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mercoledì 21 luglio 2021

Mafia: secondo blitz in due giorni a Palermo, 8 arresti.

 

Nuovo colpo al mandamento di Tommaso Natale. 


I Carabinieri del Comando provinciale di Palermo hanno eseguito un'ordinanza cautelare in carcere (una ai domiciliari) emessa dal gip Lorenzo Jannelli nei confronti di otto indagati ritenuti componenti del mandamento mafioso di Tommaso Natale, accusati a vario titolo di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsioni aggravate e danneggiamento seguito da incendio. L'operazione antimafia 'Bivio 2', la seconda in due giorni a Palermo, è stata coordinata da un pool di magistrati della Dda guidati dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca.

L'indagine ruota attorno alla figura del boss Giulio Caporrimo, già arrestato in passato. Dalle indagini emerge la continua richiesta del pizzo nei confronti delle imprese che operano sul territorio. Gli investigatori hanno accertato 11 estorsioni e due tentativi non andati a buon fine, mentre solo in due casi le vittime hanno denunciato spontaneamente le pressioni subite. I carabinieri hanno ricostruito diverse intimidazioni, spesso con attentati incendiari, messe in atto dagli uomini di Giulio Caporrimo per scalzare i concorrenti e accaparrarsi alcuni appalti. E' il caso dell'incendio doloso ai danni di un esercizio commerciale di Sferracavallo. Un attentato che sarebbe stato ideato da Caporrimo, dal figlio Francesco e da Francesco Ventimiglia per ottenere la gestione del locale. L'attentato doveva servire a vincere la resistenza del titolare. Con un altro rogo è stato colpito un cantiere edile per la realizzazione della rete fognaria sempre a Sferracavallo. A ideare l'intimidazione sarebbero stati Antonino Vitamia e Vincenzo Taormina per ottenere alcuni lavori in sub appalto. Anche il furgone di una ditta di costruzioni fu danneggiato dal fuoco mentre le microspie dei carabinieri registravano tutto "in diretta". Un'altra intimidazione colpì una società edile che stava svolgendo lavori di ristrutturazione in un immobile, con l'obiettivo di ottenere la commessa per lavori di impiantistica. Diversi gli episodi accertati anche ai danni di commercianti della zona. La cosca faceva profitti anche grazie ai cosiddetti "cavalli di ritorno", le somme che gli uomini di Caporrimo si facevano consegnare per la restituzione di veicoli rubati.

Negli anni il nucleo investigativo dei carabinieri aveva già assestato duri colpi al mandamento di Tommaso Natale con le operazioni Oscar (2011), Apocalisse (2014), Talea (2017), Cupola, 2.0 (2018/2019), Teneo (2020), e Bivio (2021). Proprio a quest'ultima operazione del gennaio scorso si ricollega il blitz odierno che ruota attorno alla figura di Giulio Caporrimo. Quest'ultimo, tornato in libertà nel maggio del 2019, per volontà del boss Calogero Lo Piccolo trovò al vertice del mandamento un nuovo capo, Francesco Palumeri. Caporrimo prima si trasferì a Firenze per prendere le distanze dal nuovo assetto che non condivideva e poi, dopo aver costretto il rivale a fare un passo indietro, fece rientro a Palermo da reggente ricompattando il mandamento. Con questa nuova indagine i carabinieri avrebbero fatto luce su una serie di gravi reati commessi dagli arrestati, a cominciare dallo stesso Giulio Caporrimo e dal figlio Francesco che avevano investito sulle scommesse on line, uno dei settori più a rischio per infiltrazioni mafiose. Uno degli arrestati, Giuseppe Vassallo, palermitano trasferitosi a Firenze, grazie agli accordi con Giulio Caporrimo e Antonino Vitamia, commercializzava i propri siti per le scommesse on line proprio sul territorio del mandamento di Tommaso Natale, riconoscendo parte degli utili alla famiglia mafiosa   

ANSA

venerdì 7 dicembre 2018

Blitz anti 'ndrangheta tra Europa e Sud America, 90 arresti.




Si tratta del frutto di un lungo lavoro investigativo condotto tra Italia, Germania, Olanda, Belgio e paesi oltreoceano.

