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martedì 21 luglio 2020

E se persino Rutte giocasse pro Europa? - Antonio Padellaro

Contributi Ue, la doppia morale dei frugali: i quattro Paesi ...
Mark Rutte,Sebastian Kurz, Stefan Löfven, Mette Frederiksen..
Come dice quel proverbio africano? Se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi arrivare lontano, corri insieme a qualcuno. Come tutti, nella difficile trattativa europea, Romano Prodi avrebbe preferito che a Bruxelles i 27 fossero andati, tutti insieme, veloci e lontano. Poiché, purtroppo, nella vita non si può sempre avere tutto e subito (anzi quasi mai) l’ex presidente della Commissione Ue ha messo sul tavolo la questione che l’Europa non può più eludere, quella che definisce “il vero problema di sostanza”. Ovvero: “Una qualsiasi istituzione politica non può definirsi democratica, e nello stesso tempo reggersi sulla regola dell’unanimità”. 
Perché, scrive Prodi sul Messaggero, parlando dei veti dell’Olanda, “con l’unanimità ogni nano si sente un gigante, e nel caso europeo un Paese di poche centinaia di migliaia di abitanti può bloccare il funzionamento di un’istituzione che comprende centinaia di milioni di cittadini”.
Siamo d’accordo, “le grandi decisioni del mondo sono ormai prese in tempi rapidissimi, frutto di istituzioni politiche fornite di poteri definiti e di strutture tecniche adeguate”, strumenti che il Consiglio europeo non possiede. Tuttavia, proprio perché, come sappiamo, la costruzione europea, solida nelle fondamenta non lo è altrettanto in alcuni mattoni pronti a sfaldarsi per scarso senso comunitario, non pensa il professor Prodi che la regola dell’unanimità, pur con le sue lungaggini e strettoie procedurali, sia di stimolo a quell’arte politica del compromesso, cemento della democrazia? Il cattivo esempio della Brexit, forse non il più calzante in quanto conseguenza soprattutto di dinamiche distruttive interne al Regno Unito, ha dimostrato che dall’Unione si può uscire sbattendo la porta.
Un eventuale voto a maggioranza su bilancio comunitario e sovvenzioni post-Covid avrebbe certamente sconfitto il fronte dei cosiddetti Paesi frugali – Olanda, Austria, Svezia, Danimarca –, ma a quale prezzo? Chi ci dice che il non simpaticissimo (a noi italiani) primo ministro Mark Rutte stia, a suo modo, giocando una partita europea? Che pur con le sue asprezze non rappresenti un argine a quelle spinte sovraniste arancioni che cercano solo l’occasione giusta per scatenarsi contro l’Europa sul modello Boris Johnson? Restare in gruppo con tutti gli altri, anche con chi non ti passa la borraccia, può rallentare la corsa (vero presidente Conte?). Però ti porta al traguardo.

lunedì 20 luglio 2020

Gli “avari” pretendono lo sconto. Conte a Rutte: “Ne risponderai”. - Uski Audino e Marco Pasciuti

Gli “avari” pretendono lo sconto. Conte a Rutte: “Ne risponderai”

