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lunedì 31 luglio 2017

Ater, cronaca di una crisi annunciata. Tra case in cambio di voti e affari dei clan, il 51% degli affitti non viene pagato. - Vincenzo Bisbiglia

Ater, cronaca di una crisi annunciata. Tra case in cambio di voti e affari dei clan, il 51% degli affitti non viene pagato

L’azienda regionale che gestisce le case popolari nella Capitale rischia il fallimento. Che potrebbe sfociare in un'ondata di sfratti. Colpa del maxi debito accumulato negli anni causa incassi mancati, canoni fermi a pochi euro al mese e tentativi di vendita delle abitazioni falliti. Per non parlare degli interessi criminali (nei quartieri di sud-est il cognome di oltre 40 assegnatari è Casamonica) e degli inquilini facoltosi che sfuggono ai controlli.

“Il problema di Ater? Pensa ancora di essere Iacp”. Tradotto: una società di diritto privato – seppure a capitale totalmente pubblico – che si comporta ancora come un istituto assistenziale del secolo scorso. E’ probabile che questa spiegazione, ricorrente fra i sindacati degli inquilini, possa riassumere in un colpo solo i mali endemici che hanno colpito l’Ater di Roma, l’azienda regionale che gestisce le case popolari nella Capitale, fino a spingerla in queste ore sull’orlo di un drammatico fallimento, non ancora scongiurato dall’intervento straordinario di garanzia operato dal suo socio unico, la Regione Lazio. Per i suoi 48.426 alloggi la società – commissariata dal dicembre 2015 – incassa esattamente la metà degli affitti dovuti (48,91% l’ultimo dato aggiornato), non riesce a vendere gli immobili che mette all’asta (sebbene i prezzi siano anche 5 volte più bassi di quelli di mercato) e conta una percentuale di inquilini “senza titolo” o “abusivi” pari a circa il 60% del totale, fenomeno in cui negli anni si sono insinuate le classiche clientele politiche e gli affari di clan criminali come i Casamonica e gli Spada.
MOROSITA’ E CORTE DEI CONTI.Il dato che salta maggiormente all’occhio è quello della morosità. I numeri ufficiali relativi al bilancio 2015 – quelli del 2016 non sono ancora disponibili – parlano di canoni non incassati per il 51,08%. Tradotto in denaro, a fronte di bollette emesse per 78,9 milioni di euro, gli inquilini corrispondono regolarmente appena 38,6 milioni, ben 40,3 milioni di differenza: in 10 anni sarebbero oltre 400 milioni persi per strada. 
I più indisciplinati sono i cosiddetti “occupanti senza titolo”, cioè chi non avrebbe diritto ad abitare quegli alloggi per motivi reddituali o per mancato rispetto delle graduatorie: ogni anno non versano nelle casse Ater ben 28,4 milioni contro i 34,8 milioni emessi in bolletta (84%). Più sostenibile, si fa per dire, la morosità degli utenti regolari (6,1 milioni, il 20,76%) mentre anche coloro che sono “in attesa di regolarizzazione” non pagano canoni per 4,9 milioni l’anno (41,21%). “Tra l’altro l’azienda – spiega Guido Lanciano, segretario dell’Unione Inquilini – ha la pessima abitudine di inserire in bolletta canone e utenze condominiali, per cui i morosi abituali finiscono per non pagare ne’ l’uno ne’ le altre”. Non solo. Sempre nel 2015, il tentativo di “aggredire le morosità” pregresse è miseramente fallito: su un importo di 25,3 milioni ne sono stati recuperati appena 2,3 milioni, più 4 milioni rateizzati. Uno “scandalo” che ha spinto il procuratore regionale della Corte dei ContiGuido Patti, a portare sotto processo contabile ben 20 fra i dirigenti che si sono alternati ai posti di comando dell’ente fra il 2011 e il 2015, contestando loro un presunto danno erariale di ben 24,6 milioni di euro (sarebbero state spedite soltanto 844 diffide contro le 5.486 posizioni critiche): soldi che i manager in caso di condanna potrebbero essere costretti a pagare di tasca loro
