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sabato 12 marzo 2022

Bce, l’ora dei falchi. “Sparita” la guerra, via ai rialzi dei tassi. - Francesco Lenzi

 

INFLAZIONE - Precipita il potere d’acquisto dei salari.

Nella conferenza stampa di giovedì scorso, la presidente della Bce non è stata esplicita come avvenne esattamente due anni fa. La frase “non siamo qui per chiudere gli spread”, che fece esplodere lo spread di tutti i titoli di Stato della periferia della zona euro, compreso il Btp italiano, non è stata ripetuta, ma la sensazione sul mercato non è quella di uno scampato pericolo. L’avvio dell’invasione russa in Ucraina aveva fatto ritenere che la Banca centrale europea potesse avere un atteggiamento molto più prudente rispetto a quanto si immaginava a inizio anno. La politica monetaria non può aumentare l’offerta di petrolio e altre materie prime, non può fornire al mercato i beni alimentari o i fertilizzanti che mancano dalla Russia, e così si era portati a ritenere che l’abbassamento delle stime di crescita avrebbe giustificato un atteggiamento più attendista. È compito della politica fiscale intervenire per ridurre il peso di queste strozzature e dell’aumento dei prezzi che determinano. La politica monetaria può far ben poco, ma rischia di far collassare ancor più domanda, consumi e investimenti.

Nelle pieghe del discorso della Lagarde, però, non si è visto alcun ragionamento di questo tipo. Il tema centrale della conferenza stampa è stato l’inflazione e la sua evoluzione per la guerra. Il rischio al ribasso per la crescita e il pericolo di una crisi finanziaria a causa delle sanzioni non ha trovato molto spazio. Per frenare l’inflazione, che si ipotizza possa raggiungere il 5,1% nel 2022, il programma di acquisti di titoli finanziari varato per contrastare la pandemia terminerà questo mese e anche il programma ordinario di acquisti si ridurrà più velocemente, passando dai 40 miliardi al mese di aprile al 20 di giugno, per concludersi nel terzo trimestre. Se non ci saranno sconvolgimenti particolari a raffreddare l’inflazione, dal terzo trimestre, la Bce non interverrà più sul mercato dei titoli di Stato e sarà pronta a rialzare i tassi d’interesse. Sebbene non sia stato fornito un timing preciso per l’avvio di questi rialzi e Lagarde abbia più volte ripetuto che le decisioni dipenderanno esclusivamente dai dati, l’impressione è che si sia arrivati a una svolta. Il Financial Times ha titolato che i falchi sono ormai al comando della Bce. In un Consiglio direttivo diviso al suo interno, focalizzare l’attenzione solo su inflazione e impatto della guerra sui prezzi vuol dire lasciare la guida a chi tradizionalmente vede nel rialzo dei prezzi il nemico principale, senza tener conto del contesto e delle ragioni.

Il mercato valuta adesso che nel 2022 ci saranno almeno due rialzi dei tassi della Bce, ciascuno da 25 punti base, rialzi che continueranno anche nel 2023. I rendimenti dei titoli di Stato sono saliti di conseguenza, penalizzando in particolare l’Italia e gli altri Paesi periferici. La sorpresa di questa virata è che è stata compiuta quando le aspettative di inflazione a lungo termine rimangono ancorate intorno al target del 2% e non c’è alcuna pressione salariale. Lagarde ha fatto notare che nel 2021 i salari sono cresciuti meno che nel 2020. Se si mantenesse questa dinamica, il colpo sul potere d’acquisto dei cittadini europei sarebbe tremendo. La Bce dovrebbe evitare di aggiungere anche il colpo dei tassi d’interesse. Sembra che si sia deciso di abbandonare il regime affermatosi negli otto anni di Draghi. Si ritorna a prima del 2012 e il problema dell’inflazione non è più affrontato in modo prudente, ma anticipando gli eventi. L’ultima volta che questo avvenne, con i due rialzi del 2011, non andò molto bene e l’eurozona si trovò poi vicina al rischio di frantumarsi. Quello che servirebbe in questa fase è invece una politica monetaria attendista e una politica fiscale invece più aggressiva, che riesca a partorire velocemente delle risposte che lo stesso vertice di Versailles di ieri ha affrontato: tassazione degli extra-profitti delle società energetiche e prezzi calmierati dell’energia. Il compito è evitare che il rialzo dei prezzi dei beni energetici contagi tutto il sistema produttivo amplificando gli effetti sui prezzi per il consumatore. La speranza è che si riesca a far qualcosa di concreto prima che questo accada, ma il tempo stringe e i segnali che arrivano non ispirano molta fiducia.

https://www.blogger.com/blog/post/edit/2372701819119034825/2508026569011289110

giovedì 4 febbraio 2021

Bce: 'Recovery vitale per la ripresa, fondi per riforme'.

La sede della BCE a Francoforte. (ANSA)

"Gli investimenti aggiuntivi" nell'ambito Next Generation Ue "svolgeranno un ruolo di primo piano nel sostenere la ripresa, terminata la pandemia".

"Gli investimenti aggiuntivi" nell'ambito Next Generation Ue "svolgeranno un ruolo di primo piano nel sostenere la ripresa, una volta terminata la pandemia". Lo scrive la Bce nel suo bollettino, spiegando che "tale strumento produrrebbe un'espansione di bilancio incentrata sul debito pari, in media, a circa l'1 per cento del Pil nell'area dell'euro, nel periodo 2021-2024".

E "la maggior parte degli interventi" finanziati dal Ngeu "dovrebbe essere destinata agli investimenti e alle riforme strutturali volte a favorire la crescita", sottolinea la Bce. 

"La pandemia continua a porre seri rischi per la salute pubblica e per le economie dell'area dell'euro e del resto del mondo. Il nuovo aumento dei contagi da coronavirus e le rigide misure di contenimento imposte per un prolungato periodo di tempo in molti paesi dell'area stanno minando l'attività economica", osserva la Bce nel suo bollettino, pur sottolineando che "l'inizio delle campagne di vaccinazione nell'area dell'euro rappresenta un traguardo importante nel processo di risoluzione della crisi sanitaria".

Dopo "il brusco e profondo calo" del prodotto dell'area dell'euro nel primo semestre del 2020, la crescita economica ha evidenziato un forte recupero nel terzo trimestre, ma "potrebbe tornare in territorio negativo nel quarto". E' quanto avverte la Bce nel suo bollettino, spiegando che nel settore dei servizi "l'attività si è fortemente ridotta" mentre in quello manifatturiero continua a mostrare "una buona tenuta".

Nell'Eurozona "l'incertezza permane su livelli elevati, anche riguardo all'evoluzione della pandemia e alla velocità delle campagne di vaccinazione". Lo scrive la Bce nel suo bollettino, spiegando che i rischi per le prospettive mondiali "restano orientati al ribasso, trainati dal riacutizzarsi della pandemia di Covid". Per cui "il Consiglio direttivo resta pronto ad adeguare tutti gli strumenti a sua disposizione".