Vertice fiume fino a tardi. I nodi. I “frugali” s’impuntano su 350 miliardi di aiuti (e altrettanti di prestiti), per Roma si parla di 70 miliardi.
Sul cammino irto di ostacoli del Consiglio Ue verso l’intesa sul Multiannual financial framework, il bilancio 2021-2027, e il Next Generation Eu, il fondo da 750 miliardi pensato per tenere a galla le economie più colpite dal Covid-19, i 27 hanno mosso passi in avanti. Con il Risiko giocato tra le sale di Palazzo Europa che si è protratto ancora una volta nella notte, anche ieri la partita centrale è stata quella della ripartizione dei fondi tra “grant” e “loan”. L’Italia e i paesi del Sud puntavano a tenere alta la quota dei primi, i finanziamenti a fondo perduto, e non scendere sotto quota 400 dei 750 miliardi disponibili, già in ribasso dai 500 di sabato. L’obiettivo dell’Olanda e dei Paesi “avari”, secondo la definizione della delegazione polacca, era quello di aumentare la frazione dei prestiti che, a differenza dei primi, dovranno essere restituiti e andranno ad aumentare il debito pubblico dei Paesi beneficiari. Al mattino le posizioni sono ancora lontane, così la plenaria fissata per le 12 slitta: si va avanti con i bilaterali. Alle 14,30, mentre il presidente Charles Michel lavora alla nuova bozza, la cifra che circola è di 420 miliardi ma per i Mark Rutte & C. è ancora troppo. Attorno alle 15.30 voci danno la mediazione raggiungibile a 375 miliardi, la metà dei 750 previsti, ma per i Paesi del Nord la parte a fondo perduto è ancora alta. È a quell’ora che i due schieramenti si affrontano: da un lato Italia, Grecia, Spagna e Portogallo; dall’altro Austria, Olanda, Svezia e Danimarca. Cui si aggiunge la Finlandia, ufficialmente non nella cerchia degli avari, ma parte del fronte Nord.
Alle 17.30 Giuseppe Conte e Rutte si trovano l’uno di fronte all’altro. Ora i frugali chiedono un Recovery Fund diviso a metà: 350 miliardi a fondo perduto, 350 in prestiti. “Vi state illudendo che la partita non vi riguardi o vi riguardi solo in parte”, è l’ammonimento del premier. “Se lasciamo che il mercato unico venga distrutto tu forse sarai eroe in patria per qualche giorno – aggiunge Conte – ma dopo qualche settimana sarai chiamato a rispondere pubblicamente per avere compromesso una adeguata ed efficace reazione europea”. La partita riprende nella plenaria che alle 19.30 assume la forma di una cena di lavoro. È la sede in cui l’embrione di un accordo comincia a formarsi: la cifra complessiva si attesta tra i 700 e i 720 miliardi, 360-370 sono “grants” e 350 “loans”. Il fattore da considerare, spiegano i tecnici nella notte, è la chiave di allocazione. Il primo dei due strumenti del Next Generation Ue, il Recovery Resilience fund, avrà in dotazione circa 310 miliardi, 60 dei quali dovrebbe andare a Roma. A questi si aggiungerebbero circa 15 miliardi previsti dal secondo fondo, il React EU. I prestiti, invece, salirebbero in totale a 350 miliardi e con la chiave di ripartizione attuale l’Italia ne avrebbe fino a 115.
L’altra trincea che divide Nord e Sud Europa è quella della governance. L’Italia puntava ad accedere ai fondi senza la spada di Damocle del ricatto di un paese (su 27) che decida di bloccarne l’erogazione con un veto. E in tarda serata il pericolo sembrava essere stato scongiurato. Sul tema la delegazione di Roma ha presentato una proposta informale e appoggia il meccanismo del “freno d’emergenza” proposto da Michel. Prevede che un Paese non convinto dell’esecuzione dei piani di riforma presentati dai singoli Stati possa chiedere entro 3 giorni una revisione dei finanziamenti. La domanda è: chi decide? Per Rutte dovrebbe farlo il Consiglio, che per come è regolato ab origine lo fa all’unanimità. In questo modo l’Olanda o chi per lei avrebbe il diritto di veto. Conte ha proposto, invece, che per bloccare l’erogazione serva una maggioranza qualificata. Una soluzione che consentirebbe di salvaguardare gli equilibri tra le istituzioni comunitarie, poiché è alla Commissione, e non al Consiglio, che i trattati assegnano il potere esecutivo e di controllo.
Sul tavolo c’è poi un’altra questione, che chiama in causa il blocco di Visegrad. Rutte (e diversi altri leader preoccupati per le riforme attuate in alcuni Stati dell’Est, Ungheria e Polonia in primis) vogliono condizionare l’erogazione dei fondi al rispetto del diritto e dei valori dell’Ue. Una condizione inaccettabile per Budapest e Varsavia. A metà pomeriggio Viktor Orban spiegava ai giornalisti di essere dalla parte dell’Italia e che “il tipo olandese” (Rutte) ce l’ha con lui, “e non so perché”.
È il tempo il 28° convitato ai tavoli dei leader, con i mercati di lunedì che attendono l’esito della lunga maratona negoziale. “È meglio concordare una struttura ambiziosa anche se richiede un po’ più di tempo”, si sbilancia in serata la presidente della Bce Christine Lagarde. Conte, trapela dalla delegazione, preferisce tenere aperta la negoziazione a oltranza mantenendo fermi i punti già fissati. Nel momento in cui siamo andati in stampa le trattative erano ancora in corso, con i cosidetti “frugali” che alzavano la posta in gioco e chiedevano sconti fino a 25 miliardi sui versamenti all’Ue.