DIATRIBA SUI CANONI.Altro tema è quello dell’importo dei canoni. E’ opinione comune che la quota degli affitti fissati dalla Regione Lazio sia troppo bassa. Gli assegnatari più indigenti, infatti, corrispondono l’importo minimo di 7,75 euro, la traduzione delle vecchie 15.000 lire previste da una legge regionale risalente al 1987. Da allora i canoni non sono stati più aggiornati. Un alloggio medio fra quelli presenti nel patrimonio Ater misura circa 75 metri quadri, mentre il canone mensile medio è di 128 euro, valori validi anche per quartieri romani oggi di pregio come Monti (zona Colosseo), San Saba e Trastevere. Da un confronto fra i ricavi da canoni Erp e i valori di mercato (dati dell’Osservatorio immobiliare) si evince sulla città di Roma una “perdita/utilità sociale” di circa 280 milioni di euro. “Da tempo proponiamo di elevare il canone del 20-25% – sottolinea ancora Lanciano – fattore che consentirebbe all’azienda di respirare. Per i più indigenti non cambierebbe molto spendere 7,75 o 10 euro al mese”.
VENDITE FALLITE.
In una concezione moderna, l’obiettivo finale di un’azienda che gestisce l’edilizia residenziale pubblica dovrebbe essere la vendita: costruisco (o rigenero) e assegno con l’obiettivo di portare la famiglia in graduatoria all’acquisto dell’alloggio. Un meccanismo virtuoso che in Ater Roma non è mai iniziato. “Qui siamo fermi a Petroselli – ricorda Nicola Galloro, consigliere capitolino di centrosinistra ai tempi di Walter Veltroni – quando si toglievano i poveracci dalle baracche e si dava loro un tetto. Una grande stagione, fondamentale per la città, ma ora i tempi sono cambiati: le famiglie vanno aiutate ad emanciparsi”. Dunque, a un certo punto, l’Ater dovrebbe vendere, per monetizzare e tornare a investire. Eppure non ci riesce, nonostante i prezzi fissati siano a dir poco concorrenziali: in media appena 61.000 euro, quanto un privato chiede per un box auto in periferia. Basti pensare che nel 2015 l’azienda è riuscita ad “alienare” solo 283 alloggi, per un incasso di appena 17,2 milioni di euro e anche l’ultima maxi-vendita voluta dalla gestione commissariale è terminata con la cessione di 8 locali e 2 aree di proprietà. Si legge candidamente sulla relazione allegata al bilancio: “I quartieri in lavorazione presentano problematiche di tipo tecnico-catastale”, mentre “i reiterati tentativi di completare le vendite nei condomini costituiti non hanno dato i risultati sperati, trattandosi per lo più di utenza che non ha mostrato interesse all’acquisto’.
CAOS ICI E DEBITI
Il caos generato da anni di “gestioni allegre” e problematiche sociali non semplici da affrontare ha portato all’attuale, drammatica, situazione contabile. Ater Roma ad oggi conta debiti per 1 miliardo e 448 milioni di euro. Il cappio al collo è rappresentato dai 543 milioni di euro dovuti a Equitalia, che grazie alla rottamazionedel debito potrebbero scendere a quota 280 milioni. Ma Ater deve versare entro la mezzanotte del 31 luglio la prima rata da 65 milioni. In pratica, l’azienda non ha mai pagato (dal 2000 a oggi) Ici e Imu, sperando che il governo approvasse una legge che la esentasse, provvedimento che non e’ mai arrivato. “E’ un po’ iniquo – afferma ancora Lanciano – che si debba pagare la tassa sulla casa popolare e il costruttore che ha un alloggio sfitto non debba versare un euro”. Ma non è l’unica voce passiva a preoccupare chi gestisce i conti. Ci sono anche 734 milioni relativi alla “gestione speciale per opere in corso di realizzazione”: in pratica sono soldi prestati dal Comitato Edilizia Pubblica che sarebbero dovuti servire per costruire nuovi alloggi popolari e “opere di urbanizzazione socialmente rilevanti” ma che nel corso degli anni sono stati utilizzati nella spesa corrente come liquidità.
