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martedì 14 luglio 2020

Anche gli alberi praticano "il distanziamento sociale” per evitare le malattie. - KATHERINE J. WU

Nella foto gli alberi della canfora del Borneo (Dryobalanops aromatica) mostrano la cosiddetta “timidezza della corona” ...
Nella foto gli alberi della canfora del Borneo (Dryobalanops aromatica) mostrano la cosiddetta “timidezza della corona” presso il Forest Research Institute Malaysia. Questo fenomeno si verifica in alcune specie di alberi quando compaiono spazi tra le chiome che impediscono ai rami di toccarsi, formando spazi vuoti simili a canali. FOTOGRAFIA DI IAN TEH, NATIONAL GEOGRAPHIC

In una calda giornata di Marzo del 1982, il biologo Francis “Jack” Putz passeggiava nella foresta tra gli alberi di mangrovia nera in cerca di refrigerio dalla calura pomeridiana. Assonnato dopo il pranzo e stanco per le ore di lavoro sul campo nel Guanacaste National Park in Costa Rica, Putz decise di sdraiarsi per riposare. 
Guardò in alto verso il cielo: il vento agitava le cime delle mangrovie sopra di lui, facendo sì che le estremità degli alberi vicini si scontrassero, perdendo alcune foglie e spezzando alcuni dei rami più esterni. Putz notò che questa “potatura reciproca” aveva lasciato tracce di spazio vuoto tra le chiome.
Questa rete formata dagli spazi vuoti tra le cime degli alberi, nota come la “timidezza della corona”, è stata documentata in foreste di tutto il mondo. Dalle mangrovie del Costa Rica agli imponenti alberi della canfora del Borneo in Malesia, tutti disegnano linee di spazi vuoti tra le reciproche verdi chiome. Ma gli scienziati ancora non comprendono appieno il motivo per cui così spesso le cime degli alberi evitano di toccarsi.
40 anni fa, sotto le mangrovie, mentre si apprestava al suo riposino post pranzo, Putz pensò che anche gli alberi hanno bisogno del proprio spazio personale, ed è stato un ragionamento fondamentale verso la spiegazione dell’origine del “comportamento schivo” dei rami degli alberi.
“Faccio spesso grandi scoperte durante il momento del sonnellino”, afferma. 
Oggi, un corpus crescente di ricerche continua a sostenere le prime osservazioni di Putz e dei suoi colleghi. Il vento, a quanto pare, svolge un ruolo cruciale nell'aiutare molti alberi a mantenere le distanze. I confini “scavati” dagli scontri tra i rami possono migliorare l’accesso delle piante alle risorse, come ad esempio alla luce. Gli spazi tra le cime degli alberi potrebbero anche ridurre la diffusione di insetti che mangiano le foglie, piante rampicanti parassite o malattie infettive.
In un certo senso, la “timidezza della corona” è la versione arborea del distanziamento sociale, afferma Meg Lowman, biologa forestale e direttrice della TREE Foundation. “Impedendo alle piante di toccarsi fisicamente si può aumentare la loro produttività”, afferma. “Questo è il lato positivo dell’isolamento...gli alberi stanno in effetti proteggendo la propria salute”.

