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martedì 12 ottobre 2021

5 giorni all’alba. - Marco Travaglio

 

Avvertenza per i tenutari della rubrica fissa “Raggi flop/ disastro/ catastrofe/ apocalisse” sulla Testata Unica Nazionale: affrettarsi a sparare gli ultimi colpi sulla sindaca, perché restano cinque giorni. Lunedì la finestra temporale si chiuderà e il sole, dopo il quinquennio nero, tornerà a splendere sui colli fatali di Roma. Ergo, scovare immantinente gli ultimi cinghiali, topi, gabbiani, storni, pitoni, capre, istrici e unicorni non ancora immortalati col dovuto sdegno: dal 19 ottobre queste e altre specie animali, onta e disdoro dell’oca del Campidoglio, diventeranno graziose attrazioni per residenti e turisti, simboli viventi dell’empito ambientalista della nuova Amministrazione (infatti stanno tornando pure le lucciole). Titoli come quelli di Repubblica di ieri, “Il lungo silenzio di Virginia prima di twittare contro il raid” fascista e “Cantieri aperti, girone infernale: circolazione in tilt” andranno riconvertiti come segue: “Cantieri aperti, il Paradiso delle grandi opere ripartite dopo la Sindaca dei No: i romani in coda urlano di giubilo dai finestrini” e “Il nuovo sindaco, chino h24 sui dossier, non ha tempo di sgomitare nella passerella dei soliti tweet contro il raid”.

Alla prima pioggia, in luogo delle solite battute su tombini intasati, canotti, mute da sub, arche di Noè e Mose, adottare la titolazione modello Sala sugli allagamenti alla milanese (“Colpa del surriscaldamento globale”) e sentire Greta sull’indefesso impegno del sindaco contro i mutamenti climatici. Sulle buche, la spiegazione sarà quella preclusa alla sindaca precedente: “Colpa della sindaca precedente”. Sui rifiuti: è il romano che è zozzo. E basta titoli su Spelacchio: se una pianta si secca, è sfiga. Al primo avviso di garanzia, evitare il trattamento Raggi (“Nuova Tangentopoli”, “Peggio di Mani Pulite”, “La doppia morale grillina”, “Patata bollente”, “Dimissioni”) e importare a Roma la formula in voga per tutti i sindaci non 5Stelle: “Invasione di campo dei pm”, “Paura della firma”, “Nessuno farà più il sindaco”. In caso di bus incendiati, prevedibilmente più rari per la fine dei sabotaggi, risparmiarsi ironie su Nerone e i “flambus”, evidenziando lo show pirotecnico offerto gratuitamente a cittadini e visitatori quando meno se l’aspettano, tipo rave. Stadio della Roma: finora era tutto facile, perché la Raggi sbagliava sia se lo faceva sia se non lo faceva; ora invece andrà scelta e mantenuta una posizione sola, sennò poi i lettori capiscono. Case dei Casamonica: fotografare il nuovo sindaco accanto alle macerie di quelle abbattute dalla Raggi, tanto nessuno lo sa e tutti crederanno che siano fresche di giornata. Da lunedì sarà tre volte Natale e festa tutto il giorno. E Roma tornerà più bella e superba che pria. Benebravobis!

ILFQ

domenica 3 ottobre 2021

L’altra Bestia. - Marco Travaglio

 

Morta prematuramente la Bestia salviniana in un festino con coca e romeni nella cascina di Morisi, consoliamoci con l’altra formidabile macchina spara-merda, attiva da cinque anni a edicole e reti unificate contro una sola persona: Virginia Raggi. Il celebre titolo di Libero “Patata bollente”, stigmatizzato con raccapriccio dall’intero tartufismo nazionale, è solo l’apice di un’ignobile campagna iniziata il giorno dell’elezione di una sindaca “rea” di essere donna, grillina e per giunta onesta. Le ridicole accuse penali, tutte cadute in tribunale e in appello, non bastavano: bisognava dimostrare che era pure corrotta (Corriere, Repubblica e Messaggero, per una storiella di nomine e polizze, evocarono Tangentopoli e il Giornale annunciò il suo arresto) e mignotta (Rep e l’assessore Berdini su La Stampa le inventarono una liaison col dirigente Romeo). Qualunque cosa accadesse a Roma (ma anche fuori) era colpa sua. Lei però restò in piedi, allora si cominciò a dire che aveva i giorni contati, prossima al ritiro per un posto da sottosegretario, scaricata da Grillo, Conte&C. Infatti. Così si disse che non la rivotava nessuno: poi arrivarono i sondaggi e si capì che se la poteva giocare. Panico.

Così si ricominciò a inventare. Il disastro dell’Atac (ereditata in fallimento e risanata), gl’impianti per i rifiuti (competenza regionale), i cinghiali (idem), la “discarica fuorilegge” ad Albano (legittima per il Tar), lo stadio della Roma (da quando c’è lei, farlo è il male assoluto, ma anche non farlo), la grande occasione persa delle Olimpiadi (cioè del default della capitale indebitata per 15 miliardi da quelli bravi di prima), i “no a tutto” (ha candidato Roma a Expo2030 e Draghi ha appena firmato), la strage di pesci nel Tevere (li ammazza lei uno per uno), la città inondata dalle bombe d’acqua (a Roma sono colpa sua, a Milano della pioggia), le piste ciclabili “elettorali” (bandi di due anni fa), il museo della Shoah “elettorale” (progetto del ‘97, lavori iniziati con Veltroni nel 2005), i fuochi d’artificio pagati dal Municipio di Ostia per la sua cena elettorale (si fanno ogni anno e dal ristorante manco si vedono), la cena “fuorilegge perché senza Green Pass” (in una terrazza all’aperto dove la legge lo esclude), il mancato vaccino perché “No Vax” o “Ni Vax” (è guarita dal Covid e ha gli anticorpi ancora alti). Ignazio Marino ricorda che la Raggi si è scusata mentre il Pd ricandida i suoi pugnalatori? Rep risponde per Gualtieri che lei candida il cameriere che testimoniò sulle cene a sbafo: come se andare in tribunale per fare il proprio dovere fosse uguale ad andare dal notaio per cacciare Marino. E ora tutti in coro: viva i buoni, abbasso la Bestia! Anzi, morta una Bestia ne resta un’altra.

ILFQ (30.9.2021)

giovedì 24 giugno 2021

Incapace. L’insulto ripetuto migliaia di volte per offendere, per colpire personalmente l’avversario. - Virginia Raggi

 

Me lo hanno ripetuto i politici di professione che, codardamente, di fronte ad una querela poi usano lo scudo dell’immunità parlamentare; me lo hanno urlato i Casamonica quando ho abbattuto le loro villette abusive dopo 30 anni di silenzio e collusione del vecchio sistema; me lo dice normalmente chi non ha argomentazioni.