FATTORE CLAN E CRIMINALITA’
Naturalmente, per analizzare a dovere la questione Ater, non si può far riferimento solo alla lettura dei bilanci e alle analisi economiche. L’edilizia residenziale a Roma, infatti, è da decenni preda delle organizzazioni criminali della capitale, le quali – al netto delle singole illegalità – hanno dato vita a un vero e proprio mercato nero degli alloggi. Basti pensare all’operazione “Sub Urbe”, grazie alla quale la Dda di Roma sgominò una parte degli affari del clan Spada a Ostia, protagonista di sfratti “coatti”, usura e traffico di alloggi. Situazione simile a quella che si vive nei quartieri a sud-est di Roma, dove il cognome di oltre 40 assegnatari è Casamonica e il prezzo è quasi sempre quello base di 7,75 euro. Secondo i rapporti della Polizia Locale – che negli anni ha indagato e provare ad arginare i fenomeni di illegalità – gli interessi degli “zingari” (Casamonica, ma anche Spada e Di Silvio) si incrociano con i “napoletani”, varie famiglie camorristiche fuggite dalle faide anni ’80 e ’90 all’ombra del Vesuvio e stabilitesi nella periferia romana. “Non mi stupirei se trovassi qualcuno dei Casamonica in case da sessanta metri quadrati e con la Ferrari in garage”, affermava beffardo qualche anno fa l’attuale deputato Pd Stefano Esposito. Secondo la Guardia di Finanza, il “traffico di alloggi” nella Capitale si aggira sui 1.500 appartamenti.
LA POLITICA E GLI INQUILINI “FACOLTOSI”Ma non è solo questione di criminalità. Anche (o soprattutto) la politica, negli ultimi decenni e con tutti i colori politici, ha sguazzato nel far west delle case popolari a Roma. D’altronde il tetto – insieme al lavoro – è da sempre merce di scambio elettorale, specie fra le classi meno abbienti. “Sindacati e politica – denuncia a IlFatto.it Annamaria Addante, voce storica dell’Associazione Inquilini e Proprietari Ater – si sono spartiti da sempre la torta. Per anni ho denunciato i funzionari che hanno portato avanti il business delle occupazioni: davano le dritte per sfondare, poi prendevano mazzette e voti”. E nelle case ci finivano anche vip e personaggi “facoltosi”. Celebre il caso del quartiere San Saba, una delle zone più affascinanti del centro capitolino, dove un tempo furono costruiti alloggi destinati alle famiglie dei ferrovieri. Oggi, in quelle case popolari – è la stessa Ater a dirlo – ci vivono decine di avvocatimedicidiplomatici, professionisti e familiari di politici, i quali puntualmente, all’arrivo dei controlli, non si fanno trovare in casa. Celebre il caso dell’ex marito di Renata PolveriniMassimo Cavicchioli, venuto alla luce poco le elezioni regionali del 2010: l’uomo, esperto informatico ed ex sindacalista, venne sfrattato nel 2014 dalla casa in cui era nato e che aveva “ereditato” dalla madre scomparsa, ma che aveva anche più volte subaffittato.
