Sui comici girano un sacco di luoghi comuni: lontani dal palco sono tristi, sono competitivi, sono insicuri, si venderebbero la madre per una battuta. Quasi tutto vero, per giunta. Poi c’è la storia “non ridono mai, la comicità altrui li diverte poco”. E in effetti, è vero pure questo. I comici – da spettatori – conoscono i meccanismi della battuta.
Ne anticipano spesso il finale, si annoiano con facilità, hanno il filtro critico costantemente attivato perché sono interessati non tanto al risultato (la risata) quanto alla costruzione. Alla tecnica. E infatti, l’unica cosa che li diverte davvero, è quasi sempre tutto ciò che annulla ogni costruzione. Ciò che li spiazza. Solitamente, le cose più sceme: una barzelletta triste, una volgarità gratuita e inattesa, un tentativo maldestro di far ridere, quelle cose che fanno palesemente ridere solo chi le dice, il coraggio di certi comici allo sbaraglio, la comicità fanciullesca.
Bisogna partire da qui per raccontare cos’è Lol – Chi ride è fuori, lo show di Amazon Prime (ispirato a un format giapponese) in cui dieci comici devono trascorrere sei ore insieme in una stanza cercando di non ridere a battute e gag altrui. Uno show che sta avendo un clamoroso successo, forse il primo vero successo di Amazon Prime dopo qualche tentativo mal riuscito nel mondo dei reality (il disastroso Celebrity Hunter, per esempio). Il cast è formato da Elio, Caterina Guzzanti, Lillo, Angelo Pintus, Frank Matano, Katia Follesa, Ciro e Fru dei The Jackal, Michela Giraud e Luca Ravenna, i conduttori sono Fedez, con Mara Maionchi. Insomma, dagli youtuber ai teatranti, ai televisivi, fino ai mestieranti da stand up comedy, in Lol ci sono più correnti che nel Pd. Ed è questo, in definitiva, l’aspetto più interessante del programma: ognuno, per far ridere gli altri, utilizza il suo registro.
Elio, dunque, si presenta con la testa infilata in un quadro (la Gioconda) e quattro braccia, ovviamente senza un perché. Balla un interminabile, estenuante tip tap con la gonna tirata su e i calzini fino al ginocchio, ovviamente – anche in questo caso – senza un perché. Commenta con puntuale e spassosa serietà le battute altrui, giocandosi le sue carte al meglio, tra demenzialità e autorevolezza. Frank Matano, col suo oggetto-feticcio che fa ridere perché non fa ridere, adotta un sistema di raro ingegno per non scoppiare in una risata quando gli scappa: cammina senza sosta per tutta la stanza. Se non vince Lol, può comunque ambire ad un buon piazzamento nella prossima maratona delle Dolomiti. E dopo Italia’s got talent, Matano conferma di essere a suo agio in ogni contesto televisivo, riuscendo ad adattare il contenitore a sé, e non il contrario, tant’è che l’unico momento in cui manifesta insofferenza è quando gli autori gli chiedono di indossare un “abito” da lottatore di sumo: “Ho un problema con i costumi, mi fanno sentire a disagio”. Da notare: un attimo prima, senza costumi, aveva simulato l’accoppiamento di un qualche uccello in un cespuglio, perfettamente a suo agio.
Angelo Pintus è uno che fa il comico da quando Franceschini fa il ministro, cioè da sempre. Ha partecipato a tutti i programmi da “comici in batteria”, allevati come polli, della serie: poco tempo per crescere, molti muoiono dopo pochi giorni di vita. Lui è sopravvissuto più o meno a tutto, con un successo da mediano e un ego da attaccante. Per intenderci, è di quelli che chiamano gli spettacoli “50 sfumature di Pintus”, “Pintus Arena” e così via, insomma un Donald Trump che non ce l’ha fatta. Però – siamo onesti – in Lol fa la metà del lavoro: intrattiene, coinvolge, si diverte, diverte, osa. Insomma, ha mestiere e si vede. Inevitabilmente però, inciampa nel suo ego: non deve ridere delle battute degli altri e gli riesce benissimo. In compenso, ride delle sue, finendo per farsi fuori da solo.
Lillo è un fuoriclasse e, probabilmente, il più versatile: fa ridere con il costume da “Posaman”, quando racconta la barzelletta sugli asterischi, quando spiega con aria compunta i segreti della sua linea “perfetta”. Per non ridere alle sue battute ci si deve concentrare con tutte le forze su avvenimenti drammatici, tipo l’intervista della Boschi a Verissimo. Katia Follesa gioca d’astuzia: sempre seduta, in modalità ape regina, commenta molto gli altri e si espone poco, ma risulta azzeccata ed efficace. Ciro dei The Jackal fa spesso il suo cavallo da battaglia – la nonna col fischio – e lì, come direbbe qualcuno, “so’ gusti”, come forse è una questione di gusti anche la comicità di Caterina Guzzanti, che è l’esatto contrario di Frank Matano: sembra a suo agio solo dentro a un costume, imprigionata in gag teatrali e forzate. Fuori, è impassibile a qualunque stimolo comico, uditivo, visivo, tattile. Forse non è neppure lei: quello è il costume di Caterina Guzzanti e dentro c’è Francesco Borgonovo.
Sottotono Fru e Ravenna, menzione speciale per Michela Giraud che riesce nel raro proposito di giocarsi la carta della volgarità gratuita (la hit “Mignottone pazzo” è già leggenda”) senza risultare volgare. Sui due conduttori, poco da dire: avrei evitato l’accoppiata Maionchi/Fedez che fa molto Sky e X Factor e toglie un po’ di identità a un prodotto nuovo e ben fatto. Mara fa Mara, Fedez si sganascia e raggiunge lo studio in monopattino, annunciando le ammonizioni/espulsioni con il carisma, appunto, di un monopattino. Ma in fondo, poco importa. Lol è un programma così spassoso e fortunato che potrebbe presentarlo chiunque: perfino Fedez.
IlFattoQuotidiano
Nessun commento:
Posta un commento