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sabato 3 ottobre 2020

Venezia, Mose si alza per la prima volta contro acqua alta. Piazza San Marco all'asciutto.

 
















Procuratore: 'La Basilica è asciutta, asciutta. E' la prima volta ed è un dato importantissimo'.

Emerse dall'acqua le barriere del Mose, che oggi si è alzato per la prima volta a proteggere Venezia dall'alta marea.

Piazza San Marco è sino ad ora all'asciutto: l'entrata in funzione del Mose ha permesso per ora al 'salotto buono' della città di evitare il fenomeno dell'acqua alta.

"La Basilica è asciutta, asciutta. E' la prima volta ed è un dato importantissimo", ha detto all'ANSA il Primo Procuratore di San Marco a Venezia, Carlo Alberto Tesserin. "Abbiamo azionato - ha aggiunto - le pompe per evitare le infiltrazioni che arrivano da sotto nel nartece, e hanno funzionato in sicurezza. A 90 centimetri di marea avremmo dovuto affrontare l'acqua che arriva dalla piazza, ma non è arrivata perché esclusa dal Mose", ha concluso.

Il Mose è chiuso, e dentro la Laguna di Venezia la marea non sta crescendo. Alle ore 10.00 sono stati misurati alla Diga Sud del Lido 119 centimetri, a Punta Salute, dove si registra il 'medio mare' 69. 

"Il test è andato bene": lo dice all'ANSA il Provveditore alle opere pubbliche Cinzia Zincone in relazione all'innalzamento stamane delle paratoie del Mose a Venezia. "Si apprezza una consistente differenza - spiega - di altezza dell'acqua tra la parte difesa dal Mose e quella che non lo è". Un test giudicato positivamente: "non filtra acqua" conclude Zincone.

(Foto Ansa)

https://www.ansa.it/sito/notizie/cronaca/2020/10/03/il-mose-si-alza-a-venezia-citta-libera-dalle-acque_8601218a-52e3-4af8-af0f-c2bbab4775dd.html

Toh! Con questo governo anche il Mose funziona!
Grazie a Conte e al Governo Conte....

sabato 11 luglio 2020

Coronavirus: l'annuncio di Conte, verso la proroga dello stato di emergenza a tutto il 2020.

Il Pantheon, Roma ©
Il Pantheon, Roma.

Si tratta di una decisione che non è ancora stata presa, l'intenzione del premier sarebbe comunque quella di passare per il Parlamento.