Questa mattina al coro si è unito anche il giornale di Caltagirone: non una critica ma il solito insulto personale: fiumi di parole inutili, coperte da un titolone a effetto. Perché la cosa importante sono i titoli….
Proprio tre anni fa, il giornale di una parte dei romani titolò a tutta pagina su una presunta inchiesta nei miei confronti a Civitavecchia. Era il giorno del voto per le elezioni comunali: in questi giorni, i giornali festeggiano tre anni da quel titolo a orologeria.
La notizia era ovviamente destituita di fondamento ma non ci fu lo stesso titolo a tutta pagina per chiedere scusa ai lettori e alla sottoscritta.
Le critiche sono sempre giuste e servono a migliorarsi ma se fatte in buona fede. E, permettetemi, il dubbio c’è. I problemi a Roma hanno radici profonde. Io affronto le difficoltà e provo a superarle. La mia colpa, e ne vado fiera, è non essermi mai seduta nei vecchi salotti impolverati del potere.
Io preferisco le periferie delle persone come me, quelle degradate e abbandonate dove l’amministrazione finora non era mai stata presente.
Non sono scesa a patti con i potenti ma difendo la mia città sempre e comunque.
Altro che incapace. Io sono determinata.
Determinata a cambiare la mia città, a dare voce a chi non l'ha mai avuta e a lottare per chi è sempre stato abbandonato e disprezzato da quei “capaci” che hanno azzannato Roma e l'hanno messa in ginocchio.
Nessuno ha detto che sarebbe stato facile. Ma che avremmo invertito la rotta. E lo stiamo facendo.
Lentamente stiamo abbattendo quel muro di ipocrisia che per anni ha coperto il malaffare e la corruzione della capitale d'Italia.
Ma perché nessuno mai ha abbattuto le villette dei Casamonica chiudendo gli occhi di fronte all’illegalità?
Perché nessuno si è indignato quando hanno dato alle fiamme uno dei quattro impianti che gestiva il 25% dei rifiuti di Roma?
Perché fino all’arrivo di questa amministrazione non è mai stato imposto un contratto a Cerroni per la raccolta dei rifiuti?
Perché tutti hanno taciuto quando Atac con “parentopoli” assumeva gli “amici degli amici” indebitandosi per oltre un miliardo di euro?
Perché nessuno ha mai mostrato le strade nuove che abbiamo rifatto in questi tre anni?
Perché nessuno ha mai parlato della nostra lotta agli ‘scrocconi’, quelli che occupano abusivamente e senza titolo le case popolari impedendo alle persone che ne hanno bisogno di usufruire di un proprio diritto?
Perché nessuno ha mai fatto riferimento alle oltre 1.200 case popolari che questa Amministrazione ha assegnato ai più fragili?
Perché nessuno ha mai voluto raccontare le centinaia di milioni di euro stanziati per le politiche sociali e per le attività rivolte alle persone con disabilità (come il trasporto a loro dedicato il cui stanziamento annuale è stato raddoppiato), cosa mai fatta prima?
Perché nessuno ha mai detto qualcosa quando per decenni non è stata fatta la manutenzione alle linee della metropolitana o non sono stati acquistati gli autobus?
Perché hanno aperto i campi rom e lucrato sulla pelle degli abitanti degli stessi campi e dei quartieri vicini?
Forse tutto questo faceva comodo a qualcuno. Io mi oppongo e mi sono opposta a questo sistema.
Altro che incapace. Sono determinata, ancora più determinata di prima. Roma la difenderò a spada tratta perché la amo.

Virginia Raggi su FB

mercoledì 23 dicembre 2020

Meglio camerieri che servi. - Gaetano Pedullà

 

Ci sono molti modi di fare la cameriera, o il cameriere. C’è chi si spezza la schiena per portare a casa il pane. E chi se ne sta su comode poltrone, anche in Parlamento, svolgendo l’unica funzione di attaccare l’asino dove vuole il padrone. I primi pagano il prezzo della loro dignità, i secondi incassano per averla svenduta.

Dunque dare a qualcuno della cameriera, come ha fatto ieri Sgarbi rivolgendosi alla Raggi, non implica necessariamente un’offesa, anche se l’intenzione non era certo di farle un complimento. Il dibattito politico – si dirà – è sceso da tempo a livelli primordiali, e chi insulta si qualifica da sé, soprattutto se ha finito gli altri argomenti, e allora una parolaccia o un’allusione sono le soluzioni più facili per buttarla in caciara.

Mi capita spesso in tv, soprattutto se infrango certi luoghi comuni: i 5 Stelle sono incapaci, Conte è il peggior premier della storia, la sindaca di Roma ha fatto più danni dell’uragano Katrina. Opinioni legittime tanto quanto quelle diametralmente opposte, con però due aspetti in comune. Partiamo dal più evidente: chi scarica ogni genere di livore su Governo e 5S è lasciato generalmente libero di farlo, e può andare avanti con autotreni di bugie senza che nessuno interrompa o puntualizzi, mentre se è l’opposto, la contestazione o la parolaccia sono immediate.

Meno visibile ma non meno determinante è però l’altra caratteristica dei distributori a senso unico di ingiurie e corbellerie: o hanno una tessera di partito o sono al servizio di qualche editore. Ma non chiamateli camerieri, che si offendono.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/meglio-camerieri-che-servi/

sabato 19 dicembre 2020

L'Imperatore sfida il Covid, a Roma riapre il Mausoleo di Augusto.

 

Raggi: "E' un messaggio di speranza". Visite guidate fino al 21 aprile.

ROMA - Dopo 14 anni riapre al pubblico il Mausoleo di Augusto. Al termine di un lungo progetto di recupero e restauro, una delle più imponenti opere architettoniche della romanità e il più grande sepolcro circolare del mondo antico sarà nuovamente accessibile ai visitatori dal 1° marzo. "Dopo 14 anni riapre al mondo questo monumento unico. È un momento storico - ha detto la sindaca Virginia Raggi -. A pochi giorni dal Natale facciamo un regalo ai romani e ai cittadini di tutto il mondo. Un capolavoro dell'antica Roma, un tesoro di inestimabile valore che rinasce in tutto il suo splendore. Un obiettivo raggiunto grazie a un proficuo lavoro di squadra, soprattutto, grazie al sostegno e all'atto di mecenatismo della Fondazione Tim. Una testimonianza significativa dell'efficacia e della lungimiranza della collaborazione tra pubblico e privato" ha proseguito.

Una riapertura, in tempi di Covid, che la sindaca ha definito «un messaggio di speranza». «Dal 1° marzo fino al 21 aprile, Natale di Roma, la visita sarà gratuita per tutti - ha detto Raggi - e per tutto il 2021 sarà gratis per i romani. È un regalo che faccio ai miei concittadini». Dal 21 dicembre sarà aperto il sito per le prenotazioni e «potremo organizzare le visite nel rispetto delle norme Covid».

Dopo la prima fase di restauro conservativo terminata nel 2019 e realizzata attraverso un finanziamento pubblico di 4.275.000 euro (di cui 2 milioni versati dal Mibact e 2.275.000 da Roma Capitale), è attualmente in corso la fase di valorizzazione del monumento, finanziata dalla Fondazione TIM con un atto di mecenatismo. I lavori, diretti dalla Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, permetteranno di realizzare un itinerario che racconterà le varie fasi storiche del Mausoleo, affiancato da un percorso senza barriere architettoniche, in concomitanza con i lavori di sistemazione di Piazza Augusto Imperatore, avviati a maggio. E per quanto riguarda gli interventi sulla piazza la sindaca ha spiegato: "contemporaneamente al recupero della parte monumentale procediamo a spostare il capolinea dei bus e alla progressiva pedonalizzazione della piazza per valorizzarlo e dare l'importanza che merita".

A presentare l'intervento di recupero e restauro del Mausoleo di Augusto, assieme alla prima cittadina, il Presidente della Fondazione TIM Salvatore Rossi, il Vicesindaco di Roma con delega alla Crescita culturale Luca Bergamo, la Soprintendente speciale di Roma Daniela Porro e la Sovrintendente Capitolina Maria Vittoria Marini Clarelli. "In primavera, grazie alla collaborazione tra Fondazione TIM e Sovrintendenza, i visitatori potranno inoltre navigare attraverso la storia del Mausoleo grazie alle possibilità offerte dalle tecnologie multimediali" ha detto il vicesindaco aggiungendo: "l'apertura del Mausoleo ha un significato ancora ulteriore perché si collega all'impegno della Sovrintendenza grazie a cui sono partiti i lavori nella piazza Augusto Imperatore, che dovrebbero concludersi per questa prima fase a dicembre 2021".

https://www.ansa.it/canale_viaggiart/it/regione/lazio/2020/12/18/archeologia-dopo-14-anni-riapre-a-roma-mausoleo-di-augusto_d02914ae-73fd-4046-a408-6b761194c44d.html

Raggi e miraggi. - Marco Travaglio

 

L’altra sera a Otto e mezzo Carlo Calenda, reduce da un “tavolo” col Pd, ha dichiarato bel bello: “Il Pd mi ha detto che aspetta la condanna della Raggi per fare l’accordo con i 5Stelle”. Al che mi son detto: “Ora il Pd si affretterà a smentire quell’incredibile affermazione. Altrimenti verrà assalito da torme di garantisti veri o presunti, che avranno buon gioco a denunciare il giustizialismo dei dem e a domandar loro: quando mai abbiano fatto caso alla condanna di qualcuno per eliminarlo dalla vita politica; come facciano a sapere che oggi la Raggi sarà condannata in appello; e, ammesso e non concesso che lo sappiano, cosa si sognano di farlo sapere in giro, mettendo in imbarazzo i giudici che oggi si riuniranno in camera di consiglio e saranno in ogni caso condizionati dal preannuncio del Pd via Calenda: se condanneranno la sindaca, qualcuno dirà che l’avevano già deciso e comunicato al Pd prim’ancora di ascoltare la requisitoria e l’arringa, commettendo un reato; se la assolveranno, qualcuno dirà che han cambiato idea in extremis per smentire la fuga di notizie del Pd”.

