” prima del Big Bang. - Sandro Iannaccone

 

Lo suggerisce una teoria cosmologica, che potrebbe spiegare alcuni misteri della materia oscura.

Big Bang, ovvero la grande “esplosione” da cui ha avuto origine l’Universo così come lo conosciamo. Un momento del tempo, fissato a circa quattordici miliardi di anni fa, in cui tutta la materia e l’energia, condensati in un punto infinitamente piccolo di spazio – una cosiddetta singolarità – si sono improvvisamente “liberati” e rimescolati, dando vita a galassie, stelle, nebulose, buchi neri e (molto tempo dopo) anche al nostro pianeta, uno fra miliardi di altri. Questa, più o meno, è la storia che conosciamo tutti. Molto meno, invece, sappiamo di quello che c’era prima del Big Bang: addirittura, non sappiamo neanche se abbia senso parlare di un prima, dato che ignoriamo le leggi fisiche di quella singolarità. Un nuovo studio, recentemente pubblicato sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, discute una teoria cosmologica che suggerisce che forse l’Universo ha avuto una “vita” precedente al Big Bang, fatta di fasi successive di contrazioni ed espansioni, come se fosse un enorme cuore pulsante nel vuoto. Se fosse confermata, tra l’altro, la teoria potrebbe avere implicazioni sul comportamento dei buchi neri e sulla natura della materia oscura, la misteriosa entità che rappresenta circa l’80% di tutta la materia presente nel cosmo e che ancora non siamo riusciti a osservare direttamente.

Esplosione o rimbalzo?

Come dicevamo, le teorie cosmologiche “tradizionali” suggeriscono che l’Universo sia “nato” da una singolarità e che durante i suoi primi momenti di vita abbia sperimentato una crescita rapidissima, la cosiddetta inflazione. Gli autori dello studio appena pubblicato, un’équipe di scienziati di diversi istituti di ricerca, tra cui l’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), la Scuola superiore meridionale e il Dipartimento di fisica dell’Università di Napoli Federico II, hanno invece analizzato una teoria più esotica, nota come “non-singular matter bouncing cosmology”, ovvero, più o meno, cosmologia rimbalzante su materia non singolare, secondo la quale l’Universo, prima del Big Bang, attraversò una fase di contrazione che si concluse con un “rimbalzo”, un rinculo, dovuto alla crescente densità di materia, e che portò all’espansione accelerata che osserviamo ancora oggi. Tra l’altro, uno degli autori del lavoro, Salvatore Capozziello, si era già occupato qualche mese fa del problema della definizione del tempo all’epoca del Big Bang: in uno studio pubblicato sulla rivista Physical Rewiev D, condotto insieme a una collega del Dipartimento di filosofia dell’Università Statale di Milano, aveva sottolineato che “buchi neri e Big Bang sono situazioni estreme in cui si perde la cognizione della fisica così come la conosciamo e, con essa, la concezione del tempo come parametro che descrive normalmente passato, presente e futuro, il che è un cruccio da decenni, a cominciare da Einstein”.

Buchi neri primordiali e materia oscura.

Ma torniamo alla teoria del rimbalzo. In questo scenario, dicono ancora gli autori, l’Universo si sarebbe rimpicciolito fino a una dimensione più o meno 50 ordini di grandezza inferiore rispetto a quella che ha oggi, e dopo il “rimbalzo” sarebbero comparsi i fotoni (le particelle che compongono la luce) e le altre particelle elementari; l’elevatissima densità della materia, inoltre, avrebbe dato origine a piccoli buchi neri primordiali che rappresenterebbero, e qui si chiude il cerchio, dei possibili candidati per la misteriosa materia oscura. Intervistato da Live SciencePatrick Peter, direttore di ricerca al National centre for scientific research francese (Cnrs), non coinvolto nello studio, ha spiegato che effettivamente “i piccoli buchi neri primordiali possono essere stati prodotti durante i primi momenti di vita dell’Universo e, se non sono troppo piccoli, il loro decadimento dovuto alla radiazione di Hawking [un fenomeno ipotizzato dall’astrofisico Stephen Hawking secondo la quale i buchi neri, in virtù di effetti quantistici, potrebbero  effettivamente emettere una certa quantità di particelle ed energia, nda], non è sufficiente a farli scomparire, quindi dovrebbero esistere ancora adesso, da qualche parte. E potrebbero essere proprio la materia oscura, o almeno parte di essa.