COSA ACCADE SE FALLISCEIl quadro, dunque, è questo. Ma cosa accade se Ater fallisce (oggi o fra qualche mese)? La prima conseguenza è quella comune a tutte le aziende in default: si blocca il pagamento degli stipendi (circa 460 persone) e delle fatture ai fornitori, creando un primo serio problema all’amministrazione regionale. C’è però dell’altro. Se il socio unico (la Regione Lazio) non ripianasse i debiti e, in pratica, internalizzasse la struttura, ai creditori potrebbe essere consentito di aggredirne il patrimonio, prendendo in custodia i quasi 50.000 immobili e, attraverso il curatore fallimentare, procedere alla vendita. A quel punto, non ci sarebbe alcuno spazio per la trattativa politica: indigenti o no, regolari o no, agli inquilini potrebbe essere concessa una prelazione (a prezzi di mercato), la cui alternativa sarebbe solo la vendita all’esterno e, quindi, lo sfratto. Con conseguente disastro sociale.

mercoledì 31 maggio 2017

Totti e gli affari d’oro col Campidoglio: 75mila euro al mese dalle case popolari. - Lirio Abbate e Marco Lillo

Totti e gli affari d’oro col Campidoglio: 75mila euro al mese dalle case popolari

Le società del capitano della Roma affittano immobili in periferia al Comune di Roma per l'emergenza abitativa. E il canone è extra large: 900mila euro l'anno per 35 alloggi del residence di Tor Tre Teste. A capo della commissione di gara, l'ex vice capo di gabinetto di Veltroni Odevaine, ora in carcere per Mafia Capitale. Un palazzo in locazione anche all'ex Sismi.

* Pubblichiamo uno stralcio de ”I Re di Roma. Destra e sinistra agli ordini di Mafia Capitale” di Lirio Abbate e Marco Lillo, (Chiarelettere, 272 pagine, 14.90 euro)
Il 19 maggio 2014, meno di tre mesi prima di presentare la richiesta di arresto per i protagonisti di “Mafia Capitale”, i pubblici ministeri romani mettono nel mirino i Caat, una parolina criptica che sta per Centri di assistenza abitativa temporanea, uno scherzetto da quasi 43 milioni di euro di spese all’anno nel bilancio di Roma Capitale. (…) Questi centri vengono creati nel maggio del 2005 con una delibera del consiglio comunale ai tempi in cui è sindaco Walter Veltroni. Negli anni successivi vengono attivati alloggi di emergenza in numerosi palazzi, quasi sempre in periferia, di proprietà dei soggetti che ne fanno richiesta dopo un apposito bando del Comune. (…) L’amministrazione spende 42 milioni e 597.000 euro all’anno per 33 residence, a cui si sommano i centri della Eriches 29, di Salvatore Buzzi, che ospitano complessivamente 584 persone. Nell’elenco dei Caat troviamo grandi immobiliaristi (…). La procura finora non ha mosso accuse sull’emergenza abitativa. Non mancano casi di estrema “concentrazione”. Su 18 strutture a disposizione del Dipartimento Politiche sociali, ben 16 sono delle solite “coop bianche” (…). Alla fine le cooperative vicine a Comunione e liberazione racimolano grazie ai Caat del Comune più di 8 milioni di euro. Secondo il prospetto del Campidoglio, consegnato ai pm nel maggio del 2014 e poi girato al Ros dei carabinieri, Eriches 29 – quindi il versante “rosso” – costa alle casse dell’amministrazione pubblica ben 5 milioni e 179.000 euro, circa 740 euro al mese per immigrato (…).
Grazie a Odevaine 5 milioni vanno alla società di Francesco TottiNella lista consegnata dal pm Luca Tescaroli al Ros per le “concordate verifiche” c’è anche, all’undicesimo rigo della tabella dei Caat, il residence della Immobiliare Ten, amministrata dal settembre del 2009 da Riccardo Totti, fratello del capitano della Roma, e controllata indirettamente per l’83 per cento proprio dal fuoriclasse giallorosso, mentre il restante 17 per cento è diviso tra la mamma e il fratello stesso. 
