Voluto dall’ex premier - L’inchiesta dei pm di Civitavecchia.
L’Airbus voluto dall’ex premier Matteo Renzi per i voli di Stato non aveva le necessarie certificazioni di marca europea per decollare. E dunque non avrebbe dovuto essere autorizzato a compiere nessuno degli 88 viaggi effettuati fra il 2016 e il 2018. Voli a cui hanno partecipato in due anni le massime autorità governative italiane, e non solo. È quanto emerge da una nuova relazione consegnata nel mese di dicembre al Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Roma, che indaga su delega della Procura di Civitavecchia, sul crac Alitalia.
Il filone (che non conta nessun iscritto nel registro degli indagati) è quello relativo all’Airbus A340/500, l’aereo di Stato preso in leasing da Etihad nel 2015 con un costo totale previsto di 168 milioni di euro, operazione portata a termine dal governo italiano guidato dall’allora premier Matteo Renzi. In particolare, secondo il documento tecnico redatto da Gaetano Intrieri, il difetto di documentazione riguarda i servizi di continuous airworthiness, operazioni di certificazione e controllo dei parametri di sicurezza che devono essere erogati da una Camo organization, una società certificata dalle autorità aeronautiche. Intrieri, già consulente dell’ex ministro dei Trasporti Danilo Toninelli, è il tecnico che nel 2018 spinse per la chiusura anticipata del contratto assai oneroso per lo Stato.
Già più volte ascoltato dalla Procura come persona informata sui fatti, i finanzieri lo reputano attendibile e stanno verificando punto per punto la bontà della relazione attraverso vari accessi effettuati nelle scorse settimane presso la sede di Alitalia e degli enti governativi collegati.
Dunque secondo il documento redatto da Intrieri, controlli e certificazioni di sicurezza sull’Airbus venivano effettuati e rilasciati da una società araba non registrata in Europa. Il caso viene spiegato nel dettaglio al paragrafo due della relazione. “Non essendo Alitalia una Camo certificata su quel tipo di macchina – si legge nel documento – non poteva erogare quei servizi previsti dal Lotto 2. Ecco quindi che nel main lease agreement (l’accordo di leasing, ndr) tra Alitalia ed Etihad tali servizi sono resi in concreto dalla Camo organization di Etihad”.
E qui sorge l’inghippo. Perché questa fattispecie “non è conforme alle regole emesse dalle autorità̀ aeronautiche – si legge – secondo il Regolamento Europeo part. Camo n.1321/14 Amc2 305(b)”, in quanto la continuous airworthiness di un aereo europeo registrato in Europa, “come nel caso dell’Airbus A340” deve essere “garantita solo ed esclusivamente da una Camo organization europea, ovvero, certificata Easa (l’agenzia europea per i servizi aerei, ndr)”. Ma, conclude Intrieri, “questo non è chiaramente il caso della Camo organization di Etihad”.
Servizi, fra l’altro, erogati a peso d’oro. Nella relazione viene citato un preventivo di una Camo maltese che avrebbe assicurato le stesse erogazioni, per la durata del contratto di leasing, a un prezzo totale di mercato di circa 528.000 dollari, contro i 31.751.718 dollari previsti dall’accordo con Etihad. Sessanta volte di più.
Nella relazione allo studio della Guardia di Finanza e della Procura di Civitavecchia, titolare del fascicolo, emergono poi altri rilievi potenzialmente utili agli investigatori. Il primo è che dei 34 aerei “gemelli” prodotti da Airbus nello stesso periodo, a oggi ne risultano effettivamente operativi soltanto 7, di cui 6 posseduti da Stati arabi e uno da una società statunitense proprietaria di una catena alberghiera nel segmento del lusso.
“Gli altri 27 esemplari prodotti – si legge – sono stati o messi definitivamente a terra (stored) o smontati (scrapped) allo scopo di riciclare componenti utilizzati anche da altri aeromobili”. Tre agenzie di rating, interrogate dai periti, hanno stabilito che il valore attuale dell’aereo è compreso appena fra 1,7 e 3,5 milioni di dollari. “Chi stava negoziando il velivolo sapeva o comunque doveva sapere quale era il tasso di svalutazione dei valori di mercato dell’aeromobile”, conclude il documento.