Il presidente dell'Associazione nazionale magistrati alla fine del colloquio con il guardasigilli: "La riforma della prescrizione da sola non serve: bisogna intervenire anche sul codice di procedura penale con provvedimenti per accelerare i processi. Va introdotta anche la possibilità in appello di aumentare la pena per l’imputato".
La prescrizione bloccata dopo la sentenza di primo grado. E la nuova riforma delle intercettazioni prima rinviata e poi riscritta. Sono le due misure che il nuovo ministro della giustizia, Alfonso Bonafede, ha confermato di volere varare al più presto incontrando una delegazione dell’Associazione nazionale magistrati. Lo ha spiegato Francesco Minisci, il presidente del sindacato delle toghe, alla fine del colloquio con il guardasigilli. durato oltre un’ora. “Abbiamo fatto proposte per un sistema sempre più efficiente e per una magistratura sempre più credibile” fuori da “posizioni corporativistiche”, ha detto Minisci ai cronisti che lo attendeva fuori da via Arenula.
“Con il ministro – ha aggiunto Minisci – siamo d’accordo che occorre intervenire sulla prescrizione. E ci ha confermato che interverrà bloccando la riforma delle intercettazioni“. L’Anm ha proposto di fermare la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. “Al ministro – continua il magistrato – abbiamo però detto che la riforma della prescrizione da sola non serve: bisogna intervenire anche sul codice di procedura penale con provvedimenti per accelerare i processi. Va introdotta anche la possibilità in appello di aumentare la pena per l’imputato” e bisogna intervenire sulle notifiche “perché è inammissibile che nell’epoca di internet si proceda ancora con il metodo del camminamento“. Ma non basta: l’altro nodo da affrontare è la carenza di personale amministrativo. “Mancano 8mila unità: 1862 persone hanno superato il concorso ma non sono stati ancora chiamati. Basterebbe far scorrere la graduatoria per dare un pò di respiro”, ha detto il presidente dell’Anm.
E anche a proposito dell’annuncio fatto ieri dal guardasigilli di una legge per impedire che i giudici possano tornare in magistratura dopo un’esperienza in politica, Minisci si è detto favorevole: “Da circa un anno abbiamo detto che il magistrato che fa politica non può tornare a indossare la toga: deve essere destinato a funzioni amministrative al ministero della Giustizia, tecniche e non apicali”. Un intervento necessario – spega il numero uno dell’Anm – “perché il cittadino non deve avere dubbi sull’imparzialità del magistrato”. E che deve prevedere “regole predeterminate, valide per tutti , per garantire trasparenza e correttezza”.
Negativa, invece, l’opinione dell’Associazione nazionale magistrati sulla riforma della legittima difesa: “Non si può prescindere dalla proporzionalità tra difesa e offesa , così come non possiamo prescindere dalla valutazione del giudice sul singolo fatto, dal suo libero convincimento senza automatismi”. L’argomento, però, non è stato trattato durante l’incontro. Ma sul punto il sindacato delle toghe ha le idee chiare. “Bisogna anche evitare la possibilità di un accesso facile all’acquisto di armi – dice Minisci occorre una valutazione rigorosa dei requisiti soggettivi di chi compra un’arma”.