Ma, incredibilmente, nessun dirigente Pd ha smentito la rivelazione di Calenda e nessun garantista all’italiana vi ha trovato nulla da ridire. Dunque si suppone che sia vero e normale che il Pd già sappia in esclusiva mondiale che oggi la Raggi sarà condannata e attenda soltanto la formalità chiamata “sentenza” per sedersi al tavolo col M5S per trattare su un altro candidato. Sempreché nel M5S prevalga la corrente dei trombati biliosi De Vito, Lombardi&C., il cui vasto programma politico per la Capitale è invariabilmente “Raggi fuori dalle palle”; e che tutti gli altri fingano di non vedere l’assurdità di un automatismo che non distingue fatti infamanti da accuse neutre, come l’interpretazione della parola “istruttoria” in una dichiarazione all’Anac su una nomina (processo Raggi) o un debito appostato nel bilancio comunale del 2018 anziché del 2016 con l’ok della Corte dei Conti (processo Appendino). Quando Lenin disse “Saranno i capitalisti a venderci la corda con cui impiccarli”, non immaginava che un giorno sarebbero arrivati i 5Stelle non a vendere la corda ai rivali, ma addirittura a regalarla. Infatti l’Appendino, dopo la ridicola condanna, si è autosospesa a norma di Codice etico e non si è ricandidata a Torino. E qualche 5Stelle spera nella condanna della Raggi per liberarsi anche di lei e coronare il sogno di una vita: diventare la ruota di scorta dei dem. I quali, mentre preannunciano a Calenda la condanna della Raggi come cosa fatta, si sono tenuti Beppe Sala sindaco di Milano dopo la condanna per lo stesso reato da cui era stata assolta la Raggi: il falso in atto pubblico.

Un falso che, diversamente da quello contestato alla Raggi senza uno straccio di prova a carico, anzi con tutte le prove a discarico, per Sala è documentale: la retrodatazione di due verbali di gara per il principale appalto di Expo, da lui firmati il 30 maggio con data 17, per sanarne ex post le gravi irregolarità. Condannato a 6 mesi, Sala giurava di non volere la prescrizione: infatti in appello l’ha incassata senza fare un plissé. E ora che si ricandida col Pd, nessuno gli ricorda il suo passato di falsificatore di appalti, anzi tutti esultano per la good news. Un minimo di coerenza, o di decenza, imporrebbe un solo metro di giudizio per tutti: se un sindaco colpevole di falso deve farsi da parte, la regola dovrebbe valere sia per Sala (condannato e prescritto, dunque ritenuto responsabile anche in appello) sia per la Raggi (in caso di condanna in appello dopo l’assoluzione in tribunale); o viceversa. Invece il falso della Raggi, finora assolta, è un reato da ergastolo. E il falso di Sala, confermato da due sentenze, è un falsetto da ridere. Ma la storia dei due gemelli diversi non finisce qui. Da quando la Raggi ha annunciato la sua ricandidatura per completare il lavoro svolto nel primo mandato, non passa giorno senza che i giornaloni deplorino la sua scelta come “ostacolo al dialogo col Pd” e “favore alle destre”, invitandola a “farsi da parte” per la compattezza dei giallorosa. Discorso già bizzarro in sé: chi l’ha detto che i candidati unitari M5S-Pd debba sceglierli sempre il Pd col 18% e mai il M5S col 33%?

I sindaci dopo il primo mandato devono potersi ricandidare per il secondo e, se si trova l’accordo, essere sostenuti dagli alleati: vale a Milano per Sala e a Roma per la Raggi; non vale a Bologna e a Napoli, dove Merola e De Magistris hanno esaurito i due mandati ed è giusto che M5S, Pd e LeU scelgano i nuovi candidati comuni. Se però si attacca la Raggi per la “corsa solitaria” che impedisce l’accordo giallorosa, bisognerebbe attaccare anche Sala per lo stesso motivo: tantopiù che ha già detto di non volere tra i piedi il M5S (se no, come fa a taroccare le carte degli appalti?). Invece Sala può, la Raggi no.

Comica finale: quello che “aspetta la condanna della Raggi” per farla fuori è lo stesso Pd che ha appena chiesto e ottenuto dalla Casellati di violare le regole del Senato per ridare il vitalizio a Del Turco, condannato per tangenti sulla sanità a 3 anni e 11 mesi e a risarcire l’Abruzzo con 700mila euro, ovviamente mai pagati. Lo stesso Pd che chiede a B., pregiudicato per frode fiscale, imputato per corruzione giudiziaria e indagato per strage, di entrare nella maggioranza in veste di “energia migliore”. A riprova del fatto che la politica è la prosecuzione del Circo Togni con altri mezzi.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/19/raggi-e-miraggi-2/6042384/

domenica 13 dicembre 2020

Processo alle invenzioni. - Marco Travaglio

 

C’è solo un processo più inutile di quello di Catania a Salvini per il blocco della nave Gregoretti (scelta sciagurata e demagogica, ma difficilmente inquadrabile come sequestro di persona): quello a Virginia Raggi, che domani va a sentenza alla Corte d’appello di Roma. Chi se lo fosse dimenticato si armi di santa pazienza e mi segua in questa incredibile vicenda che farebbe la gioia di Kafka. A giugno del 2016, appena osa diventare sindaca di Roma, la Raggi viene investita da un uragano politico, mediatico e giudiziario mai visto contro una persona che non ha fatto nulla di male. L’uragano diventa tsunami quando la sindaca si azzarda a sottrarre la mangiatoia delle Olimpiadi ai soliti noti. Appena nata la giunta, viene indagata la sua assessora all’Ambiente Paola Muraro per presunti reati ambientali commessi in 14 anni di consulenze per l’Ama, saltate fuori nell’attimo esatto in cui accetta l’incarico dalla Raggi e archiviate appena si dimette. Poi viene arrestato il capo del Personale Raffaele Marra, ufficiale della Finanza pluridecorato da Fiamme Gialle e Quirinale, per fatti di quattro anni prima, nell’èra Alemanno. Infine viene indagata la Raggi, che una processione di avversari e/o manigoldi ha provveduto a tempestare con decine di denunce.

Tre indagini per abuso d’ufficio per le nomine del funzionario comunale Salvatore Romeo a capo-segreteria, della giudice Carla Raineri a capo-gabinetto e del dirigente dei Vigili Renato Marra (fratello di Raffaele) a capo-ufficio Turismo. Un’indagine per rivelazione di segreto per presunti dossier contro il rivale Marcello De Vito. E un’indagine per falso ideologico per una dichiarazione all’Anticorruzione comunale sul conflitto d’interessi di Raffaele Marra nella promozione del fratello. Alla fine la montagna partorisce il topolino: tutte le accuse archiviate, tranne quella di falso per aver detto all’Anac che Marra, nella nomina del fratello, ebbe un ruolo “di mera pedissequa esecuzione delle determinazioni da me assunte, senza alcuna partecipazione alle fasi istruttorie, di valutazione e decisionali”. Tantopiù che il Regolamento comunale affida quelle nomine alla discrezionalità del sindaco. Infatti fu la Raggi, su input dell’assessore al Commercio Adriano Meloni, a decidere. L’accusa è un doppio paradosso: nel Paese dei conflitti d’interessi, l’unico politico imputato è la Raggi; una volta archiviata l’accusa di complicità nel conflitto d’interessi di Marra (contestato a lui solo), non si vede perché la sindaca avrebbe dovuto mentire per coprire un delitto che non aveva commesso. Insomma, un caso più unico che raro di reato senza prove né movente né dolo.