Per continuare "a garantire" a tutti i settori economici condizioni di finanziamento favorevoli nel periodo della pandemia, "continua a essere fondamentale un ampio grado di stimolo monetario". Lo ribadisce la Bce nel suo bollettino, così "contribuendo a ridurre l'incertezza e a rafforzare la fiducia, ciò incoraggerà la spesa per consumi e gli investimenti delle imprese, sostenendo l'attività economica e salvaguardando la stabilità dei prezzi nel medio termine", spiega Francoforte. 

https://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2021/02/04/bce-recovery-vitale-per-la-ripresa-fondi-per-riforme_0eb2b9d9-723f-482f-ac81-29d42b2f6801.html

giovedì 9 aprile 2020

La Germania guadagna dagli spread. Per questo non vuole gli eurobond. - Enrico Grazzini



In Europa, e nell’Eurozona in particolare, si litiga sugli eurobond, le obbligazioni comuni europee che verrebbero garantite con i soldi della Banca centrale europea: la cosa buffa (apparentemente) è però che i soldi non costano nulla alla Bce.

La moneta è fatta al 95% di bit che costano zero, e al 5% di carta che costa quasi nulla. Stampare moneta è gratis ma la moneta ha un formidabile potere magico: può fare ripartire l’economia, l’occupazione e i redditi. La Bce potrebbe stampare tutta la moneta necessaria per rilanciare l’economia europea che si avvia verso una recessione a precipizio.

Invece è frenata e congelata dalla Germania che ha tutto l’interesse all’austerità monetaria. Infatti, più i Paesi mediterranei cadono in recessione, più i capitali fuggono verso Deutschland. Così lo spread – il differenziale del costo del debito con la Germania – sale per i Paesi più fragili. In questo modo l’economia tedesca può avvantaggiarsi dalla speculazione finanziaria e indebitarsi a tassi negativi o irrisori.


Prima della moneta unica, se i capitali fuggivano verso il marco questo si rivalutava, e la corrispondente svalutazione della lira faceva sì che l’Italia rimanesse a galla grazie all’aumento dell’export. Ora invece, con la moneta unica, la pressione di mercato sui titoli del debito pubblico fa sì che i Paesi periferici dell’euro – come l’Italia – rischiano di non potersi più finanziare e di fallire, o di dovere ricorrere alle “amorevoli cure” della Troika.


Questo accade nell’eurozona. Intanto il governo cinese prevede di stanziare 7500 miliardi di yuan, pari a 1000 miliardi di euro, per coprire gli investimenti pubblici necessari a rilanciare l’economia dopo la crisi coronavirus. Negli Usa la Fed, la banca centrale americana, stamperà circa 2000 miliardi di dollari per lo stesso scopo.


Rashida Tlaib, la parlamentare socialista seguace di Bernie Sanders, ha proposto che il Tesoro emetta altri 2 trilioni di monete legali di platino in modo che tutti i cittadini degli Stati Uniti abbiano immediatamente 2000 dollari caricati su carta bancomat del Tesoro, e poi altri mille ogni mese. Infatti, in base a un’antica legge americana, la Fed ha il monopolio della carta moneta ma il Tesoro può emettere (senza limiti) monete metalliche legali. La moneta del Tesoro non costituirebbe neppure debito pubblico. Mutatis mutandis, una cosa del genere si potrebbe fare in Italia con i Titoli di Sconto Fiscale. Essi funzionerebbero come “quasi-moneta” legale senza aumentare il debito pubblico nazionale.


Comunque, gli europei sono gli unici che hanno paura a monetizzare gli enormi debiti (per molte centinaia di miliardi) che gli stati dovranno fare per uscire dal baratro della crisi. È vero che la Bce ha già emesso 750 miliardi di euro per acquistare titoli di stato nazionali ma pochi sanno che questi miliardi non servono per l’economia reale, bensì (quasi) solo alle banche.


Infatti la Bce compra titoli di stato dalle banche per alimentare le loro riserve liquide: ma non è detto che poi le banche prestino soldi alle economie in difficoltà. Per esempio, se mio cugino ha un milione di euro di riserva non è detto che mi presti dei soldi quando io ho dei problemi. Anzi: il business delle banche è tipicamente pro ciclico: prestano tanto se va bene, prestano poco o nulla se va male. È per questo motivo che occorrono gli eurobond.


Gli eurobond verrebbero emessi da un ente europeo – come la Banca Europea degli Investimenti, il Meccanismo Europeo di Stabilità, o un altro ente creato apposta – e sarebbero obbligazioni sicure che gli investitori privati comprerebbero applicando bassi interessi perché sono coperti dalla Bce. Così gli stati avrebbero direttamente i miliardi da spendere per sollevare l’economia reale. Il problema è che, mentre Cina e Usa hanno già programmato di stampare trilioni, l’Eurozona stenta a trovare fondi comuni anche solo per pochi centinaia di milioni di dollari.


Ha ragione il premier Giuseppe Conte (che si sta dimostrando un vero statista). Siamo ad una svolta della storia d’Europa. O l’Unione Europea emette titoli di debito comuni – un po’ come il Tesoro americano emette i Treasury bond – oppure l’Europa (e l’euro) morirà nella crisi frantumandosi in tanti pezzi. La cosa paradossale è che la Bce potrebbe “stampare” tutta la moneta che vuole per comprare gli eurobond, senza togliere un centesimo ai contribuenti europei. Anzi, ci guadagnerebbero tutti. Ma non può.


Quando un illustre economista della Bocconi, come Roberto Perotti, declama che la Germania ha ragione a non volere gli eurobond perché non ne ha bisogno e perché pagherebbe di più il suo debito, dimostra di pensare più da ragioniere che da economista. L’Italia non deve chiedere aiuto a nessuno. Deve solamente far capire che essere uniti nella crisi serve a tutti. Se cade l’euro, anche la Germania va in crisi.


Questa volta Conte può vincere perché Francia e Germania, i due pilastri dell’Euro e della Ue, sono schierati su fronti opposti. Per la prima volta la Francia dell’ex banchiere Emmanuel Macron si è alleata con Italia e Spagna. E Macron ha in mano la carta vincente che si chiama Bce, l’unica istituzione europea che conta forse più del Bundestag perché ha il monopolio della moneta europea.


