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martedì 24 novembre 2020

Le speculazioni di mia zia e della sua vicina di casa: le gatte di Wall Street. - Daniele Luttazzi

 

Mia zia e la sua vicina, una borgatara che si dà delle gran arie e parla con un accento straniero, come se venisse da qualche parte, sono in buoni rapporti diretti, ma nemiche sul piano finanziario, dove tentano di affermare la propria egemonia attraverso le loro società di revisione: una legge demenziale le autorizza a controllare i bilanci delle società cui fanno consulenza, con conflitti di interesse che sono giganteschi quanto i loro ricavi. Il bello è che non solo non debbono mai rispondere dei loro errori, ma più sbagliano più guadagnano, la classica gallina dalle uova sode. Le multe? Ridicole, dunque convenienti.

Mia zia, che per le sue speculazioni al ribasso viene chiamata la Samara di Wall Street, mi illustra la regola del tre: “Se leggi tre volte il bilancio di una società e non riesci ancora a capire come fanno i soldi, di solito c’è trippa per gatti. Noi siamo i gatti”. Vent’anni fa, zia fu tra i pochi a scommettere sul crollo della Enron, il gigante Usa dell’energia, in apparenza solidissimo, e guadagnò una fortuna quando la Enron implose in un gigantesco scandalo contabile. La società di revisione, di proprietà della vicina, chiuse i battenti. “La Enron derubò la banca”, dice zia, con una nota di sherry nell’alito, “ma la società della vicina fece da palo e fornì la mappa delle fognature”. Da allora, fra la zia e la vicina è in corso una guerra senza quartiere: in due, controllano la stragrande parte del business mondiale della revisione dei bilanci societari. In Italia si dividono l’88 per cento del mercato (ricavi per un miliardo all’anno, multe Consob per 2 milioni e mezzo in sei anni: una pacchia). Anche se avevano l’obbligo di farlo, non hanno visto i buchi di Parmalat, Cirio, Giacomelli, Italease, Carige, Banca Etruria, Banca Marche, Popolare di Vicenza, Mps e Popolare di Bari. Del resto, nel Cenacolo di Leonardo, solo dopo che ti hanno detto chi è Giuda gli vedi una faccia da canaglia.

Comunque, anche se due milioni di risparmiatori hanno perso un centinaio di miliardi, e fioccano i ricorsi, la zia e la vicina restano sulla cresta dell’onda. In Germania, per esempio, la società della vicina non s’è accorta dei trucchi contabili di Wirecard, il gigante dei pagamenti digitali che è finito in bancarotta dopo la scoperta dell’ammanco di 1,9 miliardi di liquidità nei suoi conti bancari; ma la vicina ha ottenuto lo stesso, dal prossimo anno, la revisione di 7 delle principali società tedesche quotate. “La supervisione europea è lenta, non ha risorse, e non è coordinata”, mi spiega zia, mentre le ciuccio le poppe (è ancora una strafiga, e facciamo sesso da quando mi svezzò, fra lenzuola ruvide, ma immacolate, in una casa colonica circondata da ortiche: avevo 15 anni, lei aveva appena cambiato sesso; fu indimenticabile, come la prima volta che vidi Shining) “cosicché i nostri pastrocchi passano spesso inosservati. Gli Stati potrebbero dotarsi di un proprio organo di revisione, ma non lo fanno. Che idioti!”. Nel 2015, zia e vicina misero da parte i dissapori per creare il cartello con cui conquistarono un maxi-appalto Consip da 66,5 milioni di euro, spartendosene i lotti. Multa dell’Antitrust: solo 23 milioni. Quanto fatturano con la pubblica amministrazione italiana? 300 milioni. L’anno prossimo ci sarà un nuovo appalto per altri cinque anni. “Tu e la vicina parteciperete di nuovo, zia?”. “Secondo te?”.

Ultim’ora. Da domenica prossima, cambia il Padre Nostro: il versetto “non indurci in tentazione” diventa “non abbandonarci alla tentazione”; e “ma liberaci dal male” diventa “ma da quando ci sei Tu, tutto questo non c’è più”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/11/24/le-speculazioni-di-mia-zia-e-della-sua-vicina-di-casa-le-gatte-di-wall-street/6014221/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-11-24

mercoledì 2 settembre 2020

Per smascherare i furbi ricominciamo a studiare la logica aristotelica. - Daniele Luttazzi