"Ragionevolmente ci sono le condizioni per proseguire, dobbiamo tenere sotto controllo il virus". Con i contagi ancora in salita, focolai "anche rilevanti" in diverse zone d'Italia e l'Rt sopra l'1 in cinque Regioni, il premier Giuseppe Conte conferma quello che tecnici di istituzioni e ministeri davano ormai per scontato: lo stato d'emergenza sarà prorogato fino al 31 dicembre, quindi per tutto il 2020, e si porterà dietro una serie di norme connesse, a partire da quella sullo smart working.
"Non è ancora stato deciso tutto - prosegue il presidente del Consiglio -, ma ragionevolmente si andrà in questa direzione". La proroga potrebbe arrivare già la settimana prossima: il 14 luglio scadrà il Dpcm attualmente in vigore, quello che contiene tra l'altro le modalità d'ingresso in Italia e la sospensione delle crociere. E' molto probabile, dicono fonti di governo, che possa essere quella l'occasione per definire la proroga, riordinare le norme attualmente in vigore e per una "messa a sistema" delle modalità di ingresso nel nostro paese, anche alla luce dell'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza che giovedì ha stabilito il divieto d'ingresso per chi proviene da 13 paesi: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù e Repubblica Dominicana. Un elenco che potrebbe allungarsi se la situazione peggiorasse anche in altri paesi.
La scelta del governo di prorogare lo stato d'emergenza non piace però all'opposizione e solleva dubbi anche nella maggioranza, non tanto per la proroga in sé, sottolineano fonti del Pd e di Iv, quanto perché su certe decisioni è necessaria una maggiore collegialità. Il costituzionalista e deputato Dem Stefano Ceccanti lo dice apertamente, chiedendo all'esecutivo di presentarsi "in Parlamento per spiegare le ragioni e raccogliere indirizzi, in particolare rispetto alla durata della proroga e alle concrete modalità".
Ed in serata fonti di Palazzo Chigi, dopo aver premesso che lo stesso Conte ha affermato che la decisione non è stata ancora presa, hanno precisato che se si andasse verso la proroga l'intenzione del premier sarebbe comunque quella di passare per il Parlamento. Netto invece è il no del centrodestra. "Gli italiani - dice il segretario della Lega Matteo Salvini - meritano fiducia e rispetto. Con tutte le attenzioni possibili, la libertà non si cancella per decreto". Gli fa eco Giorgia Meloni.
"Non mi pare che ci siano i presupposti per prorogare fino alla fine dell'anno lo stato emergenza - sottolinea la leader di FdI -, che è uno strumento del quale il governo dispone per fare un po' quello che vuole, accelerando dei passaggi che altrimenti avrebbero bisogno di maggiori contrappesi". 
Al di là del dibattito politico e delle scelte che farà nei prossimi giorni l'esecutivo, il dato di fatto è la necessità di tenere sotto controllo il virus. I numeri giornalieri e quelli relativi al monitoraggio settimanale dimostrano che il Covid è tutt'altro che sconfitto. I nuovi contagi continuano a salire: mercoledì erano 193 in 24 ore, giovedì 229 e venerdì 276 per un totale di positivi al coronavirus che dall'inizio dell'emergenza ha raggiunto quota 242.639. Un incremento dovuto soprattutto ai 'casi d'importazione', come quelli nel Lazio legati alla comunità del Bangladesh o a focolai come quello scoppiato al corriere Tnt a Bologna con 18 nuovi casi.
Non solo: i dati relativi al monitoraggio effettuato nella settimana dal 29 giugno al 5 luglio dicono che l'Rt è superiore all'1 in cinque regioni - Emilia Romagna (1,2), Veneto (1,2), Toscana (1,12), Lazio (1,07) e Piemonte (1,06) - e che "in quasi tutte le regioni e province sono stati diagnosticati nuovi casi d'infezione, in aumento" rispetto alla settimana precedente. Nonostante il quadro generale resti a "bassa criticità" - l'Rt nazionale resta sotto l'1 e l'incidenza negli ultimi 14 giorni è di 4.3 ogni 100 mila persone -, il ministero della Salute avverte che in alcune regioni "continuano ad essere segnalati numeri di nuovi casi elevati" e "persiste una trasmissione diffusa del virus che, quando si verificano condizioni favorevoli, provoca focolai anche di dimensioni rilevanti".
La conclusione è una sola: la circolazione del virus è ancora "rilevante" e serve "cautela" rafforzando, dice il direttore per la Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza, le misure di distanziamento sociale. Con o senza proroga dello stato d'emergenza.
La decisione non è stata ancora presa, ma grazie ai deficienti che non hanno capito nulla di ciò che è successo e, purtroppo, continua a succedere, chi ha rispettato le regole subirà un ulteriore blocco della libertà personale.
Nessuno vuole mettersi in testa che quella attuale è una pandemia che sta mietendo vittime in tutto il mondo e che solo rispettando le regole potremo sconfiggerla, qualunque sia la sua origine.
Ci soffermiamo a ridimensionarla in qualsiasi modo, ma non facciamo altro che darle spazio e libertà di azione, a nostro esclusivo danno. cetta

venerdì 10 luglio 2020

Mose, Conte preme il pulsante via a innalzamento dighe.

Una paratia del Mose di Venezia © ANSA

Ambientalisti e comitati contro le grandi navi in laguna preparano una manifestazione di protesta.

"Siamo qui per un test, non per una passerella. Il governo vuole verificare l'andamento dei lavori". Così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a Venezia in occasione della cerimonia per il primo test completo delle dighe mobili del Mose.
"E' giusto avere dubbi, è giusta la dialettica, ma dico a chi sta protestando, ai cittadini e intellettuali, concentriamoci sull'obiettivo di completare il Mose" ha aggiunto Conte. "Facciamo in modo che funzioni - ha proseguito -. Di fronte all'ultimo miglio la politica si assume le proprie responsabilità e decide che con un ulteriore sforzo finanziario si completa e si augura che funzioni".
Spitz: 'Non è finito, ci vogliono altri 18 mesi' - "Il Mose non è finito, ci sono 18 mesi di lavori e test, bisognerà avviare il collaudo tecnico funzionale e poi alcuni anni di rodaggio per l'avviamento, per la progressiva ottimizzazione con procedure trasparenti e controllo rigoroso dei costi". Lo ha detto la commissaria alla conclusione del Mose di Venezia, Elisabetta Spitz, aprendo la cerimonia per il sollevamento delle dighe mobili. L'opera, ha proseguito "ha una storia travagliata e controversa, a noi è stato affidato il compito di portarla a termine. Una lunga pagina si chiude, Ringraziamo i veneziani per la lunga pazienza. Con le prove dei prossimi mesi sarà già possibile dal prossimo autunno il sollevamento in caso di maree altissime e salvare dall'acqua alta la Laguna".
La Laguna di Venezia è stata chiusa completamente al mare, con l'effettuazione del primo test completo delle 78 dighe mobili del sistema Mose, per salvare la città dalle acque eccezionali. Alla prova sono presenti il presidente del consiglio Giuseppe Conte, i ministri Lucia Lamorgese, Paola De Micheli e Federico D'Incà, il presidente del Veneto Luca Zaia e il sindaco Luigi Brugnaro. Sull'isola artificiale che divide la Bocca di Porto del Lido è stata approntata una 'control room' da cui si possono seguire le operazioni di sollevamento e discesa delle paratoie nelle quattro 'bocche', da nord a sud: Lido-Treporti, Lido-San Nicolò, Malamocco e Chioggia. Per consentire l'intera procedura è prevista l'interdizione completa del traffico marittimo.
Una decina le imbarcazioni che si sono radunate nello spazio acqueo davanti a Piazza San Marco per un'azione di protesta contro il Mose. Guardati a vista da imbarcazioni della polizia, i barchini hanno bandiere contro le grandi navi e contro quella che definiscono un'opera inutile.