Risultati interessanti, ma c’è da aspettare.

Secondo i calcoli degli autori del nuovo lavoro, i conti tornano: gli scienziati hanno infatti mostrato che alcune caratteristiche misurabili (e misurate) dell’Universo, tra cui la curvatura dello spazio-tempo e la radiazione cosmica di fondo (l’“eco” del Big Bang), sono effettivamente coerenti con le previsioni del loro modello, il che è certamente un’osservazione molto incoraggiante. Ma non basta: per corroborare ulteriormente la loro ipotesi, i ricercatori sperano di poterla confrontare con le osservazioni dei rivelatori di onde gravitazionali di nuova generazione. Il modello, infatti, consente anche di stimare alcune proprietà delle onde gravitazionali emesse dai buchi neri primordiali in formazione, e i rivelatori di nuova generazione potrebbero essere in grado di captare queste onde gravitazionali, consentendo di effettuare un confronto tra previsioni e osservazioni e confermare (o sconfessare) l’ipotesi che i buchi neri primordiali siano effettivamente fatti di materia oscura. Ma bisognerà aspettare, perché potrebbe volerci almeno un decennio prima che i nuovi rivelatori siano messi in funzione. “Questo lavoro – conclude Parker – è importante perché spiega in modo naturale come potrebbero essersi formati i piccoli buchi neri primordiali, e come potrebbero aver dato origine alla materia oscura, per di più in un contesto diverso da quello dell’inflazione cosmica. Esistono anche altre linee di ricerca che stanno approfondendo il comportamento di questi piccoli buchi neri attorno alle stelle, e che potranno suggerirci, nel prossimo futuro, come osservarli”.

https://www.wired.it/article/universo-vita-prima-big-bang-materia-oscura-studio/

lunedì 10 giugno 2024

È esplosa una stella a 95 milioni di anni luce dalla Terra: guarda la foto della supernova.

 

La supernova è avvenuta nella galassia NGC 3524: la stella è esplosa quando sulla Terra c’erano i dinosauri e solo ora ne vediamo la luce.

Le esplosioni stellari non sono affatto rare e per questa ragione vengono individuate sempre più spesso. Stavolta la supernova c’è stata nella galassia lenticolare NGC 3524 sita a 95 milioni di anni luce dalla Terra ed è stata classifica di tipo Ia (è più luminosa della galassia intera). Di seguito, ecco la foto dell’esplosione (l’evento è stato battezzato come SN 2024inv) del nostro amico astrofisico Gianluca Masi del Virtual Telescope Project:

SN 2024inv supernova stella
L’immagine straordinaria dell’esplosione della stella ripresa da Manciano (Grosseto). Credit: The Virtual Telescope Project

Ma come muoiono di preciso questi colossi?

Nel caso classico delle supernovae tipo II, formanti una stella di neutroni o un buco nero, abbiamo stadi di bruciamento successivi che si susseguono nel modo intuitivo che conosciamo: bruciamento elio, fine elio e contrazione, accensione e bruciamento del carbonio, fine carbonio e contrazione, accensione del neon fino a bruciare prima l’ossigeno, poi il silicio e produrre un nucleo di ferro appena prima del collasso finale. A questo punto, la densità centrale raggiungerà valori abbastanza alti da indurre catture elettroniche nei nuclei atomici, trasformando la quasi totalità di protoni in neutroni (ed emettendo neutrini, che forniranno la “spinta” decisiva alla supernova), formando così una stella di neutroni, o un buco nero se la massa e sufficientemente alta. Eventi potentissimo, bellissimi tanto quanto potenzialmente distruttivi.