2.1.5 Le dottrine del colore di Aristotele | colore digitale blog
Per comprendere gli errori di ragionamento che ci impediscono giudizi corretti, e finiscono per tarare il discorso pubblico, favorendo i furbi, occorre conoscere alcuni fondamenti. Esistono due tipi di giudizio: il giudizio logico (vero/falso) e quello analogico (più-o-meno-vero-o-più-o-meno-falso). L’argomento logico mette in relazione una regola di implicazione, un caso e un risultato. Esistono tre tipi di argomento logico: deduzione, induzione, abduzione.
La deduzione trae conseguenze certe:
regola Tutti gli esseri umani sono bipedi.
caso Il Papa è un essere umano.
risultato Il Papa è un bipede.
L’induzione generalizza i dati:
caso Il Papa è un essere umano.
risultato Il Papa è un bipede.
regola Tutti gli esseri umani sono bipedi.
L’abduzione formula un’ipotesi esplicativa:
risultato Il Papa è un bipede.
regola Tutti gli esseri umani sono bipedi.
caso Il Papa è un essere umano.
L’abduzione è il ragionamento logico più frequente: ci serve a formulare ipotesi sulla realtà. Nella scienza, dall’ipotesi abduttiva si deducono le evidenze da trovare; per induzione si verifica l’ipotesi accumulando fatti e dati sperimentali; e se l’ipotesi non è confermata si ripete il ciclo inferenziale: abduzione, deduzione, induzione (Peirce, 1878). Il valore probativo dei sillogismi sta nella verità dei due enunciati iniziali, detti “premessa maggiore” e “premessa minore”; ma nessun sillogismo è conclusivo, perché non spiega come facciamo a sapere la premessa minore, cioè il dato di fatto del secondo enunciato, per esempio “Il Papa è un essere umano” (Dodgson, 1939).
L’argomento analogico è diverso da quello logico. Ne esistono varie specie affini, fra cui l’entimema (argomento retorico) e l’esempio, che per Aristotele definivano la retorica. A differenza dei sillogismi logici, nell’entimema una delle due premesse è solo probabile, non certa. L’esempio migliore è quello che sorprende: “Il mare puzza particolarmente negli stretti, nei punti di congiunzione, come il corpo che puzza alle ascelle” (Cecchi, 1976)
La persuasione retorica. Si persuade con argomenti, eloquenza e pathos. Gli argomenti logici, come abbiamo visto, usano il ragionamento deduttivo, induttivo, abduttivo. Oltre al ragionamento, un argomento si avvale di concessioni: sono le obiezioni che potrebbero essere sollevate rispetto alla conclusione. Le si concede all’inizio del discorso, per neutralizzarle subito con un argomento migliore. Poi, dato che le verità assolute sono rare, il meglio che si possa fare è partire da premesse accettate. Era il trucco argomentativo di Socrate: poneva una domanda, e usava la risposta dell’interlocutore come premessa accettata. Le premesse sono vulnerabili: se mostri che sono sbagliate, avrai distrutto il sillogismo: un modo è portare la premessa alle estreme conseguenze (reductio ad absurdum).
Le fallacie logiche sono errori di ragionamento in cui le premesse sono condivisibili, ma la conclusione è sbagliata. I tipi più comuni di fallacia deduttiva sono: la contraddizione (la conclusione contraddice le premesse); la petizione di principio (la conclusione dedotta da una premessa che è la conclusione stessa: “Perché non porti il cappello, come Dio prescrive?”. “Ma nella Bibbia non è scritto da nessuna parte”. “Come no? C’è scritto che Dio mandò Abramo nella terra promessa”. “Embè?”. “Come avrebbe potuto mandarcelo senza cappello?”).
(2. Continua)

giovedì 27 agosto 2020

La cuoca cinese di mia zia cucina tipico pugliese e capisce molto di politica. - Daniele Luttazzi