giovedì 9 luglio 2020

Il castello di mio nipote: un’opera costosa e infinita. Peggio del Mose. - Daniele Luttazzi

Castello di sabbia | Renzo Piano | Come fare
Mio nipote, 10 anni, ieri ha costruito un castello di sabbia bellissimo, con quattro torri poligonali orientate secondo i punti cardinali, mastio, muro di cortina rivestito di bugnato a punta di diamante e conchiglie, merlature a coda di rondine, fossato, saracinesca, ponte levatoio e paratoie anti-marea.
Ispirato a un progetto disegnato da Leonardo Da Vinci per Ludovico il Moro, e mai realizzato, il castello di sabbia di mio nipote adesso domina la battigia del Bagno Wilmer di Torre Pedrera, un’importante via di comunicazione fra il litorale Nord e quello Sud dell’Adriatico. Domani è previsto il test di innalzamento delle paratoie, per verificare che la sabbia non giochi un brutto tiro ai macchinari, di fronte a bagnanti e curiosi provenienti da tutta Italia. Ma ciò che è accaduto stamattina, in un test preparatorio, non è di buon auspicio. Le paratoie 11, 14 e 28 non sono rientrate nella loro sede sul fondo a causa dei sedimenti. Per questo in serata si svolgerà un nuovo test, dopo le pulizie effettuate in gran fretta da mio cognato. È evidente che le paratoie richiedono pulizia continua e manutenzione. Mia sorella ha proposto un aspiratore speciale, ma è costoso come il Mose, e la famiglia non è mica lo Stato italiano, che può svenarsi per decenni in opere problematiche e inutili. E così si punta a installare delle bocche speciali, che muovano la sabbia e la aspirino; ma non sono ancora disponibili. “Le paratoie sono in grado di sollevarsi, ma non ancora di funzionare. Per quel momento bisogna attendere la fine del 2021”, mi confessa il nipote, un po’ amareggiato. “Mi spiace che domani il mare sarà calmo. Sarebbe stato bello provarle con il moto ondoso”.
L’ingegner Alberto Vaselli, lasciato il lettino su cui stava completando la torrefazione della propria epidermide, la brezza a gonfiargli i boxer, dopo una rapida occhiata alla struttura ha dichiarato a una tv locale che le paratoie non possono essere alzate: “Rischiano la distruzione in caso di vento e mare troppo forti”. Ma sabbia, vento e mare sono solo alcuni dei problemi delle paratoie. C’è pure la ruggine. Dopo appena tre ore si è scoperto che le paratoie Sud presentano scrostamenti della vernice protettiva, con intaccamento dell’acciaio. C’è ruggine anche sui delicatissimi gruppi cerniere-connettori che consentono il movimento. Occorrerà bandire una gara da 34 milioni di euro per la ricerca di soluzioni sui materiali, in vista della futura produzione di nuove cerniere. Se si pensa che le paratoie dovrebbero avere una vita di un secolo, la prognosi di usura nell’arco di poche ore è molto preoccupante. Il che dimostra come il castello di sabbia di mio nipote sarà un cantiere continuo. E questo porta l’attenzione sui costi di manutenzione, stimati in un centinaio di milioni all’anno.
L’elenco delle criticità, però, è ancora più lungo. Ci sono buchi nei tubi sott’acqua; e cedimenti dei cassoni in cemento posti sul fondale che fungono da alloggiamento delle cerniere; e il jack-up, la nave Playmobil attrezzata per sostituire periodicamente le paratoie da mettere in manutenzione (spesa stimata: 52 milioni di euro), che ancora non funziona. Per finire, la conca (stima: 35 milioni di euro) che dovrebbe consentire il passaggio di mosconi e pedalò con le paratoie in funzione. Un amichetto di mio nipote, armato di paletta e secchiello, si è subito messo a scavare una buca dirimpetto al castello. “Cosa stai facendo?” gli ho chiesto. E lui: “Sto facendo venir fuori un po’ di buio”.