Fonte, immagine di copertina (rappresentazione artistica) credit M. Kornmesser / ESO

https://www.passioneastronomia.it/e-esplosa-una-stella-a-95-milioni-di-anni-luce-dalla-terra-guarda-la-foto-della-supernova/

mercoledì 10 aprile 2024

Ecco la vista più dettagliata (finora) sulla storia dell’Universo in espansione. - Mariasole Maglione


Installato sul telescopio da 4 metri Nicholas U. Mayall della NSF, presso il Kitt Peak National Observatory in Arizona, c’è uno strumento scientifico impegnato in una delle ricerche più importanti mai portate avanti. Si tratta di DESI, acronimo di Dark Energy Spectroscopic Instrument, e sta conducendo un’indagine quinquennale per creare la più grande mappa 3D dell’Universo mai ottenuta.

Frutto di una collaborazione scientifica internazionale di oltre 900 ricercatori provenienti da oltre 70 istituzioni in tutto il mondo, DESI è gestito dal Lawrence Berkeley National Laboratory (LBNL) del Dipartimento dell’Energia degli Stati Uniti. Dall’inizio della sua indagine del cielo nel 2021, lo strumento ha osservato 5000 galassie ogni 20 minuti, per un totale di oltre 100 mila galassie a notte.

Gli astronomi stanno ora eseguendo l’analisi iniziale dei dati del primo anno di quest’indagine. Utilizzando gli spettri delle galassie vicine e dei quasar distanti, i ricercatori sono riusciti a misurare la storia dell’espansione dell’Universo con la massima precisione mai raggiunta prima, migliore dell’1%.

I risultati confermano le basi del modello cosmologico standard dell’Universo, e forniscono uno sguardo senza precedenti sulla natura dell’energia oscura e sui suoi effetti sulla struttura su larga scala dell’Universo.

Una fetta della mappa 3D delle galassie raccolta nel primo anno di dati di DESI. La Terra è sulla punta, con le galassie più lontane tracciate a distanze di 11 miliardi di anni luce. Ogni punto rappresenta una galassia. Questa versione della mappa DESI comprende 600.000 galassie, meno dello 0,1% del volume totale dell'indagine. Credits: DESI Collaboration/NOIRLab/NSF/AURA/R. Proctor
Una fetta della mappa 3D delle galassie raccolta nel primo anno di dati di DESI. La Terra è sulla punta, con le galassie più lontane tracciate a distanze di 11 miliardi di anni luce. Ogni punto rappresenta una galassia. Questa versione della mappa DESI comprende 600.000 galassie, meno dello 0,1% del volume totale dell’indagine. Credits: DESI Collaboration/NOIRLab/NSF/AURA/R. Proctor

Mappando l’Universo, galassia dopo galassia

Per mappare il cosmo, DESI raccoglie la luce da milioni di galassie in più di un terzo dell’intero cielo. Scomponendo la luce di ciascuna galassia nel suo spettro di colori, DESI può determinare quanto la luce è stata spostata verso il rosso, o allungata fino a una lunghezza d’onda maggiore (effetto di redshift), dall’espansione dell’Universo durante i miliardi di anni che ha viaggiato prima di raggiungere la Terra. In generale, maggiore è lo spostamento verso il rosso, più lontana è la galassia.

Dotato di 5000 minuscoli “occhi” robotici, DESI è in grado di eseguire questa misurazione a una velocità senza precedenti. Solo nel suo primo anno, DESI ha superato tutte le precedenti indagini di questo tipo in termini di quantità e qualità.

Con incredibile profondità e precisione, i dati del primo anno del DESI hanno permesso agli astronomi di misurare il tasso di espansione dell’Universo fino a 11 miliardi di anni fa, quando il cosmo aveva solo un quarto della sua età attuale, utilizzando una caratteristica della struttura su larga scala dell’Universo: le Baryon Acoustic Oscillations (BAO), oscillazioni acustiche barioniche.

Indagando la storia cosmica grazie alle BAO

Le BAO sono l’impronta residua delle onde di pressione che permeavano l’Universo primordiale quando non era altro che una zuppa calda e densa di particelle subatomiche. Mentre l’Universo si espandeva e si raffreddava, le onde ristagnavano, congelando le increspature e generando i semi di future galassie nelle aree più dense.