2X1000 ai partiti politici: lista degli ammessi ai benefici. | Studio Cabras
Mia zia ha una cuoca cinese bravissima a cucinare pugliese, crede lei. Poiché è la nipote di Qing Jiang e Mao, di politica ci capisce, e quando ho dei dubbi le chiedo lumi. Stava arrostendo le bombette (involtini di capocollo di maiale ripieni di caciocavallo, prezzemolo, sale e pepe). “Come voteresti a questo referendum, Yu?”. Mi ha spiegato che la proposta Ferrara-Rodotà del 1985 (una sola Camera di 500 deputati eletti con una legge proporzionale) era perfetta: riaffermava la centralità del Parlamento contro la sua sudditanza ai governi che amano i decreti d’urgenza, e non creava scompensi come il taglio lineare ora in palio.
“Era simile alla riforma di Renzi?” “No, quella tagliava in modo da rafforzare il governo”. “Col taglio però si risparmia”. “L’argomento del risparmio è capzioso, sia per sostenere che il taglio è vantaggioso (al netto, 53 milioni l’anno), sia per sostenere che è poco vantaggioso (0,95 centesimi l’anno per ciascun italiano). Infatti nessuno ha proposto il taglio delle spese per il personale di Camera e Senato, 350 milioni l’anno. O quello degli assistenti parlamentari, cui va una fetta dei compensi annui di deputati e senatori. Con meno parlamentari, fra l’altro, gli assistenti dovranno aumentare per far fronte alla maggior mole di lavoro”. “Il taglio però migliorerà l’efficienza del Parlamento, no? O credi che peggiorerà la rappresentanza?” “Come diceva Confucio, mia nonna mi perdoni, occorre intendersi sui termini. Efficienza significa riuscire a fare più leggi nell’unità di tempo? Mica vero. Di Maio ha detto: ‘Con un numero minore di parlamentari la qualità delle leggi si alzerà’. Perché? È un mistero inesplorato. Quanto alla rappresentanza, c’è quella territoriale e quella politica. Rappresentanza territoriale: perché una Camera con un deputato ogni 96mila abitanti dovrebbe rappresentare meglio il Paese di una Camera con un deputato ogni 151mila? La Costituzione del 1948 prevedeva un deputato ogni 80mila abitanti e un senatore ogni 200mila, nel 1963 il loro numero fu fissato a 630 e 315. Negli altri Paesi le proporzioni sono diverse. Il nodo vero è la rappresentanza politica: coi tagli lineari, vengono penalizzati i partiti piccoli. Specie al Senato, poiché viene eletto su base regionale: quando i senatori vengono ridotti, la soglia naturale da raggiungere per avere un eletto al Senato si alza anche parecchio: in Basilicata diventa del 20%, ci arrivano solo due partiti”. “Quindi il Senato va eletto su base circoscrizionale?” “Certo, ma servirà un’altra riforma costituzionale. Purtroppo, c’è chi ha approfittato, anche a sinistra, del disincanto democratico e delle pulsioni populiste, un pericolo da cui Rodotà metteva in guardia nel 2014. Si tratta sempre e solo di scelte politiche. Meno parlamentari ci sono, per esempio, più sembra naturale il vincolo di mandato che piacerebbe a Grillo, dopo il quale nihil obstat a un sistema di decisioni rapide, prese col solo voto dei capigruppo, una vecchia idea di Berlusconi. Immagina un cursore che vada da 1000 parlamentari a zero: a che punto del cursore la democrazia finisce?” “Yu, cos’hai contro i grillini?” “Nulla, mi sono molto simpatici: sarebbero stati dei maoisti perfetti. E adesso mangia. Un sacco vuoto non sta in piedi”. E così, col coraggio di chi si butta da una Yamaha a 200 all’ora, ho ingoiato la bombetta.
Non condivido il pensiero politico della cuoca di tua zia, ma adoro come scrivi. Io sono per il si, proprio perché credo che la presenza di una miriade di piccolissimi e microscopici partitucoli creati per alimentare l'ego di personaggi prestatisi alla politica in attesa di altri incarichi ben remunerati, sia fuorviante e poco utile oltre che deleteria. Basterebbero tre grandi partiti per rappresentare le ideologie in contrapposizione tra loro: sinistra, centro, destra. E già son troppe, a mio parere.
Cetta.

mercoledì 26 agosto 2020

I tesori (Para)blasfemi vanno condivisi, è egoista mantenere il segreto. - Daniele Luttazzi


L'inutile stupidità della bestemmia | VentoTagliente

Due settimane fa, affidandomi all’intelligenza collettiva, vi ho invitato a ricordare le bestemmie aggirate dell’infanzia, tipo “Dio svizzero!”, e avete risposto in massa. Non ne dubitavo. Scelgo dunque fior da fiore, rinnovando l’appello alle regioni latitanti, che custodiscono tesori blasfemi di cui sarebbe solo egoista mantenere il segreto. Come tutti sanno, di solito la parabestemmia usa vocaboli assonanti (Maremma e madosca per Madonna; zio, tio, due, diesel, dinci per Dio; ostrega per ostia). Roberto Corbari scrive che, quando giocava nella squadra di basket di Gualtieri (RE), avevano un presidente che odiava le bestemmie. E poiché “il discorso non scorre correttamente, senza bestemmie-intercalari”, per evitare multe salate ne usavano alcune “che porto ancora nel cuore. Le più azzeccate erano Orto mio, Porco bio, Bio porco, e soprattutto Porta ’na donna”. Giuliano Valla ricorda l’antico Porca madosca. (Che nostalgia! La diceva pure mio nonno, ma mia madre lo costrinse a controllarsi dopo che lanciai un porca madosca a un pranzo di Natale. “E questa dove l’hai imparata?” “Dal nonno”. Avevo quattro anni). Maurizio Moretti cita zio cannone e zio canaglia (nello Spezzino), e il sublime “zio sacco di riso porco dieci volte al chicco” (in Toscana). Stefano Valori assicura che il “dio lucchese” di suo nonno era una bestemmia “assai poco aggirata e molto diretta. Vivo a Fucecchio, la simpatia per i lucchesi è tale che un tipo particolare di rovi che si trovano nei nostri boschi, dalle spine particolarmente dolorose in caso di puntura, sono detti pruni lucchesi. C’è poi un epiteto, dalle nostre parti, che condensa in sé quattro offese: macalupente (maiale, cane, lupo e serpente). Caduto in disuso, quando ero bambino i vecchi lo rivolgevano alle varie persone della divinità. Che molti toscani siano grossi bestemmiatori non dipende dal fatto che siano particolarmente accaniti contro la religione, ma dalla grande confidenza. Da noi, il prendersi in giro, la battuta e anche l’offesa sono molto più frequenti e meno pesanti (il permaloso viene subito emarginato) che nel resto d’Italia. Il fatto quindi che, secondo la religione cristiana, Dio si sia fatto uomo, lo relega a prendersi battute e offese come tutti”. Giulio Pagliaricci scrive: “Sono di Pescara e qui vicino c’è una frazione che si chiama Sambuceto. All’età di 8 anni sentii esclamare ‘mannaggia Sambuceto’. Mi parve subito perfetta. Alla prima occasione la usai, ero agli scout, facevo il lupetto. I capi mi fecero una delle più grandi cazziate della mia vita! Non so se è perché l’ho detta talmente bene da sembrare vera o perché era troppo perfetta e li ho spiazzati”. Gianluca Petracci: “Mio padre dice spesso ‘porco diiiii…’ e se mia madre rischia di sentire, conclude con ‘…avolo sporco’. Alle medie, un mio compagno di banco, Romagnoli, per avvicinare il suo banco al mio senza fare rumore lo solleva di peso e lo poggia sopra il mio piede, esattamente sul mellino, rompendomi l’unghia. In preda al dolore sono balzato in piedi esclamando: ‘Romagno’, la focaccia de mammeta!’ La prof mi mise una nota: ‘L’alunno Petracci invoca ad alta voce l’organo riproduttivo della madre dell’alunno Romagnoli’. Inoltre, mi mandò dal preside, che generosamente mi assegnò due giorni di sospensione con obbligo di frequenza, fregandosene del fatto che le mie Converse bianche erano sporche di sangue”. Ne avete altre? Scrivetemi, porca madosca, no? (lettere@ilfattoquotidiano.it).