Alla Bce la presidente francese Christine Lagarde sarà costretta a finanziare sempre e comunque i debiti nazionali per non fare cadere l’euro: la Francia, l’Italia e la Spagna non sono la Grecia. Per questo la Germania alla fine potrebbe essere costretta a cedere sugli eurobond. A meno che non sia follemente miope e non voglia la rovina dell’euro.



domenica 15 marzo 2020

In Europa ancora ambiguità. Ma i 5S hanno aperto una strada. - Gaetano Pedullà

Al terzo giorno l’Europa risuscitò. Il terzo giorno è quello dal decreto del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che ha messo in campo tutta l’Italia nella guerra contro la pandemia di Coronavirus. Una sfida senza precedenti, raccolta da grandissima parte del Paese, che con sporadiche eccezioni resta chiusa in casa, riducendo così drasticamente le opportunità di contagio. Le persone coinvolte purtroppo sono ancora in aumento, ma tra breve vedremo senz’altro gli effetti di questa straordinaria mobilitazione nazionale. Ieri però c’è stato un altro evento fuori dal comune.
A poche ore dalle parole scriteriate della presidente della Banca centrale europea, Christine Lagarde, che hanno affondato le Borse e in particolare la nostra, la presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha invertito radicalmente la rotta, assicurando che l’Italia avrà da Bruxelles tutti gli aiuti di cui ha bisogno. Un intervento in risposta alle parole nette del nostro Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e che hanno indotto la stessa Bce a rettificare quanto affermato dalla Lagarde, anche se del necessario taglio dei tassi non si parla ancora. La reazione dei mercati non si è fatta attendere e Piazza Affari ha recuperato parte dei miliardi bruciati giovedì scorso. Tutto bene, dunque? Si è fatto un errore e si è già messo riparo? Ma neanche per sogno. Quello che è accaduto e che accadrà nei prossimi mesi è determinante per capire se esiste o no una nuova idea d’Europa, e se abbiamo davvero qualcosa di buono da attenderci.
Le posizioni divergenti espresse dai vertici di Commissione Ue e Bce sono intanto un fatto nuovo. Nel precedente establishment europeo, quando ci dava una mazzata la Banca centrale (fino al whatever it takes – cioè “si farà tutto quanto il necessario” – di Mario Draghi) subito dopo arrivano il presidente Juncker o i solerti commissari Dombrovskys e Moscovici a metterci il carico sopra. Quel modello ieri si è spezzato, e il merito di tutto questo ha due nomi su tutti: Movimento Cinque Stelle e Conte. Poi vengono anche la credibilità di Gualtieri e Gentiloni, ma senza il sacrificio elettorale dei grillini, che consentirono alla von der Leyen di raccogliere una stretta maggioranza nel Parlamento di Strasburgo, non saremmo qui a discutere di alcun corso nuovo.
SACRIFICIO PER L’ITALIA. Quel voto a Ursula è stato enormemente strumentalizzato dai partiti sovranisti, ed è costato caro ai 5S in termini di consensi, ma la Lega e Fratelli d’Italia, pur prendendo alle ultime elezioni europee un mare di voti, li hanno sterilizzati in una ininfluente opposizione rispetto all’unica possibilità di cambiare le vecchie politiche di austerità e del rigore sui conti pubblici.
Il sostegno del Movimento alla von der Leyen non è mai stata, inoltre, una cambiale in bianco, ma ha preteso aperture senza precedenti sul Green New Deal europeo e sulla concessione di flessibilità di bilancio per la crescita. Bruxelles, dicono adesso i sapientoni del giorno dopo, ha cambiato atteggiamento verso l’Italia perché la flessibilità serve anche alla Germania, in stagnazione economica e in difficoltà con le sue banche. Tutto questo è vero, ma quanto successo appena ieri è la prova che l’Italia per una volta può cogliere un’occasione e non restarne perennemente esclusa. Se siamo arrivati qui lo dobbiamo però anche al secondo protagonista di questa strategia, cioè al premier Conte. Va a lui il merito di non aver ceduto alle sirene di Salvini e di chi spingeva a fregarcene dei vincoli sul deficit, il cui rispetto era invece la precondizione per acquetare i mercati e poter chiedere adesso quello che ci spetta.
SIAMO SOLO ALL’INIZIO. E qui veniamo adesso alla grande scommessa, allo scenario che abbiamo di fronte. La disponibilità data dalla Commissione rispetto all’utilizzo di 25 miliardi extra deficit per fronteggiare i danni del Coronavirus non può essere la soluzione ai nostri problemi, ma appena l’anticipo di quanto ci serve. In Europa ci sono poi livelli diversi di governo. E istituzioni formalmente autonome, come la Banca centrale. Se nel Parlamento europeo e nella Commissione l’Italia è finalmente autorevole, e qui ricordiamo anche il ruolo del presidente David Sassoli, nel Consiglio d’Europa – dove siedono i capi dei Governi – Conte deve mediare su tutto. Anche a Francoforte, sede della Bce, la Banca d’Italia siede in un board dove ogni Paese fa i propri interessi, e questi sappiamo che sono divergenti, soprattutto per quanto riguarda le esigenze del più ricco Nord Europa rispetto ai Paesi mediterranei. Da quello che succederà nelle prossime settimane a questi livelli, compreso l’Eurogruppo (cioè l’assemblea dei ministri economici), capiremo se esiste sul serio un nuovo spirito europeo.
NULLA È SCONTATO. Il disastro che ci ha portato la pandemia è il terreno sul quale misureremo la solidarietà e la scelta tra gli interessi dei popoli e quelli dei mercati insieme ai Paesi forti (Francia e Germania in testa). Il percorso virtuoso che nel loro piccolo hanno innescato i pochi eletti 5 Stelle in Europa può diventare una nuova era o l’ennesima promessa tradita. Chi ha acceso la speranza ha già fatto molto, anche se adesso bisognerà controllare e insistere. Ma le decisioni che contano le prendono i governi e le grandi famiglie politiche – popolari e socialisti – che seppure spaventate dall’avanzata dei sovranismi, sembrano aver già dimenticato la lezione di Orban, Salvini e Le Pen. Così come la signora Lagarde ha già dimenticato la lezione di Draghi. Perciò non possiamo ancora sapere se l’Ue svolterà davvero verso un nuovo umanesimo in economia e sull’altro grande dramma dei migranti. Fare la cosa giusta sembra facile, ma non illudiamoci. Salvini intanto può stare sulla riva del fiume a criticare qualunque cosa faccia il Governo, e se nelle cancellerie prevarrà l’egoismo presto ne beneficerà. Se però a prevalere sarà la solidarietà, a beneficiarne saremo tutti noi italiani ed europei.

sabato 7 settembre 2019

Tassi d’interesse negativi sui conti correnti: pro e contro dopo la mossa della Bce. - Marzia Redaelli

Risultati immagini per tassi interessi negativi

Le nuove condizioni applicate dalla Banca centrale europea ai depositi degli istituti di credito rappresentano un fardello sui conti delle banche. E possono trasformarsi in un’arma a doppio taglio per i privati e pure per l’economia. Parola di economista.

I tassi di interesse negativi applicati dalla Banca centrale europea ai depositi degli istituti di credito sono un fardello sui conti delle banche. E possono trasformarsi in un’arma a doppio taglio per i privati e pure per l’economia, secondo alcuni economisti.