Opere ingegnose ordinate da chi, utilizzando i soldi della collettività, i nostri, ha favorito personaggi senza alcuna esperienza o conoscenza dei lavori che avrebbe dovuto portare a termine.
Un flop di dimensioni immani, in quanto a perdita di tempo, soldi e... dignità!
Dignità di chi lo ha ordinato, di chi lo ha progettato e di chi avrebbe dovuto costruirlo e portarlo a termine funzionante.

venerdì 15 novembre 2019

Salvini: «Questa città grida aiuto, ora tutti insieme per ultimare il Mose», qualche contestazione: «Basta passerelle»

Salvini: «Questa città grida aiuto»  E c'è chi sbotta: «Basta passerelle»  Zaia: danni per centinaia di milioni

VENEZIA «Non è più tempo di perdere tempo, questa città grida aiuto, c'è bisogno di mettersi tutti insieme per ultimare il Mose». Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini a Venezia, dove sta facendo un sopralluogo in piazza San Marco con il Governatore Zaia e il sindaco Brugnaro. «Le cose non si lasciano a metà - ha aggiunto - non siamo qui a distribuire colpe ma l'opera va finita per evitare che in futuro si ripetano cose simili».

Sia al suo arrivo  che poi a San Marco c'è stata qualche contestazione: «Basta passerelle, vergognati» ha urlato un gruppetto di veneziani.


Salvini ha sottolineato che gli emendamenti della Lega alla manovra servono proprio ad accelerare e «a far funzionare il Mose subito. Con Toninelli abbiamo perso un anno e speriamo che ora i M5s non rallentino come hanno fatto in passato - ha concluso - anche se al Governo c'è solo gente che litiga tutti i giorni».

«Non possiamo andare avanti così, aiutaci tu!» è l'accorato invito rivolto  da alcuni negozianti di San Marco di fronte all'ennesimo allagamento che provoca danni ingenti alle imprese. «Questa città muore, bisogna fare qualcosa», aggiungono gli esercenti che si avvicinano a Salvini che ha 'guadato'  la Piazza completamente allagata. Salvini ascolta, assicura il proprio impegno e prima di lasciare la zona va a sincerarsi personalmente dei danni provocati dall'alluvione in alcuni negozi.


Governatore  - «Posso dire per l'esperienza commissariale che ho, con due eventi calamitosi, l'alluvione del 2010 e la tempesta di Vaia l'anno scorso, dico qui sono decine o centinaia di milioni di euro. C'è Venezia che è devastata, Pellestrina che ha avuto per 24 ore un metro di acqua in casa, ci sono argini rotti» ha detto il governatore Luca Zaia. «C'è la necessità - ha aggiunto - che il Governo, che ha recepito la mia richiesta di dichiarazione dello stato di crisi, provveda a stanziare copiosamente risorse per fare fronte alle necessità dei veneziani».


https://www.ilgazzettino.it/nordest/venezia/salvini_visita_mose_acqua_alta_15_novembre_2019-4864411.html?fbclid=IwAR1IgLWQt3kTvbz5EJ6olJVblMiL5CCXY2yboKekXHIZiDhGm8efBXri6oE

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Non ne sapeva niente?
Non glielo avevano detto?
Dategli subito un mojito! Senza quello non ragiona....
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La Salvinistra. - Marco Travaglio