La catena societaria a monte del palazzo di via Tovaglieri, zona Tor Tre Teste, è composta da tre società che fanno tutte riferimento al numero impresso sulla maglia del“Capitano”: a valle c’è l’Immobiliare Ten, proprietaria dell’immobile affittato al Comune; più su c’è invece l’Immobiliare Dieci che possiede – oltre al 100 per cento delle quote della Ten – anche altri due palazzetti (ora uniti in un unico stabile, ndr) in via Rasella, a due passi da via Veneto. Più su ancora c’è la holding di famiglia, la Numberten Srl: per l’83 per cento di Francesco Totti, per il 6,7 per cento del fratello maggiore Riccardo, amministratore di tutte e tre le società, e per il 10 per cento circa della mamma Fiorella Marrozzini. La società Immobiliare Ten del Capitano ha ottenuto dal Comune di Roma più di 5 milioni di euro in sei anni, per l’affitto di 35 appartamenti arredati in una zona dell’estrema periferia romana. Grazie al canone accordato dall’amministrazione, la società ha potuto realizzare negli anni utili interessanti: nel 2013 (ultimo bilancio depositato in Camera di commercio), 128.000 euro; nel 2012 addirittura 184.000.
Il punto è che il grande affare di Francesco Totti con il Campidoglio è stato fatto, come è accaduto per il gruppo Pulcini e per Salvatore Buzzi, grazie anche a un signore che oggi è in galera: Luca Odevaine. Nessuno è indagato per queste storie, ma resta lo sperpero di denaro pubblico (…). Il 16 ottobre 2007, dopo la pubblicazione di un bando sulla Gazzetta ufficiale il 13 agosto 2007 e dopo l’arrivo delle offerte, viene nominata dal direttore del Dipartimento Politiche abitative del Comune di Roma in carica, Luisa Zambrini, una commissione di gara. (…) Il presidente della commissione è il “dottor Luca Odevaine”.
Qualche giorno prima, il 27 settembre, l’Immobiliare Dieci Srl “spara” l’offerta: per l’affitto di via Tovaglieri chiede un canone annuale complessivo di 1 milione e 280.851 euro. Una cifra spropositata. In pratica Francesco Totti, o meglio, l’amministratore di allora che non era il fratello Riccardo – subentrato solo nel 2009 – ma il commercialista Adolfo Leonardi, chiede al Comune di Roma di pagare più di 3.000 euro al mese per ognuno dei 35 appartamenti del palazzo di Tor Tre Teste.
Lo stesso giorno il Campidoglio dispone di sottoporre l’offerta a un “parere di congruità tecnica” e “a seguito di tali verifiche l’amministrazione di Roma ha informato l’Immobiliare Dieci Srl di essere interessata all’offerta in locazione della struttura” però “a un canone di locazione di 15 euro/mq per mese e 9,50 euro/mq per mese per i servizi gestionali pari a un canone annuo di 714.481 euro oltre Iva al 20 per cento (in tutto fanno 857.000 euro) di cui 437.437 euro oltre Iva al 20 per cento per le unità abitative e 277.000 e 44 oltre Iva al 20 per cento per i servizi di pulizia delle parti comuni (tre volte alla settimana), la portineria 24h, la pulizia al cambio inquilino e la manutenzione ordinaria”.
Il contratto, dalla cifra originaria di 857.000 euro, forse per gli aumenti automatici, sale poi a 908.000 euro l’anno. Un’enormità se si pensa che la società di Totti ha comprato l’immobile con un leasing, poco prima di affittarlo al Comune di Roma, e lo ha pagato 6 milioni di euro più Iva. In pratica, se il Campidoglio avesse acquistato a rate il palazzo invece di pagare la locazione e i servizi di portierato e pulizie alla società di Totti, avrebbe speso quasi la stessa cifra entrando, però, in possesso di un bene.