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/08/26/i-tesori-parablasfemi-vanno-condivisi-e-egoista-mantenere-il-segreto/5910596/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-08-26

mercoledì 19 agosto 2020

Il Parlamento sembra il Palio, ma quasi mai vince il cavallo migliore. - Daniele Luttazzi

File:Il Palio di Siena luglio 2008 4.jpg - Wikipedia

Il Palio di Siena 2020 non si correrà (FQ Magazine, 14 maggio 2020).
Il leghista Paolo Paternoster si toglie la mascherina. Il presidente Fico prova ripetutamente a convincerlo a rimettersela (“Non possiamo andare avanti così”), fino a sospendere la seduta per cinque minuti. Poi si riprende, con la Lega sempre nervosissima (FQ, 1 maggio 2020).
Il Parlamento è come un Palio di cui i presidenti delle due camere sono i mossieri, che giudicano la regolarità del dibattito in aula, richiamando e ammonendo i politici in caso di comportamento scorretto. In Parlamento, la politica si respira tutto l’anno, ma diventa una cosa che si può toccare con mano a ridosso della corsa elettorale, quando i candidati, nella speranza di mettersi in luce e di essere scelti, fanno la loro apparizione ufficiale in programmi tv dove i conduttori, come veterinari, li sottopongono a una visita accurata. I partiti impongono agli elettori il candidato che gli pare: a volte, la giustizia ne tiene in carcere qualcuno fino al giorno in cui, moralmente smacchiato e disinfettato, viene catapultato in Parlamento, cui apporta la legittima allegria che proviene da un acquisto così insperato.
Chiunque può essere candidato al Parlamento: nel giugno dell’83, per esempio, il Msi di Almirante mise in lista l’avvocato Manfredi Orbetello d’Aragona: era morto qualche settimana prima, ma portava migliaia di voti. Il Msi prese parte alla tribuna politica con la bandiera repubblichina abbrunata, su un cuscino i piedi del parlamentare deceduto, insieme con il fiore (un tulipano bianco) inviato dal partito nemico, il Pci di Berlinguer. Ho detto nemico, perché i partiti hanno rapporti di alleanza con altri partiti, ma soprattutto hanno un rapporto di fiera inimicizia con il loro nemico. Il fatto che non vinca il nemico è più importante della vittoria stessa, e contro il partito avversario si indirizzano canti dai versi a volte pesanti, che vengono pareggiati da quelli indirizzati in senso inverso. I capicorrente si incontrano in gran segreto per stipulare accordi con i quali cercano di danneggiare i nemici: ogni partito, anche se ha avuto in sorte dei brocchi, vuole vincere.
Questi accordi fanno parte del gioco bello che si chiama politica italiana, che, lo avete ormai capito, non è una corsa nella quale vince il migliore. Il giorno prima del silenzio elettorale, che proibisce la propaganda, i candidati cercano di apparire un’ultima volta da Vespa (“il cencio”, come lo chiamano affettuosamente in Rai): nello studio tv c’è un grande silenzio, perché i candidati, a quest’ora già abbondantemente trattati con sostanze stimolanti, non si innervosiscano. Una volta eletti, impareranno presto a conciliare ciò che avevano in programma con ciò che viene loro consigliato dall’opportunità, dalla convenienza e dall’inevitabile; e capiranno che, spesso, rimediare a grandi ingiustizie metterebbe in gioco interessi ai quali nessuno vuole rinunciare. Momenti che verranno rivissuti nei giorni a venire con racconti alla buvette, dove si ride ancora della volta che un giornalista cercò di attaccar bottone con Andreotti parlando della legge elettorale, e Andreotti lo tacitò dicendo: “Guardi, ho ottant’anni e non mi sono mai interessato di politica”. Il Parlamento, infatti, vive di tradizione orale: è una cosa politica fatta dai politici per i politici. I giornalisti possono interessarsene, ma in punta di piedi, senza disturbare. E così la cronaca politica diventa storia, diventa leggenda, diventa mito.

