L’isola caraibica è insolvente, ma le conseguenze le paga Washington.
Oggi, a meno di improbabili sorprese, fallisce Porto Rico. O quanto meno comincia il processo del default relativo ai suoi 72 miliardi di dollari di debito, che ormai fanno descrivere l’isola caraibica come la Grecia degli Stati Uniti.
In queste ore, infatti, scade il primo pagamento che Porto Rico non sarà in grado di onorare, cioé 58 milioni di dollari dovuti a chi aveva comprato i suoi bond. E’ il week end, in teoria la resa dei conti potrebbe essere rinviata a lunedì, e la cifra in discussione è ancora molto ridotta. La sostanza, però, non cambia: il governo dell’isola è insolvente, e senza un serio intervento di ristrutturazione provocherà guai seri anche a Washington.
Porto Rico non è uno stato americano, ma un territorio che appartiene agli Usa a tutti gli effetti. In teoria potrebbe avere un’economia florida, soprattutto grazie al turismo e ai servizi, ma nella pratica è in recessione ormai da nove anni. La crisi è stata provocata da una gestione scellerata delle finanze pubbliche, evasione fiscale, costi troppo alti di energia e trasporti, obbligo di garantire lo stesso livello di retribuzione minima degli Stati Uniti, cioé 7,25 dollari all’ora che sull’isola caraibica sono un’enormità insostenibile. La disoccupazione giovanile è schizzata sopra al 25% e, trattandosi di un territorio americano, chi ha potuto è emigrato negli Usa, riducendo ancora di più la forza lavoro e la base contributiva locale.
Il governo ha cercato di contenere gli effetti della crisi offrendo un’assistenza pubblica insostenibile, che ormai beneficia circa il 40% della popolazione. Nello stesso tempo ha emesso obbligazioni con enormi facilitazioni fiscali, che hanno attirato gli investimenti dei locali in cerca di soluzioni per le loro pensioni, ma naturalmente non hanno prodotto ricavi per l’amministrazione pubblica.
Così il debito si è gonfiato fino a 72 miliardi di dollari, e il mese scorso il governatore Alejandro Garcia Padilla è stato costretto ad ammettere che non ha i soldi per ripagarlo. Il problema è che la legge vieta al governo federale americano di andare in soccorso di Porto Rico, e quindi la soluzione deve essere interna: ristrutturazione del debito, aumento delle tasse e taglio dei servizi.
Tutti questi provvedimenti, però, ricadrebbero in larga parte sulle spalle degli stessi abitanti dell’isola, perché sono loro i principali sottoscrittori dei bond in scadenza. Quindi sarebbero loro che dovrebbero nello stesso tempo perdere buona parte dei propri investimenti, pagare più tasse e ricevere meno benefici e servizi.
Il segretario al Tesoro Lew ha chiesto al Congresso di cambiare le leggi, in modo da consentire il salvataggio di Porto Rico, ma intanto da oggi cominceranno a saltare i primi pagamenti.