Il caso tedesco.
Grazie ai tassi negativi, in alcuni paesi europei è possibile ottenere finanziamenti a costo zero o addirittura con un guadagno (per esempio in Danimarca). Ma c’è anche il rovescio della medaglia: in Germania sta divampando la polemica sul trasferimento dei tassi negativi ai conti di tutti i clienti da parte delle banche (ora è possibile per i depositi sopra i 100mila euro). La querelle nasce dall’ipotesi abbozzata da Commerzbank, uno dei più grandi istituti in Germania, in vista di un ulteriore taglio sui depositi della Bce (ora a -0,4%) e per contrastare l’erosione degli investimenti a causa dei rendimenti sotto zero. I titoli di Stato emessi da Berlino, infatti, hanno ritorni negativi su tutte le scadenze, comprese quelle trentennali (si va dal -0,6% delle durate mensili al -0,2% di quelle a 30 anni).

Il Governo tedesco si è subito attivato per sventare l’eventualità, che ritiene dannosa per i piccoli risparmiatori: il ministro delle Finanze Olaf Scholz sta esaminando una proposta che impedisce alle banche di imporre tassi negativi sui conti correnti. L’associazione delle banche è insorta e invoca l’illegittimità costituzionale del provvedimento, oltre che paventare il rischio sistemico.

La situazione in italia.
In Italia le condizioni che aprirebbero a un trasferimento dei tassi negativi ai clienti sono meno evidenti. A causa del rischio Paese, infatti, i titoli del Tesoro hanno i rendimenti più appetibili nell’area euro (secondi ai greci) ma anche a livello globale, se si escludono gli emittenti dei Paesi emergenti e quelli considerati scarsamente affidabili. Tanto che le azioni delle banche italiane che hanno in pancia le obbligazioni tricolori sono penalizzate quando le quotazioni calano.

I Btp, i titoli di riferimento del nostro debito pubblico, pagano ancora un premio elevato ai compratori, a dispetto del miglioramento sull’onda della formazione di un nuovo Governo. La differenza di rendimento a 10 anni rispetto al Bund tedesco si è ridotta in poche sedute da sopra il 2% (200 punti base) a poco sopra l’1,7% (174 punti base): il rendimento del BTp sceso dall’1,8% del 9 agosto - con l’apertura della crisi di Governo - all’1% dei giorni scorsi ed è calato più di quello del Bund, che ha passato la soglia del -0,7%, già in vista da tempo. Il Bund comunque continua ad attrarre capitali per via dell’incertezza politica ed economica.

Tuttavia, la prospettiva di un rovesciamento completo delle parti tra chi paga e chi è remunerato per prestare soldi non è inverosimile in un mondo dove il 40% circa delle obbligazioni ha rendimento negativo e che sembra destinato a durare a lungo. «La maggior parte delle banche centrali - affermano Aditya Bhave e Ralph Axel di Bank of America Merrill Lynch - nell’ultimo decennio hanno mancato l’obiettivo di inflazione e i mercati vedono un rischio molto limitato di un rialzo dei tassi in risposta a un’esplosione dell’inflazione. Anche perché un atteggiamento espansivo corale e prolungato delle banche centrali le trasforma in attori non economici, che non rispondono più alle variazioni dei prezzi».

FENOMENO RENDIMENTI SOTTO ZERO
FENOMENO RENDIMENTI SOTTO ZERO

I limiti dei tassi negativi.
I tassi negativi potrebbero diventare un costo economico, anziché spronare investimenti e consumi, come teorizzato dall’effetto reddito e dall’effetto sostituzione. Se le banche trasferissero i tassi negativi ai clienti, i consumatori potrebbero rispondere consumando di più (effetto sostituzione) perché il contante perde valore nel tempo, un po’ come avviene con l’inflazione. Però l’erosione dei risparmi indurrebbe i consumatori a spendere meno (effetto reddito). «Secondo noi - concludono Bhale e Axel - i tassi negativi sui depositi sarebbero molto impopolari e potrebbero pesare sulla fiducia dei consumatori».


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giovedì 29 agosto 2019

Perché lo spread scende moltissimo. - Davide Maria De Luca



I rendimenti dei titoli di Stato italiani hanno raggiunto il livello più basso da parecchio tempo, se non di sempre: c'entra che la Lega non è più al governo, ma non solo.