giovedì 13 agosto 2020

La Raggi si ricandida a Sindaco di Roma: è solo un “Vanity affair”? - Daniele Luttazzi

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La candidatura a sindaco di Roma della rapper Virginia Raggi, annunciata qualche giorno fa dopo incontri con Di Maio e Di Battista, e preceduta da un sonetto in vernacolo sul blog di Grillo (Sarò teppista, sì, ma je so’ amico/ e cerco d’appoggiaje l’elezzione/ perfino ne li posti che nun dico;/ c’è infatti Nena, quella co’ li nei,/ ch’ogni notte se pianta sur cantone/ e dice a tutti de votà pe’ lei) che è apparso come un bizzarro endorsement a un Raggi bis, seguito all’istante dall’apertura del capo politico del M5S Krimi a una riflessione ampia sulla cagata del limite del doppio mandato; la candidatura della Raggi, dicevo, festeggiata con l’incendio di due bus Atac, è stata inizialmente considerata l’ennesima trovata promozionale di una celebrità nota per gli annunci provocatori, ma in realtà è un progetto con una certa concretezza. Di candidature insolite o improbabili ce ne sono a ogni votazione italiana, ma interpretare quella della Raggi è più complicato del solito, principalmente per via dei noti problemi di gestione della capitale (trasporti pubblici, rifiuti, traffico, buche, smog, stadio). “La sua candidatura non è seria, ma non è nemmeno uno scherzo”, ha scritto Bruno Sbrana su Libero. “Ha aspetti del vanity project (cioè un progetto che ha principalmente lo scopo di appagare l’ego di chi lo porta avanti) e di un’operazione di sabotaggio da parte dei grillini, ma anche queste sono definizioni incomplete. È invece una creazione del tutto originale, finora sconosciuta alla scienza”. Naturalmente la Raggi non ha nessuna possibilità di vittoria, ma il suo nome sarà comunque sulle schede elettorali di milioni di persone. Ci sono elementi che suggeriscono che la sua candidatura non sia solo l’ossessione personale di una donna che da anni passa alle cronache principalmente per dichiarazioni sconclusionate e tracolli nervosi in pubblico. I giornali italiani, infatti, hanno scoperto che per la campagna elettorale della Raggi lavoreranno alcuni noti personaggi del MoVimento. La persona che si occuperà delle pratiche necessarie è Duccio Favagrossa, penalista presso lo studio legale Tirapelle, Bellomunno & Battilocchio, che ha lavorato per la Casaleggio Associati. Prima del voto elettorale, del resto, la candidatura della Raggi dovrà essere approvata da Rousseau, la scatoletta di compensato con due lucine, una verde e una rossa, creata da Davide Casaleggio con un seghetto da traforo durante l’ora di educazione tecnica quando faceva le medie. (Un manufatto che lascia ammirati, se ci si ricorda con quanta facilità la lama del seghetto si rompesse durante il procedimento. Per fare Rousseau, Davide ne avrà consumate come minimo otto). In generale, nessuno pensa che la Raggi possa avere qualche chance, vista l’impopolarità, ma c’è chi pensa che possa ottenere lo stesso un po’ di seguito, specialmente a Ostia, dove ha riqualificato un ampio tratto di arenile, rendendolo spiaggia libera attrezzata dopo anni di incuria e degrado. Il Giornale ha scritto che la candidatura della Raggi “sembra sempre di più un’operazione coordinata dai grillini per sottrarre voti al candidato del Pd, Massimo Carminati.”
Giochi da spiaggia. Indovinate quale dei due titoli informa davvero il lettore:
Cairo, la spinta del digitale. “Quinto media player in Italia” (Corriere della Sera, cioè Cairo, 5 agosto 2020)
Cairo, nel semestre rosso da 12,7 mln (Italia Oggi, 5 agosto 2020)
A tutti coloro i quali rivendicano la formula del mandato unico vorrei porre una domanda: quando hai la fortuna di avere un amministratore che lavora per te, senza aumentare il debito della tua città, che si adopera per renderti la vita più agevole e rischia anche le rappresaglie di chi vorrebbe tornare al vecchi sistemi per poter allegramente lucrare, cambieresti amministratore?
Io direi che la regola su citata va usata solo se l'amministratore è inefficiente o dotato di poca o inesistente etica professionale.
Nel caso della Raggi è molto meglio tenersi lei anche per altri 100 mandati se continua a comportarsi bene.
Le regole valgono quando si vuole cambiare un pessimo andazzo, non per cambiare ciò che funziona bene ma per cambiare ciò che è marcio. by c.

mercoledì 5 agosto 2020

Il fiuto di zia per i grossi affari, dal cambio di sesso agli immobili. - Daniele Luttazzi