Un blitz contro la 'ndrangheta e le sue ramificazioni all'estero è in corso in queste ore da parte di Polizia e Guardia di Finanza. Sono 90 le misure cautelari che le forze di polizia stanno eseguendo in Italia e - in collaborazione con le autorità di quei paesi - in Germania, Olanda, Belgio e in alcuni paesi del Sud America.
Le accuse ipotizzate nei confronti dei soggetti destinatari del provvedimento vanno, a vario titolo, dall'associazione mafiosa al riciclaggio, dall'associazione dedita al traffico internazionale di droga alla fittizia intestazione di beni e altri reati aggravati dalle modalità mafiose. Il blitz di oggi è il frutto di un lungo lavoro investigativo svolto da una squadra investigativa comune costituita presso Eurojust tra la magistratura e le forze di polizia di Italia, Paesi Bassi e Germania. Al team investigativo hanno aderito per l'Italia la Dda di Reggio Calabria e diversi reparti di Polizia e Guardia di Finanza. L'indagine è stata coordinata dalla Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e riguarda diversi importanti esponenti di famiglie storiche della 'ndrangheta operante nella Locride.
I dettagli dell'operazione saranno resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma alle 16.30 nella sede della Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo a Roma, alla quale parteciperanno il procuratore nazionale antimafia e il procuratore di Reggio Calabria.

5.12.2018


martedì 20 dicembre 2016

Nuovo colpo al clan del boss Messina Denaro, 11 arresti.

Nuovo colpo al clan del boss Messina Denaro, 11 arresti

Nuovo colpo alla cosca del boss mafioso latitante Matteo Messina Denaro. E' in corso dall'alba una vasta operazione antimafia condotta dalla Squadra mobile di Trapani, che sta eseguendo undici arresti e diversi sequestri.
Gli investigatori, coordinati dalla Dda di Palermo, sono convinti che il boss mafioso latitante da quasi 30 anni, attraverso le imprese sequestrate, era in grado di condizionare gli appalti nella zona del Trapanese. Sotto la lente di ingrandimento i lavori per la realizzazione del parco eolico di Mazara del Vallo e dei lavori di ristrutturazione dell'ospedale.
C'è anche il figlio del boss mafioso Mariano Agate tra gli arrestati nell'ambito dell'operazione 'Ermes 2': Epifanio Agate gestiva due società che lavoravano nel settore del pesce. 
Il padre Mariano, morto nel 2013, era stato condannato all'ergastolo per la strage di Capaci.
Nel 1985 era stato condannato all'ergastolo per sette omicidi, tra cui quelli del giudice Giangiacomo Ciaccio Montalto e del sindaco di Castelvetrano Vito Lipari. Per quest'ultimo omicidio fu assolto in Cassazione nel 1993. Agate era considerato uno degli uomini di riferimento di Totò Riina. Arrestato nel 1990, nel 2004 - nonostante si trovasse già in regime di carcere duro - Mariano Agate era stato coinvolto in un'indagine per aver fatto arrivare ordini al figlio Epifanio.
L'indagine ha confermato "i saldi contatti tra il clan mafioso di Mazara del Vallo, retto da Vito Gondola, e quello di Castelvetrano e ha svelato gli accordi per spartirsi gli appalti sotto le direttive del latitante Messina Denaro - dicono gli inquirenti - al quale Gondola si rivolgeva per dirimere le varie controversie insorte. Le imprese sequestrate erano direttamente controllate dalle famiglie mafiose attraverso prestanome".

domenica 9 febbraio 2014

San Siro, blitz dei carabinieri: nel mirino c'è la società del genero di Gianni Letta. - Sandro De Riccardis



Nella relazione alla Procura di parla anche di "casi di lavoro nero". Riflettori puntati sulla società che ha l'appalto col Milan: uno degli amministratori è Roberto Ottaviani, che vinse la gara per il G8.