Questo modello può essere visto nella mappa dettagliata di DESI, che mostra filamenti di galassie raggruppate insieme, separate da vuoti dove ci sono meno oggetti.

La sezione sullo sfondo mostra le galassie mappate nel primo anno dell'indagine quinquennale del DESI. La Terra è al centro di questa sottile fetta della mappa completa. Nella sezione ingrandita si può vedere la struttura sottostante della materia nel nostro universo. Credits: Claire Lamman/DESI Collaboration
La sezione sullo sfondo mostra le galassie mappate nel primo anno dell’indagine quinquennale del DESI. La Terra è al centro di questa sottile fetta della mappa completa. Nella sezione ingrandita si può vedere la struttura sottostante della materia nel nostro universo. Credits: Claire Lamman/DESI Collaboration

Ad una certa distanza, le BAO diventano troppo deboli per essere rilevate utilizzando le galassie tipiche. Quindi gli astronomi guardano ciò che è retroilluminato da nuclei galattici estremamente distanti e luminosi noti, i quasar. Mentre la luce dei quasar viaggia attraverso il cosmo, infatti, viene assorbita dalle nubi intergalattiche di gas, consentendo agli astronomi di mappare le sacche di materia densa. Per implementare questa tecnica, i ricercatori hanno utilizzato 450mila quasar, il set più grande mai raccolto per questo tipo di studio.

Grazie alla capacità unica di DESI di mappare milioni di galassie vicine e quasar lontani, gli astronomi possono misurare la diffusione delle increspature in diversi periodi della storia cosmica, per vedere come l’energia oscura ha modificato la scala nel tempo durante l’espansione.

Dettagliando sempre più la storia cosmica

Anche se la storia dell’espansione dell’Universo potrebbe essere più complessa di quanto si immaginasse in precedenza, la conferma di ciò dovrà attendere il completamento del progetto DESI. Entro la fine della sua indagine quinquennale, DESI prevede di mappare oltre 3 milioni di quasar e 37 milioni di galassie. Man mano che verranno rilasciati più dati, gli astronomi miglioreranno ulteriormente i loro risultati.

“Questo progetto sta affrontando alcune delle più grandi domande dell’astronomia, come la natura della misteriosa energia oscura che guida l’espansione dell’Universo” ha affermato Chris Davis, direttore del programma NSF per NOIRLab.

E mentre DESI continua a stupire con le sue prestazioni, gli scienziati già sanno che i suoi dati funzioneranno in armonia con le future indagini del cielo condotte dall’Osservatorio Vera C. Rubin e dal Nancy Grace Roman Space Telescope. La collaborazione DESI sta attualmente studiando potenziali aggiornamenti allo strumento e pianificando di espandere la propria esplorazione cosmologica in una seconda fase, DESI-II.

questa pagina sono reperibili una serie di pubblicazioni a partire dal primo rilascio di dati DESI.

https://www.astrospace.it/2024/04/06/ecco-la-vista-piu-dettagliata-finora-sulla-storia-delluniverso-in-espansione/

sabato 16 marzo 2024

Il nostro universo sta inghiottendo piccoli universi paralleli mentre si espande, suggeriscono gli scienziati.

 

Nella comunità scientifica c’è consenso sul fatto che l’universo è in continua espansione. Tuttavia, le ragioni esatte alla base di questo fenomeno rimangono un mistero. Una teoria ampiamente accettata tra gli scienziati è che questa espansione sia guidata dall’energia oscura, una forza che, nonostante non sia direttamente osservabile, si deduce dalla sua influenza su altre entità cosmiche.

Uno studio pubblicato nel dicembre 2023 sul Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, condotto da un team dell’Università di Copenaghen e del Tokyo Institute of Technology, ha presentato un’interessante teoria alternativa. I ricercatori suggeriscono che l’universo potrebbe assorbire universi paralleli più piccoli, il che comporterebbe una continua espansione.