Il processo alle intenzioni finisce direttamente in tribunale, perché la sindaca sceglie il rito immediato. E lì si scopre ciò che si era sempre saputo: la nomina di Renato Marra non fu una promozione ad personam, ma era parte di un “interpello” per la rotazione di ben 190 dirigenti comunali; lì, per evitare sospetti di conflitti d’interessi, la Raggi respinse la candidatura di Renato a capo dei Vigili e optò per un ruolo di fascia inferiore; Raffaele fece pressioni per il fratello su Meloni e non sulla Raggi, anzi alle sue spalle; quando lei scoprì che la nomina comportava un forte aumento di stipendio, si lamentò in chat con lui per non averla avvertita; nessun elemento dimostra che la sindaca fosse informata delle sue pressioni. Infatti il Tribunale la assolve perché “il fatto non costituisce reato”. Motivo: “Nel complesso la risposta del Sindaco Raggi alla richiesta” dell’Anticorruzione “appare veritiera”: nessun falso. Fu solo imprecisa quando, con linguaggio avvocatesco, parlò di “istruttoria” in senso giudiziario e non amministrativo. Il buonsenso vorrebbe che la cosa finisse lì. Invece la Procura, crollate tutte le indagini sulla giunta, ricorre in appello con un atto di 31 pagine in cui non prova neppure a confutare nel merito le 316 pagine della sentenza, né porta elementi fattuali in grado di ribaltarle. Per giunta, i pm ripetono il movente-patacca già sostenuto invano in Tribunale: e cioè che la sindaca mentì per non essere indagata per il conflitto d’interessi di Marra, visto che all’epoca (2016) per il Codice etico dei 5Stelle bastava un avviso di garanzia per imporre le dimissioni di un loro sindaco. Peccato che sia falso: Pizzarotti, Nogarin e la stessa Raggi furono indagati nel 2016 e restarono al loro posto.
La Corte ha concesso ai pm di riascoltare due testimoni, che hanno confermato come la sindaca fosse ignara delle pressioni di Marra. Dunque, ancora una volta, l’assoluto deserto probatorio e anche il buonsenso suggeriscono un’assoluzione-bis. Ma tutto è possibile. E, in caso di condanna, il Codice etico dei 5Stelle vieterebbe alla Raggi di ricandidarsi sotto le loro bandiere. A meno che si decidessero a rimetter mano alle regole interne. L’obbligo di dimissioni è sacrosanto anche per un semplice avviso di garanzia (o anche senza) quando sia acclarata una condotta immorale e infamante che metta in serio dubbio l’onestà dell’eletto. Ma, se c’è di mezzo una posta nei bilanci comunali o un incidente di piazza (processi Appendino), o una frase controversa (processo Raggi), giustizia e politica devono viaggiare su binari separati. Confonderli significa condizionare i magistrati e condannarsi a combattere gli avversari con le mani legate dietro la schiena.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/12/13/processo-alle-invenzioni-2/6035479/

giovedì 15 ottobre 2020

Orgasmi&ganasce. - Marco Travaglio

 

Per la prima volta, ho provato sentimenti di umana pietà per Monica Cirrinnà. È stato quando ho letto sul sito di Repubblica che “Calenda schiaccia gli altri candidati nella corsa per il Campidoglio”. Il pensiero dell’esile deputata pidina che stramazza al suolo esanime sotto il peso del corpulento leader di Azione mi ha fatto riflettere sulle dure e impietose leggi della politica e sull’esigenza di porvi qualche limite di cristiana misericordia o di laica solidarietà. Anche perché le primarie romane del centrosinistra sono talmente affollate che non ci si meraviglierebbe di veder piovere dal cielo pure Mario Adinolfi. E lì sarebbero cavoli amari per tutti, non solo per la Cirinnà. Ma almeno si smetterebbe di chiamarle “le primarie dei sette nani”. Per fortuna, al momento, di schiacciante c’è solo la maggioranza dei giornaloni e dei retrostanti padroni del vapore che fanno il tifo per Calenda ancor prima che si candidi a sindaco. Anzi, più che un tifo, è una serie di orgasmi multipli a mezzo stampa, pari a quelli che si registravano ai tempi del Giubileo, dei Mondiali di Nuoto e delle candidature olimpiche (fortunatamente sventate da Monti e dalla Raggi). Con una particolarità: invece dei tradizionali sospiri e gridolini di piacere, gli orgasmi capitolini hanno come colonna sonora un sinistro rumore di ganasce, che va da Repubblica degli Agnelli-Elkann al Messaggero di Caltagirone. Per la serie: daje che se rimagna.

Repubblica spaccia per “sondaggio” una consultazione fra i lettori del sito su chi preferiscano fra Calenda e nove “potenziali candidati” al Campidoglio: Cirinnà, Fassina, Zevi, Ciani, Caudo, Magi, Ciaccheri, Alfonsi e De Biase. Naturalmente è arrivato primo Calenda col 50%, mentre gli altri nove si dividono il 32 e il restante 18 li detesta tutti. Bella forza: Calenda sta sempre in televisione anziché al Parlamento europeo (dove, secondo i dati ufficiali di Votewatch, è il 72° italiano su 75 per numero di voti e presenze: peggio di lui fanno solo Roberti, Patriciello e B.), mentre gli altri nessuno sa chi siano. Il campione, peraltro, è piuttosto striminzito, visto che in quattro giorni han risposto appena 25mila lettori del sito e 13.100 han votato Calenda. Ma Rep ha già deciso che questo “successo travolgente”, questo “straordinario consenso” basta e avanza a garantirgli “buone chance di arrivare primo”: basterà un emendamento per limitare il diritto di voto ai romani che leggono il sito di Rep. Inutile fare le primarie, un tempo orgoglio e vanto del Pd veltroniano e dunque di Rep, oggi degradate a “concorso di bellezza per sconosciuti” e “coperta di Linus cui aggrapparsi in mancanza di idee migliori”.

Del resto, Carletto è un “city manager più che un politico di professione”, e ciò è bene se lo dice Rep (se lo dicono gli altri, è male, è qualunquismo, peronismo, antipolitica, fascismo). Lui sa “cosa vuol dire amministrare una macchina da 30 mila dipendenti”, anche se non ha amministrato nemmeno un condominio. Lui sa “condurre in porto un appalto senza farsi imbrigliare per mesi o anni da cavilli”: basti pensare alla brillante gestione di dossier come Ilva, Alitalia eccetera. Lui sa “far ritrovare alla parte sana dei dipendenti comunali l’orgoglio delle cose realizzate”, anche grazie alla proverbiale fermezza e alla tetragona continuità: nel 1998 in Ferrari, nel 2003 a Sky, nel 2004 in Confindustria, nel 2008 all’Interporto Campano, nel 2012 in Italia Futura con Montezemolo, nel 2013 candidato trombato nella Lista Monti e viceministro al Mise con Letta, nel 2014 confermato da Renzi, nel 2016 rappresentante permanente dell’Italia presso la Ue per ben due mesi, poi di nuovo al Mise come ministro, nel 2018 nel Pd, nel 2019 fondatore di Siamo Europei, ma candidato ed eletto eurodeputato col Pd, abbandonato tre mesi dopo per fondare Azione, e ora forse candidato a sindaco di Roma confidando nell’appoggio del Pd che ha appena cercato di far perdere alle Regionali, insultandone i dirigenti e persino gli elettori (“indegni”). Sono soddisfazioni.
Ma l’orgasmo repubblichino è niente al confronto delle fregole caltagirine. Il Messaggero titola: “La tentazione dei dem: ‘adottare’ Calenda per fermare la Raggi. L’idea di replicare l’operazione Bonino nel 2010”. Infatti l’operazione Bonino nel 2010 riuscì a consegnare il Lazio alla Polverini. Ma la notiziona è un’altra: dopo aver passato quattro anni a dipingerla come un’incapace che i romani non rivoterebbero neppure sotto tortura, adesso il Messaggero registra orripilato “la paura, non solo di Calenda ma di buona parte della città, che Virginia possa arrivare al secondo turno, per poi avere l’appoggio sicuro del Pd”. Un “timore che rovina il sonno anche al Pd”. Ma come fa la Raggi ad arrivare al ballottaggio e poi a rivincerlo se “buona parte della città” è terrorizzata dalla sola prospettiva? E perché mai l’insonne Pd dovrebbe darle l’“appoggio sicuro” al ballottaggio se non dorme la notte all’idea che rivinca? L’unica spiegazione alternativa al manicomio è che forse non è vero che la Raggi ha sbagliato tutto e tutti i romani la maledicono. E forse non è vero che Roma è piena di sindaci in pectore capacissimi di rifarla più bella e superba che pria: altrimenti qualcuno di questi fenomeni si candiderebbe per farcelo vedere. Cioè: i giornaloni ci han raccontato un sacco di balle. Tanto per cambiare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/15/orgasmiganasce/5966573/

martedì 13 ottobre 2020

La Raggi e l’alleanza col Pd. - Tommaso Merlo

 

