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martedì 20 aprile 2021

49 milioni, la Lega paga i debiti con i soldi pubblici. - Stefano Vergine

 

La truffa allo stato. Nel 2018 l’accordo coi magistrati di Genova per restituire il denaro. La scoperta: il Carroccio ripiana col 2 x 1000 versato dai contribuenti.

Ufficialmente i partiti sono due, distinti e indipendenti fra loro. Da una parte c’è la vecchia Lega Nord per l’Indipendenza della Padania, la storica casa dei leghisti. Dall’altra parte c’è Lega Salvini Premier, il partito fondato da Matteo Salvini nel 2017. È sulla base di questa netta separazione che è stata decisa la vicenda dei 49 milioni di euro. Il debito con lo Stato è infatti in capo alla sola Lega Nord. Così è risultato da un accordo tra Salvini e la Procura di Genova, del settembre 2018, con cui il Carroccio ha ottenuto di poter restituire il maltolto ai cittadini italiani a condizioni speciali: rate da 600 mila euro all’anno, per una dilazione in quasi 80 anni, senza interessi. Condizioni rarissime, accordate in nome del rischio democratico, cioè di eliminare nei fatti un partito politico togliendogli tutti i soldi. C’è però qualcosa che stride con questa narrazione. Se i due partiti sono distinti e indipendenti tra loro, se cioè non esiste continuità giuridica, perché alle ultime elezioni politiche la Lega si è presentata con il simbolo del partito nuovo e con lo statuto di quello vecchio?

Lo raccontano i documenti depositati al ministero dell’Interno. Alle Politiche del marzo 2018, Salvini si è presentato con il nome e lo statuto del vecchio Carroccio, ma con il simbolo di Lega Salvini Premier. Il contrassegno del nuovo partito è stato depositato da Roberto Calderoli nel gennaio del 2018, quando la Lega Salvini Premier era appena stata creata. Per partecipare alle elezioni, un nuovo partito doveva raccogliere almeno 375 firme per ogni collegio elettorale (64 in totale). La decisione di Salvini fu di presentarsi come Lega Nord, ma di usare il nuovo marchio come vetrina. Come se i due partiti fossero la stessa cosa. Mossa contraria alla logica applicata pochi mesi dopo alla restituzione del debito verso lo Stato dei 49 milioni, rimasto invece in carico solo al vecchio Carroccio.

Oggi la Lega Nord è ormai a tutti gli effetti una bad company, con pochissime entrate e moltissimi debiti, mentre Lega Salvini Premier gode di ottima salute finanziaria. Lo raccontano gli ultimi bilanci disponibili, quelli del 2019. Lega Nord ha incassato in tutto 1,4 milioni. La metà arriva dal 2 x 1000, denaro che ogni cittadino può decidere di versare, invece che allo Stato sotto forma di Irpef, al proprio partito preferito. È con questi soldi che Salvini sta ripagando il debito dei 49 milioni. Un paradosso: così facendo Lega Nord ripaga allo Stato il suo debito usando denaro sostanzialmente pubblico: la norma sul 2 x 1000 prevede infatti che, nel caso in cui il contribuente non effettui una scelta sulla destinazione della quota Irpef, la somma vada allo Stato.

Nel bilancio della Lega dunque le entrate sono pari a 1,4 milioni. Ma le spese, 1 ,7 milioni in totale, portano il risultato finale in rosso per 292 mila euro.

Tutt’altra musica per Lega Salvini Premier: nel 2019 il nuovo partito ha incassato 9,7 milioni di euro. Qui ora arrivano buona parte delle donazioni fatte da cittadini e aziende (5,8 milioni) e del 2 x 1000 (3 milioni). Salvini ha insomma spostato quasi tutte le finanze sul nuovo partito, lasciando al vecchio i debiti e quelle minime entrate necessarie per saldare le rate da 600mila euro all’anno di debito verso lo Stato. Anche le spese sostenute da Lega Salvini Premier sono rilevanti (8,8 milioni), ma il risultato finale, cioè la differenza tra entrate e uscite, è positivo per 875 mila euro.