Il contratto è scaduto il 31 dicembre 2014 ma l’amministrazione continua a pagare anticipatamente ogni mese i 75.000 euro di affitto per le 35 unità immobiliari di questo palazzo di periferia. (…) La società, inoltre, incassa gli affitti dei negozi – per un totale di 1900 metri quadrati – che sono esclusi dal contratto con il Comune. Al piano terra, infatti, troviamo un bel bar, della catena Blue Ice, e un supermercato Conad. Nel 2007 questi affitti extra erano pari a 231.000 euro all’anno. (…)
“Infiltrazioni in camera da letto, piove dal bagno di sopra, gli scarafaggi ci tormentano.”Lo stabile è il classico immobile costruito per ospitare uffici, non certo appartamenti residenziali. “Quando siamo entrati qui – racconta Elisa Ferri che abita con il marito e tre figli piccoli in un appartamento di 75 metri quadrati al primo piano – era tutto in ordine con i mobili ancora imballati. Dopo sei anni e mezzo la situazione è ben diversa. La manutenzione è fatta male. Da un mese nella nostra camera da letto e nel bagno ci sono le infiltrazioni che vengono dall’appartamento del piano di sopra. Uno schifo! Non possiamo fare intervenire i nostri idraulici e siamo costretti ad aspettare quelli della proprietà”. E ancora: “In realtà qui in via Tovaglieri non c’è nessuno della Immobiliare Ten di Francesco Totti. Siamo costretti a passare tramite il portiere che mi risulta lavori per una cooperativa (…)”. “Non sappiamo nemmeno il cognome del responsabile con cui parliamo. Io – si lamenta Elisa Ferri – so solo che si chiama Stefano. Nonostante le promesse, però, a casa mia dopo un mese non è venuto nessuno, piove da sopra e la macchia si allarga a vista d’occhio. Anche l’ascensore è rimasto rotto per settimane questa estate senza che nessuno intervenisse nonostante la presenza di anziani. La casa è molto umida. Le pareti e i tramezzi sono troppo sottili e questo palazzo non è stato costruito per essere abitato ventiquattr’ore al giorno, ma solo per lavorarci”. E come se non bastasse, “il Comune spende tanto per la bolletta elettrica. Inoltre siamo tormentati dagli scarafaggi. Io penso che Francesco Totti non immagini nemmeno in che situazione ci troviamo. Qui non lo ha mai visto nessuno. Pensi che nel palazzo si era diffusa la voce che aveva regalato tutto al Comune”.
In realtà non è così. La Immobiliare Ten, amministrata da Riccardo Totti, in questa storia si è comportata come una società che massimizza il profitto. Semmai è il Comune che ha fatto beneficenza al calciatore più ricco di Roma. Tra affitto e spese, gli appartamenti “ci” costano l’uno 2.161 euro di affitto al mese. Un canone degno del centro di Roma, non certo di Tor Tre Teste. Un bell’autogol per tutti.
Quello stabile a due passi da via Veneto che ospita gli uffici dell’Aise.A questo punto è interessante capire la storia del palazzo di via Tovaglieri. Inizialmente il proprietario, come accaduto per altri residence poi affittati come Caat al Comune, è la società Fimit Sgr, un grande fondo immobiliare italiano nato nel 1998 per iniziativa di Inpdap e Mediocredito Centrale. Fino a maggio del 2007, alla guida c’è Massimo Caputi, un manager molto importante che ha guidato colossi come Invitalia e Grandi Stazioni (…).
Il 30 maggio 2007 l’Immobiliare Dieci Srl stipula un preliminare con Fimit per comprare il palazzo di via Tovaglieri e due stabili in via Rasella. La società del Capitano si impegna ad acquistare il “pacchetto” a 16 milioni e 950.000 euro. Il prezzo è buono per gli acquirenti e permette al fondo di fare una plusvalenza di 3,3 milioni.