Jan Ambjørn, fisico del Niels Bohr Institute dell’Università di Copenaghen e autore principale dello studio, ha spiegato in un’intervista a LiveScience che questa nuova idea suggerisce che l’espansione accelerata dell’universo, tradizionalmente attribuita all’energia oscura, può essere migliorata inteso come l’integrazione di questi cosiddetti universi neonati. Secondo Ambjørn, questo concetto potrebbe allinearsi più strettamente ai dati osservativi rispetto al Modello Cosmologico Standard attualmente accettato.

Questa nuova prospettiva implica che l’espansione dell’universo potrebbe non dipendere dall’energia oscura, come si pensava in precedenza. Potrebbe invece essere il risultato dell’universo che ingoia altri universi, in modo simile a un’entità cosmica che consuma mondi paralleli.

Lo studio si basa principalmente su complesse teorie matematiche, ma alcune sue parti sono particolarmente interessanti. LiveScience evidenzia come potrebbe spiegare la rapida espansione che il nostro universo ha sperimentato pochi millisecondi dopo il Big Bang. La spiegazione convenzionale implica un concetto teorico noto come “inflatone”. Tuttavia, questa nuova ricerca suggerisce un’alternativa: il nostro giovane universo potrebbe essere stato assorbito da un universo più grande e più vecchio, il che spiegherebbe la sua rapida espansione.

I ricercatori suggeriscono che questa crescita immediata e rapida potrebbe essere il risultato della fusione del nostro universo con un universo “genitore” più grande. Questa teoria potrebbe eliminare la necessità dell’ipotetico campo inflatonico.

Tuttavia, i ricercatori riconoscono che il loro studio si basa su teorie matematiche senza prove concrete di osservazione o una comprensione completa dei meccanismi coinvolti in tali interazioni cosmiche. Pertanto, queste idee rimangono speculative.

Questa ricerca serve a ricordare la nostra limitata comprensione dell’universo e illustra che anche le teorie più importanti in astronomia sono ancora soggette a domande ed esplorazioni.

In sostanza, ciò che questo studio porta alla luce è un nuovo modo di vedere l’universo – non come un’entità isolata, ma come parte di un mosaico cosmico più ampio in cui le interazioni tra gli universi possono essere un fattore fondamentale. Se confermata, questa teoria potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della cosmologia, aprendo nuove possibilità per la ricerca scientifica.

Inoltre, sfidando il paradigma consolidato dell’energia oscura, i ricercatori stanno spingendo i limiti della conoscenza umana e incoraggiando la comunità scientifica a pensare al di fuori dei modelli convenzionali. Questo approccio innovativo alla comprensione dell’universo non solo arricchisce l’attuale ricerca scientifica, ma ispira anche le future generazioni di scienziati a esplorare le innumerevoli incognite del cosmo.

In sintesi, questo studio rappresenta un progresso significativo nella cosmologia, proponendo una spiegazione alternativa per l’espansione dell’universo che potrebbe eventualmente portare a nuove scoperte e a una migliore comprensione del nostro universo e del suo posto nel cosmo. [ Futurismo ]

Fonte: hypescience.com

https://www.pianetablunews.it/2024/02/14/il-nostro-universo-sta-inghiottendo-piccoli-universi-paralleli-mentre-si-espande-suggeriscono-gli-scienziati/

domenica 25 febbraio 2024

Scoperta la “Città di Dio” nello spazio: la nostra visione dell’Universo cambia radicalmente. - Francesca Zavettieri

 

Era il 26 dicembre 1994 quando una fotografia della galassia NGC3079 ha catturato l'attenzione degli astronomi di tutto il mondo.

Nel vasto e infinito regno dell’Universo, l’umanità ha sempre contemplato con meraviglia il mistero delle stelle. Da tempi remoti, le domande sulla possibile presenza di vita al di là del nostro mondo hanno alimentato il fervore della curiosità umana, spingendo scienziati e appassionati a scrutare il cielo notturno con occhi speranzosi. Tuttavia, niente avrebbe potuto prepararci al polverone alzatosi nel 1994 dopo la scoperta di quella che un giornale del tempo ha definito la “Città di Dio” nello spazio.