Numeri che contano, perché nell’accordo sulla rateizzazione del debito è previsto che, oltre ai 600 mila euro annui che Lega Nord deve restituire, venga anche sequestrata “la differenza tra i ricavi dati dalle somme future incassate e le spese, risultanti dal bilancio certificato o comunque accertato”. In altre parole, se la Lega Nord si ritrovasse con un po’ di utile a fine anno, il denaro avanzato andrebbe allo Stato. Cosa che però non succede, perché Lega Nord chiude in rosso. Proprio grazie allo spostamento di tutti gli incassi sulla nuova creatura, Lega Salvini Premier.

Su questo presunto gioco delle due carte potrebbe essere presto un giudice a esprimersi. In un atto di citazione indirizzato al Tribunale di Milano, in cui chiede che gli vengano pagate 6,3 milioni di euro di parcelle legali mai saldate, l’ex avvocato della Lega Nord e di Umberto Bossi, Matteo Brigandì, denuncia infatti la continuità finanziaria dei due partiti.

Brigandì – che si considera un creditore del movimento – chiede le parcelle mai saldate a entrambi i partiti, la vecchia e la nuova Lega. “La Lega Salvini Premier, in buona sostanza, è la stessa associazione di Lega Nord per l’indipendenza della Padania”, si legge nell’atto di citazione. Per l’ex avvocato di Bossi gli elementi per dimostrare la continuità giuridica tra i due movimenti sono parecchi: la coincidenza delle sedi (sono entrambi registrati al 41 di via Bellerio), il fatto che “l’intera dirigenza dei due partiti sia la medesima” e poi Brigandì allega alla causa civile un’intervista rilasciata da Salvini nel 2018 a uno studente per la sua tesi di laurea.

Rispondendo alla domanda “Si può dire che in questo momento esistano due Leghe?”, l’ex ministro ha argomentato: “Mi sento di rispondere di no. Esiste ‘la Lega’, con la sua storia, il suo presente e il suo futuro. Un movimento capace di aggiornare la sua agenda ai tempi che cambiano”. “Dal punto di vista elettorale”, chiede lo studente, “al momento esistono due Leghe. Quando e come verranno fuse in un unico partito?”. E Salvini: “Sarà un processo entusiasmante che prenderà il via a breve”. Per Brigandì è la dimostrazione che i debiti della Lega devono essere onorati anche da Lega Salvini Premier. La decisione del Tribunale di Milano dovrebbe arrivare il 28 luglio.

IlFQ

sabato 22 ottobre 2016

Fisco, peso reale delle tasse sugli italiani è al 49%.

Fisco, peso reale delle tasse sugli italiani è al 49%

Sui contribuenti italiani fedeli al fisco grava una pressione fiscale 'reale' che, per l'anno in corso, si attesta al 49 per cento: 6,4 punti in più rispetto a quella ufficiale. E' quanto stima l’Ufficio studi della Cgia.

Chi fa impresa, ad esempio, e si trova a subire un aggravio fiscale che sfiora il 50 per cento fa fatica a reggersi in piedi" afferma il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia, Paolo Zabeo. "Sebbene il Governo Renzi abbia previsto nella nuova legge di Bilancio tutta una serie di misure che vanno nella direzione auspicata, il peso delle tasse -avverte- rimane ancora eccessivo e del tutto ingiustificato rispetto alla qualità e alla quantità dei servizi pubblici erogati".

La Cgia, che da anni fa un monitoraggio attento sull’andamento della pressione fiscale 'reale', è giunta a questo risultato ricordando che "il nostro Pil nazionale include anche l’economia non osservata ascrivibile alle attività irregolari che, non essendo conosciute al fisco, almeno in linea teorica non versano né tasse né contributi".

Secondo l’Istat, infatti, nel 2014 l’economia non osservata ammontava a 211,3 miliardi di euro (pari al 13 per cento del Pil): di questi, quasi 194,5 miliardi erano attribuibili al sommerso economico e gli altri 16,8 alle attività illegali. In questa nuova metodologia di calcolo, comunque, non viene inclusa tutta l’economia criminale, ma solo quelle attività che si compiono attraverso uno scambio volontario tra soggetti economici (come il traffico di sostanze stupefacenti, la prostituzione e il contrabbando di sigarette).
"E' evidente - afferma il segretario della Cgia, Renato Mason - che con un peso fiscale simile sarà difficile trovare lo slancio per ridare fiato all'economia del Paese, in una fase dove la crescita rimane ancora molto debole e incerta".