Il sorpasso di Carlo Calenda su Matteo Renzi (certificato dal sondaggio Swg di Enrico Mentana) può dirci molto su come sia mutata la percezione degli elettori nei tre mesi di Coronavirus. Non tanto per le percentuali assai ridotte (2,9% Azione, 2,7% Italia Viva) ma per la natura stessa dei due personaggi.
Da una parte un ex premier (de)caduto dalle vette del 41% che la scorsa estate grazie a un’abile e disperata manovra di palazzo si è costruito una preziosa rendita di posizione al Senato, dove i numeri per il governo sono ballerini. Con un partito che ha la consistenza di certe società di comodo: un indirizzo e una buca delle lettere. Quanto alla popolarità e alla simpatia del suo leader, vanno di pari passo ma si sono perse per strada.
Anche quello di Calenda più che un partito è un’insegna, ma (stando agli ascolti) quando parla la gente sembra seguirlo con attenzione. Durante la quarantena è stato costantemente sui teleschermi, spesso per criticare questa o quella cosa del governo Conte, non di rado con argomenti fondati. Il tono saccente, compensato da una certa autoironia non lo rende antipatico, anzi. Texano dai modi spicci, il presidente americano Lyndon Johnson diceva: “Meglio avere i tuoi nemici dentro la tenda che la fanno fuori, piuttosto che averli fuori dalla tenda che te la fanno dentro”. Aforisma smentito da Renzi, uno che nella tenda ci sta ma per farci i comodi suoi. Mentre Calenda, che pure è all’opposizione, forse nella tenda saprebbe come comportarsi.
L’Italia del dopo Covid-19 ne ha le scatole piene del gioco delle tre carte camuffato da politica. Vuole capire non essere manipolata. Cerca ascolto e autenticità, non la lingua biforcuta del qui lo dico e qui lo nego (la furbata che ha mandato assolto Salvini). Purtroppo, anche se nei sondaggi Italia Viva dovesse scomparire sotto la voce “altri”, con il renzismo di potere, come con certi virus endemici, siamo destinati a convivere a lungo.
Nessun commento:
Posta un commento