Come tutto è iniziato: uno scatto di Hubble

Tutto ha avuto inizio con una singola immagine, immortalata dal celebre telescopio spaziale Hubble. Era il 26 dicembre 1994 quando una fotografia della galassia NGC 3079 ha catturato l’attenzione degli astronomi di tutto il mondo. Situata a una distanza di 55 milioni di anni luce, questa galassia sembrava ospitare un dettaglio particolare: una macchia bianca, apparentemente fluttuante tra le stelle.

Ciò che è seguito è stato un processo di speculazione senza precedenti. I ricercatori hanno studiato attentamente l’immagine, ingrandendo e scrutando ogni singolo pixel. Fino a quando la popolazione si è divisa in due categorie: i ricercatori che ammiravano la bellezza della galassia, senza rinvenire alcun dato sulla presunta Città di Dio e chi, invece, ci immaginava una struttura che ricordava una città, sospesa nell’oscurità dello spazio. A questa scoperta sono seguiti numerosi dibattiti non scientifici in cui ognuno ha espresso la propria opinione, generando caos e confusione.

La “Città di Dio” esiste?

Fu solo questione di tempo prima che la notizia si diffondesse al di fuori dei circoli scientifici, arrivando alla luce del giorno attraverso le pagine di una testata giornalistica. Il World Weekly News, nel 1995, dedicò a questa scoperta un titolo in prima pagina: “Scoperta la Città di Dio“. Questo titolo, tanto sensazionale quanto evocativo, ha dato il via all’isteria comune e alle teorie del complotto.

C’è chi ha ipotizzato che la presunta immagine della Città di Dio sia stata pubblicata e poi “eliminata per non rivelare il segreto“, chi, invece, affidandosi alla scienza ha creduto all’evidenza dei fatti.

L’immagine, non presente in nessuno dei canali ufficiali, sarebbe questa. Sembra inutile precisare quanto sia palese la sua non veridicità.









Perché ne parliamo adesso? Siamo arrivati ad un punto tecnologico tale da poter discernere la veridicità delle immagini spaziale, perciò è nostro dovere fare chiarezza su quelle vicende perse nel dimenticatoio, che ogni tanto risalgono e fanno scalpore.

Le domande che questa scoperta solleva vanno ben oltre la semplice ricerca di vita extraterrestre: mettono in discussione le nostre concezioni più profonde della realtà e la capacità dell’uomo di trovare risposte anche se non ci sono, per soccombere al non volere accettare l’unica realtà: non abbiamo tutte le risposte.

https://www.meteoweb.eu/2024/02/scoperta-la-citta-di-dio-nello-spazio-e-una-rivoluzione/1001363396/

giovedì 18 gennaio 2024

Scoperta struttura gigantesca nell’Universo che mette alla prova gli scienziati. - Lucia Petrone

 

Secondo un nuovo studio, una misteriosa struttura ultra-grande scoperta nello spazio potrebbe mettere alla prova la nostra comprensione del cosmo