Quartieri di Roma: Balduina » Rome Vatican Card
Durante il lockdown, nel condominio di zia alla Balduina, la situazione si era fatta insostenibile per colpa di tre famiglie (i Pirzio-Biroli, i Tracchia e i Facta) che facevano i loro porci comodi. A maggioranza passò la proposta di zia: ipotecare gli appartamenti di tutti gli altri, e coi 10 milioni accantonati comprare una nuova palazzina altrove, delegando alle gemelle Mastrocinque (due fragili zitelle con chignon di cui si vocifera un passato burrascoso nei Nar) il compito della rappresaglia, una volta completato l’esodo.
La vicina di zia, dopo il suo voto contrario (è in buoni rapporti con la zia, ma sono acerrime nemiche sul piano geopolitico e finanziario), ha preso la palla al balzo: perché non approfittare della maxi cartolarizzazione 2004 di immobili pubblici realizzata dal governo Berlusconi, e comprare a sconto un edificio di pregio dal Fondo immobili pubblici (Fip)? La dritta gliel’ha data un ex-dirigente del Fip stesso, un suo trombamico, e la scelta è caduta su un palazzo di 22mila metri quadrati nel cuore di Roma, in piazza Augusto Imperatore. Già che c’erano, hanno comprato anche i 15mila metri quadrati dell’altro palazzo nella piazza, pure quello progettato dall’architetto Morpurgo negli anni 30. Gli appartamenti in più si potranno rivendere o riaffittare a valori di mercato, cosa che permetterà di ammortizzare in breve tempo i 400 milioni di euro necessari all’acquisto (li ha anticipati la banca di cui zia è fra gli azionisti, i 10 milioni dell’ipoteca come garanzia). “Senza contare che, con la riqualificazione della piazza e del mausoleo pagata con 8 milioni da Fondazione Tim, tutta l’area sarà valorizzata”, dice zia, raggiante, mentre le lecco la figa. Zia si diverte un mondo a fare queste cose. L’unico suo vero rimpianto? L’operazione con cui cambiò sesso negli anni 80. “Il cazzo mi manca così tanto!” dice sempre. Per questo è una ninfomane.
Completato l’affare, però, gli affittuari dei due palazzi acquistati non hanno accettato lo sfratto, e hanno fatto causa perché non è stato riconosciuto il loro diritto di prelazione. Così, adesso, zia, la vicina e gli altri condomini esodati sono in causa con i ristoranti Gusto e Alfredo l’originale; con quaranta giornalisti che dal 2014 lavorano nella Sala stampa italiana, ristrutturata a spese loro con un affitto che scade tra due anni; e con Jas Gawronski, l’ex giornalista Rai, senatore berlusconiano ed eurodeputato, che da 18 anni vive nell’attico con terrazzo da dove si ammira il mausoleo di Augusto. La vicina di zia ha già contattato Franco Coppi e Giulia Bongiorno, preparate i lupini. Nel frattempo, le gemelle Mastrocinque non sono restate con le mani in mano: il palazzo alla Balduina, seriamente danneggiato da un’esplosione notturna, è stato dichiarato pericolante. I Pirzio-Biroli, i Tracchia e i Facta, costretti a ricoveri di fortuna, sono imbufaliti, ma i loro sospetti possono poco: le gemelle Mastrocinque hanno fatto visita a una vecchia conoscenza dei servizi, ed è partito un depistaggio in grande stile, gestito da un gruppo d’intervento composto da un ex-generale piduista, un ex-militante di Avanguardia Nazionale/Terza posizione, due ex della Banda della Magliana e un latitante di Cosa Nostra. Pare che la strategia stia funzionando: si comincia a parlare di attentato, e Bruno Vespa l’ha già attribuito a Pietro Valpreda.

venerdì 24 luglio 2020

Quel piacere sofisticato di rileggere i romanzi: “L’arte è sempre difficile”. - Daniele Luttazzi

Libri: fantascienza e distopie tra i bestseller in giro per il ...