In campo si fronteggiavano Milan e Roma nel posticipo di campionato. Nelle eleganti sale vip e in quelle degli sponsor, fra i cocktail e i vassoi del buffet, c’erano invece i carabinieri del Nucleo ispettorato del lavoro che controllavano i contratti di lavoro di camerieri e cuochi e le norme della sicurezza. E tra una sgroppata di Gervinho e un tiro di Balotelli, lo scorso 16 dicembre, gli investigatori hanno raccolto la documentazione sui 68 lavoratori presenti nei locali dello stadio Meazza a Milano. Redigendo poi un’informativa per il pm Carlo Nocerino in cui si parla di «situazioni di somministrazione illecita di personale» e «casi di lavoro nero» su cui ora dovranno essere effettuati ulteriori accertamenti.

I carabinieri hanno accertato che la società che ha l’appalto con la Milan Entertainment è It srl, i cui amministratori sono Giorgio Monti e Roberto Ottaviani, quest’ultimo genero dell’ex sottosegretario alla presidenza del consiglio Gianni Letta, e già noto per aver vinto l’appalto milionario del catering del G8 dell’Aquila nel 2009 con un’altra società del gruppo. Annotano gli investigatori che a operare all’interno dello stadio San Siro è la Essebi, «controllata della It, che ha subappaltato i servizi di somministrazione di alimenti e bevande, l’organizzazione dei tavoli, il supporto alla cucina» alla stessa Essebi e ad altre due società.

I carabinieri dell’Ispettorato del lavoro stanno effettuando ora «accertamenti per verificare la genuinità del subappalto tra la It e due società che lavorano in subappalto (la Essebi e la Dynamo) per verificare la corretta applicazione delle norme sulla sicurezza e il corretto impiego dei lavoratori, «in quanto appare che in alcune situazioni vi sia somministrazione illecita di personale». A insospettire gli investigatori, un’anomalia emersa dai controlli: «Appare strano che siano stati rilasciati un numero di pass superiore ai lavoratori trovati al momento dell’ispezione». E anche se nell’inchiesta non ci sono indagati, l’ispettorato «comunicherà l’esito degli accertamenti con i provvedimenti che saranno adottati a carico delle società. Anche perché — conclude l’informativa — allo stato attuale risultano esserci casi di lavoro nero».


http://milano.repubblica.it/cronaca/2014/02/08/news/blitz_dei_carabinieri_a_san_siro_nel_mirino_la_societ_di_catering-77993977/?ref=fbpl

mercoledì 24 luglio 2013

Dietro il blitz a Roma la guerra delle banche Tra i «truffati» anche 8 istituti italiani. - Fiorenza Sarzanini

Andrian Yelemessov dal 2012 è ambasciatore straordinario del Kazakistan in Italia (Ansa)

Ci si interroga sui contatti tra l'ambasciatore e la Farnesina: chi gli «consigliò» di rivolgersi al ministero dell'Interno?