Zuffe in cima agli alberi 

Sebbene la letteratura scientifica abbia riportato descrizioni sul fenomeno della timidezza della corona fin dagli anni ‘20, sono passati diversi decenni prima che i ricercatori iniziassero ad approfondire sistematicamente gli studi sulla causa di questo fenomeno. Alcuni scienziati inizialmente ipotizzarono che gli alberi semplicemente evitassero di riempire gli spazi tra le loro chiome per non creare una mancanza di luce – risorsa fondamentale per la fotosintesi – nei punti in cui le fronde si sovrapponevano.
Ma nel 1984 il team di Putz pubblicò una ricerca che indica che in alcuni casi la “timidezza della corona” può essere semplicemente il risultato di una “battaglia” tra gli alberi mossi dal vento, ognuno dei quali fa a gara per far germogliare nuovi rami e parare i colpi degli alberi vicini. Questa ricerca mostrava che più le mangrovie erano soggette al movimento indotto dal vento, più le loro chiome apparivano distanziate dagli esemplari vicini. Questi sono alcuni dei primi risultati a sostegno della cosiddetta “ipotesi di abrasione” per spiegare le strutture di questi alberi.
Circa due decenni dopo, un team guidato da Mark Rudnicki, biologo presso la Michigan Technological University, misurò le forze che muovevano i Pinus contorta ad Alberta, in Canada. Scoprirono che le foreste ventose piene di tronchi alti, affusolati e di altezza simile erano particolarmente inclini al fenomeno della timidezza della corona. E quando Rudnicki e il suo team usarono corde di nylon per evitare che i pini vicini si scontrassero, questi crescevano intrecciando le chiome, riempiendo gli spazi tra le loro corone.
Altri scienziati hanno trovato prove che esistono probabilmente diversi motivi per cui gli alberi arrivano a creare questa “timidezza della corona”, e alcuni sono forse meno aggressivi dell’ipotesi delle baruffe ventose. Ad esempio, Rudnicki afferma che alcuni alberi potrebbero aver imparato a smettere proprio di crescere alle estremità, rilevando il fatto che le nuove fronde verrebbero comunque spogliate. 
Gli alberi potrebbero così evitare danni inutili, afferma Inés Ibáñez, ecologa forestale presso l’Università del Michigan. “La formazione di nuovi tessuti è un processo molto dispendioso per le piante... è come se gli alberi fossero previdenti: qui è meglio non crescere perché non ne vale la pena”.
Alcuni alberi potrebbero essere in grado di spingersi oltre in questo comportamento previdente, utilizzando uno specifico sistema sensoriale per rilevare le sostanze chimiche rilasciate dalle piante vicine. “C’è una crescente raccolta di studi sul sistema cognitivo delle piante”, afferma Marlyse Duguid, silvicoltrice e orticoltrice presso l’Università di Yale. I dati sulla comunicazione chimica tra le piante arboree sono scarsi, ma se gli alberi riescono a percepirsi a vicenda, potrebbero essere in grado di arrestare la crescita della canopia prima di essere costretti a scontrarsi.

I vantaggi del proprio spazio personale. 

Indipendentemente da come si verifichi il fenomeno della timidezza della corona, la separazione tra le chiome probabilmente porta dei vantaggi. “Le foglie sono come i diamanti più preziosi dell’albero, vanno protetti a tutti i costi”, afferma Lowman. “Quando un’intera fronda viene eliminata, è un terribile disastro per l’albero”.
Il fogliame più rado potrebbe anche aiutare a far penetrare la luce del sole fino a raggiungere il suolo della foresta, nutrendo la vegetazione che cresce a terra e gli animali che a loro volta sostengono la vita arborea. Putz pensa che gli spazi vuoti tra le chiome possano persino aiutare gli alberi a evitare le invasive piante rampicanti legnose chiamate liane, comuni nelle foreste tropicali e temperate di tutto il mondo, o a proteggere le piante da microbi patogeni e insetti incapaci di volare che usano la canopia come passaggio tra gli alberi (alcuni germi e insetti potrebbero teoricamente saltare quando le fronde degli alberi si intersecano nella brezza del vento).
Molti di questi possibili vantaggi, tuttavia, devono ancora essere definitivamente collegati al fenomeno della timidezza della corona. Lo strato canopico delle foreste, ovvero le cime di alcune delle piante più alte del mondo, non è facile da studiare, afferma Lowman, sedicente “arbonauta” e una delle poche scienziate che si è costruita una carriera studiando le volte delle foreste. Esaminare la cima degli alberi richiede un bel po’ di abilità nell’arrampicata, equilibrio e coraggio. “Il fattore limitante è rappresentato dalla forza di gravità che ci impedisce di raggiungere agilmente quei punti”, afferma.
Eppure, ignorare la canopia di un albero è come cercare di capire il corpo umano studiandolo soltanto dalla vita in giù, afferma Lowman. Le corone degli alberi pullulano di vita, e gran parte di questa biodiversità potrebbe essere ancora da scoprire, specialmente nelle aree tropicali.
Per fortuna, “non è necessario prendere l’aereo” per ammirare il fenomeno della timidezza della corona, afferma Putz, “è qualcosa che accade tutto intorno a noi, e uno spettacolo sorprendente per le persone che alzano lo sguardo e lo notano”.

venerdì 19 gennaio 2018

L’albero dai 40 frutti di Sam Van Aken. - Laura Cannarella

Risultati immagini per sam van aken

Il risultato del progetto The Tree of 40 Fruit dell’artista-agricoltore americano Sam Van Aken è un’opera d’arte che è sia un museo vivente che un esperimento di botanica fuori dall’ordinario: “l’Albero dai 40 frutti”.
L’incredibile albero capace di produrre quaranta diversi tipi di frutta a nocciolo, tra cui pesche, prugne, albicocche, nettarine, ciliegie e mandorle, è stato realizzato senza interventi genetici ma esclusivamente tramite una lunga serie di innesti.

