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domenica 17 ottobre 2021

Renzi, un nome, come e perchè... "il vero pericolo? Non è il fascismo..."





... ma il nazional populismo."

Con queste sue parole, Renzi ha reso pubblica, finalmente, un'immagine di ciò che è il suo pensiero intrinseco, scopiazzandolo un po' qua e un po' là... destando, come è solito fare, l'attenzione su dì sè; Umberto Eco ha ben descritto uomini come lui.

Lui, infatti, non teme il fascismo, la dittatura, dei quali avocherebbe a sè la conduzione, ma pone il nazional populismo come unico spauracchio da evitare.

Non che siano diametralmente opposti, fascismo e nazional populismo vanno scartati a priori.

Entrambi, infatti, portano ad una deriva che non promette nulla di buono. 

L'unica forma di buon governo è la Democrazia, quella intelligente, che garantisce tutte le categorie di persone, che non fa differenze tra esse, che provvede a procurare lavoro per tutti e, ove non fosse possibile, crea forme di sostentamento da mettere a disposizione di chi non ha risorse.

Ma il buon governo non piace ad un Renzi resosi inviso per il suo percorso politico; 

come uomo di sinistra, infatti, ha posto in essere leggi di destra, adotta un comportamento poco consono ad un uomo che riveste un incarico governativo, facendo conferenze a pagamento in ogni dove, anche in posti in cui la democrazia è un tabù; facendosi prestare soldi da chiunque per comprare ville megagalattine per mostrare al mondo ciò che non è.

Renzi non crede nella democrazia, ha causato la caduta di un governo eletto e scelto dal popolo, ha permesso che il canone televisivo venisse inserito, illegalmente, nelle bollette energetiche; 

Dovrebbe tacere nascondersi ed uscire definitivamente dalla scena politica.

Ma non credo che non sia tanto savio da capirlo.

Peccato!

Lui non accetterà mai di ricadere nell'anonimato, non accetterà mai di ritornare ad essere il nessuno che era; lui ha bisogno degli spalti, ora "l'apparire più che l'essere" è diventata per lui una droga della quale non può più fare a meno,  .

Poverino...

cetta

domenica 28 ottobre 2018

Noam Chomsky: "Il popolo si sta rivoltando contro le élite che lo hanno ingannato, il populismo non c'entra e ha anche una storia rispettabile"



Il professore e linguista descrive il tempo che viviamo: "La crescita economica ha favorito solo le istituzioni finanziarie, un danno per l'economia."


"I lavoratori si stanno rivoltando contro le élite e le istituzioni dominanti che li hanno puniti per una generazione. C'è stata una crescita economica e un aumento della produttività ma la ricchezza generata è finita in pochissime tasche, per la maggior parte a istituzioni finanziarie predatorie che, nel complesso, sono dannose per l'economia". 
Lo dice Noam Chomsky, professore e linguista e teorico della comunicazione, in una intervista al Manifesto. Partendo dall'analisi della situazione politica americana, per Chomsky: "in Europa è accaduto più o meno lo stesso, in qualche modo anche peggio perché il progresso decisionale su questioni importanti si è spostato sulla Troika che è un organismo non eletto. I partiti di centrodestra/centrosinistra si sono spostati a destra abbandonando in gran parte gli interessi della classe lavoratrice".
Secondo l'accademico "ciò ha portato alla rabbia, alla frustrazione, alla paura e al capro espiatorio. Poiché le cause reali sono nascoste nell'oscurità, deve essere colpa dei poveri non meritevoli delle minoranze etniche, degli immigrati o di altri settori vulnerabili. In tali circostanze le persone si arrampicano sugli specchi".
Negli Usa molti lavoratori hanno votato per Obama, credendo nel suo messaggio di speranza e cambiamento, e quando sono stati rapidamente disillusi, hanno cercato qualcosa'altro. Questo è terreno fertile per demagoghi come Trump, che finge di essere la voce dei lavoratori mentre li indebolisce di volta in volta attraverso politiche antisindacali della sua amministrazione, che rappresenta l'ala più selvaggia del Partito Repubblicano.
"Non ha nulla a che fare con il "populismo", un concetto con una storia mista, spesso piuttosto rispettabile", conclude Chomsky.
Fonte: huffingtonpost dell'8/9/2018

venerdì 1 luglio 2016

Brexit, populisti o democratici a chi? - Luisella Costamagna

Brexit, populisti o democratici a chi?