domenica 19 luglio 2020

Braccio di ferro con i frugali al Consiglio Ue. Merkel: ancora possibile che non ci sia alcun accordo.


Consiglio Ue, è subito scontro Italia-Olanda sul diritto di veto ...

E' "ancora possibile" che non vi sia "nessun accordo" al vertice europeo. Lo ha detto la cancelliera tedesca Angela Merkel arrivando al summit. "C'è molta buona volontà ma anche molte posizioni diverse - ha detto -, farò ogni sforzo ma è ancora possibile che oggi non si possano ottenere risultati".
 "Oggi proseguiremo perché dobbiamo fare di tutto per chiudere. Rimandare questa partita non giova a nessuno" in Ue. Lo dice il premier Giuseppe Conte al termine della seconda giornata di lavori del Consiglio europeo sul Recovery fund. Nulla di fatto? "Assolutamente sì: la partita è ancora aperta. Ci sono punti specifici su cui stiamo discutendo anche animatamente". Lo dice il premier Giuseppe Conte al termine della seconda giornata di lavori del Consiglio europeo sul Recovery fund. Il confronto a tratti è "anche duro"."Siamo tutti vincitori o siamo tutti sconfitti.Siamo tutti sulla stessa barca, non stiamo aiutando l'Italia ma consentendo a tutti di riparare i danni della pandemia: le economie sono integrate". I leader si riuniranno di nuovo domenica a mezzogiorno. Lo scrive il portavoce di Charles Michel su Twitter.
Non è bastata una conversazione notturna, al bar dell'albergo, con Angela Merkel ed Emmanuel Macron. E neanche il vertice mattutino a cinque, presenti Pedro Sanchez e soprattutto Mark Rutte. Giuseppe Conte non riesce ad abbattere, nel negoziato europeo, il muro alzato dal primo ministro olandese, spalleggiato dal manipolo di Paesi frugali (Austria, Danimarca, Svezia, più la Finlandia). Non può accettare che, come Rutte pretende, un singolo Stato abbia il potere di bloccare l'erogazione dei fondi a un Paese che non attui le riforme. Perciò, per evitare che si acceleri verso un'intesa penalizzante l'Italia, decide di mettere sul tavolo tutte le sue armi. Dichiara di non essere disposto a rinunciare neanche a un euro, perché il negoziato è "molto importante per l'interesse degli italiani, ma anche degli europei". E mette in discussione, nel bilancio pluriennale, l'aumento dei rebates, sconti cui L'Aja tiene molto e che nelle ultime proposte di mediazione sono addirittura aumentati. Oltre a lanciare un avvertimento, con un intervento che fonti italiane definiscono "molto duro", davanti ai 26 colleghi europei: da lunedì bisognerà occuparsi di chi fa "dumping fiscale", come l'Olanda, o "surplus commerciali", come anche la Germania. Rutte chiede a Roma la riforma delle pensioni, a partire da quota 100, e del mercato del lavoro. "Noi - ribatte Conte - abbiamo deciso di affrontare, di nostra iniziativa, un percorso di riforme che ci consentano di correre ma pretenderemo una seria politica fiscale comune, per competere ad armi pari".
Il Governo italiano ha avanzato una proposta per modificare il meccanismo che può bloccare l'erogazione in fase di attuazione dei fondi del Recovery fund. La proposta, spiegano fonti italiane, prevede che le decisioni vengano prese "a maggioranza qualificata e non all'unanimità". Dall'inizio il premier Giuseppe Conte si è opposto alla richiesta di Mark Rutte di prendere le decisioni sui piani di riforma nazionali, in Consiglio europeo, all'unanimità.
Che il confronto con i paesi frugali sia duro l'ammette lo stesso premier Conte con un aggiornamento video in diretta da Facebook.
Conte: "È stallo, più complicato del previsto" -  "Siamo in una fase di stallo: si sta rivelando molto complicato, più complicato del previsto. Sono tante questioni su cui stiamo ancora discutendo che non riusciamo a sciogliere" afferma Conte. "Stiamo cercando e dobbiamo trovare una sintesi perché è nell'interesse di tutti - aggiunge - ma certo anche mantenendo bene le coordinate più importanti, a partire dal fatto che gli strumenti devono essere proporzionati alla crisi ed effettivi, cioè efficaci. La nostra risposta deve essere pronta, collettiva, solida, robusta". 