La struttura soprannominata il “Grande Anello del Cielo” si trova a circa 9,2 miliardi di anni luce dalla Terra e presenta un mistero per gli astronomi, poiché strutture così grandi dovrebbero essere troppo grandi per la “regione media” dello spazio. È stato scoperto da Alexia Lopez, dottoranda presso l’Università del Central Lancashire nel Regno Unito. Lopez ha anche scoperto il Giant Arc on the Sky, un’altra grande struttura di 2 anni fa. Il Grande Anello ha un diametro di circa 1,3 miliardi di anni luce, con una circonferenza di circa quattro miliardi di anni luce. Entrambe queste grandi strutture si trovano nello stesso quartiere cosmologico, afferma una sintesi dei risultati. Sono stati visti anche nello stesso tempo cosmico, il che pone molte domande agli astronomi. “Nessuna di queste due strutture ultra-grandi è facile da spiegare nella nostra attuale comprensione dell’universo. E le loro dimensioni ultra-grandi, le forme distintive e la vicinanza cosmologica devono sicuramente dirci qualcosa di importante, ma cosa esattamente?” Lopez ha detto in una sintesi dei risultati. “Una possibilità è che il Grande Anello possa essere correlato alle oscillazioni acustiche barioniche (BAO). Le BAO derivano da oscillazioni nell’universo primordiale e oggi dovrebbero apparire, almeno statisticamente, come gusci sferici nella disposizione delle galassie. Tuttavia, un’analisi dettagliata di il Grande Anello ha rivelato che non è realmente compatibile con la spiegazione BAO: il Grande Anello è troppo grande e non è sferico.” All’inizio il Grande Anello sembrava essere un cerchio perfetto nel cielo. Tuttavia, Lopez scoprì in seguito che in realtà ha più una forma a spirale quando viene osservato dalla Terra. Questo anello potrebbe anche essere un segnale della Cosmologia Ciclica Conforme. Questa teoria è stata sviluppata dai fisici Roger Penrose e Vahe Gurzadyan e propone che l’universo attraversi cicli infiniti. L’idea è che ognuno di essi inizi con un evento enorme, come il Big Bang.

L’anello potrebbe anche essere il risultato del passaggio di stringhe cosmiche, che sono “difetti topologici” creati agli albori dell’universo. Il Grande Anello e l’Arco Gigante precedentemente scoperto rappresentano vere e proprie sfide contro il Principio Cosmologico, che di per sé rimane un grande mistero in fisica. Il Principio Cosmologico mette in discussione se l’universo sia omogeneo o disomogeneo. “Il Principio Cosmologico presuppone che la parte dell’universo che possiamo vedere sia vista come un ‘giusto campione’ di ciò che ci aspettiamo che sia il resto dell’universo. Ci aspettiamo che la materia sia distribuita uniformemente ovunque nello spazio quando osserviamo l’universo su larga scala, quindi non dovrebbero esserci irregolarità evidenti al di sopra di una certa dimensione”, ha detto Lopez. “I cosmologi calcolano che l’attuale limite teorico delle dimensioni delle strutture sia di 1,2 miliardi di anni luce, ma entrambe queste strutture sono molto più grandi: l’Arco Gigante è quasi tre volte più grande e la circonferenza del Grande Anello è paragonabile alla lunghezza dell’Arco Gigante.” Lopez ha affermato che, in base alle attuali teorie cosmologiche, gli astronomi non ritengono che “strutture di questa scala siano possibili”. “Potremmo aspettarci forse una struttura estremamente grande in tutto il nostro universo osservabile. Eppure, il Grande Anello e l’Arco Gigante sono due strutture enormi e sono anche vicini cosmologici, il che è straordinariamente affascinante.”

https://www.scienzenotizie.it/2024/01/17/scoperta-struttura-gigantesca-nelluniverso-che-mette-alla-prova-gli-scienziati-3778198

martedì 10 ottobre 2023

Fragilità cosmica. - Filippo Bonaventura

 

Basta veramente niente. La parete di un vaso sanguigno che cede, un grumo di cellule che si riproduce in modo incontrollato. Una caduta da un’altezza sufficiente, un virus microscopico. Siamo fragili.

Se sopravviviamo è solo perché ci troviamo su questo minuscolo strato che chiamiamo “biosfera”, per il quale la selezione naturale e altri processi ci hanno altamente adattati. In qualunque altro punto del cosmo moriremmo quasi istantaneamente. Ci piace pensare che l’universo sia disegnato apposta per noi, ma l’universo è fatto di 400 milioni di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di miliardi di km3 pronti a ucciderci all’istante, eccezion fatta per la superficie di un minuscolo sassolino sospeso nel vuoto, che un giorno verrà inghiottito dalla sua stessa stella madre.

Siamo come una matita in equilibrio sulla sua punta: un istante e tac, ci ritroviamo orizzontali e lì rimaniamo. Quando un astronomo dice «Betelgeuse esploderà tra poco» intende «entro il prossimo milione di anni». È vero che gli astronomi parlano in un modo tutto loro, ma è vero anche che i nostri tempi-scala sono ridicoli rispetto a quelli cosmici. Duriamo talmente poco che ci sembra di vivere in un universo immobile nonostante tutto sfrecci a milioni di km/h come tante schegge impazzite. Siamo come esserini che vivono per un nanosecondo in una cascata e non si accorgono nemmeno che l’acqua si sta muovendo.