Comunque la si pensi, la Brexit un merito lo ha di sicuro: imporci un cambio di prospettiva, farci vedere le cose da un altro, spiazzante punto di vista.
Populista chi? Ammesso e non concesso che il temine “populismo” – cioè attenzione al popolo e alle sue esigenze, esaltazione dei suoi valori – sia necessariamente negativo, sono più populisti l’Ukip e i conservatori pro Leave, che hanno cavalcato i sentimenti antieuropei e soprattutto anti-immigrazione; oppure Cameron, che ha promosso il referendum sull’uscita dall’Ue nel 2014 (all’indomani del successo di Farage alle Europee), lo ha promesso per vincere le elezioni nel 2015 e poi lo ha realizzato nel 2016, non prima di aver cercato di disinnescarlo, ottenendo da Bruxelles trattamenti speciali su welfareimmigrazione,politica economica e finanziaria? Non è populista un premier che usa un referendum così importante per mero calcolo politico interno (essere rieletto contro gli euroscettici dentro e fuori il suo partito)? Solo che poi il popolo ha scelto altrimenti.
Disastro quale? L’uscita dall’Ue o la permanenza nell’Ue? Non sappiamo ancora quali saranno le conseguenze reali del Leave, che peraltro avverrà non prima di due anni, ma gli economisti – gli stessi che hanno già dato pessima prova di sé, non prevedendo la crisi globale e non formulando ricette efficaci per uscirne – ipotizzano scenari nefasti. In compenso, i cittadini europei conoscono perfettamente i costi del Remain, con tutti i sacrifici insiti nelle politiche di austerity: licenziamenti, tagli delle pensioni, riforme del lavoro con abolizione di diritti, vincoli alle imprese… In Italia la legge Fornero, il bail-in, il Jobs Act, i paletti al Made in Italy agroalimentare. La Grecia, che giusto un anno fa disse no al piano dei creditori internazionali per poi alzare bandiera bianca, continua ad avere il debito pubblico e il tasso di disoccupazione più alti d’Europa (24,2%).
Cattivi chi? L’Ue o i governi nazionali, che vendono alle rispettive opinioni pubbliche decisioni che hanno concorso a prendere? Che tagliano l’art. 18 “perché l’Europa ce lo chiede, ma non realizzano il reddito di cittadinanza anche se “l’Europa ce lo chiede”? Sono cattivi ed egoisti i cittadini britannici, che scelgono l’exit perché spaventati dall’arrivo dei migranti, o la grande e civile Ue che non riesce a dimostrarsi solidale di fronte a una migrazione – e a una strage in mare – epocale, che non riesce a gestire l’arrivo di 250mila uomini, donne, bambini, mentre paesi ben più piccoli come Giordania e Libano fanno fronte a oltre 1 milione di profughi ciascuno?
Democratici chi? La Brexit è stata illuminante anche per capire la concezione della democrazia di molti nostri rappresentanti istituzionali e commentatori. Se la sono presa con gli elettori, rinnegando nei fatti il metodo democratico, con aberrazioni tipo: 
- “Ho paura che la democrazia si possa perdere se usata male” (Monti), 
“Elettori disinformati producono disastri epocali. Per votare servirebbe esame di cittadinanza” (Gori)
Brexit. I limiti della democrazia diretta: il popolo è sovrano ma non necessariamente consapevole e sapiente” (Castagnetti), 
“Certo la democrazia diretta non è infallibile” (Lavia, L’Unità), 
“Si è creata un’assurda convinzione basata sul fatto che quello che viene deciso a maggioranza sia democrazia” (Zevi, giornalista). 
Fino alle apoteosi sul presunto voto dei vecchi britannici contro i giovani (in realtà solo 1 giovane su 3, il 36%, ha votato): “Invece di vietare il voto alla gente nei primi 18 anni di vita, perché non negli ultimi 18?” (Dini, Vanity Fair, ritwittato dall’ex Min. Melandri), 
e il capolavoro del docente di Demografia all’Università Cattolica di Milano Rosina, che ha parlato di “necessità di allentare il vincolo che impone che il voto di un ottantenne valga come quello di un ventenne su temi che condizionano soprattutto il futuro di quest’ultimo. Tanto più in un’Europa che invecchia”. Gli anziani (che per Rosina non hanno né figli né nipoti, dunque sono egoisti, meschini, al loro confronto Ebenezer Scrooge è un chierichetto) dovrebbero votare solo su pensioni, sanità ed eutanasia? 
Che sinceri democratici a giorni alterni: se il risultato è quello sperato gli elettori sono maturi e consapevoli, diversamente sono un branco di ignoranti; se c’è il referendum sulle trivelle “Astensione”, se c’è quello costituzionale “Al voto!”; se vince il sì “Trionfa la democrazia”, se vince il No “Trionfa il populismo”. ItExit.