Un’indagine dell’Aie (Associazione italiana editori) certifica che durante i due mesi di lockdown la metà degli italiani non ha letto libri. Di solito è il 42 per cento. Fra i commentatori, c’è chi ha motivato il calo della lettura sostenendo che la pandemia era più appassionante di qualunque romanzo, perché rendeva ciascuno di noi protagonista di una vicenda spettacolare dove erano in gioco la vita e la morte. Questa spiegazione è suggestiva, ma poggia su un pregiudizio diffuso, quello secondo cui un romanzo deve dare emozioni come un film. Esiste tutta un’editoria al servizio di questa idea, e il pubblico più numeroso legge libri in questo modo: per appassionarsi alla vicenda e sapere come va a finire. La narrativa popolare (fumetti, gialli, fantascienza, romanzi rosa & C.) soddisfa questo piacere semplice, e ci sono vizi peggiori; ma i lettori professionisti leggono i testi in un altro modo, ricavandone un piacere più sofisticato. Leggono un romanzo almeno due volte: la prima, per sbarazzarsi della trama, la cosa meno importante; poi lo rileggono per scoprire con quali inganni l’autore ha costruito il mondo di quel romanzo. La letteratura, infatti, comunica le sue cose più importanti non col testo (la presunta vicenda), ma con la texture (il modo con cui la vicenda è raccontata, il suo tessuto di pattern intra e inter-testuali). Per esempio, nella sua versione in russo di Lolita, Nabokov arricchisce i numerosi riferimenti originari a Poe e Verlaine di nuove connotazioni, con l’allusione alla loro versione russa dei simbolisti Balmont e Briusov. Leggere a questo secondo livello richiede cultura e metodo, ma la ricompensa è ineffabile: capire un’opera d’arte dona al lettore l’inesauribile gioia del contatto fra la mente e il mondo, la gioia della consapevolezza; e gli permette di partecipare della gioia della creazione.
L’arte dialoga sempre con l’arte che l’ha preceduta, della quale è approfondimento, critica, sviluppo. “Se il lettore deve lavorare a sua volta, tanto meglio. L’arte è difficile” (Nabokov, in un’intervista alla Bbc, 1968). Finché il pubblico resta al primo livello, troverà più interessanti i videogiochi, che lo rendono protagonista del loro plot adrenalinico. Videogiochi e film d’azione competono perché si limitano a promettere lo stesso tipo di coinvolgimento; mentre nulla possono contro la scrittura, che permette la metafora e l’analisi, a loro precluse. L’analisi, per dire, distingue due tipi di energia narrativa: energeia (tipica delle storie d’azione, è l’incalzante succedersi degli eventi) ed enargeia (dominante nella narrativa alta, è la riflessione sugli eventi). Quando, un anno fa, Scorsese criticò i blockbuster della Marvel perché “non sono cinema”, come invece i film di “Bergman, Fuller, Donen, Godard, Hitchcock”, che “riguardano la complessità dei personaggi e la loro natura contraddittoria”, e attraverso un “autentico pericolo emotivo” portano a una “rivelazione estetica, emotiva, spirituale”, mentre in quelli Marvel “niente è a rischio, sono prodotti per il consumo immediato… dopo test sul pubblico”; quando diceva questo, Scorsese stava dicendo che i film Marvel sono sola energeia. Perfetti per un quattordicenne, poco nutrienti per un adulto. “La maturità è tutto” (Pavese, citando Shakespeare).
Incipit famosi. Moby Dick, di Herman Melville. “Il capitano Achab non poteva immaginare che una cappella larga 40 cm sarebbe stata così dolorosa”.

mercoledì 22 luglio 2020

Una tempesta ha messo fuori uso l’ego di Renzi e aiutato la castelli. - Daniele Luttazzi

Renzi & Calenda, il trionfo degli EGO – Note di Sciopèn – Blog by ...
Ultim’ora: La guerra in Libia rallentata dalla guerra in Libia.
Roma. Ieri pomeriggio una tempesta solare di magnitudo 5 ha temporaneamente messo fuori uso l’ego di Matteo Renzi. Renzi (mai sentito nominare) stava registrando una puntata speciale di Porta a Porta quando la tempesta solare ha scombussolato il campo magnetico terrestre. Mentre biascicava aria fritta con prosopopea, Renzi s’è fermato di colpo a metà frase. “La verità è che sono solo un gran parolaio”, ha aggiunto un attimo dopo, mentre il pubblico in studio restava allibito. Solo diverse ore più tardi i medici sono potuti risalire alla causa. La prof. Camila Golgi, primario del policlinico Umberto I, ha dichiarato: “Sapevamo che le tempeste solari possono alterare le trasmissioni via satellite. Non pensavamo fossero così potenti da alterare l’ego di Renzi. Personalmente, preferisco un quarto d’ora di Renzi a mezz’ora di Renzi, e nessuna delle due cose a una notte con Alessia Marcuzzi”. La tempesta solare, inoltre, ha fatto funzionare per qualche secondo il cervello del viceministro Laura Castelli, ospite del Tg2, inducendola a sostenere i ristoratori; ma i medici rassicurano: nel giro di qualche giorno, la Castelli tornerà a fare le gaffe disastrose per cui è celebre. La tempesta solare, invece, non è riuscita a penetrare la zucca piena d’osso di Franco Bechis, direttore del Tempo, che il giorno dopo, infatti, ha raccontato l’episodio titolando “Attacco ai ristoratori”.
Del resto, chiunque può fare gaffe, e riparare in modo elegante è un’arte difficile. Peppino De Filippo ricevette un giorno in camerino un pedante che lo invitò a colazione. Lì per lì il grande attore non seppe rifiutare, ma appena quello fu uscito disse al servo di scena: “Domani telefonerai a quell’imbecille che non posso andare a colazione da lui”. Proprio in quel momento il pedante rientrava in camerino per prendere i guanti che aveva dimenticato; e De Filippo, vedendolo nello specchio, completò, senza fare una piega: “…perché sono invitato a colazione da questo signore”. Se non si è dei maestri, per evitare le gaffe bisognerebbe tacere sempre. A volte, però, il silenzio può essere ancora più offensivo. Per esempio, parlare di servizi sociali davanti a Berlusconi finisce per essere una delicatezza estrema, poiché gli suggerisce questa riflessione: “Quindi non lo sa”.
Creatività e commercio. Per riuscire, nella vita, non basta avere un’idea. Occorre saperla vendere. Huxley aveva scritto un romanzo, "Il mondo nuovo", che era rimasto invenduto. Per liberarsi delle giacenze, l’editore pubblicò un annuncio sul giornale: “Miliardario alto, elegante, colto, musicista, sposerebbe signorina che somigli alla protagonista del romanzo Il mondo nuovo di Aldous Huxley”. E il romanzo andò a ruba. A Parigi, un cieco denutrito chiedeva la carità davanti a Notre Dame con il solito cartello: “Cieco dalla nascita”. La sua ciotola era sempre vuota. Un giorno passò di lì un turista americano, Leo Burnett, un pubblicitario famoso. Burnett disse al cieco che, con una semplice modifica, poteva fargli aumentare gli incassi. E gli mise in mano un cartello con su scritto: “Voi vedete la primavera, io no”. Diventato ricco, quel cieco cambiò vita, e raggiunse la fama col nome d’arte di Yves Montand.
Los Angeles. Un uomo ha fatto causa a una azienda di bevande energetiche sostenendo che bere la loro bibita gli ha procurato un’erezione che non se ne va. Se vince, faccio causa a Sofia Vergara.