Negli ultimi giorni i titoli di Stato italiani hanno raggiunto uno dei livelli di rendimento più bassi della loro storia, e lo spread è sceso ai livelli precedenti alla formazione del governo Lega-Movimento 5 Stelle. I BTP decennali, ad esempio, non hanno mai pagato un tasso di interesse così basso a chi li acquista. Per lo Stato italiano, quindi, non è mai stato così conveniente finanziarsi indebitandosi. Oggi, per esempio, il ministero dell’Economia ha venduto 4 miliardi di euro di BTP a dieci anni con un tasso di interesse dello 0,96 per cento, il rendimento più basso di sempre.
Considerando che probabilmente nei prossimi dieci anni l’inflazione sarà almeno pari o superiore all’1 per cento (è stata dell’1,2 per cento nel 2018) significa che chi ha comprato BTP si vedrà restituire una cifra di valore inferiore a quella che ha investito oggi (un’inflazione superiore al rendimento, infatti, si “mangia” gli interessi e parte del capitale). Di fatto significa che gli investitori stanno pagando per finanziare il nostro paese (è già accaduto spesso negli ultimi anni, ma finora era successo ai titoli di paesi percepiti come molto stabili, per esempio quelli tedeschi).
Allo stesso tempo è diminuito anche lo spread, che misura la differenza tra il rendimento dei BTP italiani e degli equivalenti titoli tedeschi. Oggi lo spread è sceso fino a 163 punti base, un livello che aveva toccato l’ultima volta prima della formazione del governo Lega-Movimento 5 Stelle (mentre nei giorni della sua formazione, alla fine del maggio 2018, era arrivato a toccare i 300 punti base).
Ci sono alcune ragioni per spiegare questi cambiamenti. La prima ha a che fare con la caduta del governo. Gli investitori, cioè i grandi istituti finanziari che giorno per giorno contribuiscono a far muovere lo spread vendendo o acquistando titoli di Stato (qui avevamo spiegato come funziona questo meccanismo), avevano “prezzato” – come si dice in gergo – il rischio (in realtà abbastanza remoto) di un fallimento italiano o di una ridenominazione del debito pubblico in un’altra valuta nel caso dell’uscita dall’euro (che sono un po’ la stessa cosa), viste le note posizioni della Lega su questo tema.
È il fenomeno per cui, per esempio, le dichiarazioni sui famosi “mini-bot” si trasmettevano quasi automaticamente sui rendimenti e quindi sullo spread. Con l’uscita della Lega dal governo, i mercati hanno ritenuto che questo rischio si sia attenuato e quindi hanno “premiato” i titoli di Stato italiani, chiedendo un rendimento più basso in cambio del loro acquisto.
Ma c’è anche dell’altro. La caduta del governo in realtà ha prodotto prima un loro incremento (nei giorni in cui sembravano probabili nuove elezioni) seguito quasi subito da una rapida riduzione dei rendimenti. Questa riduzione però era già in corso da mesi. Come mai?
Il rendimento dei titoli decennali italiani nell’ultimo anno, con evidenziato il calo iniziato a novembre (Bloomberg)
Non c’è una sola risposta, né una risposta semplice: in ballo ci sono molti fattori che non hanno a che fare soltanto con la situazione del nostro paese. La causa principale di questa lenta ma costante riduzione nei rendimenti è l’annuncio con cui Mario Draghi, il presidente della Banca Centrale Europea, lo scorso novembre fece sapere che se l’inflazione fosse rimasta stagnante, cioè sotto il 2 per cento che la BCE considera il livello “sano”, sarebbe intervenuto con strumenti “straordinari”, per esempio facendo partire un nuovo programma di Quantitative Easing oppure interrompendo l’innalzamento previsto dei tassi di interesse (tutte operazioni che, direttamente o indirettamente, contribuiscono ad abbassare i tassi di interesse, compresi quelli sui titoli di Stato).
Con il passare dei mesi questa tendenza della BCE a tenere aperti i “cordoni della borsa”, o ad annunciare di essere pronta a farlo, si è confermata. Lo stesso hanno fatto le banche centrali di Stati Uniti e Giappone. Il punto è che l’inflazione, una delle principali ragioni che in passato spingevano le banche centrali a rallentare i loro stimoli all’economia per evitare che mettere troppo denaro in circolazione potesse far crescere eccessivamente i prezzi, sembra essere sparita dal mondo sviluppato.
Allo stesso tempo le ragioni per continuare con lo stimolo economico non sono scomparse: la disoccupazione rimane alta (anche se viene spesso “mascherata” dalla sottoccupazione e dal part time involontario), mentre non solo la crescita economica ristagna, in particolare in Europa e in Giappone, ma ci sono anche crescenti timori di una nuova recessione globale.
Nel corso dell’ultimo anno, nei forum dove economisti e banchieri centrali discutono del futuro dell’economia, come quello di Sintra in Portogallo e quello di Jackson Hole negli Stati Uniti, si è parlato sempre di più di come il funzionamento dell’economia nei paesi sviluppati appaia per alcuni aspetti profondamente cambiato rispetto al passato, e di come alcune ricette utilizzate in passato non sembrino più valide. In una serie tweet molto commentati, il professore di Harvard ed ex segretario al Tesoro del presidente statunitense Bill Clinton, Larry Summer, ha scritto che «i tassi di interesse a zero senza possibilità di scampo sono oggi la principale aspettativa dei mercati in Europa e Giappone» almeno per «la prossima generazione». E gli Stati Uniti «sono a una recessione di distanza dal trovarsi nella stessa situazione».
