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domenica 27 dicembre 2020

Air Force Renzi: “Voli abusivi, mancano le certificazioni Ue”. - Vincenzo Bisbiglia

 

Voluto dall’ex premier - L’inchiesta dei pm di Civitavecchia. 

L’Airbus voluto dall’ex premier Matteo Renzi per i voli di Stato non aveva le necessarie certificazioni di marca europea per decollare. E dunque non avrebbe dovuto essere autorizzato a compiere nessuno degli 88 viaggi effettuati fra il 2016 e il 2018. Voli a cui hanno partecipato in due anni le massime autorità governative italiane, e non solo. È quanto emerge da una nuova relazione consegnata nel mese di dicembre al Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma, che indaga su delega della Procura di Civitavecchia, sul crac Alitalia.

Il filone (che non conta nessun iscritto nel registro degli indagati) è quello relativo all’Airbus A340/500, l’aereo di Stato preso in leasing da Etihad nel 2015 con un costo totale previsto di 168 milioni di euro, operazione portata a termine dal governo italiano guidato dall’allora premier Matteo Renzi. In particolare, secondo il documento tecnico redatto da Gaetano Intrieri, il difetto di documentazione riguarda i servizi di continuous airworthiness, operazioni di certificazione e controllo dei parametri di sicurezza che devono essere erogati da una Camo organization, una società certificata dalle autorità aeronautiche. Intrieri, già consulente dell’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, è il tecnico che nel 2018 spinse per la chiusura anticipata del contratto assai oneroso per lo Stato.

Già più volte ascoltato dalla Procura come persona informata sui fatti, i finanzieri lo reputano attendibile e stanno verificando punto per punto la bontà della relazione attraverso vari accessi effettuati nelle scorse settimane presso la sede di Alitalia e degli enti governativi collegati.

Dunque secondo il documento redatto da Intrieri, controlli e certificazioni di sicurezza sull’Airbus venivano effettuati e rilasciati da una società araba non registrata in Europa. Il caso viene spiegato nel dettaglio al paragrafo due della relazione. “Non essendo Alitalia una Camo certificata su quel tipo di macchina – si legge nel documento – non poteva erogare quei servizi previsti dal Lotto 2. Ecco quindi che nel main lease agreement (l’accordo di leasing, ndr) tra Alitalia ed Etihad tali servizi sono resi in concreto dalla Camo organization di Etihad”.

E qui sorge l’inghippo. Perché questa fattispecie “non è conforme alle regole emesse dalle autorità̀ aeronautiche – si legge – secondo il Regolamento Europeo part. Camo n.1321/14 Amc2 305(b)”, in quanto la continuous airworthiness di un aereo europeo registrato in Europa, “come nel caso dell’Airbus A340” deve essere “garantita solo ed esclusivamente da una Camo organization europea, ovvero, certificata Easa (l’agenzia europea per i servizi aerei, ndr)”. Ma, conclude Intrieri, “questo non è chiaramente il caso della Camo organization di Etihad”.

Servizi, fra l’altro, erogati a peso d’oro. Nella relazione viene citato un preventivo di una Camo maltese che avrebbe assicurato le stesse erogazioni, per la durata del contratto di leasing, a un prezzo totale di mercato di circa 528.000 dollari, contro i 31.751.718 dollari previsti dall’accordo con Etihad. Sessanta volte di più.

Nella relazione allo studio della Guardia di Finanza e della Procura di Civitavecchia, titolare del fascicolo, emergono poi altri rilievi potenzialmente utili agli investigatori. Il primo è che dei 34 aerei “gemelli” prodotti da Airbus nello stesso periodo, a oggi ne risultano effettivamente operativi soltanto 7, di cui 6 posseduti da Stati arabi e uno da una società statunitense proprietaria di una catena alberghiera nel segmento del lusso.