Siamo apparentemente anche l’unica specie su questo pianeta a rendersi conto di tutto questo. Nessun altro con cui parlarne se non tra noi. Abbiamo anche provato a inviare messaggi nello spazio, senza mai ricevere risposta. Doppia spunta blu cosmica. Anzi, peggio: non sappiamo nemmeno se qualcuno ci sia, là fuori, in grado di ascoltarci.

Eppure ci piace disegnare linee immaginarie sulle mappe. Abbiamo il 99,9% del nostro genoma in comune con quello di qualunque altro essere umano. Se fossimo libri, la differenza tra me e te sarebbe di appena una lettera per pagina. Questa è la differenza tra chi odia e chi è odiato, tra chi ama e chi è amato. La verità è che siamo tutti vivi per miracolo, fragili come fibre di vetro e soli come cani sotto la pioggia. Ci piace disegnarle, quelle linee, ma sappiamo anche che sono immaginarie. Siamo tutti prodotti dell’eterno riciclo degli atomi nell’universo.

A partire dai quark la forza attrattiva nucleare ha generato i nuclei atomici. A partire dai nuclei atomici la forza attrattiva elettromagnetica ha generato gli atomi. A partire dagli atomi la forza attrattiva gravitazionale ha generato le stelle e i pianeti. Su questo pianeta ci siamo noi, e a partire da noi un’altra forza attrattiva, che però non sta nei libri di fisica, genera tutto ciò che di buono può venire dalla nostra specie.

https://www.chpdb.it/2022/03/17/fragilita-cosmica/

lunedì 11 settembre 2023

Mie elucubrazioni: l'Universo.

 

Visto che la politica ha preso una bruttissima piega, per non farmi venire uno scoppolone, mi dedicherò ad altro, almeno per oggi.


L'Universo, volgiamo parlarne?

"L'universo è comunemente definito come il complesso che racchiude tutto lo spazio e ciò che contiene, cioè la materia e l'energia, i pianeti, le stelle, ..." Wiki

Ricordo che, da piccola, pensando all'Universo, provavo un senso di angoscia.
lo immaginavo immenso, pieno di formule matematiche impossibili da decifrare e, pensando che nell'Universo, anche il più piccolo elemento esistente, è un insieme di formule matematiche, andavo in tilt; 
era un ammasso incontrollabile di oggetti che ruotavano nello sfondo nero, che per noi è un vuoto, ma altro non è che materia anch'essa.
Anche noi umani siamo un insieme di formule matematiche, unite insieme a formare ciò che siamo, come solo la natura con la sua impeccabile logica sa fare, anche se con qualche anomalia, ma tutto ciò che è naturale è anche soggetto ad anomalie dovute a tanti fattori incontrollabili.
Pensandoci mi veniva il mal di testa, immaginavo questo insieme immenso composto da tanti elementi distinti tra loro che ruotavano nel vuoto.
Poi, finalmente, la scintilla: "l'Universo è in continua espansione", quindi, mi sono resa conto del fatto che è pur sempre delimitato, circoscritto...
E dove si espande? Nel vuoto assoluto, nel nulla, nel vuoto immenso che non ha confini. Quindi, se l'Universo, oggetto, composto da tanti altri oggetti incute timore, il vuoto che lo avvolge non essendo un oggetto, non fa paura.
Questo pensiero mi ha tranquillizzata facendomi capire che l'Universo fa parte anch'esso di un qualcosa che ancora non conosciamo.
Basandomi su questa teoria, ho pensato anche che, probabilmente, altri Universi potrebbero esistere nel vuoto assoluto. 

Vuoto che, diversamente dall'Universo o dagli Universi, è innocuo.

cetta

Foto scaricata da Pixabay



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Ringraziamenti: Image by geralt