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venerdì 24 luglio 2020

Quel piacere sofisticato di rileggere i romanzi: “L’arte è sempre difficile”. - Daniele Luttazzi

Libri: fantascienza e distopie tra i bestseller in giro per il ...

Un’indagine dell’Aie (Associazione italiana editori) certifica che durante i due mesi di lockdown la metà degli italiani non ha letto libri. Di solito è il 42 per cento. Fra i commentatori, c’è chi ha motivato il calo della lettura sostenendo che la pandemia era più appassionante di qualunque romanzo, perché rendeva ciascuno di noi protagonista di una vicenda spettacolare dove erano in gioco la vita e la morte. Questa spiegazione è suggestiva, ma poggia su un pregiudizio diffuso, quello secondo cui un romanzo deve dare emozioni come un film. Esiste tutta un’editoria al servizio di questa idea, e il pubblico più numeroso legge libri in questo modo: per appassionarsi alla vicenda e sapere come va a finire. La narrativa popolare (fumetti, gialli, fantascienza, romanzi rosa & C.) soddisfa questo piacere semplice, e ci sono vizi peggiori; ma i lettori professionisti leggono i testi in un altro modo, ricavandone un piacere più sofisticato. Leggono un romanzo almeno due volte: la prima, per sbarazzarsi della trama, la cosa meno importante; poi lo rileggono per scoprire con quali inganni l’autore ha costruito il mondo di quel romanzo. La letteratura, infatti, comunica le sue cose più importanti non col testo (la presunta vicenda), ma con la texture (il modo con cui la vicenda è raccontata, il suo tessuto di pattern intra e inter-testuali). Per esempio, nella sua versione in russo di Lolita, Nabokov arricchisce i numerosi riferimenti originari a Poe e Verlaine di nuove connotazioni, con l’allusione alla loro versione russa dei simbolisti Balmont e Briusov. Leggere a questo secondo livello richiede cultura e metodo, ma la ricompensa è ineffabile: capire un’opera d’arte dona al lettore l’inesauribile gioia del contatto fra la mente e il mondo, la gioia della consapevolezza; e gli permette di partecipare della gioia della creazione.
L’arte dialoga sempre con l’arte che l’ha preceduta, della quale è approfondimento, critica, sviluppo. “Se il lettore deve lavorare a sua volta, tanto meglio. L’arte è difficile” (Nabokov, in un’intervista alla Bbc, 1968). Finché il pubblico resta al primo livello, troverà più interessanti i videogiochi, che lo rendono protagonista del loro plot adrenalinico. Videogiochi e film d’azione competono perché si limitano a promettere lo stesso tipo di coinvolgimento; mentre nulla possono contro la scrittura, che permette la metafora e l’analisi, a loro precluse. L’analisi, per dire, distingue due tipi di energia narrativa: energeia (tipica delle storie d’azione, è l’incalzante succedersi degli eventi) ed enargeia (dominante nella narrativa alta, è la riflessione sugli eventi). Quando, un anno fa, Scorsese criticò i blockbuster della Marvel perché “non sono cinema”, come invece i film di “Bergman, Fuller, Donen, Godard, Hitchcock”, che “riguardano la complessità dei personaggi e la loro natura contraddittoria”, e attraverso un “autentico pericolo emotivo” portano a una “rivelazione estetica, emotiva, spirituale”, mentre in quelli Marvel “niente è a rischio, sono prodotti per il consumo immediato… dopo test sul pubblico”; quando diceva questo, Scorsese stava dicendo che i film Marvel sono sola energeia. Perfetti per un quattordicenne, poco nutrienti per un adulto. “La maturità è tutto” (Pavese, citando Shakespeare).
Incipit famosi. Moby Dick, di Herman Melville. “Il capitano Achab non poteva immaginare che una cappella larga 40 cm sarebbe stata così dolorosa”.