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martedì 7 luglio 2015

Grecia, Merkel: “Tsipras faccia proposte precise”. Da Atene trattativa con Mosca. - Paolo Fior

Grecia, Merkel: “Tsipras faccia proposte precise”. Da Atene trattativa con Mosca
Se l’Europa continua a mostrarsi sorda a ogni ipotesi di compromesso e i falchi spingono per la Grexit e per una drammatizzazione della crisiAtene – forte della vittoria del “no” al referendum – ha iniziato a giocare apertamente su due tavoli: da un lato spinge sui partner europei per ritornare al più presto al tavolo negoziale e chiudere l’accordo, dall’altro colloquia con Vladimir Putin informandolo sullo stato dell’arte dei negoziati. A darne notizia con malcelata soddisfazione è Iuri Ushakov, consigliere diplomatico del presidente russo, che ha riferito di una telefonata in cui il premier greco Alexis Tsipras ha detto a Putin che le trattative con i creditori (per ora) proseguiranno.
Telefonata non di circostanza, che fa seguito a una richiesta di incontro immediato da parte dello stesso Putin, e da leggere come un chiaro segnale a partner europei e alleati: la Grecia vuole restare in Europa e nell’euro, ma con la Russia è in corso una vera e propria trattativa parallela. E’ il “piano B” che prende corpo tanto più Berlino si mostra intransigente e determinata nel voler mettere Atene all’angolo. D’altro canto Tsipras sembra avere idee molto chiare su tattica e strategia: da un lato vuole rilanciare le trattative con i creditori togliendo ogni alibi all’Europa. Per fare questo non solo ha sacrificato il “suo” ministro delle Finanze Yanis Varoufakis, ma ha anche chiesto al presidente della repubblica greca di convocare una riunione con gli altri partiti per costruire un solido fronte nazionale a supporto del negoziato, incassando subito l’apertura di diversi partiti d’opposizione, primo fra tutti il Pasok.
Dall’altro lato il premier greco tratta con Mosca perché non può permettersi di perdere altro tempo dopo aver mancato il rimborso da 1,6 miliardi al Fondo monetario internazionale: altri prestiti sono in scadenza a luglio e per importi ben superiori, a partire dai 3,5 miliardi della rata dovuta alla Bce in pagamento il 20 luglio. Che tipo di sostegno Atene possa ottenere dalla Russia e a quali condizioni non è ancora chiaro, ma con ragionevole certezza si può dire che non si tratta di bluff, anche alla luce della crisi Ucraina e del ruolo che sta giocando un’Europa sempre più germano-centrica. Ovviamente non sfuggono le implicazioni geopolitiche di un avvicinamento della Grecia (Paese membro della Nato) alla Russia di Putin, ma l’Europa pare concentrata su altro e nient’affatto preoccupata delle conseguenze di una Grexit sull’economia e anche (e soprattutto) sull’Europa stessa.
Anche lunedì i tedeschi hanno ripetuto i loro mantra ossessivi sul debito greco, sul disaccordo totale ad ogni tipo di ristrutturazione (Schaeuble: “Il taglio del debito per noi non è un tema) e sulla scarsa serietà del governo Tsipras: “Al momento non ci sono i presupposti per nuove trattative su altri programmi di aiuto”, ha detto il portavoce di Angela Merkel prima che la cancelliera tedesca incontrasse il presidente Francois Hollande per discutere della crisi greca. Concetto poi ribadito dal vice cancelliere Sigmar Gabriel: “Se vorrà restare nell’euro la Grecia dovrà presentare un’offerta che vada al di là del passato e sia accettata dagli altri Paesi della zona euro. Mi manca la fantasia per immaginare”. Affermazioni che non aiutano certo il negoziato, sul quale invece il presidente francese Hollande ha fatto politicamente più di un’apertura, ribadendo che la ristrutturazione del debito greco non può e non deve essere un tabù.
Una sfumatura di pensiero molto diversa da quella della Merkel e motivata anche dalla debolezza della Francia che dalla fine dell’austerity pensa di trarre beneficio e spinge dunque per l’accordo. L’Italia, più della Francia, avrebbe tutto da guadagnare ad appoggiare il tentativo di Tsipras, ma – anche in quest’occasione – ha scelto la strada del silenzio e dell’acquiescenza con le posizioni del più forte. Un servilismo autolesionista che non è ripagato nemmeno da un aumento di prestigio in ambito europeo: anche questa volta l’Italia non è stata invitata al tavolo, così come non lo sono stati altri importanti Paesi dell’Eurozona. A che titolo Merkel e Hollande decidono e l’Eurogruppo è poi chiamato a ratificare? L’insofferenza per questa governance dell’Europa sta crescendo e mina alla base la fiducia dei cittadini che vedono prendere decisioni sopra le loro teste in un modo totalmente antidemocratico.
Grecia o non Grecia è questo un detonatore formidabile che potrebbe portare inesorabilmente il progetto europeo al fallimento e alla disgregazione. Non voler mettere sul tavolo ciò che anche per il Fondo monetario è ormai pacifico e necessario – ossia la ristrutturazione del debito greco – e al tempo stesso professarsi dispiaciuti per le difficoltà in cui versa il popolo al punto da proporre un piano di “aiuti umanitari” dà la misura di quanto la Germania, e con essa l’Europa, abbiano smarrito il senso della costruzione europea che a questo punto, per salvarsi, necessita di un profondo ripensamento. Se la Grecia avrà molto da perdere dall’eventuale Grexit e dall’abbraccio con Putin, noi abbiamo da perdere molto di più.