“Gli altri 27 esemplari prodotti – si legge – sono stati o messi definitivamente a terra (stored) o smontati (scrapped) allo scopo di riciclare componenti utilizzati anche da altri aeromobili”. Tre agenzie di rating, interrogate dai periti, hanno stabilito che il valore attuale dell’aereo è compreso appena fra 1,7 e 3,5 milioni di dollari. “Chi stava negoziando il velivolo sapeva o comunque doveva sapere quale era il tasso di svalutazione dei valori di mercato dell’aeromobile”, conclude il documento.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/27/air-force-renzi-voli-abusivi-mancano-le-certificazioni-ue/6048467/

mercoledì 16 ottobre 2019

Un fantasma dietro l’Air Force Renzi. Sparita la società che lo vendette. - Daniele Martini, ilFQ.




Parafrasando una frase celebre di Winston Churchill riferita alla Russia, si può dire dell’Air Force di Matteo Renzi che “è un rebus avvolto in un mistero che sta dentro a un enigma”. Più si cerca di far luce su quell’affare dai contorni stralunati e più si scovano stranezze. Si scopre, ad esempio, che perfino la proprietà originaria di quell’aereo è misteriosa, avvolta nel fumo di una sigla: UTHL. Si sa per certo che Etihad, la compagnia dell’Emiro di Abu Dhabi fornitrice di quell’Airbus 340/500 con un leasing (affitto) del valore superiore di circa 26 volte il valore dell’aereo stesso, a sua volta gestiva in precedenza quel jet tramite un leasing. E che prima di chiudere l’affare con l’Italia, Etihad ha riscattato quello stesso leasing per diventare proprietaria del velivolo e che ha preso questa decisione in seguito a un’esplicita richiesta proveniente dall’Italia, in particolare da parte di chi a Palazzo Chigi stava trattando la partita. Anche se non è chiaro il motivo di una richiesta del genere, dal momento che lo Stato italiano avrebbe poi firmato il contratto di leasing non con Etihad, ma con Alitalia.

La cifra mostruosa dagli italiani a Etihad.
Fatto sta che Etihad ha sostenuto a suo tempo di aver effettivamente riscattato, cioè comprato, l’aereo. Il passaggio di proprietà e la sigla UTHL risultano effettivamente nei registri aeronautici dei certificati di proprietà degli aerei. Trattandosi di leasing e di riscatto, a logica UTHL dovrebbe essere un lessor, cioè un soggetto, una società che per mestiere tratta aerei e li dà in affitto o li vende alle compagnie aeree di tutto il mondo. UTHL si sarebbe fatto riscattare da Etihad l’aereo di Renzi a fronte del pagamento di una somma di denaro. Presumibilmente a UTHL o ad essa più altri sono stati girati i 25 milioni di dollari (quasi 23 milioni di euro) o una parte di essi sborsati da Alitalia a Etihad a titolo di “prepagamento del leasing operativo” e documentati da una fattura che Il Fatto ha pubblicato nell’edizione del 2 ottobre.

Questa, almeno, è la spiegazione fornita dal capo della flotta Etihad, Andrew Fisher, ai rappresentanti del ministero dei Trasporti italiano, allora guidato da Danilo Toninelli, nel corso di un incontro riservato che si tenne il 9 agosto di un anno fa all’hotel St.George di via Giulia a Roma di cui Il Fatto ha già dato in precedenza notizia.

Ma la faccenda è strana. In quanto commercianti, anche se di un prodotto particolare come gli aerei, i lessor hanno tutto l’interesse a farsi conoscere dai potenziali clienti. Normalmente qualsiasi lessor al mondo si presenta con un sito su Internet, si fa pubblicità, spiega bene come e dove si trova, fornisce i contatti, spesso espone e descrive la merce in offerta. UTHL no. Nonostante tutte le ricerche condotte con l’ausilio di chi conosce bene la materia, di UTHL non c’è traccia e non risulta neanche ci sia un’autorizzazione a operare riferita a quella sigla.

Le mancate promesse di chiarimento degli arabi.
Ma allora chi o che cosa è UTHL? Il Fatto ha rivolto questa semplice domanda a Etihad e ha inutilmente aspettato una risposta per quasi una settimana. Nonostante i reiterati solleciti da parte del giornale e le ripetute promesse di chiarimento da parte dei rappresentanti della compagnia araba, anche in forma scritta, nel momento in cui scriviamo non è ancora arrivata una riga di spiegazione.