Fonti italiane, Rutte vuole l'unanimità, inaccettabile - Il primo ministro olandese Mark Rutte insiste con la richiesta che il via libera all'erogazione dei fondi del Recovery ai singoli Stati sia condizionata all'unanimità del Consiglio Ue: per l'Italia è una richiesta "inaccettabile", che non permette di sbloccare un'intesa. Lo spiegano fonti italiane mentre è in corso la seconda giornata di lavori del Consiglio europeo.
L'AGGIORNAMENTO DI CONTE DA BRUXELLES
Kurz, nessuna svolta ma direzione giusta  - "Non vi è stata alcuna svolta" ma "siamo avviati nella giusta direzione e questa è la cosa più importante". Così il cancelliere austriaco Sebastian Kurz a margine del vertice Ue sul Recovery Fund e il bilancio. "Come ci aspettavamo, è una battaglia dura", ha detto Kurz, sottolineando che ci sono ancora "molte cose" da discutere, tra cui "il volume totale" del Recovery Fund, "in particolare per le sovvenzioni, come garantire che i soldi siano usati bene" per "le riforme" e il rispetto dello "stato di diritto" per l'allocazione degli aiuti.
Frugali puntano i piedi sui sussidi - La Svezia, a nome di tutti e quattro i Paesi frugali (Olanda, Austria e Danimarca), al vertice Ue, ha presentato una posizione in cui chiede di non andare oltre i 150 miliardi di sussidi come dotazione massima per il Recovery Fund. Si apprende da fonti diplomatiche europee.
Prima della sospensione dei lavori il premier Giuseppe Conte ha svolto "un intervento molto duro". Conte ha attaccato "l'approccio ben poco costruttivo con cui alcuni Paesi stanno affrontando la discussione, dimostrando scarsa consapevolezza sulla crisi epocale che l'Europa sta vivendo e sulla necessità di una pronta ed efficace reazione".Quella del Consiglio europeo "è una discussione spartiacque perché da domani dovrà essere affrontata in tutte le sedi europee una riforma organica della politica fiscale europea". Lo ha detto, secondo quanto si apprende, il premier Giuseppe Conte in Consiglio, nel dibattito sulla nuova proposta di Recovery fund. Conte è stato molto duro in particolare con i Paesi che vogliono riservarsi un veto sull'attuazione del budget che è inaccettabile giuridicamente e politicamente perché altera l'assetto istituzionale europeo". "L'Italia ha deciso di affrontare, di sua iniziativa, un percorso di riforme che le consentano di correre ma pretenderà una seria politica fiscale comune, in modo da affrontare una volta per tutte surplus commerciali e dumping fiscali, per competere ad armi pari". Lo ha detto il premier Giuseppe Conte, a quanto riferiscono fonti italiane, nel suo intervento in Consiglio europeo. A chi chiede se Conte abbia voluto bocciare la nuova proposta di Michel, le stesse fonti rispondono che ha fatto un "discorso ampio"
IL PIANO DI MICHEL  Oltre alle riduzioni delle svvenzioni a fondo perduto, la proposta propone di dare 'rebates' (rimborsi)  più alti, di approvare una chiave di distribuzione modificata dei finanziamenti europei (60% dei fondi distribuiti in base a Pil e disoccupazione degli ultimi 5 anni, e il 40% in base al calo della crescita solo dell'ultimo anno) e l'introduzione di un 'freno di emergenza' sulla governance, con la possibilità per i Paesi di bloccare l'esborso dei fondi e chiedere l'intervento del Consiglio. Nella nuova proposta del presidente del Consiglio europeo, Charles Michel  vengono aumentati i 'rebate', cioè i rimborsi (meccanismo correttivo della contribuzione al Bilancio) per Svezia, Danimarca e Austria. Si apprende a Bruxelles. Svezia e Danimarca ottengono 25 milioni in più rispetto alla precedente proposta, passando rispettivamente da 798 a 823 milioni, e da 197 a 222 milioni. All'Austria vanno 50 milioni in più, passando da 237 a 287 milioni. Risultano invariati invece i rebate per Germania e Olanda, rispetto alla proposta precedente di Michel. L'Italia però continua a difendere la centralità del ruolo della Commissione europea. "La proposta sulla governance presentata da Michel è un passo nella giusta direzione": così fonti diplomatiche olandesi commentano il nuovo pacchetto sul tavolo del vertice Ue. Ma sottolineano come si tratti di un pacchetto, "e ci sono molte cose ancora da risolvere. Se ci riusciamo dipenderà dalle prossime 24 ore".
https://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2020/07/18/al-via-vertice-ristretto-con-conte-merkel-macron-sanchez-e-rutte_c9d7c2db-dccc-4f14-9414-0c06349499b7.html