giovedì 23 aprile 2015

Se la fine d'Atene è la fine dell'euro. - Adriana Cerretelli



Gli alibi inconsistenti dietro i quali si nasconde la volontà di strangolare la Grecia di Tspiras. Ma a chi giova, in prospettiva?  nè all'euro nè all'Europa Un invito alla Realpolitik dal giornale degli industriali italiani. Il Sole 24ore, 23aprile 2015

Prima, a distrarre l’attenzione generale, era la crisi russo-ucraina all’apice della sua violenza. Ora è la crisi dell’immigrazione incontrollata che si rovescia sulle coste europee. Nessuno contesta gravità e pericoli di entrambe per la futura stabilità dell’Europa. Piano piano e senza fracasso, però, la terza crisi del momento, quella greca, potenzialmente la più devastante nell’immediato, scivola verso l’abisso. 

Ormai a Bruxelles e dintorni se ne parla come di un fatto acquisito, una strada senza uscita. «Il quadro giuridico non permette di soccorrere la Grecia» afferma un negoziatore. Forse che c’era, quel quadro, ai tempi dei precedenti salvataggi di Atene? I Trattati Ue li vietavano. Eppure alla fine il Fondo salva-Stati fu fatto e la Bce si mosse per soffocare l’incendio speculativo che divorava l'euro.

Oggi si respira rassegnazione. Come se volesse dissociarsi da una decisione che, se ci sarà, sarà tutta e soltanto sua, l’Europa si mette in lutto preventivo. Aspettando il peggio, i funerali di Atene. «I greci non sono seri, il governo Tsipras non offre niente di concreto. Impossibile aiutarli», si insiste. Ma proprio lunedì il governo ha approvato il decreto per rastrellare fondi dalle casse di comuni ed enti locali, più di 1,5 miliardi, per pagare stipendi, pensioni e creditori. Si fa così anche in Olanda, l’avrebbero rassicurato i “mentori” Ue. Ma la Grecia è in piazza per gridare di nuovo «basta austerità».

Basta? La vulgata vuole che il Paese abbia incassato gli aiuti senza pagarne lo scotto. Le cifre smentiscono.Tra il 2008 e il 2013 il Pil greco è sceso del 27%, la spesa pubblica reale del 35%, i disoccupati sono arrivati al 28%. Il deficit strutturale è calato del 20% del Pil tra 2009 e 2014, il bilancio primario del 12%, come il disavanzo dei conti correnti. Sforzo irrilevante? Ancora insufficiente? Tutto positivo, visto il raddoppio del debito malgrado la parziale ristrutturazione?

Altro leitmotiv. Non si possono fare sconti alla Grecia che non collabora: sarebbe un regalo ai partiti populisti e uno schiaffo ai governi dei sacrifici.

Allora perché la Francia è stata appena risparmiata da una multa da circa 4 miliardi che avrebbe dovuto pagare per non aver rispettato il tetto del 3% di deficit negli ultimi otto anni, gli stessi del calvario greco? Nonostante la grazia ricevuta, Parigi ora rifiuta di fare i tagli strutturali richiesti, li riduce quasi a metà «per non compromettere la ripresa». In questo caso nessuno insorge né richiama l’intangibilità delle regole Ue, i patti da rispettare.

Come si fa a chiudere gli occhi davanti a un Paese grande ricco e arrogante e a infierire su uno povero e allo stremo anche per l’eccesso di sacrifici che gli è stato imposto? Come si giustifica la Caienna delle regole per alcuni e la flessibilità per altri?

La Grecia è testardamente indisciplinata, si ripete. La Francia no? Eppure continua a godere di spread e tassi “tedeschi” che non merita. Sì, ma se crolla la Francia crollano l’euro e l’Europa, se cade la Grecia non succederà quasi niente, Grecia esclusa. Questa l'ultima verità rivelata ma niente lo prova. Al contrario. Dopo 13 anni di vita, la gracilità politica e di consensi dell’euro potrebbe riservare pessime sorprese a democrazie in balia dei sondaggi quotidiani, prive di cultura e sensibilità europee, guidate da leader nazionali incapaci di guardare oltre gli ostacoli, se non fa loro comodo. Ampiamente dotati però del coraggio dell’irresponsabilità collegiale.

A loro difesa sventolano l'alibi dell'irresponsabilità della Grecia insolvente. La Grecia, 2$del Pil dell'euro e 3 % del debito, non è mai stata un mostro di virtù pubbliche. Lo si da da sempre. Come si sa che è stata salvata per salvare gli investimenti delle banche tedesche e francesi. Come si sa che, rigore o no, non potrà ripagare i debiti. Se abbandonata al suo destino, affonderà dunque nel marasma più nero. Ma prima o poi, complice l'interdipendenza, quell'atto d'incoscienza collettiva ricadrà si euro e Europa. Non sarebbe meglio una Realpolitik, meno costosa per tutti?