L’ultima scemenza della sinistra salviniana da talk show, detta anche Salvinistra, è che “Salvini ha una narrazione, mentre il governo giallo-rosa non ce l’ha”. Cioè non racconta balle, visto che la “narrazione” salviniana è una raffica di panzane. Ma la circostanza non sfiora neppure questi geni del tafazzismo, che certificano le cazzate del Cazzaro ogni volta che aprono bocca. L’altroieri avevano un assist imperdibile: è finita sott’acqua Venezia, governata da un sindaco di centrodestra e da una Regione leghista da sempre, dopo trent’anni di annunci a vanvera, promesse mancate, miliardi (6 o 7) buttati nel Mose, con annessi sprechi, marchette, mazzette e retate che affratellano la Prima e la Seconda Repubblica. Naturalmente il Mose non funziona: non è mai stato completato (siamo al 95%, dicono), ma in compenso le strutture metalliche sono in acqua da tempo, ormai arrugginite e cadenti prim’ancora dell’inaugurazione, così ai costi dell’ultimo miglio andranno aggiunti quelli delle riparazioni. La prova per il varo, slittata dal 2011 al 2020, è rinviata al 2021 e forse è meglio così: nessuno sa se, dopo, il Mose proteggerà Venezia dall’acqua alta. Lo scopriremo solo vivendo, anzi spendendo. E molti esperti giurano che non servirà a niente. Del resto non si chiama così in onore di Mosè (se no era meglio Noè), ma del Modulo Sperimentale Elettromeccanico: cioè è un esperimento mai tentato al mondo, il più caro della storia, al buio.

Ora è tutto uno starnazzare di Zaia, Brunetta, Brugnaro, Salvini e altre facce da Mose: “Dateci il Mose! Dov’è il Mose?”. A noi, lo chiedono. Zaia potrebbe domandarlo a Galan, arrestato per tangenti sul Mose, di cui era il vice prima di prenderne il posto. Brunetta, oltreché a Galan, potrebbe chiederlo a se stesso e a B., che insieme a Lunardi, Matteoli, Costa, Lupi, Delrio e altri preclari ministri, hanno sponsorizzato la boiata pazzesca a spese nostre. E Salvini, anziché chiedere altri 100 milioni per il Mose, dovrebbe domandare ai suoi campioni del buon governo veneto che fine han fatto i 6 miliardi già spesi. Ma di queste facce da Mose la Salvinistra non parla, anche perché dovrebbe sconfessare Prodi&C.. L’altroieri, a Otto e mezzo, Sallusti incolpava gli ambientalisti, i pm e naturalmente i 5Stelle, cioè quelli che sul Mose avevano ragione, ma purtroppo non hanno mai governato né il Veneto né l’Italia quando il Partito Trasversale degli Affari buttava i nostri soldi. In studio c’era il solito esponente tascabile della Salvinistra. Poteva contrastare la narrazione sallustiana ricordando che in Veneto da 25 anni non muove foglia che la Lega e B. non vogliano.

Invece parlava d’altro: attaccava anche lui i 5Stelle (“il loro programma era contro il Mose”: cioè avevano ragione) e il governo Conte “ostaggio di una minoranza M5S sullo scudo a Mittal”. Un frittomisto di Mose e di Ilva con le solite balle sull’immunità abolita: come se Arcelor Mittal fuggisse da Taranto per quella (chiude pure le acciaierie in Polonia, Sudafrica e Usa: cazzo c’entra lo scudo?) e a doversi vergognare fosse chi l’ha tolta, non chi l’ha data. È la narrazione salviniana, a sua volta identica a quella berlusconiana e renziana. Il “partito del Pil e dei sì” che “sblocca i cantieri” delle grandi opere contro il “partito della decrescita e dei no”. Invano Cacciari si sgolava a ricordare che da un quarto di secolo il Mose prosciuga tutte le risorse di Venezia, rubandole alla manutenzione, alla pulizia dei fondali, al restauro dei ponti, al consolidamento delle fondamenta, ai progetti di barriere anti-acqua alta molto più efficaci ma molto meno costosi. E proprio questo era ed è sempre il problema: piccole opere = piccoli costi e piccole mazzette; grandi opere = grandi costi e grandi mazzette. Vale per il Mose, l’Expo, le Olimpiadi e il Tav che, se mai si farà dopo 30 anni di balle, sarà il Mose di domani (con costi tripli, però).

