La tentazione. “Non abbiamo fatto errori e tenerci chiusi non sarà necessario” (Attilio Fontana, Lega, presidente Regione Lombardia, Repubblica, 23.5). Però sarebbe bellissimo.
Forconi e forchette. “Io continuo a essere convinto che (Conte) lo manderanno via con i forconi” (Pierferdinando Casini, senatore eletto col Pd, il Giornale, 21.5). Lui darà una mano con la sua forchettina.
I ricchi e poveri. “Conte garantisce miseria a chiunque” (Libero, 22.5). “Italiani mai così ricchi” (Libero, 24.5). Apperò, e tutto in due giorni.
La parte per il tutto. “Attacco M5S alla Lombardia” (Corriere della sera, prima pagina, sulle critiche del deputato M5S Riccardo Ricciardi alla gestione della pandemia da parte della giunta regionale lombarda, 22.5). Occhio che ora invadono pure la Polonia.
Esagerato. “Soldi alle imprese subito, stop alle tasse tutto l’anno” (Silvio Berlusconi, il Giornale, 23.5). Ma non ti basta non pagarle?
Razzi Catiuscia. “Pd garantista con Bonafede e non con me: ipocriti” (Catiuscia Marini, ex presidente Regione Umbria, Il Foglio, 22.5). Perché, Bonafede è indagato per associazione per delinquere nella lottizzazione della sanità regionale?
La Supercunial. “Mentre voi stracciate il codice di Norimberga con Tso, multe e deportazioni, riconoscimenti facciali e intimidazioni, avallate dallo scientismo dogmatico protetto dal nostro pluripresidente della Repubblica, che è la vera epidemia culturale di questo Paese, noi fuori, con i cittadini moltiplicheremo i fuochi di resistenza in modo tale che vi sia impossibile reprimerci tutti” (Sara Cunial, deputata gruppo Misto, ex M5S, 14.5). Ma con scappellamento a destra o al centro?
Cappellamento. “Come sarebbe possibile a Roma non far continuare il lavoro a Virginia Raggi? É un po’ come se Giulio II, il Papa delle arti, avesse impedito improvvisamente a Michelangelo di terminare la decorazione della volta della Cappella Sistina” (Paolo Ferrara, consigliere comunale 5Stelle a Roma, 17.5). Ma come, in Vaticano non c’era la regola dei due mandati?
Il capomastro. “Non voglio poltrone, ma cantieri” (Matteo Renzi, segretario Iv, Repubblica, 21.5). Così va a dare consigli non richiesti anche lì, tipo umarell.
Il nuovo Nostradamus. “Quando ho chiesto di riaprire mi hanno preso tutti per matto. Ora hanno tutti capito che quella richiesta era giusta” (Renzi, ibidem). Infatti lui voleva aprire il 1° aprile in piena pandemia e il governo ha riaperto – a rate – da metà maggio.
Il nuovo Machiavelli. “Ultimi momenti per controllare le bozze de ‘La mossa del cavallo’. Come frase introduttiva ho scelto Machiavelli. Ma una frase intima, questa: ‘Ognuno vede quel che tu pari; pochi sentono quel che tu sei’. Vi piace?” (Renzi, Twitter, segnalato da @nonleggerlo, 18.5). Transennate le librerie.
Padri prostituenti. “Domanda incomprensibile. Come dire: lei mi entra nella prostituzione maggiorenne?” (Maurizio Gasparri, FI, vicepresidente del Senato, alla giornalista Claudia Di Pasquale, che tenta di intervistarlo sulla sua fondazione “Italia Protagonista”, Report, Rai3, 18.5). Ma quante nipoti aveva Mubarak?
Lezioni di italiano. “Bonafede, come Conte e Di Maio, sono bambini presi a sberle” (Gianluigi Paragone, senatore gruppo Misto, ex M5S, Huffington Post, 19.5). Ma Bonafede è plurale o sono in tanti?
Strage di capaci. “Per ripartire serve un governo dei capaci. Conte chiami attorno a sé i migliori” (Giuseppe Sala, Pd, sindaco di Milano, Repubblica, 24.5). Ma perchè autoescludersi così, a priori?
La via maestra. “I soldi senza riforme non ci porteranno lontani” (Roberto Formigoni, rubrica “La frustata”, Libero, 24.5). A lui, per esempio, i soldi delle mazzette e le riforme della sanità l’hanno portato in galera.
I have a drink. “Pd, no a Raggi e Appendino e per Roma cerca un big. L’idea 5S di ricandidare le due sindache non convince i dem. Il sogno Enrico Letta che però non è interessato al Campidoglio” (Repubblica, 21.5). Quindi, se nemmeno Enrico Letta sogna Enrico Letta, chi è che sogna Enrico Letta? Repubblica? Uno a caso per strada?
Il titolo della settimana. “Reddito ai mafiosi” (il Giornale, 21.5). Bei tempi quando, da quelle parti, li chiamavano stallieri. O gente con cui “dobbiamo convivere”. O senatori.
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