giovedì 9 luglio 2020

Il castello di mio nipote: un’opera costosa e infinita. Peggio del Mose. - Daniele Luttazzi

Castello di sabbia | Renzo Piano | Come fare
Mio nipote, 10 anni, ieri ha costruito un castello di sabbia bellissimo, con quattro torri poligonali orientate secondo i punti cardinali, mastio, muro di cortina rivestito di bugnato a punta di diamante e conchiglie, merlature a coda di rondine, fossato, saracinesca, ponte levatoio e paratoie anti-marea.
Ispirato a un progetto disegnato da Leonardo Da Vinci per Ludovico il Moro, e mai realizzato, il castello di sabbia di mio nipote adesso domina la battigia del Bagno Wilmer di Torre Pedrera, un’importante via di comunicazione fra il litorale Nord e quello Sud dell’Adriatico. Domani è previsto il test di innalzamento delle paratoie, per verificare che la sabbia non giochi un brutto tiro ai macchinari, di fronte a bagnanti e curiosi provenienti da tutta Italia. Ma ciò che è accaduto stamattina, in un test preparatorio, non è di buon auspicio. Le paratoie 11, 14 e 28 non sono rientrate nella loro sede sul fondo a causa dei sedimenti. Per questo in serata si svolgerà un nuovo test, dopo le pulizie effettuate in gran fretta da mio cognato. È evidente che le paratoie richiedono pulizia continua e manutenzione. Mia sorella ha proposto un aspiratore speciale, ma è costoso come il Mose, e la famiglia non è mica lo Stato italiano, che può svenarsi per decenni in opere problematiche e inutili. E così si punta a installare delle bocche speciali, che muovano la sabbia e la aspirino; ma non sono ancora disponibili. “Le paratoie sono in grado di sollevarsi, ma non ancora di funzionare. Per quel momento bisogna attendere la fine del 2021”, mi confessa il nipote, un po’ amareggiato. “Mi spiace che domani il mare sarà calmo. Sarebbe stato bello provarle con il moto ondoso”.
L’ingegner Alberto Vaselli, lasciato il lettino su cui stava completando la torrefazione della propria epidermide, la brezza a gonfiargli i boxer, dopo una rapida occhiata alla struttura ha dichiarato a una tv locale che le paratoie non possono essere alzate: “Rischiano la distruzione in caso di vento e mare troppo forti”. Ma sabbia, vento e mare sono solo alcuni dei problemi delle paratoie. C’è pure la ruggine. Dopo appena tre ore si è scoperto che le paratoie Sud presentano scrostamenti della vernice protettiva, con intaccamento dell’acciaio. C’è ruggine anche sui delicatissimi gruppi cerniere-connettori che consentono il movimento. Occorrerà bandire una gara da 34 milioni di euro per la ricerca di soluzioni sui materiali, in vista della futura produzione di nuove cerniere. Se si pensa che le paratoie dovrebbero avere una vita di un secolo, la prognosi di usura nell’arco di poche ore è molto preoccupante. Il che dimostra come il castello di sabbia di mio nipote sarà un cantiere continuo. E questo porta l’attenzione sui costi di manutenzione, stimati in un centinaio di milioni all’anno.
L’elenco delle criticità, però, è ancora più lungo. Ci sono buchi nei tubi sott’acqua; e cedimenti dei cassoni in cemento posti sul fondale che fungono da alloggiamento delle cerniere; e il jack-up, la nave Playmobil attrezzata per sostituire periodicamente le paratoie da mettere in manutenzione (spesa stimata: 52 milioni di euro), che ancora non funziona. Per finire, la conca (stima: 35 milioni di euro) che dovrebbe consentire il passaggio di mosconi e pedalò con le paratoie in funzione. Un amichetto di mio nipote, armato di paletta e secchiello, si è subito messo a scavare una buca dirimpetto al castello. “Cosa stai facendo?” gli ho chiesto. E lui: “Sto facendo venir fuori un po’ di buio”.

Opere ingegnose ordinate da chi, utilizzando i soldi della collettività, i nostri, ha favorito personaggi senza alcuna esperienza o conoscenza dei lavori che avrebbe dovuto portare a termine.
Un flop di dimensioni immani, in quanto a perdita di tempo, soldi e... dignità!
Dignità di chi lo ha ordinato, di chi lo ha progettato e di chi avrebbe dovuto costruirlo e portarlo a termine funzionante.