Se queste previsioni saranno confermate, le conseguenze per le economie sviluppate saranno di grande portata. Da un lato, ci dovremo abituare a un lungo periodo di stagnazione o di crescita anemica. Dall’altro, i paesi fortemente indebitati otterranno un margine di manovra per le loro politiche fiscali impensabile fino a pochi anni fa. Se i tassi di interesse italiani rimarranno sul livello attuale per i 4-5 anni necessari a rinnovare completamente lo stock di debito (cioè a sostituire le emissioni ai vecchi tassi con nuovo debito piazzato con bassissimi rendimenti) i governi italiani passeranno dal pagare circa 64 miliardi di euro in interessi ogni anno (la cifra pagata nel 2018) a pagarne una quindicina. Significa che i margini di spesa annuali cresceranno potenzialmente di 50 miliardi di euro l’anno.

domenica 2 giugno 2019

“Se la gente sapesse che cos’è lo spread, scoppierebbe la violenza nelle strade” - Roberta Dejana

Un Grande Nando Ioppolo. “Che cos’e li spread… io penso che se la gente lo sapesse scoppierebbe la guerra nelle strade da oggi a domani “ SPREAD, LA TRAPPOLA MORTALE In una recente intervista il Professor Nando Ioppolo (avvocato ed Economista, recentemente scomparso), sostiene che lo SPREAD é una cosa che se la gente sapesse cos’é, molto probabilmente scoppierebbe la violenza nelle strade perché sullo SPREAD é stata fatta una campagna mediatica vergognosa basata sulla bugia.
Ioppolo spiega che il gioco inizia dalla BCE ( Banca Centrale Europea) che presta alle banche private allo 0,75% tutti gli euro che gli richiedono per qualunque motivo glieli richiedono. Dopodiché la banca (UNICREDIT nell’ esempio del Professore), con questo 0,75 ci compra i BTP che tecnicamente dovrebbero essere allo 0,76. Perché allora al 5 %? Perché così la Banca ci può speculare.
Quindi il dissanguamento generale dei cittadini italiani viene fatto per far arricchire i privati. Il funzionamento di questo indice (SPREAD) é abbastanza complesso. Se un BTP ha un funzionamento del 2 % ed ha un Valore Nominale di 100, va venduto a 98. Come farlo arrivare al 5 % ? E’ molto semplice.
Se l’ Italia fallisce ? Oggi vediamo le tv nazionali parlare di agenzie di rating come Standard & Poor’s che parlano di declassamento, andamento finanziario di un paese. Ora, se queste agenzie dicono che l’ Italia fallisce, l’ investitore o la banca vorrà assicurarsi sul fallimento dello stato e quindi comprerà un certificato assicurativo sui BTP chiedendo uno sconto che gli consente di acquistare il certificato assicurativo, il CDS (Credit Default Swap). Se lo Spread é a 300 (3 %), il BTP di Valore Nominale 100 che dovrebbe essere venduto a 98 viene venduto a 95. Ma sorge un problema: Perché le banche e gli investitori non comprano i CDS?
Non credono nel fallimento dell’ Italia ? Ma allora tutto questo é una balla per spaventare? A quest’ ultima domanda, Nando Ioppolo risponde che lo SPREAD é stato usato, oltre che per strumento di speculazione, anche per fine politico, ovvero per poter scalzare qualcuno che fa resistenza e mettere al suo posto qualcuno che di resistenza non ne fa. E ne abbiamo avuto un esempio con il nostro Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano che ha fatto dello SPREAD uno spauracchio, qualcosa di imprescindibile, forse per ingenuità, forse perché non conosce l’ economia. Sui CDS va fatto un discorso a parte. E’ vero che nessun acquirente dei BTP compra i CDS per assicurarsi sul fallimento dell’ Italia, ma é anche vero che molti speculatori e molti investitori di BTP comprano CDS senza usare i BTP, perché essi non sono un derivato assicurativo di copertura ma uno strumento di speculazione usato appunto per far utilizzare lo SPREAD per poterci guadagnare e costringere il popolo italiano a sacrifici, a stringere la cinghia per poterci speculare sui CDS. Questo porta ad un disastro pazzesco sia politico che economico, i disoccupati continuano ad aumentare ma le banche e gli speculatori continuerebbero a speculare su BTP e CDS e far in modo che lo SPREAD si alzi per poter aumentare i loro guadagni .
Secondo i dati Istat del 2009 ( prima dello SPREAD), abbiamo avuto una spesa pubblica di 500 miliardi, degli Oneri Finanziari ( soldi che lo Stato da alle banche per i servizi ) di 130 miliardi e 80 miliardi di Interessi sui BTP. Sul PIL di 1820 miliardi vanno tolti i servizi bancari e gli interessi e in questo caso sono 210 miliardi che lo Stato ha dato alle banche per chissà quale motivo. Ha senso ? Ha senso che i cittadini italiani si dissanguino, paghino più tasse, stringano la cinghia solo per arricchire le banche?
E perché nessuno ha mai parlato di come si possa contenere o arginare lo SPREAD? Secondo il Professor Ioppolo per contenere lo SPREAD basterebbero 2 cose: 1 effettuare il collocamento alla giapponese ovvero sia obbligare le banche sul territorio dello stato ad agire ad un tasso ridotto. 2 Obbligare la BCE a prestarci allo 0,75% e far acquistare i BTP allo 0,76%. Ci sarebbe un risparmio di 70 miliardi l ‘anno. Purtroppo queste cose la gente non sa o fa finta di non sapere oppure é colpa della campagna di disinformazione in atto, che é complice, di giornali e televisioni complici che non raccontano la verità.
Persone come Nando Ioppolo hanno speso la loro vita a cercare di far capire il sistema truffaldino di speculatori e banche assassine che continuano la loro politica di dissanguamento e Austerità che non porteranno mai da nessuna parte, solo a morte e distruzione, e ci chiediamo, quante vite debbano ancora essere spezzate affinché qualcuno possa veramente pensare al bene dell’ Italia.

