È l’alba delle maratone tv. La giornata, nel suo epilogo, sembra avere dell’incredibile, ma sono ancora solo le 12. Un interrogativo avanza in diretta. Ci colleghiamo con Matteo Salvini, ha convocato alla Camera una conferenza stampa. “Ha accanto Erika Stefani e Laura Ravetto, non so se ci sia una ratio nelle posizioni…”, dicono da studio. “Nella stessa sala dove un altro Matteo aveva accanto due parlamentari di sesso femminile, ma almeno lì la presenza era dovuta al fatto che le due stavano per dimettersi da ministre. La presenza oggi di Ravetto e Stefani a cosa va attribuita?”. Già, a cosa andrà attribuita l’eccezionale presenza di due donne accanto al Segretario, se non “a sottolineare che è una candidatura femminile quella della presidente del Senato”? Donne come figuranti e pure in versione testimonial/supporter. E così, con tale premessa, tra i vari spettacoli che il grande gioco del Quirinale ci sta restituendo in questi giorni, abbiamo assistito anche a questo. Ovvero a un condensato di idiozie, arretratezze culturali, vittimizzazioni secondarie e stereotipi di genere, in formato conferenza stampa.
Salvini – Chi mi è vicino non è stato scelto a caso… (figurine sì, ma con ratio). Do la parola per un minuto a Laura Ravetto (in quanto capo io ti concedo, donna, il diritto di parlare, giusto per un minuto però) responsabile Pari opportunità e poi Erika Stefani, ministro alle disabilità (mistero del genere).
Ravetto – Sono orgogliosa di avere un leader che per primo nella storia (Ravetto, come predisposizione, deve essere rimasta ai tempi dell’adorazione di B.) propone il nome di una donna alla presidenza della Repubblica. Oggi c’è l’occasione di praticare davvero le pari opportunità (che vanno praticate, mi raccomando)… Avere una donna alla Presidenza della Repubblica permetterebbe di avere un’alleata ancora più forte (un uomo, no) sulle tematiche di questo settore (“settore”). Penso alle battaglie per un fondo per le giovani madri, al bonus bebè… (per chi avesse dubbi sul modello di donna del loro immaginario).
Stefani – Come ufficio della disabilità stiamo seguendo molti temi (ha esordito davvero così, ministra della Repubblica). C’è un Paese dove una parte di cittadini è stata dimenticata (per proprietà transitiva, l’equazione evidentemente è: disabile = soggetto debole; soggetto debole = donna; donna = disabile). Abbiamo previsto un fondo per l’autismo per interventi socio-assistenziali… E poi quello abbiamo fatto per l’accesso alle Ztl… La presidente Casellati ha dato prova di sensibilità sul tema, ha fatto visite… (attenta e caritatevole, come si vuole una donna).
Una conferenza stampa che mostra il livello della classe politica di un Paese, il nostro, in cui la questione della rappresentanza politica delle donne non è riuscita, almeno finora, a fare quel salto di “normalità” che altrove, invece, si è verificato. Tutto è eccezionale, se si parla di donne. Tutto è strumentale. Tutto diventa sminuente. Dietro i tanti appelli (più o meno retorici) per una donna al Colle – “Una donna al Quirinale” “E se fosse donna?” “Perché non una donna?” “Ipotesi donna” – c’è pure la stessa logica: la bandiera che diventa figurina. Basta che sia rosa, e che si possa scartare. Meglio senza nome (così è stato per giorni), e senza che si discuta del profilo. Essere donne non significa essere “categoria da proteggere” o “vittime”. Qualcuno a Salvini lo spieghi (e non solo a lui). E se alla fine, pur se per disperazione che convinzione, si arriverà a un Presidente della Repubblica dal profilo di Elisabetta Belloni o di Paola Severino, per i vari Matteo della nostra politica si chiuderà come per Riccardo III: disarcionati dal proprio destriero, a terra. “Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!”.
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