Questa è l’unica “narrazione” alternativa a quella dei salvinisti e della Salvinistra: quella del buonsenso, della legalità e dell’ambientalismo che, fra l’altro, ha il pregio di dire la verità. E impone di finirla con gli Sblocca-Italia: semmai serve un poderoso Blocca-Italia, inteso come blocca-grandi opere inutili e sblocca-piccole opere utili. Ma non è di moda, perché il Partito degli Affari allunga i suoi tentacoli da destra a sinistra, con i giornaloni (gli stessi che la menano con Greta) a fare il coro. E chi stecca in quel coro perde. Quando nacque il governo giallo-verde, il M5S impose di condizionare ogni opera pubblica da iniziare o appena iniziata (per il Mose il danno ormai era fatto) a una severa analisi costi-benefici. Ma bastò la prima, quella che bocciava il Tav per 8 miliardi di perdite, perché quel metodo fosse abbandonato. Per mesi il M5S, Toninelli in testa, fu lapidato da destra e da sinistra, dai trombettieri di Confindustria e dalle loro madamine, come il partito che bloccava l’Italia, mentre purtroppo non era riuscito a bloccare nulla. E ci perse le Europee. La scena del 7 agosto 2019 in Senato, vigilia della crisi del Papeete, è un reperto d’epoca: tutti i partiti, dai “fascisti” della Lega ai loro alleati FI&FdI agli “antifascisti” del Pd, che votano tutti insieme appassionatamente per il Tav. E i 5Stelle soli con un pezzo di LeU che votano contro, cioè pro ambiente, pro risparmio, pro Val di Susa. Se i giallorosa vogliono essere alternativi al salvinismo, lascino starnazzare la destra e la Salvinistra e tirino dritto su una vera green economy e una dura lotta all’evasione, alla corruzione e alla prescrizione. Avranno contro l’Italia dei prenditori, dei magnager e dei loro giornaloni, e a favore l’Italia dei cittadini onesti. Tra le due Italie non c’è compromesso che tenga. O si sceglie la seconda, o tanto vale lasciare subito il campo a Salvini: la prima preferisce lui.

https://infosannio.wordpress.com/2019/11/15/la-salvinistra/

giovedì 14 novembre 2019

Mose, parcelle a sei zeri per i 272 collaudatori. - Francesco Turano

Mose, parcelle a sei zeri per i 272 collaudatori
Vincenzo Pozzi

La parte del leone spetta ai dirigenti dell’Anas. Il record con 1,2 milioni di euro è dell’ex presidente Vincenzo Pozzi. Numero due per importo presunto il successore Pietro Ciucci: 747 mila euro di compenso.

Il totale del costo per i collaudi delle opere del Mose era noto: 26 milioni di euro complessivi. Ma fa lo stesso effetto vedere la lunga lista di nomi (all’esame del governo), accompagnata dalla parcella che, a sua volta, è divisa fra compenso presunto e importo fatturato finora.

La parte del leone spetta ai dirigenti dell’Anas. Il record con 1,2 milioni di euro è dell’ex presidente Vincenzo Pozzi, oggi sistemato alla presidenza della Cal (Concessionarie Autostradali Lombarde) con l’ex amministratore delegato Antonio Rognoni, arrestato a marzo per truffa alla Regione Lombardia.

Quanto hanno guadagnato i collaudatori del Mose
Il totale del costo per i collaudi delle opere del Mose è di 26 milioni di euro. La parte del Leone spetta ai dirigenti Anas. Ecco il documento completo con le parcelle presunte e gli importi fatturati
Numero due per importo presunto è il successore di Pozzi, Pietro Ciucci: 747 mila euro di compenso di cui 480 mila fatturati. Piero Buoncristiano, direttore del personale Anas in pensione, ha parcelle per più di mezzo milione, oltre a un posto di amministratore delegato del Cav, la società mista per gestire le strade fra Anas e Veneto.

Presenti anche l’ex direttore generale Francesco Sabato, Alfredo Bajo, braccio destro di Ciucci, Mauro Coletta e Massimo Averardi con somme che vanno dai 240 mila ai 400 mila euro. In zona infrastrutture e trasporti si trovano l’ex magistrato ordinario e del Tar Vincenzo Fortunato (535 mila euro), capo di gabinetto di vari ministeri prima di essere nominato liquidatore della Stretto di Messina.

Piergiorgio Baita: "Così funzionava il sistema Mose"
"Confesso che ho corrotto. Ma come me agivano altri soci del Consorzio. A partire da Mazzi. Che aveva un filo diretto con Gianni Letta". Parla il testimone d'accusa che ha travolto l'establishment lagunare

Anche Roberto Daniele ha partecipato ai collaudi del Mose con oltre 400 mila euro fatturati. Daniele ha ricevuto quasi tutto il compenso presunto (414 mila euro) e da un anno, su nomina del ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, presiede il Magistrato alle acque di Venezia, ossia la struttura governativa che nomina i collaudatori.

Poco più di 500 mila euro è l’importo presunto di Maria Pia Pallavicini, direttore dell’edilizia statale presso il Mit ai tempi della cricca Anemone-Balducci, mentre il geometra Gualtiero Ceserali ha incassato 300 mila euro.

Quello che impressiona, oltre alle cifre spese, è il numero di persone coinvolte. Nella prospettiva di una distribuzione capillare degli incarichi, la lista dei collaudatori è composta da 272 soggetti.