lunedì 25 febbraio 2019

Di Maio, Macron o il PD? Chi fa l’europeo col c..o degli altri? - Marco Giannini



Marcucci (PD) imputa il recente smottamento dell’industria italiana al Reddito di Cittadinanza che ancora deve entrare in vigore. Allo stesso tempo, come fanno anche molti altri del monopartito PD-FI, afferma che a causa dello spread gli italiani dilapidano soldi pubblici.
In realtà se la BCE svolgesse il suo lavoro in modo efficace e non nazionalista (Aquisgrana), ma onesto, lo spread non dovrebbe proprio esistere, ma questo ai poveri cittadini non viene detto.
Non viene detto nemmeno che quando Di Battista ha informato sul doping con cui la Francia riesce a resistere nella moneta unica (cioè lo sfruttamento dei paesi africani che ancora colonizza e che paghiamo anche noi italiani, economicamente e socialmente), lo spread si è impennato e questo perché molto probabilmente soggetti finanziari francesi amici di “Didì” Macron hanno venduto titoli decennali italiani (magari comprandone di tedeschi). Una ritorsione quindi di nazionalista oltre che, ovviamente, di stampo speculativo. Sarebbe interessante che in questo splendido contesto di identità europea “spinelliana” (spero si colga l’ironia) nell’Europarlamento qualcuno si incaricasse di chiedere una indagine su come si sono mossi i capitali in questione.
Adesso autorevoli figure politiche francesi affermano che la recessione italiana mette in pericolo la Francia (www.italiaoggi.it/news/le-maire-altro-che-brexit-il-pericolo-e-la-recessione-in-italia-201902202030577987), restituisco tanta gentilezza e tanto spirito “europeo” informandoli che “spread” è un termine anglosassone che significa “ampiezza” nel senso di “dislivello” e ricordo loro che senza quel rifornimento immorale chiamato neocolonialismo la Francia nell’euro sarebbe forte quanto la sua nazionale di calcio senza giocatori oriundi africani.
Sono sicuro che anche i non addetti all’economia possono farsi una idea in questo modo.
Vorrei anche tranquillizzare Marcucci informandolo che lo spread si alza e si abbassa e che, nel secondo caso, gli italiani risparmiano, cosa che stranamente non rimarca quando avviene, come se, restando sul concetto di “dislivello”, fosse un geografo che riuscisse a leggere le isoipse (cioè linee con la stessa altitudine) solo in un senso.
A tal proposito mi chiedo cosa aspetti il Governo a vietare la truffa, a spese dei contribuenti, delle “aste marginali”.
Se l’Industria italiana è “finalmente” (ironia) franata (deindustrializzazione), le ragioni risiedono in questi 8 anni di austerity targata PD-FI-Sindacati (cui il Governo Conte ha cercato di porre un freno in modo stoico ma parziale) e ad una valuta che sul finire degli anni ’90 (Ecofin) fu imperniata su un rapporto di cambio Marco-Lira per noi devastante, con effetti che agiscono in modo irreversibile (quello di cui sto parlando è il “doping tedesco”unitamente alla violazione del TFUE sulla bilancia commerciale che gonfia peraltro il Target-2, paradossalmente e falsamente imputato a noi “romani” dai “teutoni”!).
A questo punto avendoci preso gusto con le questioni finanziarie voglio dare qualche dritta ai lettori: noi italiani siamo i legittimi proprietari della terza riserva d’oro più grande al mondo (circa 100 miliardi di euro). Tale riserva è gestita dalla Banca d’Italia e qualcuno sta cercando di sfruttare questa situazione per trasferire il “malloppo” nelle tasche della finanza privata e sarebbe il più grande scippo della storia.
Siccome il Governo sta cercando di legiferare per rendere trasparente il campo cercando di impedire che con qualche interpretazione di comodo questo “esproprio proletario al contrario” avvenga (anche se il Presidente Conte non mi risulta abbia ancora dichiarato “l’oro è degli italiani”, mi auguro per una svista) il PD e la Bonino, fieri difensori della finanza internazionale, stanno già starnazzando gridando alla lesione dell’Indipendenza di Bankitalia manco se una banca di natura opposta (non indipendente cioè socialdemocratica) equivalesse a qualcosa di sovietico, fascista o mafioso. A proposito la Bonino di speculazione se ne intende essendo legata a Soros.
Ricordo che per valutare l’indipendenza di una BC si devono utilizzare dei coefficienti teorici che tengono conto di variabili politiche (responsabilità finale della politica economica, presenza di un funzionario governativo nel Consiglio, facoltà di nominare Consiglieri indipendentemente dal Governo) e finanziarie (autonomia di bilancio, autodeterminazione delle retribuzioni dei Consiglieri, potere decisionale sulla redistribuzione degli utili, responsabilità formale in materia di politica monetaria) e che ci sono fior fior di BC occidentali poco indipendenti (Regno Unito, Usa ecc vedasi www.rspi.uniroma1.it/index.php/monetaecredito/article/viewFile/10961/10836 …).
Ciò che non vi dicono è che la “indipendentissima” BCE ha emesso quantità folli di danaro (stampa) e l’inflazione non si è mossa dal suo stato quasi deflattivo (ma anzi la BCE ha creato le condizioni per una immane bolla finanziaria che pagheremo noi “cittadini del mondo”) perché il QE è stato una forma di finanziamento verso le banche private in difficoltà (il denaro non è percolato nell’economia reale come ampiamente prevedibile). In pratica Robin Hood al contrario (cioè francese o tedesco).
Per portare a livelli “fisiologici” l’inflazione bastava emettere quantità relativamente modeste di moneta unica per finanziare la costruzione di nuovi ospedali con posti letto disponibili, per acquistare TAC e RSM e ridurre le file (e il cancro negli italiani), per costruire scuole, assumere insegnanti e ricercatori, per l’S&I (Sviluppo & Innovazione) e per riportare l’IVA italiana al 20%. (Capito Beppe cosa deve fare il MoVimento?).
L’inflazione sarebbe salita perché sarebbero cresciuti i salari e l’occupazione (benessere) e con essi l’economia avrebbe ripreso a girare (consumi e crescita) senza contraccolpi “friedmaniani”. Ma l’Europa è dei ricchi!
A proposito di ricchezza e di Robin Hood non deve stupire che oggi la UE abbia attaccato il Reddito di Cittadinanza (misura notoriamente rivolta a persone altolocate).
Ironia a parte mi ha reso felice constatare il ritiro di quell’emendamento leghista (che avevo segnalato nel mio precedente articolo) che voleva trasformare il RDC in un mero sussidio (perché lo avrebbe reso limitato nei rinnovi); questo significa che il 5s sta cercando con le poche risorse a disposizione (scellerato vincolo esterno europeo che sta ammazzando il Movimento) di fare il massimo.
Sono felice altresì di apprendere l’approvazione di alcuni emendamenti: quello che impone il vagliare che gli stranieri non abbiano beni incompatibili col RDC nei paesi di origine, quello che non esclude dall’erogazione i coniugi con un partner che si è licenziato, quello inerente l’invalidità di parenti stretti e quello riguardante la vigilanza sulle separazioni “strategiche”.
Come di buona abitudine quindi, per sostenere il M5s in vista delle Europee, propongo alcuni approcci programmatici sui quali, a partire dalle sedi europee, i futuri europarlamentari mi auguro interverranno:
Il primo è di stampo mediatico i successivi no:
  • Il M5s dovrebbe comunicare pubblicamente che è lieto (positività che non appaia però forzata) di lavorare per il paese e con la Lega, che deve lealtà alla Lega e che la Lega si è dimostrata a sua volta leale con il MoVimento, che le sconfitte ci stanno ma che si va OLTRE le polemiche, consapevoli del proprio impegno che è nell’interesse del paese e degli italiani; aggiungendo infine che quando si perde significa che il cittadino ha comunicato di pretendere di più, magari un rinnovamento (affinché l’innamoramento non diventi amore (Cit.Alberoni) ed infine minestra riscaldata, ma questo non va detto).
  • Riformare Bankitalia come espresso nel pezzo (l’oro). Lo so, lo scrissi anche nei miei due pezzi precedenti ma a quanto pare è servito!
  • Questione “aste marginali”.
  • L’abolizione dei Senatori a vita.
  • Lo scioglimento ed il divieto di formazione di correnti politiche interne alla Magistratura. E’ conflitto di interesse bello e buono il solo sentir citare “Magistratura Democratica”, “Magistratura Azzurra” ecc; queste concrezioni non sono nell’interesse dei cittadini.
  • Legiferare affinché la retroattività riguardante le pensioni, i vitalizi dei politici, in futuro non rappresenti un precedente per incidere sulle pensioni dei cittadini comuni.
  • Ristrutturare totalmente gli acquedotti italiani (che perdono 1/3 della risorsa e non sono sicuri) ed assumere tecnici, chimici, geologi, naturalisti per i controlli al fine di porre fine al business dell’acqua in bottiglia che costa agli italiani parecchi soldi.
  • Ristrutturare le decine e decine di ospedali abbandonati sparsi sul territorio italiano trasformandoli ove possibile in carceri (magari per i detenuti non pericolosi) o in…Ospedali, o altro.
Concludo riferendomi ad una vicenda su cui non sono praticamente intervenuto dato che lo facevano anche in troppi: la vicenda Salvini.
Dobbiamo chiederci quale sia stato il criterio che il Legislatore ha seguito quando creò la garanzia dell’immunità parlamentare. Voleva per caso permettere a corrotti, mafiosi, “fiscalmente fraudolenti” di farla franca o piuttosto, grazie alle conoscenze che la storia ha trasmesso (conflitti secolari tra politica e giustizia), è stato visto come un peso-contrappeso creato affinché la Magistratura non invadesse il campo, minacciasse, si sostituisse alla Democrazia elettiva? Non creasse cioè forzature?
C’è una certa differenza tra la legalità e l’eccesso di zelo (legalismo) cioè la negazione della legge utilizzando le trappole presenti nei meandri dei commi e nelle interpretazioni. Salvini sequestratore e che magari chiede pure riscatti è talmente una cazzata che solo menti Magistralmente Democratiche potevano partorire. Menti perbeniste, superiori intellettualmente, menti così umaniste da essere…reazionarie. Se mi chiamassi Matteo d’estate eviterei di mettere il VAPE anti zanzare in camera per non essere querelato per maltrattamento animali.
Anche se non mi chiamo così e ragiono con serenità, ho come la sensazione (e mi sa l’abbia avuta pure lui…) che se Salvini si fosse fatto processare lo avrebbero condannato ed avrebbero gettato la chiave e con lui sarebbe sparito dalle cronache pure… il 5s.
Con buona pace di Soros, di Fico, di Nugnes, di Fattori, di Raggi e di Nogarin (si ricordino chi erano prima del MoVimento) che sono costati molti voti, il MoVimento ha sbagliato ma non in modo letale.
Lunga vita al MoVimento, lunga vita a Di Maio (meriteresti una birra).

venerdì 8 giugno 2018

Il G7 fa soffrire le Borse. Ancora vendite sull’Italia: -2% Milano, spread a 270. - Chiara Di Cristofaro e Andrea Fontana