E se il comportamento di Rutte fosse il risultato dei ricatti dei paperoni italiani che reggono egregiamente l'economia olandese? Il ricatto potrebbe essere anche una logica spiegazione che va a tutto vantaggio dell'Olanda, che funge da paradiso fiscale, e di chi la usa, per eludere il fisco nazionale.c.

Sambuca olandese. - Marco Travaglio

A Bruxelles non Giuseppe Conte, ma l’Italia intera combatte una guerra per la vita o la morte sul Recovery Fund. Al suo fianco c’è la gran parte dei paesi Ue, con tutti gli altri più grandi e influenti: Germania, Francia e Spagna. E questo sia per i rapporti diplomatici intessuti da Conte, forte degli alti consensi in patria, sia perché Berlino e il fronte mediterraneo condividono un disperato bisogno di sussidi per far ripartire le rispettive economie e quella europea nel suo complesso e rispondere alle cascate di miliardi investiti (e stampati) dalle superpotenze concorrenti (Usa, Cina e Giappone). In caso di guerra, e questo lo è, non c’è più maggioranza né opposizione: tutti si stringono attorno al capo del governo e lo sostengono “a prescindere”, in attesa di tornare a dividersi sulle questioni interne. Infatti persino quello sfasciacarrozze di Salvini, oltre a Meloni e a FI, hanno indetto una breve tregua dalle polemiche, ben consci di alcuni fatti incontestabili: Conte pesca il suo 60% e più di credibilità nei sondaggi anche fra i loro elettori; tra i più acerrimi nemici dell’Italia ci sono molti loro amici e alleati in Europa; e polemizzare anche ora col premier significherebbe indebolirlo nella partita mortale con l’Olanda e gli altri paesi “frugali” (cioè egoisti, miopi e un po’ criminali). Cioè pugnalare alla schiena non lui, ma l’Italia. Che già sconta diffidenze per il suo debito pubblico e le altre tare ataviche. Dunque corre in salita, anche a causa delle demenziali regole europee che consentono a un paesucolo di 17 milioni di abitanti come l’Olanda, per giunta paradiso fiscale, di ricattare e paralizzare col veto e i rutti di Rutte tutta l’Unione europea che ne ingloba 446 milioni.
Si dirà: ciascuno fa i propri interessi. Ma, a parte il fatto che è anche interesse dei “frugali” non far sprofondare l’economia di tutta l’Europa (altrimenti – come ha detto Prodi – “a chi li vendono gli olandesi i loro tulipani?”), gli interessi in Europa, così come gli effetti del Covid, sono tutt’altro che simmetrici. L’altro giorno il manifesto notava che sono proprio i “frugali” a prendere dal mercato comune europeo molto più di quanto danno alla Ue. L’Olanda, per ogni euro versato, ne guadagna 11; Austria e Svezia 9; Danimarca 7. E questo perché i loro mercati interni sono ristrettissimi e dipendono in gran parte dall’export. Nella Ue e nei paesi associati, il mercato unico di quasi 500 milioni di persone e le 4 libertà (di circolazione di merci, capitali, servizi e persone) fa guadagnare ogni anno 427 miliardi, cioè 840 euro per ogni cittadino. Ma solo in media: una tabella compilata dalla Commissione europea in base a ricerche recentissime dimostra sperequazioni spaventose.