Dopo Mafia Capitale il Pd avrebbe dovuto azzerare il partito laziale e non solo, cospargersi il capo di cenere davanti al Campidoglio e chiedere scusa all’Italia intera per la vergogna con cui ha ricoperto non solo la capitale ma l’intero paese. Ed invece il Pd ha fatto spallucce in attesa che passasse la tempesta e nel frattempo si è messo a far sgambetti alla Raggi nella speranza di riprendersi le poltrone perdute. Zingaretti è stato tra i primi a tuonare contro la ricandidatura di Virginia Raggi e allo stesso tempo a lagnarsi che il Movimento non si alleava alle regionali con statisti alla De Luca. Da allora il Pd sta cercando un malcapitato che rischi l’osso del collo sfidando la sindaca di Roma. Nonostante tutto il fango con cui l’hanno ricoperta, la Raggi è infatti politicamente molto più solida di quello che han sempre blaterato e fa paura a molti. Virginia Raggi è un simbolo del Movimento perché ne incarna la storia e la cultura più genuina. Anni di persecuzione, l’impegno e il coraggio quotidiano senza mai scimmiottare atteggiamenti e vizietti dei vecchi politicanti. La Raggi ha poi tracciato una linea politica nuova. Dopo i sindaci fanfaroni del passato che han sommerso la capitale di chiacchiere e di debiti facendogli perdere decenni. La Raggi ha intrapreso la strada più complessa della legalità, della sobrietà e della concretezza con gli scarsi mezzi a disposizione. Da un comune infiltrato dai mafiosi ad una sindaca antimafia. Se non si fossero fottuti tutti i soldi la Raggi avrebbe potuto fare di più, ma a livello politico ha comunque drasticamente voltato pagina dopo anni di malapolitica e può vantare una serie di risultati che spetterà ai romani valutare a fine mandato. Ma Virginia Raggi ha tracciato una nuova linea politica anche nel rapporto tra Movimento e Pd. Ha detto cioè “no” ad un partito che prima ha ridotto Roma in macerie e poi si è messo a far la guerra a chi come la Raggi sta cercando di ricostruirla. La linea è chiara. Ci si allea col Pd solo se quel vecchio partito di marpioni poltronistici si dimostra degno, altrimenti ciao. Una linea sacrosanta. È il Pd col suo curriculum da film horror che si deve dimostrare all’altezza di cooperare col Movimento. Non viceversa. È il Pd col suo curriculum da film horror che deve dimostrarsi all’altezza del nuovo corso politico aperto dal Movimento. Non viceversa. A Roma come in tutta Italia. Altrimenti torniamo indietro invece di andare avanti. Il Pd è il passato e il Movimento nasce anche dalle sue ceneri. Se si vuole alleare è il Pd che deve aggiornarsi ai tempi. È il Pd che deve darsi una ripulita, una svecchiata e già che c’è tirar fuori uno straccio d’idea se ne è capace. È questo il nodo politico fondamentale. Non se fare l’alleanza o meno, ma a quali condizioni farla. Il quadro politico nazionale non offre molte alternative al Movimento. Le porte a destra sono chiuse e i numeri scarsi. Se vuole governare e incidere sulla realtà il Movimento deve allearsi con la fu sinistra. Ma “alleanza organica” sono quelle parolacce politichesi che fan venire l’orticaria e scatenano rissosi malintesi. Proseguire a braccetto del Pd ad ogni costo giusto per raccattar poltrone significherebbe non solo la fine del Movimento ma anche la fine della fase politica che ha aperto nel paese. Un danno enorme. Diversa è la linea tracciata dalla Raggi. Se il Pd si dimostra all’altezza bene, altrimenti ognuno per la sua strada. Punto. E non contano solo i programmi e le cose da fare con cui un accordo alla fine si trova sempre. Conta anche quello che c’è dietro ai finti sorrisi e alle cravatte di sartoria. E cioè la volontà del Pd di mettersi alle spalle una volta per tutte facce e logiche e pagine buie del suo passato che han devastato Roma come l’Italia intera. Solo così il Movimento manterrà la sua integrità e quindi la sua forza politica e quindi il suo ruolo storico di motore del cambiamento della vecchia politica come del paese.

https://repubblicaeuropea.com/2020/10/12/la-raggi-e-lalleanza-col-pd/

sabato 10 ottobre 2020

Aglio, oglio e Campidoglio. - Marco Travaglio

 

Se fosse un film, anziché la campagna elettorale per il sindaco della Capitale, sarebbe una strepitosa commedia all’italiana. A episodi.

Primo episodio. Dopo quattro anni passati a spiegare alla Raggi come si governa Roma e poi a scuotere i capini perché non capisce niente e non ne azzecca una, quelli che la sanno lunga da destra a sinistra sono terrorizzati che la Raggi prenda più voti dell’eventuale candidato del Pd, rivada al ballottaggio contro l’eventuale candidato della destra e rivinca le elezioni coi voti del centrosinistra. E, siccome sanno tutti benissimo come si governa Roma, non riescono a trovare un candidato che voglia governare benissimo Roma: se dipendesse da loro, la campagna elettorale andrebbe avanti senza candidati. Infatti attaccano la Raggi perchè osa ricandidarsi. Ma non spiegano il perché di tanto terrore: se la Raggi è l’incapace che dicono, la peggior sciagura per Roma dopo i lanzichenecchi, la sindaca più detestata dai romani, per giunta di un movimento morto e sepolto, basterà un paracarro (c’è solo l’imbarazzo della scelta) per batterla di sicuro.

Secondo episodio. Terrorizzati dalla conferma della peggior sindaca di tutti i tempi, i partiti cadono in preda della frenesia e perdono di lucidità. La destra, sfumate le candidature di Meloni (avanzata da Salvini), Salvini (avanzata dalla Meloni), Bongiorno (avanzata dallo spirito di Andreotti), di Cattaneo (avanzata dai giornaloni a sua insaputa), di Gasparri (avanzata da Gasparri) e di Rampelli (avanzato e basta), pensa a Giletti, cui va tutta la solidarietà per le minacce mafiose e per il giubbotto antiproiettile che indossa sopra la camicia, come l’Avvocato portava l’orologio sopra il polsino e la cravatta sopra il maglione. Intanto il Pd brucia in tre mesi una trentina di candidati: Gualtieri, Sassoli, Letta, Gabrielli (che hanno già un mestiere ben più comodo e pagato), D’Alema (che non è del Pd), Morassut, Bray, Riccardi, la Cirinnà, Tobia Zevi, tali Caudo, Ciaccheri e altri che non nominiamo perchè nessuno sa chi siano (neppure gli interessati). Calenda, molto apprezzato dai conduttori di talk e dai suoi condòmini ai Parioli, sarebbe perfetto: peccato che non sia più del Pd, anche se è stato eletto eurodeputato grazie al Pd, e che per giunta abbia appena tentato di far perdere le regionali al Pd, oltre ad aver insultato tutti i dirigenti del Pd e pure gli elettori del Pd (“Sono senza dignità”: infatti l’hanno eletto al Parlamento europeo). Lui comunque giura che, pur sapendo benissimo come si fa il sindaco, mai si candiderà, perché “il mio impegno è dare vita a un partito, Azione, per popolari, liberali e riformisti” (vasto programma). E poi perchè “non prenderei un voto dall’elettorato 5Stelle, quelli manco crocifissi mi appoggiano”: il che è vero, anche perché li insulta prima e dopo i pasti. Ma questo è il meno: il guaio è che non lo votano neppure i non M5S, vedi le percentuali da albumina nei sondaggi, e pure nelle urne. Dunque propone Carlo Fuortes, sovrintendente dell’Opera, popolarissimo tra i tenori e le soprano, meno nelle periferie.

