E a fine 2021 incoroniamo dunque i “Nordisti dell’anno”, i personaggi che hanno meglio (o peggio?) rappresentato quella che è considerata l’area più ricca e propulsiva del Paese.
Letizia Moratti. Dopo essere stata sindaco di Milano, ministra, presidente della Rai, è riemersa come vicepresidente della Regione Lombardia e assessore al Welfare, chiamata per far dimenticare i disastri di quel buontempone di Giulio Gallera. Ha varato una riformetta della sanità regionale che non risolve alcuno dei problemi messi in evidenza dalla pandemia. E adesso è candidata a tutto: a succedere ad Attilio Fontana come presidente della Regione, ma anche a Mattarella come presidente della Repubblica: l’ha lanciata per primo Luigi Bisignani, dall’alto delle sue condanne e del curriculum P2. Non l’aiuta l’inchiesta in corso sul petrolio “sporco” della famiglia Moratti (con soldi finiti perfino all’Isis) e il brutto conflitto d’interessi di quand’era presidente Ubi e finanziava l’azienda del marito.
Attilio Fontana. Il presidente della Lombardia ha finanziato invece l’azienda della moglie e del cognato: è la brutta vicenda dei camici e altro materiale di protezione anti-Covid in cui Fontana si è incartato, prima trasformando un acquisto in donazione e poi pagando con soldi suoi: ma arrivati da conti milionari all’estero che nessuno conosceva e che il tapino ha così rivelato al mondo.
Giuseppe Sala. Rieletto sindaco di Milano al primo turno. Ma, a ben guardare le cifre, con la più bassa partecipazione elettorale mai vista in città. Ora è alle prese con la grana San Siro: la vicenda dello stadio Meazza, da abbattere per permettere a un fondo Usa e una società cinese di salvarsi dal fallimento con una mega-speculazione immobiliare su terreni pubblici. Come finirà?
Massimiliano Fedriga. A Roma era “il leghista gentile”. Poi è tornato a Trieste a fare il presidente del Friuli Venezia Giulia. Fedriga non ha mai cercato di assomigliare al capo del suo partito, Matteo Salvini, ha sempre preferito i toni pacati e la sua autonomia, in politica e nello stile di comunicazione. Nella Trieste diventata capitale dei no vax, si è più volte dichiarato favorevole alla vaccinazione anti-Covid e all’adozione del Green pass rafforzato. Risultato: minacce, lettere minatorie, scritte ostili sui muri. Così ora è costretto a vivere sotto scorta. In campagna elettorale aveva fatto un paio di promesse (“Due disastri a cui dovremo porre rimedio”) che aspettano di essere mantenute: aumentare i posti letto e l’assistenza sanitaria sul territorio; e azzerare la riforma degli enti locali che aveva trasformato quattro province in 18 Uti, Unioni territoriali intercomunali, accrocchi politici non elettivi.
Anonimo No-Tav. Dopo che il Frecciarossa ha iniziato a competere con il Tgv francese per unire Milano e Parigi ad alta velocità sulla linea già esistente, qualcuno ci spiega a che cosa serve il tunnel che vorrebbero scavare in Val di Susa?
Orietta Berti. Non ho mai capito se ci è o ci fa, ma l’Oriettona merita un posto in questa classifica. Dopo un’onorata carriera al suono di Fin che la barca va, ha lampi di genio quando chiama “Naziskin” i Måneskin e “Baby Gay” Baby K. Tutt’altro stile, l’Orietta, rispetto a un’altra collega emiliana, quella Iva Zanicchi che dopo aver fatto la pasionaria berlusconiana è riuscita a tornare in tv e a stonare in maniera clamorosa “Prendi questa mano, zingara…”. Orietta riesce invece a dare ancora il meglio di sé in trio con il Fedez e l’Achille Lauro, cantando una canzoncina (Mille) che piace tanto ai bambini ma a ben ascoltare è un inno gioioso e trasgressivo alla droga e al sesso (fluido, com’è di moda oggi).