I cittadini dell’Europa centrale (specie negli Stati più piccoli) guadagnano 3.600 euro pro capite e quelli delle regioni più periferiche appena 150 a testa. Eppure basta il veto di un nano per legare le mani al gigante e trascinarlo in fondo al mare. Quindi la leggenda delle formichine del Nord stufe di svenarsi per le cicale del Sud non sta in piedi. Serve ad alimentare la propaganda dell’Olanda e dei suoi pochi alleati. Infatti persino in quei paesi la stampa e l’intellighenzia più illuminate contestano la testardaggine, miope e alla fin fine suicida, dei rispettivi governi. E si sa quanto contano intellettuali, economisti e giornalisti per smuovere anche le opinioni pubbliche più egoiste. In Italia, tanto per cambiare, accade l’esatto opposto. Se ieri, a Bruxelles, i colleghi di Conte avessero dato un’occhiata ai giornali italiani avrebbero scoperto che li ha quasi tutti contro. E non per le sacrosante critiche dovute ai politici che le meritano. Ma per il pregiudizio universale che accompagna Conte da quando osa fare il premier, a costo di contare balle e danneggiare l’Italia pur di buttarlo giù e metterci al posto l’ammucchiata di larghe imprese. Basta leggere la stampa umoristica, quella di destra che qualche frescone si ostina a definire “sovranista”. Il Giornale di B. quello moderato e responsabile, titola a caratteri di scatola: “CONTE DRACULA”. La Verità racconta che, siccome non ha ancora abolito le tasse, “Conte si riprende gli aiuti alle imprese”. Libero, noto alfiere del sovranismo e del patriottismo, riesce a sostenere che “L’Ue non dà i soldi perché non si fida di Conte” (se al suo posto ci fosse Salvini, o B. che ci faceva fare dei figuroni in tutto il mondo, allora sì). E sapete perché? Per “le politiche dei grillini: nazionalizzazioni e assistenzialismo a pioggia” (cioè perché ridiamo le autostrade allo Stato, come in Germania, e diamo il reddito di cittadinanza a chi non ha un euro, come tutto il resto della Ue). Dunque Feltri&Senaldi scavalcano Salvini&Meloni e schierano financo con Olanda&C.: “Voi al suo posto cosa fareste?”.
Ma il record di patriottismo lo stabilisce l’ultimo nato fra i giornali di destra: Repubblica. Che così descrive, con la consueta obiettività, la guerra solitaria dell’Olanda contro il resto d’Europa: “Ue, l’Italia all’angolo”. Poi fa la gara di patriottismo con Feltri e Senaldi e titola, e la vince: “Processo all’Italia. L’Olanda guida l’accusa: ‘Non ci fidiamo più’”. Non male, per il giornale del gruppo Fca che ha sede, indovinate un po’, in Olanda. I Frugali sono in buone mani: se l’amico Rutte dovesse stancarsi e mollare un po’, ci pensa Sambuca Molinari a rimettere in riga quelle merde di italiani.