Albero dai 40 frutti Sam Van Aken
La sua incredibile storia non è solo la realizzazione di una scommessa di un eclettico artista dal pollice verde ma è il frutto del salvataggio di alcune varietà native di frutti con nocciolo in pericolo, alcune delle quali avevano alle spalle una storia di più di 150 anni.
Un antico frutteto da salvare
Nel 2008 Sam Van Aken, professore d’arte alla Syracuse University, era alla ricerca di esemplari per creare un albero in fiore a più colori per un progetto artistico e ha deciso di acquisire un antico frutteto urbano di 3 acri dalla Experiment Station di New York State Agricultural che stava per chiudere e salvare così centinaia di varietà autoctone di alberi da frutta con nocciolo dalla storia centenaria dal rischio di andare perdute per sempre.
Quaranta frutti in un unico albero.
Dopo 5 anni, diversi tentativi e fallimenti, l’albero dai 40 frutti è diventato realtà!
Van Aken, figlio di agricoltori con ottime conoscenza di botanica, ha lavorato su 250 diverse specie di frutti con nocciolo e ne ha selezionate solo qualche decina.
Il primo abbozzo per l’albero dai 40 frutti era una sorta di tabella con l’analisi dei tempi di fioritura e di maturazione delle drupacee per poter programmare con precisione unacatena di innesti su un singolo albero da frutto, con tecniche complesse come quella del sovrainnesto, chiamata “chip-budding”, per consentire di far germogliare sui rami diverse gemme di differenti varietà.
Si parte prendendo un pezzo di un albero da frutto che includa delle gemme e viene inserita in una incisione corrispondente in un albero ospite che abbia almeno tre anni.
Albero dai 40 frutti Sam Van Aken fioritura

Da tavolozza di colori a frutteto in miniatura

In primavera l’Albero dai 40 frutti fiorisce in molte tonalità di bianco, rosa e viola e in estate comincia a dare frutti in successione e ha inizio la raccolta di decine di varietà di frutta: prugne, pesche, noci, albicocche, ciliegie, mandorle.
L’agenda perfettamente sincronizzata da Van Aken permette che venga prodotta una corretta quantità di frutti, con la giusta alternanza e senza esagerare, per variare spesso e contenere gli sprechi.
Albero dai 40 frutti Sam Van Aken raccolta frutti

Non uno ma tanti “alberi dai 40 frutti”

Non esiste un solo albero ma più di una decina di “alberi dai 40 frutti” ibridati da Sam Van Aken e innestati in diversi luoghi degli Stati Uniti; ogni albero è adatto all’ambiente in cui è stato piantato perché innestato con varietà locali.
16 esemplari creati finora sono conservati presso vari musei, istituzioni e collezioni d’arte con l’obiettivo di prolungare la discendenza di specie di drupacee che non rispondono alle leggi commerciali della grande distribuzione e che altrimenti sparirebbero.

sabato 13 agosto 2016

Sicilia, è strage di alberi nel Ragusano: “Iniettano diserbanti negli ulivi secolari”. E c’è l’ombra della “mafia dei pascoli”. - Giuseppe Pipitone



Da più di un anno ignoti entrano in terreni privati per versare sostanze diserbanti sulle piante e iniettare direttamente dentro i tronchi liquidi tossici. Un attacco sistematico che si estende per 400 ettari intorno a Modica e Pozzallo. La denuncia: "Sono raid organizzati". Il bilologo: "Nessun parassita, tracce di avvelenamento". Il commissariato di Modica indaga per tentata estorsione.