PrecisoChe
1 Collaudi secondo la legge
2 La precisazione del Magistrato delle acque
3 Incarichi legittimi

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2014/06/12/news/mose-quel-collaudatore-e-amico-mio-1.168982

Mose, cronistoria dell’opera che dovrebbe separare le acque: dal via libera di Berlusconi, 18 anni tra tangenti, lavori rinviati e ruggine. - Daniele Fiori

Mose, cronistoria dell’opera che dovrebbe separare le acque: dal via libera di Berlusconi, 18 anni tra tangenti, lavori rinviati e ruggine

Da un'alluvione all'altra: il grande bluff del sistema pensato per proteggere Venezia dalle maree. L'idea nacque dopo il 1966, negli Anni 80 furono presentati i primi progetti. Poi il via libera con la legge obiettivo del 2001, i cantieri aperti nel 2003, gli arresti per le mazzette tra 2013 e 2014. Oggi il Mose è costato quasi 6 miliardi di euro e non è ancora pronto - TUTTE LE TAPPE.

Sono passati 53 anni dalla prima alluvione. 16 dall’inizio dei lavori. Altri 8 dalla prima data fissata per l’inaugurazione dell’opera. Eppure ancora oggi, mentre Venezia è stata sommersa da una marea che ha portato l’acqua fino a 187 centimetri d’altezza, nessuno sa con certezza se e quando il Mose riuscirà a separare le acque e difendere la laguna dalla forza del mare. Di un’opera che proteggesse la Basilica di San Marco e la città si iniziò a parlare proprio dopo gli enormi danni provocati dall’alluvione del 1966. Il governo Berlusconi nel 2001 stanziò i primi soldi per il “progettone“, nel frattempo diventato noto proprio con il nome di Mo.s.e. (Modulo sperimentale elettromeccanico): in pratica, delle dighe mobili che chiudano le tre bocche di porto quando la marea supera i 110 centimetri, proprio come successo martedì sera. Costo: 5,493 miliardi di euro. I lavori cominciarono nel 2003 ma il vero spartiacque, è il caso di dire, furono gli arresti che tra 2013 e 2014 scoperchiarono il sistema di tangenti, colpendo imprenditori, politici e vertici del concessionario unico, il Consorzio Venezia Nuova. Dopo lo scandalo, sono sorti i problemi di natura tecnica: la paratie sono risultate inceppate dalla sabbia che si deposita sui fondali, le cerniere in acciaio – fondamentali per far funzionare il meccanismo – si stanno arrugginendo. Intanto, il prezzo continua a lievitare verso i 6 miliardi di euro, che diventano 8 se si considerano anche le altre opere per la salvaguardia della laguna dalle maree.
Dall’alluvione del 1966 a quella odierna, ecco la cronistoria del Mose, al momento fermo sott’acqua come la città che dovrebbe proteggere.
1966 – Durante l’alluvione del 4 novembre di 53 anni fa Venezia e i centri della laguna vengono sommersi da 194 centimetri d’acqua: un record solo sfiorato dalla marea di martedì notte che è arrivata fino a 187 cm. Proprio dopo quel disastro si fa largo l’idea di proteggere la città dal mare. Inizia così un lungo iter legislativo e tecnico.
1975 – Il ministero dei Lavori pubblici indice un appalto concorso per realizzare un efficace sistema di difesa dal mare della laguna. Nessuna ipotesi risulta adeguata alle esigenze richieste
1981 – Gli elaborati del concorso del 1975 vengono affidati a un gruppo di esperti al fine di elaborare un progetto definitivo, diventato noto come il “Progettone“.
1984 – Una legge speciale istituisce il Comitato di indirizzo, coordinamento e controllo degli interventi di salvaguardia (il cosiddetto “Comitatone”) e ne affida la progettazione e l’esecuzione ad un unico soggetto, il Consorzio Venezia Nuova.
1992 – Viene ultimato il progetto delle opere mobili alle bocche di porte per il controllo della marea, dopo varie sperimentazione condotte fin dal 1988 su un prototipo di paratoia noto come Mo.s.e. (Modulo sperimentale elettromeccanico): è il nome che poi viene dato all’intera opera.
1994 – Arriva il primo via libera dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici: per difendere Venezia dalla maree verranno costruite quattro dighe mobile alle bocche di porto di Lido, Malamocco e Chioggia
2001 – La famosa legge obiettivo del governo Berlusconi comincia a stanziare i primi soldi per la realizzazione del Mose (subito 5,2 miliardi di euro sui 5,4 necessari) e fissa anche una data per il completamente dell’opera: il 2011.