ROMA - Ci sono numerosi interessi, soprattutto economici, che si muovono dietro l'affaire kazako. E potrebbe essere proprio questo il filo da seguire per individuare chi ha ordinato la «consegna» della signora Alma Shalabayeva e di sua figlia Alua alle autorità di Astana. E così scoprire i retroscena dell'operazione cominciata ufficialmente il 28 maggio scorso con la visita dell'ambasciatore Andrian Yelemessov alla questura di Roma e terminata il 31 maggio alle 19 con la partenza delle due donne a bordo del jet privato della compagnia austriaca Avcon. Ma forse avviata diversi giorni prima. Si rafforza l'ipotesi che quell'espulsione servisse a far uscire allo scoperto il marito Mukhtar Ablyazov, che fosse il ricatto all'Italia dopo la fuga dell'uomo. Perché si scopre che il dissidente era in realtà scappato dalla Gran Bretagna nonostante questo gli facesse automaticamente perdere lo status di rifugiato. Braccato da chi lo accusa di aver messo in piedi una truffa da circa 10 miliardi di dollari quando era presidente della Bta, la banca più importante del Kazakistan che per questo aveva avviato contro di lui un'azione legale in Gran Bretagna, lo stesso Paese che poi decise di concedergli asilo politico. E nella lista dei creditori, si scopre adesso, ci sono anche otto istituti di credito italiani, «inseriti nell'elenco delle vittime di frodi di Ablyazov».
L'ATTIVAZIONE ITALIANA DEL 16 MAGGIO - Mario Trotta, l'ex carabiniere e adesso investigatore privato titolare dell'agenzia Sira che pedinava Ablyazov, sostiene di aver ricevuto l'incarico il 16 maggio da un'agenzia di Tel Aviv. Chi aveva ricevuto l'informazione che il dissidente era giunto a Roma e poteva essere catturato? E da chi arrivava? Il team incaricato dei pedinamenti presenta numerose relazioni alle autorità kazake, aggiornate con tutti gli spostamenti dell'uomo. L'ultima si riferisce alla serata del 26 maggio quando lo seguono mentre va a cena in un ristorante nella zona dell'Infernetto e poi fino al rientro a casa. Dopo non accade più nulla. Loro sono convinti che sia rimasto nella villetta di Casal Palocco e dunque continuano gli appostamenti. Invece Ablyazov, che si è accorto di essere sotto controllo o forse ha ricevuto una «soffiata», riesce a fuggire. Il 28 maggio l'ambasciatore Andrian Yelemessov contatta per tre volte il ministro dell'Interno Angelino Alfano. Ufficialmente non sa che la preda è ormai scappata. «Non potevo rispondere e incaricai il capo di gabinetto Giuseppe Procaccini di occuparsene», assicura. In attesa di recarsi al Viminale, contatta la segreteria del questore e poi viene ricevuto dal capo della Squadra mobile Renato Cortese. Porta i documenti per dimostrare dove si nasconde Ablyazov, ne chiede l'arresto. Ebbene, 55 giorni dopo quell'incontro, non è stato ancora svelato chi «consigliò» al diplomatico di recarsi direttamente negli uffici di San Vitale. Generalmente gli ambasciatori hanno come interlocutore la Farnesina. Possibile che Yelemessov non attivò subito quel canale? Possibile che non parlò con nessuno degli Esteri, prima di bussare alle porte del ministero dell'Interno?
NELLA LISTA UNICREDIT E MEDIOBANCA - Eppure Ablyazov era al centro di un vero intrigo internazionale, come dimostrano i documenti raccolti in Gran Bretagna. La scoperta di un «buco» di almeno 10 miliardi di dollari viene scoperto dalla Bta nel febbraio 2009. Si decide così «una ristrutturazione grazie al Fondo sovrano Samruk Kazyna», ma soprattutto si scopre che mentre ricopre l'incarico di presidente, Ablyazov avrebbe concesso «ingenti prestiti a enti impossibili da individuare, spesso senza garanzie». Il sospetto è che tra questi ci fossero «organizzazioni di cui lo stesso Ablyazov era proprietario e beneficiario». Sono proprio gli atti raccolti nel Regno Unito a rivelare che «tra i creditori che a livello internazionale erano stati vittime delle frodi di Ablyazov figuravano i seguenti istituti di credito italiani: Unicredito italiano, Banca popolare di Vicenza, Banca Monte dei Paschi di Siena, Mediobanca, Banca agricola mantovana, Banca nazionale del lavoro, Banca Antonveneta, Banca Ubae». Tutti insieme hanno ottenuto il sequestro dei suoi beni.
LE VILLE CON PISCINA E SALE DA BALLO - Sono proprio i documenti allegati al fascicolo della Corte britannica e rivelare come le proprietà di Ablyazov avessero un valore oscillante tra i 41 e i 46 milioni di sterline e nell'aprile scorso i giudici hanno autorizzato i liquidatori alla vendita delle proprietà immobiliari. Il bene di maggior pregio è «Carlton House, villa a nord di Londra, acquistata nel 2006 attraverso una società offshore per 15,5 milioni di dollari. È composta fra l'altro da una sala da ballo di circa 50 piedi, una biblioteca, 9 camere da letto, una piscina e un bagno turco da 12 persone».
In vendita anche «Oaklands Park, nel Surrey, acquistata nel 2006 attraverso una società offshore per 8,15 milioni di sterline. È composta da 100 acri di terreno e otto case». E poi c'è «Alberts Court, appartamento che si trova a St.John's Wood a Londra, acquistato nel 2008 attraverso una società offshore per 965 mila sterline». Questa è la fortuna di Ablyazov. Difficile credere che dietro la vicenda che riguarda la sua famiglia non ci sia soprattutto la battaglia per mettere le mani sul suo patrimonio.