Si materializzano nella notte, quando entrano nei boschi e nei campi per versare sostanze diserbanti sulle radici degli alberi, bruciandoli ed uccidendoli. Oppure utilizzano un trapano per iniettare direttamente dentro i tronchi liquidi tossici, che si espandono lentamente fino alle foglie. Il risultato è micidiale: alberi ancora giovani che si spaccano dal di dentro, disseccandosi, carrubi e ulivi secolari che si svuotano, si anneriscono e perdono le foglie. È una vera e propria strage di alberi quella che sta andando in onda in provincia di Ragusa: un attacco sistematico che si estende per 400 ettari nelle campagne intorno a Modica e Pozzallo.
Le ronde degli avvelenatori - E questa volta non c’entrano i virus o i parassiti: a massacrare gli ulivi e i carrubi del Ragusano infatti sono dei veri e propri blitz, ronde notturne di “squadrette di avvelenatori” che s’inseriscono nottetempo negli appezzamenti di terreno privati per devastare gli alberi con diserbanti e sostanze tossiche. “È una storia che va avanti da più di un anno ormai”, racconta l’agronomo Corrado Rizzone, proprietario di alcuni degli appezzamenti di terreno finiti sotto attacco. “Le ronde vanno in onda di notte, quando nei terreni non c’è nessuno: per mesi ho poi trovato pezzi di alberi spaccati direttamente alla base lasciati sul terreno, mentre tutti gli altri venivano sistematicamente avvelenati“, continua Rizzone che ha sporto una serie di denunce contro ignoti al commissariato di Polizia di Modica. “Nei mesi gli attacchi si sono intensificati creando un danno enorme, non solo per la mancata produzione di carrube e olive, ma anche perché parte della zona ricade sotto il vincolo paesaggistico. Qual è l’obiettivo? Radere al suolo tutti gli alberi della zona?”, dice l’agronomo che a sostegno dei suoi esposti ha anche depositato agli atti degli investigatori una perizia di parte, firmata dal biologo Daniele Tedeschi.
La perizia: “C’è traccia di diserbanti e arbusticidi” – Una relazione che fotografa nel dettaglio la strage di alberi nel ragusano. “Molte delle piante osservate – scrive il biologo – presentavano sofferenza parziale al tessuto fogliare ed alla corteccia. Alcune in particolare si presentavano in condizioni generali pessime: carrubi e ulivi. Altre piante presentavano sofferenza parziale: presenza di improvvisi quanto evidenti segni di degenerazione fogliaria a macchia di leopardo, delle gemmature, dei germogli e degli stessi frutti, oltre che dei vegetali non fruttificanti ed in particolar modo si notavano tronchi svuotati o disseccati e tra questi, cosa assolutamente anomala, anche giovani tronchi. Era evidente la presenza di tracce sospette di segni di tossicosi“. Tedeschi sottolinea che gli alberi di Rizzone sono sempre stati curati : “Ribadendo che è stata notata una corretta gestione delle piante e della loro crescita – scrive – appare alquanto anomala la presenza di elementi riconducibili all’uso di prodotti quali diserbantiarbusticidi o altro ad oggi non ancora identificati, a macchia di leopardo, senza una verifica della stretta e legale necessità”.
“No parassiti, traccia di mano umana” - Per il biologo, poi, è chiaro che il massacro di ulivi e carrubi non sia da addebitare ad un parassita.  “È stata esclusa – mette sempre nero su bianco nella sua perizia – una ipotesi parassitaria dato che la tossicosi e la degenerazione fogliaria si trovano di fatto a macchia di leopardo, per quanto estesa e in continua progressione e contemporanea anche a fatti criminosi, all’interno dell’appezzamento di terreno nonché a macchia di leopardo (random) sulla pianta eventualmente colpita. In ciascuna pianta colpita sono evidenti i segni dell’avvelenamento, sono presenti fori sulle cortecce che non appaiono di natura biologica (parassiti) ma artefatti da attrezzatura presumibilmente edile, trapano et similia“.
L’indagine per tentata estorsione - Ma chi è quindi che sta avvelenando centinaia di ulivi e carrubi secolari? A chi interessa massacrare ettari di boschi e campi con blitz notturni e periodici? Una domanda che si pongono gli investigatori del commissariato di Modica, diretti dal vice questore Maria Antonietta Malandrino: sulla vicenda infatti è in corso un’indagine contro ignoti per danneggiamento e tentata estorsione. L’ipotesi, infatti, è che le ronde degli avvelenatori di alberi abbiano un obiettivo: convincerei proprietari a sloggiare, a lasciare i terreni, a venderli per pochi euro. Una pista investigativa ancora in fase di elaborazione dato che ai proprietari dei terreni colpiti non è mai arrivata una proposta di acquistodopo l’attacco a colpi di diserbanti degli alberi. È un fatto, però, che sulla Sicilia orientale si sia proiettata ultimamente l’ombra sinistra della cosiddetta “mafia dei pascoli“.
L’ombra della “mafia dei Pascoli” – Da tempo, infatti, clan importanti come i Santapaola, i Bontempo Scavo e perfino i Riina erano riusciti a farsi assegnare dalla Regione Siciliana centinaia di ettari di boschi senza che nessuno avesse mai osato opporsi. Un affare milionario dato che quei terreni hanno fruttato nel frattempo circa due milioni e mezzo di euro di fondi europei all’anno. Un meccanismo criminale perfetto, frutto della comunione tra la natura agricola dell’arcaica Cosa nostra e i modernissimi progetti made in Bruxelles che hanno arricchito gli imprenditori vicini alle cosche. Un affare milionario e sicuro, che ad un certo punto Giuseppe Antoci ha deciso d’interrompere.
Il presidente del parco dei Nebrodi, infatti, è l’ideatore di un protocollo di legalità firmato dal prefetto di Messina, Stefano Trotta, che obbliga i concessionari dei terreni demaniali a presentare il certificato antimafia: richiesta che fino al febbraio scorso nessuno aveva mai fatto, soprattutto per i terreni che valgono meno di 150mila euro. Risultato? Un agguato a colpi di fucile – per fortuna senza vittime – all’auto che la notte tra il 17 e 18 maggio scorso, trasportava Antoci da San Fratello e Cesarò, due comuni in provincia di Messina. È questo quello che sta avvenendo nel Ragusano? I clan locali hanno davvero messo gli occhi sui terreni tra Modica e Pozzallo, ed è avvelenando gli alberi che sperano di costringere i legittimi proprietari ad allontanarsi? O i continui blitz sono da ricondurre ad altro? Interrogativi ai quali proveranno a rispondere gli investigatori iblei. Nel frattempo, da più di un anno, nella Sicilia sud orientale la strage di ulivi secolari non si ferma.