Terzo episodio. Lo racconta il sempre informatissimo Corriere: “Tutti, l’altra sera, a cena nella casa con vista sugli angioloni di Castel sant’Angelo”. Tutti chi? Boh. Però ci sono “divani rosso pompeiano e una coppia di levrieri afghani annoiati”. Almeno finché, “tra lo sformato di zucchine e caciocavallo podolico (dimenticabile invenzione di Eddie, il cuoco filippino) e le polpette di bollito fritte (squisite), la padrona di casa chiede all’ospite d’onore del Pd: ‘Allora, ministro: ci confermi che sarà Sassoli il nostro futuro sindaco?’”. E il ministro (quale? Boh): “Sassoli fa i capricci. Temo che stia pensando a un colle più alto del Campidoglio”. A beh allora. Ma, “mentre a tavola – direttamente dalla pasticceria preferita da Nanni Moretti – arriva una magnifica Sacher”, colpo di scena: “Sul cellulare di un’amica della padrona di casa entra il whatsapp. È Carlo Calenda”. Fermi tutti, che nessuno si muova: il noto trascinatore di folle annuncia che “sono gli ultimi giorni, sto decidendo se candidarmi a sindaco di Roma” e domanda (a chi? Boh): “Tu cosa ne pensi?”. Tripudio sui divani rosso pompeiano, i levrieri afghani si ridestano, esulta anche Eddie dalle cucine: “È scattato l’applauso”. Finalmente un bel nome, “sulle macerie della Raggi che comunque, sfrontata e imperterrita, si ricandiderà”. Ma ha trovato pane per i suoi denti. Calenda – pensate – “è convinto di strappare tra il 6 e il 7%”: meno di quanto occorre per fare il sindaco del suo ballatoio, ma quanto basta per levare voti all’eventuale candidato del Pd. Che infatti, pur di non aver contro Mister Sei-Sette Per Cento, lo invita a un “tavolo di coalizione per la riscossa politica della capitale” perchè si candidi alle primarie con gli altri sei nani. Evento avvincente, visto che Calenda non è né del Pd né della coalizione di governo: anzi è proprio contro. Così il Pd sposa la linea Di Battista: no preconcetto alle intese sui territori quando si tratta di sostenere il favorito del partito alleato. Per Dibba la Morte Nera era Emiliano: per il Pd è la Raggi.

Finale. L’ha già scritto Carlo Verdone in Compagni di scuola, quando l’amico apostrofa Christian De Sica che molla il tavolo verde: “Ma come? Famo er pokerino, famo er pokerino e poi co tre ganci te cachi sotto? Ma vedi d’annattene, va!”.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/10/aglio-oglio-e-campidoglio/5961184/

giovedì 1 ottobre 2020

A chi non piace la Raggi. La sindaca colpevole a prescindere

 















Non piace alla gente che piace. Nei salotti, ai piani alti, tra i notabili di Roma c’è un solo nome che mette d’accordo tutti: Virginia Raggi, la sindaca colpevole a prescindere, fosse anche dei peccati millenari della città. I trasporti, per dire, da quando c’è lei sono una piaga d’Egitto, e si fa una fatica inutile a spiegare che l’azienda dei bus ha chiuso il primo bilancio in utile dai tempi di Romolo e Remo, e perciò sta acquistando centinaia di nuovi mezzi, che andranno a sostituire quelli vecchi, pericolosi e spesso andati a fuoco. Incassato il colpo, per chiudere la discussione arriva sistematicamente chi sentenzia che la Capitale fa schifo!

Eppure non è che prima splendesse, ed è fin troppo ovvio che continuando a dare ai privati centinaia di milioni per il trattamento dei rifiuti – come si è sempre fatto in passato – poi non resta un soldo per la pulizia e il decoro affidati al servizio pubblico. Solo aver resistito al monopolio privato e alle intimidazioni di chi ha dato a fuoco gli impianti comunali e centinaia di cassonetti varrebbe una medaglia e può darci una possibilità di avere in futuro una città migliore. A questo punto diventa divertente guardare le facce di chi sta sudando per cercare nella memoria qualche altro disastro della prima cittadina, fin quando dai ricordi più lontani tornano le buche. Avete presente?

Fino a qualche anno fa erano proverbiali, ne scrivevano pure i giornali stranieri e ci si facevano più battute che sui carabinieri. Facendo un po’ di pulizia, togliendo sprechi e ruberie, nonostante i debiti ereditati dalle Giunte precedenti, l’amministrazione grillina ha riasfaltato gran parte delle strade, facendo lavorare un mucchio di imprese e riportando su livelli fisiologici i rischi della viabilità. A questo punto scatta quindi la domanda: ma perché una sindaca così non piace? E la risposta non è mai sincera. C’è chi farfuglia, chi ammette di poterci ripensare, chi continua a cercare il pelo nell’uovo, ma il motivo vero è uno solo: la Raggi ha un peccato originale, è dei Cinque Stelle, fa le cose sul serio e non fa rubare.

https://www.lanotiziagiornale.it/editoriale/a-chi-non-piace-la-raggi-la-sindaca-colpevole-a-prescindere/

lunedì 17 agosto 2020

I parassiti millenarie Virginia Raggi. - Massimo Fini

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La storia insegna - Catilina, Caligola e Nerone tentarono, di portare equità nel sistema politico della Città Eterna, “da sempre lassista e corrotta in quasi ogni strato sociale”. Fallirono. Come può lei in 5 anni?
Sul Giornale del 12 agosto il direttore Alessandro Sallusti così descrive Virginia Raggi: “La signora è stata il peggior sindaco della storia romana, monumento perenne all’incapacità. La città non è mai stata così conciata da tutti i punti di vista: sporcizia e incuria sono temi all’ordine del giorno, la gestione del trasporto pubblico una barzelletta…”. Un giudizio apodittico, senza appello. Del resto quando si tratta di “grillini” la loro incapacità è data per scontata, ma nel caso di Raggi c’è un accanimento particolare.
Io invece stimo Virginia Raggi. Ammiro la tenuta nervosa di questa giovane e bella donna che da quando è sindaco di Roma ha dovuto tener testa a un volume incredibile di attacchi portati da ogni settore del circuito mediatico e politico (è questo il vero “plotone di esecuzione”, mister Berlusconi). Non aveva fatto ancora in tempo a mettere piede in Campidoglio che il Corriere della Sera, non la Gazzetta di Peretola, inaugurava su due pagine una rubrica intitolata “Caos Roma”. Il Corriere e tutti gli altri media nazionali scoprivano le strade dissestate di Roma, come se non ci fossero mai state prima, i topi di Roma, i ragni di Roma, le ragnatele di Roma, i maiali di Roma, gli ippopotami di Roma e, per non farsi mancar nulla, anche animali fiabeschi come l’ippogrifo e l’ircocervo. Se Raggi si affacciava sulla terrazza del Campidoglio con un collaboratore le veniva subito appioppato come amante. A questa insaziabile ninfomane ne sono stati attribuiti una dozzina e su Libero Vittorio Feltri, il campione olimpionico della volgarità, ha titolato “La patata bollente”. Nell’estate del 2017 Roma è stata colpita da un periodo di grave siccità per cui l’acqua faticava ad arrivare ai rubinetti. Di chi la colpa? Naturalmente di Virginia Raggi. Per cui si è dovuto cambiare il celebre motto “piove governo ladro” in “non piove governo ladro”. È seguito un periodo alluvionale che ha allagato qualche quartiere periferico di Roma. Di chi la colpa? Di Virginia Raggi naturalmente. A Milano periodicamente straripa il Seveso, un fiumiciattolo insignificante che oltretutto scorre in pianura ed è quindi facilmente contenibile a differenza di un torrente che vien giù dalle montagne alle spalle di Genova, si allaga mezza città ma nessuno si sogna di darne la responsabilità al sindaco Sala.
Roma è una città clientelare e parassitaria dall’epoca della Repubblica e dell’Impero romani. La “plebs frumentaria” non lavorava e si manteneva con gli aiuti dello Stato, cioè grano come dice il nome stesso. Questi fais neant, non avendo appunto niente da fare, erano causa di continue risse e tumulti. Non tutti però gli appartenenti alla “plebs frumentaria” erano volutamente dei fannulloni. Non tutti infatti erano romani, per una certa parte si trattava di contadini e piccoli proprietari provenienti dall’Etruria che erano stati spossessati dei loro terreni dai latifondi senatoriali.
Il primo a porsi seriamente il problema fu Catilina, il quale fece approntare dal tribuno Servilio Rullo una legge, la “legge agraria”, che se approvata avrebbe consentito di tagliare le unghie ai latifondisti e restituire una parte dei terreni ai vecchi proprietari. In questa occasione Cicerone, con l’orazione De lege agraria si superò ammonendo la plebe che se si spostava da Roma non avrebbe più potuto vendere la cartella, cioè il loro voto. Il programma catilinario era esplosivo e questo grande aristocratico romano, difensore degli “umiliati e offesi”, perse in battaglia la sua battaglia. Sulla linea di Catilina si metterà un secolo dopo l’imperatore Caligola. Che verrà regolarmente assassinato. Per infamarlo si è detto e anche purtroppo scritto che era un pazzo che aveva nominato senatore il suo cavallo.
Per la verità i fannulloni a Roma non erano soltanto i plebei, ma anche, e soprattutto, i senatori che volevano solo godersi le loro ricchezze e i loro latifondi e non volevano saperne di lavorare cioè, nel loro caso, di partecipare al governo della cosa pubblica. Allora Caligola disse: “Se le cose stanno così allora potrei nominare senatore anche il mio cavallo”. Che è cosa un po’ diversa. Nerone, altro infamato seriale, fu colui che, in modo meno irruente di Catilina e Caligola, cercò di portare nell’Impero un minimo di perequazione sociale e politica. Cercò in tutti i modi di associare i senatori al governo dello Stato, ma di fronte alla loro riluttanza in un discorso famoso tenuto in Senato li accusò letteralmente di assenteismo, parola molto moderna. Fu costretto a suicidarsi.
Roma è quindi da sempre una città lassista e corrotta in quasi ogni strato sociale. Come si può pensare che un sindaco, in soli cinque anni, rimonti duemila anni di Storia. Inoltre, nel frattempo, la situazione di Roma si è aggravata perché la Capitale ha assorbito, come una cozza, il peggio delle emigrazioni dal Meridione, con la loro mentalità intrinsecamente mafiosa (i meridionali che vennero al Nord all’epoca del boom era gente che aveva voglia di lavorare e che si integrò benissimo). Quando venne alla ribalta, diciamo così, il “mondo di mezzo”, i media, i soliti media, esultarono perché non risultava che fosse legato alla Mafia propriamente detta, senza rendersi conto che era molto peggio perché la Mafia è almeno una struttura organizzata, mentre il “mondo di mezzo” è liquido e dentro ci puoi trovare di tutto.
Virginia Raggi è stata accusata per alcune scelte sbagliate, ma io sfido chiunque a trovare in Roma, quando si seleziona il personale amministrativo, qualcuno di cui si possa esser certi che non ha qualche scheletro nell’armadio. Comunque Raggi è stata sempre assolta.
Raggi non ha fatto assolutamente nulla, come pretende Sallusti? Ha detto no alle Olimpiadi a Roma rendendosi conto che la città, nelle condizioni in cui è, non può reggere un simile impegno. Apriti cielo: i soliti “grillini” che, da quegli incompetenti che sono, dicono sempre niet a tutto. Ma no alle Olimpiadi lo aveva detto anche Mario Monti che di tutto si può accusare tranne che di essere un improvvisato.
Raggi ha dimezzato le cubature della speculazione edilizia che si voleva fare sui terreni dell’ex ippodromo di Tor di Valle in relazione al nuovo stadio della Roma. A Milano si vuole abbattere lo stadio di San Siro, un monumento nazionale, per consentire alle proprietà transnazionali di Inter e Milan un’enorme speculazione edilizia negli spazi adiacenti.
C’è infine una cosa che ha fatto Virginia Raggi che dovrebbe piacere persino a Sallusti. Nel novembre del 2017 il sindaco “nullafacente” guidò personalmente 500 agenti della polizia municipale per abbattere otto ville abusive appartenenti al clan dei Casamonica. Insomma ci ha messo la faccia. Sallusti, mi spiace dirlo, alle volte quando scrive ci mette solo il culo.