Le tensioni tra il presidente Usa e gli altri leader dei Paesi partecipanti al G7 in Canada si sono fatti sentire su tutti i listini europei, piegati dai timori di impatti sugli accordi commerciali esistenti ma anche dai segnali di rallentamento dell'economia europea, ma è stata ancora Piazza Affari a essere la più penalizzata sul mercato azionario confermando la freddezza degli operatori finanziari verso gli asset italiani in questa fase di estrema incertezza legata alle prossime mosse del nuovo Governo Conte. Secondo alcuni operatori comunque gli investitori si sono distanziati dalle attività più rischiose in vista dell'incrocio di decisioni delle banche centrali della prossima settimana con la Federal Reserve pronta ad alzare di nuovo i tassi di interesse americani e con la Bce invece che dovrebbe fornire indicazioni sulla fine del Quantitative Easing. Il FTSE MIB ha lasciato sul terreno l'1,89% tornando vicino ai minimi dell'anno e ai minimi da agosto 2017 piegato innanzi tutto dalle vendite sulle banche mentre il rendimento dei Btp a 10 anni è tornato sopra il 3,1% ampliando lo spread con i Bund in area 270 punti. Tra gli istituti di credito le performance peggiori sono state quelle delle ex popolari, forse sulla speculazione di un dietrofront del Governo rispetto recente riforma degli istituti: -4% Banco Bpm, -2,7% Ubi Banca, -2,7% Bper. I cali sono stati comunque trasversali ai vari settori con Cnh e Unipol giù di oltre il 3%. Male il risparmio gestito. In tenuta Salvatore Ferragamo (+0,3%) e Campari (invariata dopo i conti della concorrente Remy Cointreau).

Il lusso tiene a galla la Borsa di Parigi 
Madrid ha chiuso le contrattazioni in calo dello 0,8%, mentre Francoforte e Londra hanno ceduto lo 0,3%. Piatta invece Parigi - grazie agli acquisti sul settore lusso e in particolare su Kering (+5%) e Lvmh (+1,5%) - che conferma così di essere tra le migliori Borse in Europa da inizio anno insieme ad Amsterdam. Il tema degli accordi commerciali, e quello dei dazi, ha finito per mettere pressione alle società del settore auto che ha accusato la performance peggiore nella seduta odierna(-2,5% Fca, -2,1% Volkswagen, -1,1% Bmw, -1,1% Renault) mentre minerari e utility sono stati gli altri settori oggetto di vendite più consistenti sui listini continentali. 
Tornando a Milano, pesante soprattutto nelle ultime due ore di contrattazione Eni (-2,6%) mentre tra le utility A2a ha ceduto il 3%. Tra i big del credito, -2,5% Unicredit e -1,2% Intesa Sanpaolo. Perdita superiore al 2% per Brembo e Pirelli nel comparto auto e per Leonardo tra gli industriali. Giù del 2,1% Mediaset. Hanno limitato i danni Tenaris(-0,3%) e Saipem (-0,67%), quest'ultima grazie a una commessa da 500 milioni di dollari in Thailandia
Per Piazza Affari un calo del 3,4% in una settimana. 
Nell'intera settimana Piazza Affari ha perso il 3,4% a fronte di listini europei complessivamente fiacche (+0,3% Francoforte, -0,3% Londra e Parigi) con l'eccezione di Madrid in recupero (+1,2%) dopo l'insediamento di Pedro Sanchez alla guida del nuovo Governo in Spagna. Ubi Banca, il cui calo complessivo si è avvicinato al 9%, è stato il titolo più penalizzate del Ftse Mib a fronte di un settore bancario italiano sceso del 6,5%. Male anche Unipol e Azimut con perdite complessive del 7,5% circa nell'intera settimana.
Al via il G7 in Canada, occhi su Bce e Fed.
Oggi ha preso il via il G7 in Canada: la posizione degli Stati Uniti sui dazi appare sempre più isolata. Il presidente francese Emmanuel Macron ha avvertito che non firmerà la tradizionale dichiarazione comune al termine del vertice se non ci saranno progressi sul tema tariffe. Trump ha anche annunciato che lascerà in anticipo il vertice per incontrare martedì il leader nordcoreano Kim Jong Un. «La questione dei dazi sarà al centro della riunione del G7 che inizia oggi e terminerà domani e che vede un Trump contro tutti, con il rischio concreto che non si giunga ad un’intesa comune», commentano gli analisti di Mps Capital Services. 
Prima di lasciare gli Usa, il presidente americano Donald Trump ha promesso «di raddrizzare gli iniqui accordi commerciali con i Paesi del G7» ed e' tornato a criticare il Canada dopo uno scambio acceso via Twitter con il presidente francese Emmanuel Macron. Trump ha anche detto che alla Russia dovrebbe essere permesso di partecipare alle riunioni delle sette economie più grandi al mondo (ne fu espulsa nel 2014 per via dell'annessione alla Crimea).
Oltre che per i lavori del G7, i mercati sono in apprensione per le riunioni chiave di Fed e Bce della prossima settimana. La Banca centrale Usa, in un contesto positivo per l'occupazione e con l'inflazione vicina al target del 2%, proseguirà probabilmente con i suoi rialzi graduali dei tassi con un aumento di 25 punti base, con 3-4 rialzi in tutto nell'anno. La Bce, dal canto suo, giovedì prossimo dovrebbe discutere della data di fine del Qe, cioè il programma di acquisto di titoli avviato nel 2015.
Spread BTp/Bund tocca 280 punti base, poi ripiega. 
Ha chiuso in netto rialzo lo spread BTp/Bund nella settimana che ha visto il nuovo Governo incassare la fiducia del Parlamento e il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, impegnato nella sua prima uscita internazionale al G7 in Canada. Il differenziale di rendimento tra il BTp decennale benchmark (Isin IT0005323032) e il pari scadenza tedesco, ha infatti
terminato la seduta a 269 punti base, dai 256 punti di ieri, dopo aver raggiunto in mattinata anche quota 280 punti. Dopo il recupero di inizio settimana, dunque, lo spread con i titoli tedeschi ha ripreso a correre e ha chiuso l'ottava 30 punti base sopra il livello di venerdì scorso (239 p.b.). Il rendimento dei decennali ha chiuso al 3,14%, anche in questo caso in forte crescita dal 3,05% di ieri. Sotto pressione i bond italiani anche sulle scadenze più brevi con lo spread sui titoli a due anni che ha chiuso a 236 punti, con rendimento che e' volato all'1,73 per cento.
SPREAD BTP-BUND 
Andamento da inizio anno. Fonte: Ufficio Studi Il Sole 24 Ore
Euro torna sotto 1,18 dollari dopo dati deludenti industria Germania.
Euro in calo contro le principali valute dopo gli altri dati deludenti arrivati oggi dalla Germania. La divisa unica europea è scesa nuovamente sotto la soglia di 1,18 dollari attestandosi a 1,1770 alla chiusura dei mercati continentali. A pesare, il dato della produzione industriale tedesca che, dopo l'incremento di marzo, è calato ad aprile deludendo le attese degli analisti. Rispetto al mese precedente, si è infatti registrata una flessione dell'1 per cento. Su anno, cioè nel confronto con lo stesso mese del 2017, la produzione è aumentata del 2 per cento. Inferiore alle attese anche il surplus della bilancia commerciale tedesca, in attivo per 19,4 miliardi, contro stime a 20 miliardi. 
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