giovedì 8 gennaio 2015

Energia eolica, la turbina si fa bella: arriva l'Albero del vento.

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Una società francese ha già pronti i primi prototipi. I 'Wind Tree' saranno montati a Parigi in primavera: 11 metri di altezza, 8 di diametro, dotati di 72 foglie artificiali. Ognuna funziona già con una leggera brezza.

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PARIGI - Sono utili, ma brutte. Troppo grandi, antiestetiche e in grado, per alcuni, di rovinare paesaggi, campagne, colline. Le turbine eoliche però per essere utilizzate al meglio e generare energia, devono essere posizionate in alto, dove il vento è più forte, devono essere visibili perché gli ostacoli ne impedirebbero un adeguato funzionamento. Sono brutte ma è impossibile non vederle. Inoltre devono essere grandi per servire su larga scala. In cambio di energia pulita non si può avere tutto ma forse migliorare sì. Una società francese, la NewWind, ha brevettato quindi il suo 'Albero del vento'. 

'Wind Tree', non è altro che una turbina eolica, solo che è bella perché a forma di albero. Le prime, come esperimento, saranno montate a Parigi il prossimo marzo. E se dovessero superare il test, se dovessero piacere, allora gli alberi a turbina fioriranno a primavera. eo

Undici metri di altezza, 8 di diametro, realizzato interamente in acciaio, il 'wind tree' ha le dimensioni e la forma di un albero vero dotato di 72 foglie artificiali. Ognuna di queste è una turbina ad asse verticale vagamente di forma conica, in grado di generare energia già con una leggera brezza, un vento lieve, lento, da 2 metri al secondo (4.4 mph). Insieme le 72 foglie-turbine producono 3,1 kW. Meno delle turbine tradizionali, certo, ma queste per funzionare hanno bisogno di molto più vento e quindi sono attive un minor numero di giorni all'anno mentre l'albero del vento potrebbe funzionare in media 280 giorni all'anno.

La NewWind garantisce che il sistema è completamente silenzioso, emette lievi fruscii, quelli delle foglie appunto. Tutti i cavi e i generatori sono sigillati all'interno della struttura in acciaio. Che può essere collegata alla rete pubblica, o utilizzata per integrare la potenza elettrica di un edificio o di un complesso di edifici. Ogni albero del vento dovrebbe costare circa trentamila euro (29.500) ma farne guadagnare, risparmiando, molti di più. 

Una città di "boschetti" a vento. Questa è l'idea della società francese per il futuro. Energia senza inquinamento, senza centrali elettriche, ma fatta di foglie artificiali, in grado di trasformare il vento in luce.

lunedì 28 luglio 2014

Royal Poinciana o Delonix regia.