giovedì 13 agosto 2020

La Raggi si ricandida a Sindaco di Roma: è solo un “Vanity affair”? - Daniele Luttazzi

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La candidatura a sindaco di Roma della rapper Virginia Raggi, annunciata qualche giorno fa dopo incontri con Di Maio e Di Battista, e preceduta da un sonetto in vernacolo sul blog di Grillo (Sarò teppista, sì, ma je so’ amico/ e cerco d’appoggiaje l’elezzione/ perfino ne li posti che nun dico;/ c’è infatti Nena, quella co’ li nei,/ ch’ogni notte se pianta sur cantone/ e dice a tutti de votà pe’ lei) che è apparso come un bizzarro endorsement a un Raggi bis, seguito all’istante dall’apertura del capo politico del M5S Krimi a una riflessione ampia sulla cagata del limite del doppio mandato; la candidatura della Raggi, dicevo, festeggiata con l’incendio di due bus Atac, è stata inizialmente considerata l’ennesima trovata promozionale di una celebrità nota per gli annunci provocatori, ma in realtà è un progetto con una certa concretezza. Di candidature insolite o improbabili ce ne sono a ogni votazione italiana, ma interpretare quella della Raggi è più complicato del solito, principalmente per via dei noti problemi di gestione della capitale (trasporti pubblici, rifiuti, traffico, buche, smog, stadio). “La sua candidatura non è seria, ma non è nemmeno uno scherzo”, ha scritto Bruno Sbrana su Libero. “Ha aspetti del vanity project (cioè un progetto che ha principalmente lo scopo di appagare l’ego di chi lo porta avanti) e di un’operazione di sabotaggio da parte dei grillini, ma anche queste sono definizioni incomplete. È invece una creazione del tutto originale, finora sconosciuta alla scienza”. Naturalmente la Raggi non ha nessuna possibilità di vittoria, ma il suo nome sarà comunque sulle schede elettorali di milioni di persone. Ci sono elementi che suggeriscono che la sua candidatura non sia solo l’ossessione personale di una donna che da anni passa alle cronache principalmente per dichiarazioni sconclusionate e tracolli nervosi in pubblico. I giornali italiani, infatti, hanno scoperto che per la campagna elettorale della Raggi lavoreranno alcuni noti personaggi del MoVimento. La persona che si occuperà delle pratiche necessarie è Duccio Favagrossa, penalista presso lo studio legale Tirapelle, Bellomunno & Battilocchio, che ha lavorato per la Casaleggio Associati. Prima del voto elettorale, del resto, la candidatura della Raggi dovrà essere approvata da Rousseau, la scatoletta di compensato con due lucine, una verde e una rossa, creata da Davide Casaleggio con un seghetto da traforo durante l’ora di educazione tecnica quando faceva le medie. (Un manufatto che lascia ammirati, se ci si ricorda con quanta facilità la lama del seghetto si rompesse durante il procedimento. Per fare Rousseau, Davide ne avrà consumate come minimo otto). In generale, nessuno pensa che la Raggi possa avere qualche chance, vista l’impopolarità, ma c’è chi pensa che possa ottenere lo stesso un po’ di seguito, specialmente a Ostia, dove ha riqualificato un ampio tratto di arenile, rendendolo spiaggia libera attrezzata dopo anni di incuria e degrado. Il Giornale ha scritto che la candidatura della Raggi “sembra sempre di più un’operazione coordinata dai grillini per sottrarre voti al candidato del Pd, Massimo Carminati.”
Giochi da spiaggia. Indovinate quale dei due titoli informa davvero il lettore:
Cairo, la spinta del digitale. “Quinto media player in Italia” (Corriere della Sera, cioè Cairo, 5 agosto 2020)
Cairo, nel semestre rosso da 12,7 mln (Italia Oggi, 5 agosto 2020)
A tutti coloro i quali rivendicano la formula del mandato unico vorrei porre una domanda: quando hai la fortuna di avere un amministratore che lavora per te, senza aumentare il debito della tua città, che si adopera per renderti la vita più agevole e rischia anche le rappresaglie di chi vorrebbe tornare al vecchi sistemi per poter allegramente lucrare, cambieresti amministratore?
Io direi che la regola su citata va usata solo se l'amministratore è inefficiente o dotato di poca o inesistente etica professionale.
Nel caso della Raggi è molto meglio tenersi lei anche per altri 100 mandati se continua a comportarsi bene.
Le regole valgono quando si vuole cambiare un pessimo andazzo, non per cambiare ciò che funziona bene ma per cambiare ciò che è marcio. by c.