Di fronte al muro di silenzio di Etihad, bisogna necessariamente ricorrere alle ipotesi per cercare di spiegare che cosa in realtà può essere questo o questa UTHL e quale ruolo può aver giocato nella strampalata storia dell’Air Force di Renzi. La prima ipotesi riguarda proprio il silenzio della compagnia araba: se non avesse avuto niente da nascondere riguardo all’acquisto dell’aereo da UTHL, Etihad non avrebbe dovuto avere reticenze di sorta a fornire le informazioni adeguate al Fatto.

Cosa si nasconde dietro quella strana sigla?
Se non è successo, vuol dire che c’è qualcosa da nascondere. Ma che cosa? Sempre per ipotesi si può ritenere che questa UTHL non sia mai esistita. O meglio, che magari esista sulla carta, ma sia una semplice sigla e che dietro ad essa non ci sia niente. E che quindi l’aereo di Renzi fosse di proprietà di Etihad già prima della comparsa di questa UTHL. E che questa UTHL sia solo una parent company, una specie di scatola, un cassetto di Etihad. Un mistero nel mistero. Di sicuro la vicenda dell’aereo di Renzi è uno dei capitoli dell’inchiesta più ampia che la Procura della Repubblica di Civitavecchia sta conducendo sulla bancarotta Alitalia.

https://infosannio.wordpress.com/2019/10/15/un-fantasma-dietro-lair-force-renzi-sparita-la-societa-che-lo-vendette/?fbclid=IwAR0gxPW4zFt0w_eLip0wEW9z0pl8eBiShLajmojL0uYTmZ4Ut25yPu4jZcs


Il Fatto: “L’air force Renzi ci è costato 26 volte in più”. - Daniele Martini - ilFQ


Le ipotesi sono tre e nessuna di esse è edificante. Prima ipotesi: ci sarebbero strani giri di danaro sulle capienti ali dell’ Air Force One caparbiamente voluto da Matteo Renzi quando era capo del governo. Qualcuno ad Abu Dhabi, che era il Paese fornitore dell’ aereo, o in Italia o in entrambi i luoghi, potrebbe essersi messo in tasca un bel po’ di soldi.

Seconda ipotesi: i quattrini per il pagamento dello stratosferico contratto di leasing (168 milioni di euro per 8 anni di esercizio) rientrerebbero in una specie di scambio di favori tra Alitalia – che a quel tempo era privata – e una delle parti firmatarie del contratto, Etihad, la compagnia dell’ Emiro di Abu Dhabi diventata socia della stessa Alitalia grazie soprattutto all’ intervento di Renzi.

Poco tempo prima della stipula dell’ accordo per l’ Air Force, la compagnia di Fiumicino aveva emesso un’ obbligazione per un importo quasi identico a quello del leasing, circa 200 milioni di dollari, interamente sottoscritti da Etihad. L’ affare dell’ aereo sarebbe stato un modo “creativo” per consentire ad Alitalia di restituire agli arabi il sostegno ricevuto facendolo pagare dai contribuenti italiani. Tanto questi ultimi non si sarebbero accorti del giochetto essendo il contratto dell’ Air Force inspiegabilmente classificato come segreto di Stato.

La terza e ultima ipotesi è ancora più avvilente: coloro che a Roma trattarono la partita con il fiato sul collo del capo del governo, in particolare il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Claudio De Vincenti, e il consigliere militare di Renzi, generale Carlo Magrassi, non riuscirono a impedire che Etihad facesse un facilissimo gol a porta vuota.

Gaetano Intrieri fu il manager aeronautico che due anni dopo, nel 2018, bloccò l’affare facendo risparmiare allo Stato italiano 118 milioni di euro essendo già stati pagati 50 milioni per il leasing.

Lavorando per il vicecapo del governo, Luigi Di Maio, e del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli, entrambi 5 Stelle, egli si imbatté in quella faccenda accorgendosi subito che era un bidone. A distanza di un anno Intrieri ha deciso di mettere a disposizione del Fatto Quotidiano la documentazione e gli appunti degli incontri riservati su quella vicenda.