Royal POINCIANA, popolarmente conosciuta come malinche, framboyán o flamboyant, è una specie appartenente alla famiglia delle Fabaceae. Uno degli alberi più colorato al mondo per i suoi fiori rosso-arancio e il fogliame verde brillante.



https://www.facebook.com/SociedadArgentinaDeHorticultura/photos/a.288614211248311.62983.282962628480136/556758031100593/?type=1&theater

venerdì 22 novembre 2013

Cambiare il mondo seminando alberi. - Luca Amadei

piantare alberi

Seminare alberi. Qualcuno potrebbe giustamente dire "e perchè dovrei farlo?". Ve lo spiego io.
Il mondo stà cambiando sotto i nostri occhi, ogni giorno. Le temperature aumentano; la produzione di anidride carbonica dei paesi industrializzati non tende a diminuire; le barriere coralline si stanno letteralmente sciogliendo; le foreste primarie dell Amazzonia vengono sempre più violentate e disossate; nei centri abitati aumentano i casi di allergia, asma, irritazioni delle vie aeree.
La deforestazione è diventata un male di dimensioni inimmaginabili: ogni due secondi viene cancellata un area di foresta grande quanto un campo da calcio, 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Il mondo si stà consumando sotto ai nostri occhi e ognuno di noi è consapevole di essere un artefice passivo di questa strage silenziosa.
Tutti amiamo il Pianeta Terra e nel profondo di ognuno di noi c'è il desidero di proteggerlo.
Tra le tante azioni che possiamo fare per prevenire tutto questo, ce n' è una che io adoro particolarmente e che applico da qualche anno: seminare alberi.
Ebbene sì, niente di più semplice. Gli alberi sono dei fantastici accumulatori di CO2, regolano il microclima, prevengono l'erosione, donano ossigeno e frutti commestibili, offrono riparo per gli animali e rendono più bello il paesaggio. Sono indispensabili per tutti noi!
Credo con tutto me stesso nella frase "Se molte formiche si mettono assieme, spostano anche l'elefante."
Siamo tante piccole formiche, ma insieme siamo un esercito. Seminiamoli! Possiamo farlo e non ci costa nulla. Abbiamo nelle nostre mani il potere di decidere di migliorare questo mondo. La nostra azione avrà un impatto grandissimo a livello locale, soprattutto a lungo termine. Se uniamo le forze e lo facciamo tutti insieme, saremo proprio come quelle piccole formiche che, unite, riescono a spostare un intero elefante.
Seminare un albero è talmente semplice che ne rimarrete meravigliati: basta prendere i semi dagli alberi che preferiamo (scegliere sempre ed esclusivamente piante autoctone del luogo, per esempio ghiande di quercia), posizionarli a circa 5 cm di profondità in dei piccoli vasetti riempiti di terra, annaffiarli costantemente e vederli germinare in primavera. Sarebbe meglio seminare più di un seme per vasetto; in questo modo aumenterete le probabilità di germinazione.

seminare alberi

I primi due/tre anni gli alberelli vanno allevati e coccolati proprio come dei neonati perchè questo è il periodo più delicato della loro vita. Infatti in questo periodo gli alberelli sono sensibilissimi alla siccità, ai parassiti e rischierebbero di morire facilmente. E' dunque nostra cura proteggerli e farli crescere nei vasetti per i primi tempi.

seminare alberi fusto

Dopo tre anni circa saranno abbastanza resistenti da poter essere posizionati in piena terra. Potremo finalmente trapiantare i nostri giovani alberi in un giardino comunale, in aree verdi, parchi, zone di campagna. Gli alberi andrebbero protetti dal tagliaerba con 3 piccole aste di legno e fil di ferro. Oppure potremmo fare un bel regalo ai nostri amici che hanno la fortuna di avere un pezzo di terra! Si può anche contattare il Corpo Forestale dello Stato per donari gli alberelli ed inserirli nei loro progetti periodici di "riforestazione".
Immaginate se ognuno di noi seminasse tre alberi a testa. Ora moltiplicate: potrebbe uscirne fuori una foresta intera! Se utilizzate Facebook e volete seguire questa iniziativa, unitevi al nostro gruppo "SEMINARE ALBERI, la nostra rivoluzione verde"  ed iscrivetevi.
Seminate alberi e fate germogliare l'amore per la terra. Diventate parte di questa rivoluzione.



"Durante un incendio nella foresta mentre tutti gli animali fuggivano, un piccolo colibrì volava in senso contrario con una goccia d'acqua nel becco."Cosa credi di fare" gli disse il leone. "Vado a spegnere l'incendio" rispose il piccolo volatile. "Con una goccia d'acqua?" disse il leone con un sogghigno di irrisione. Ed il piccolo colibrì proseguendo il volo rispose: "io faccio la mia parte!"