Il vero affare per i Totti sono i due palazzetti accanto a via Veneto, mentre quello di Tor Tre Teste viene infilato giusto per venderlo. In via Rasella, infatti, il Capitano compra immobili quasi totalmente liberi da inquilini, con una superficie netta da affittare pari a 1.860 metri quadrati al prezzo di 10 milioni e 950.000 euro, tutt’altro che elevato per quella zon (…)
Ben diversa, almeno sulla carta, la situazione di via Tovaglieri. (…) Nel maggio del 2007, quando la società di Totti firma il contratto preliminare di acquisto al prezzo di 6 milioni con Fimit, è un mezzo bidone: difficile da affittare e con un valore in calo. Tra il preliminare e il definitivo però le cose cambiano. (…) Il 16 ottobre viene nominata la commissione che deve valutare le offerte, presieduta da Luca Odevaine, e venti giorni dopo, il 7 novembre, la società di Totti stipula il contratto definitivo di acquisto con Fimit per il palazzo di via Tovaglieri. Sembra un azzardo ma il 16 dicembre 2008, il Comune e l’Immobiliare Ten firmano il contratto di locazione. (…) Via Tovaglieri, grazie al contratto per sei anni rinnovabile tacitamente, è una gallina dalle uova d’oro (…)
I due palazzi di via Rasella sono stati invece uniti e ristrutturati. Oggi ci sono gli uffici amministrativi dei servizi segreti italiani. L’Immobiliare Dieci detiene in leasing lo stabile e ottiene, nel 2013, ricavi per 1 milione e 70.000 euro. Probabilmente pagati tutti dall’Aise (Agenzia informazione e sicurezza esterna). Sul palazzo c’è anche la targa della presidenza del Consiglio. L’Immobiliare Dieci sostiene per via Rasella una rata del leasing pari a 545.000 euro ai quali bisogna assommare altri costi e ammortamenti. Alla fine, il netto utile è di 182.000 euro nel 2013.  (…) Francesco Totti, pur essendo il maggiore azionista delle due società immobiliari e quindi “il beneficiario” economico principale, non è amministratore delle due società e potrebbe non essere a conoscenza della genesi e dell’evoluzione dei rapporti con il Comune di Roma e con la presidenza del Consiglio per la locazione dei palazzi di via Tovaglieri e di via Rasella.
Francesco e Luca, romanista sfegatato, si incontravano negli uffici del ComuneIn Comune raccontano che Francesco Totti, ai tempi di Veltroni sindaco, aveva un buon rapporto personale con Luca Odevaine. L’allora braccio operativo del primo cittadino è un romanista sfegatato. Il Capitano lo conosceva bene e andava anche a trovarlo talvolta nel suo ufficio in Campidoglio. A testimonianza di un rapporto profondo tra i due, c’è un necrologio pubblicato in occasione della morte del padre di Luca, Remo Odevaine (…): “Sinceramente addolorati per la triste circostanza porgiamo le nostre condoglianze. Vito Scala e Famiglia, Francesco Totti e Ilary Blasi”.
Il necrologio è datato 15 novembre 2005, quindi precedente alla decisione, da parte della commissione presieduta da Luca Odevaine, di affittare per sei anni a un canone complessivo che supera i 5 milioni di euro il palazzo di proprietà della società dell’amico Francesco. Nonostante ciò, Odevaine non riterrà più opportuno astenersi da quel ruolo che spetterebbe a persone “terze” e in Comune nessuno dirà nulla.
Il rapporto tra i due non si è mai interrotto, come il contratto di affitto. Una traccia di questa stima reciproca si trova anche sui quotidiani del 24 gennaio 2013. Quel giorno Odevaine, sotto la bandiera di Fondazione Integra/Azione e in collaborazione con Legambiente e cooperativa Abitus, organizza una partita contro il razzismo (…). “L’iniziativa – scrive Repubblica – è stata apprezzata dal capitano dell’A. S. Roma, Francesco Totti” (…).
Un’altra “battaglia giusta” potrebbe essere anche quella contro gli sprechi, che dovrebbe imporre a Totti – certamente all’oscuro dei malaffari di «mafia Capitale» – di migliorare la condizione degli inquilini del palazzo di via Tovaglieri e al Comune di chiudere al più presto il contratto con la società Immobiliare Ten e trovare una sistemazione più degna per 35 famiglie.
da Il Fatto Quotidiano del 6 marzo 2015