2003 – Il progetto definitivo viene presentato nel 2002, un anno dopo vengono aperti i cantieri alle tre bocche di porto di Lido (dove sono previste due schiere di paratoie mobili, la Lido Treporti con 21 e la Lido San Nicolò con 20), Malamocco (19 barriere) e Chioggia (18 paratoie). Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi inaugura i lavori.
Febbraio 2013 – Mentre la prima data di consegna è già stata sforata di due anni, arriva la prima ondata di arresti che comincia a colpire il sistema di corruzione nato intorno all’opera. Il primo a finire in carcere a febbraio è il manager di Mantovani, Piergiorgio Baita, rivelando molto di quello che sarebbe poi diventato lo scandalo Mose. Gli inquirenti il 12 luglio dispongono gli arresti domiciliari per Giovanni Mazzacurati, direttore generale del Consorzio Venezia Nuova, con l’accusa di turbativa d’asta.
Ottobre 2013 – Si alza la prima paratoia alla bocca di porto di Lido-Treporti: presenti ed entusiasti il ministro alle Infrastrutture Maurizio Lupi, il governatore del Veneto Luca Zaia e il sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni.
Giugno 2014 – La seconda ondata di arresti svela il sistema di tangenti distribuite per oliare il meccanismo dei finanziamenti: secondo gli inquirenti, 33 milioni di euro di fatture false. Il 4 giugno vengono arrestate 35 persone, un centinaio gli indagati. Ci sono imprenditori e politici che negli anni sono entrati nel libro paga di Giovanni Mazzacurati, tra cui l’ex governatore leghista Giancarlo Galan.
Novembre 2014 – Il presidente del Consiglio Matteo Renzi propone il commissariamento del Consorzio. Vengono nominati Giuseppe FiengoFrancesco Ossola e Luigi Magistro, poi dimessosi. Il commissariamento è ancora in atto.
2015 – Si scopre che i lavori alla barriera di Lido Treporti – che in teoria dovevano terminare a fine 2014 – sono rimasti bloccati per otto mesi. La possibile messa in funzione del Mose viene ancora fatta slittare al 2018.
2017 – Il ministro delle Infrastrutture Graziano Delrio fissa per dicembre 2018 il termine dei lavori e la consegna dell’opera definitiva al 31 dicembre 2021. Nel Consorzio Venezia Nuova emerge la consapevolezza dei problemi che umidità e infiltrazioni stanno causando su paratie e cerniere.
Gennaio 2018 – Il provveditore alle opere pubbliche del Triveneto, Roberto Linetti, annuncia che sarà difficile rispettare la scadenza di fine 2018. Svela anche che il Mose costerà 80 milioni di euro all’anno per restare in attività e per essere mantenuto in buono stato di funzionamento.
Dicembre 2018 – Vengono messe in acqua le ultime paratoie alla bocca di San Nicolò, al Lido Sud. Alla bocca di Chioggia ne erano state collocate 18 nel 2017. Nello stesso anno erano state messe le 19 di Malamocco. In precedenza le 21 di Treporti. Nel frattempo si sono già manifestati i primi fenomeni di ruggine.
Luglio 2019 – Il Fatto Quotidiano rivela che le 156 cerniere del Mose, progettate per durare 100 anni, hanno in realtà una vita che in alcuni casi e per alcune componenti arriva a 13 anni. Sono consumate dalla ruggine e per questo il Consorzio Venezia Nuova ha deciso di correre ai ripari con una gara internazionale per lo studio degli interventi, dei materiali più adatti, delle tecniche di protezione e, ove necessario, della sostituzione delle cerniere.
Novembre 2019 – La prova delle 19 paratoie mobili alla bocca di porto di Malamocco prevista per il 4 novembre, anniversario dell’alluvione del 1966, viene annullata. Alcuni tubi che immettono aria e acqua per consentire l’innalzamento e l’abbassamento dei portelloni hanno manifestato vibrazioni anomale. Una settimana dopo la marea torna a colpire Venezia: l’acqua arriva a 187 centimetri, ci sono danni alla Basilica di San Marco e nel centro storico, decine di gondole e barche vanno distrutte.
Il futuro – Una data possibile per il termine dei lavori è la fine del 2021. Una data più plausibile il 2022. Intanto, il prezzo fissato a 5 miliardi e 493 miloni di euro viaggia verso i sei miliardi. Senza considerare le altre opere per la salvaguardia della laguna: in quel caso il conto arriva a 8 miliardi di euro. Senza sapere se il Mose riuscirà mai a separare le acque.