Effetto Spelacchio. - Marco Travaglio

Tre ragioni per ringraziare Virginia Raggi - IlGiornale.it
Quando Virginia Raggi ha annunciato che si ricandida, ho pensato: mission impossible. Poi ho letto i commenti di giornali e politici, tutti affratellati dal pensiero unico che accompagna la sindaca di Roma da quando fu eletta: ha fatto più danni di Nerone e di Attila perché è una cretina, incapace, disonesta, per giunta grillina, ergo i romani si guarderanno bene dal rivotarla e chiederanno lumi a noi, che sappiamo come rifare l’Urbe più bella e superba che pria. Lo scrivono Giornale, Verità, Libero, Messaggero, Corriere e Stampubblica. Un unico grande giornale, come diceva Moretti. E poi l’orrore, lo sdegno, il raccapriccio di Pd, FI, Lega, FdI: un unico grande partito. Quindi avranno già pronto il nuovo sindaco bravo, competente, efficiente e onesto che, vista la catastrofe in corso, ha già la vittoria in pugno, no? No, niente. A destra “Salvini sta sondando l’ipotesi Cattaneo” (Stampa), che infatti non ha mai sentito nessuno né intende candidarsi. Il Pd, dopo aver cambiato una dozzina di cavalli (peraltro ignari di tutto), il più autorevole dei quali era l’attore Ghini, non sa che pesci pigliare; però la signora Franceschini ci terrebbe tanto. Calenda, noto desertificatore di urne, lancia Carlo Fuortes, sovrintendente dell’Opera, che porta i voti dei tenori e dei baritoni.
E qui sorge il dubbio. Che bisogno c’è dei bazooka per abbattere un moscerino come la Raggi? Non basta ignorarla e lasciarla giustiziare dagli elettori? In realtà, la lapidazione generale cela il terrore che, in un ballottaggio fra lei e un clone di Salvini, la maggioranza preferisca lei: perché i suoi difetti ed errori sono noti, ma l’esperienza potrebbe aiutarla a superarli; lavora senza risparmio; di cose buone ne ha fatte (cultura, risanamento finanziario, legalità, no alle Olimpiadi incluso); non ruba e non fa rubare; governare Roma senza soldi né poteri e contro tutti i poteri è molto più arduo di quanto credesse lei, ma anche gli altri (infatti scappano tutti); e soprattutto perché ha tutti contro con argomenti che persino il più anti-raggiano troverebbe pretestuosi. Il più disonesto era la penuria di impianti per rifiuti (compito della Regione). Ma ieri La Stampa ci ha aggiunto “l’incendio al Tmb Salario” (infatti lo appiccò lei) e “il famoso Spelacchio, l’abete di piazza Venezia stecchito prima ancora di essere decorato”. Che era già morto quando fu segato in Val di Fiemme, come tutti gli alberi di Natale del mondo. Quello però è rimorto appena ha visto la Raggi, nota abeticida. O così almeno scrissero per settimane i giornali, trasformandolo nell’albero più simpatico del mondo, con pellegrinaggio di turisti e cittadini. Però, all’occorrenza, risorge. Avanti così e persino Virginia ce la può fare.

lunedì 13 luglio 2020

Virgì, Roma nun te merita.



A Virgì, pijia na valigia, tu fijio, tu marito, famme un fischio, che se n’annamo via da sta gente de fogna. Lassa perde. Nun te spormonà, sta a fa un bucio de culo, puro senza rubbà, e , chi te critica quà, chi te critica là, chi c’ha er pupo sur fòco, e, jielo devi da tojie, e n’artra che se lamenta che nun je risponni, che nun la vai a sentì, che c’ha puro lei quarche cosa da lamentasse. E che cavolo! Se chiama Virginia, mica è la Madonna der Divino Amore! Quella, dice , che fà li miracoli.
Sò de Roma, e sò settant’anni che ce vivo, e, ogni quarvorta che vinceva un sindaco, me mettevo de buzzo bòno a vedè quello che faceva. A Roma se dice che: li cavalli se vedeno all’arivo! E io li ho sempre giudicati alla fine de la corsa. Voi no, cari romani, voi dovete da rompe er ca’… sempre. Nun è da oggi. Sò circa tremila anni che rompete li cojoni, ma nun fate mai gnente pé dà na mano, anzi, giù botte!
Oggi, per esempio, sta pòra donna, era contenta d’avè messo la luce che nun c’era da quarant’anni, a na via a Torre Angela. Me direte, ma era na via de borgata, quarant’anni fa era tutto abusivo! E certo, era abusivo, come si fasse na casa abusiva fosse un diritto, e, che , dar momento che sò state sanate dar condono del 1987, aricordatevelo, voi che rompete er ca’…, 1987. Nisuno, e dico nisuno, c’aveva messo mano, pé mette la luce, li lampioni. Dice. Ma che te vanti? Sò solo quattro lampioni. Intanto sò de ppiù, ma, si pure fussero due, ereno quarant’anni, quasi, che aveveno condonato. Quindi annate a rompe er ca’… da n’artra parte.
Me fa piacere che nun sbomballate le gonadi cô le buche, puro si nun s’è finito de rifà tutte le vie de Roma. Ma come se dice, ogni vorta che dovete da fà un lavoro? Roma mica s’è fatta in un giorno. E voi, pretennete che sta pòra crista, che deve da combatte a mafia romana, e famijie Casamonica, casapound, forza nòva, li cazzari, sò due, e carciofare, Cartagirone co li giornali, Angelucci cò le cliniche, er Pd, a Lega, li fascisti, li zingari, li ladri, li corrotti che staveno dentr’ar comune, li corrotti dell’Atac, le perdite dell’acqua, li abusivi ne le case comunali, li politici che l’occupaveno, embè.
Si io me sò stancato a scrive tutto, e nun ho finito, quello che ha fatto sta pòra crista in quattro anni, senza sprecà na lira, ma come se deve da sentì lei che ste cose l’ha fatte? E jianno rotto, dandoje fòco, ai Tmb der Salario, a quello de Rocca Cencia, jianno dato fòco a 1200 cassonetti de la monnezza, hanno tolto e marmitte a tutte le auto der servizio giardini, stanno a mette li chiodi nelle spiagge che ha fatto sequestrare a li delinquenti de Ostia, stanno a rompe li cessi pé li disabili. E voi che ca… fate? A criticate? Ma annate a fancina!
Invece de curavve la città vostra, fate er tifo pe li ladri, li delinquenti, proprio quelli che v’hanno fatto vive dentro a la monnezza, oppuro ve credete che er nome der monnezza de Thomas Milian, è un nome de fantasia? C’era la monnezza, eravamo noi che la producevamo, e nun c’è gnente da fà, si potemo buttà per tera na cosa, noi ce la buttamo, si potemo mette un divano, verso e tre de notte, vicino ar cassonetto, noi, ce lo mettemo. Vòi mette er culo che c’è da fa, a chiamà l’Ama che te lo viè a prenne, a gratis, a casa?
Ve meritate Carraro, Signorello, Darida, Veltroni, Rutelli, Alemanno ! Marino. Da che sò vivo e capiente, solo Petroselli era ben visto da tutti, ma, er Signore se lo prese de corsa, forse voleva mette a posto er paradiso. Tutto er resto, monnezza su monnezza, de persone, o de opere, e li buffi c’hanno invaso la città.
L’anima de li mejo morta… vostra, si nun ve spicciate a sostenè sta pòra ragazza, armeno, senza metteje li bastoni fra le ròte, cari romani, ve devo da di che sète proprio infami. E si, perché nun ve basta che ve compra l’autobusse co l’aria fredda e calla, nun ve basta che ve rifà tutte e strade, nun ve sta bene che ve regala er mare libero, aricordateve quanno pe annà su la spiaggia dovevate da pagà l’ingresso, sveja! Era tutta mafia, ve stava bene? No. Perché sentivo tutti che se lamentaveno, e, nun c’era un buco dove potè annà ar mare.
Pé questo ve dico che l’onesti dovrebbero pijà e valige, e, annassene, abbandonà sta città bella e zoccola. Si vincheno li vecchi partiti, sète fottuti. Nun se farà più gnente, e, si se farà quarcosa sarà pé volere de la magistratura. Ma voi, godete a sputà in faccia a na sindaca pulita, e testarda, una che le cose le fa. Pensatece , c’avete undici mesi de tempo, pé pensacce bene.
O volete Roma, o sète morti, che Roma, quell’artri, se la magneno.
Ringrazio Franco Ferrari per questo suo sonetto.