Il manager scoprì che i contratti in realtà erano due: uno tra Alitalia ed Etihad; il secondo tra Alitalia da una parte e dall’altra il ministero della Difesa, il Segretariato generale della Difesa e Armaereo (la Direzione degli armamenti aeronautici). Di fatto la società privata Alitalia agiva da intermediario tra Etihad e lo Stato italiano tramite un contratto pubblico che però veniva secretato.

Lavorando per un lessor (locatore di aerei) americano, Intrieri aveva ricevuto in quel periodo tramite la società inglese EAL l’offerta di due Airbus A340-500 Etihad, proprio lo stesso modello di quello di Renzi, tra cui uno in configurazione Vip prodotto nello stesso anno dell’Air Force. Prezzo: circa 7 milioni di dollari ciascuno (6,4 milioni di euro), cioè la bellezza di 26 volte meno di quello che Etihad stava incassando dallo Stato italiano per l’affitto dell’ aereo di Renzi.

Il contratto di leasing operativo dell’Air Force prevedeva inoltre un prepagamento anch’esso assolutamente fuori mercato di 25 milioni di dollari, che Etihad fatturò ad Alitalia (foto in pagina). Attraverso le sue conoscenze negli ambienti aeronautici internazionali, compresi i vertici di Etihad, Intrieri venne a sapere che parte di quella somma era servita alla stessa Etihad per diventare proprietaria dell’ Airbus che fino a quel momento la compagnia di Abu Dhabi aveva solo in leasing. Di fatto lo Stato italiano aveva versato tramite Alitalia quattrini dei contribuenti a una società estera perché quest’ ultima acquistasse un aereo che poi sarebbe stato preso in affitto e usato dal capo del governo italiano.

Il contratto prevedeva inoltre una serie di “Prestazioni programmate” non comprese nel prezzo e sottratte alla competenza di Armaereo. Per queste prestazioni Alitalia stava fatturando al ministero della Difesa prezzi superiori fino a 3 volte quelli di mercato. Il solo servizio di manutenzione di linea aveva un extracosto per l’ erario di 380 mila euro l’ anno mentre la semplice custodia dell’ aeromobile costava più di 100 mila euro al mese.

Intrieri constatò che per l’ aereo non era stata bandita alcuna gara internazionale e che era stato sottoposto a una registrazione civile e non militare, al contrario della norma. A quel punto il manager fece capire a tutti che considerava la faccenda un’ enorme truffa con l’ aggravio dell’ aiuto di Stato a favore di Alitalia (così come poi accertato dalla Corte dei Conti).

Poco dopo alcuni giornali cominciarono ad attaccarlo mentre in Parlamento furono presentate 4 interrogazioni a raffica, tutte di esponenti Pd, compresa quella di Enza Bruno Bossio poi indagata per corruzione in Calabria dalla Direzione distrettuale antimafia insieme al presidente Pd della Regione. Anche i dirigenti di Etihad si allarmarono.

Il 9 agosto 2018 il capo della flotta della compagnia araba, Andrew Fisher, volle incontrare Intrieri. La riunione si svolse all’ hotel St. George di via Giulia a Roma, presente anche il sottosegretario Andrea Cioffi (5 Stelle).

Nelle email di preparazione della riunione, Fisher insistette molto perché fosse presente il generale Magrassi con cui Etihad aveva trattato l’ affare in precedenza, ma Magrassi non si presentò. Tentando di parare le obiezioni di Intrieri e volendo evitare in extremis la rescissione del contratto, il dirigente della compagnia araba propose di ridurre di oltre sei volte l’ importo del leasing, da una rata di 800 mila euro al mese a 120 mila. Toninelli a quel punto decise di annullare il contratto.

Le ultime resistenze contro la rescissione ci furono da parte del capo staff Alitalia, Carlo Nardello, e poi durante un incontro che si tenne il 10 settembre al ministero di Di Maio da parte del capo di gabinetto, Vito Cozzoli. Nonostante tutto, alla fine il contratto fu finalmente annullato. Ora su di esso indagano la Procura della Repubblica di Civitavecchia e la Corte dei Conti.

https://infosannio.wordpress.com/2019/10/02/il-fatto-lair-force-renzi-ci-e-costato-26-volte-in-piu/