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domenica 14 febbraio 2021

Giuseppe Conte.

 

Ho lavorato nel “Palazzo”, occupando la “poltrona” più importante. Ma tra i corridoi e gli uffici di Palazzo Chigi, anche alla fine delle giornate più dure e dopo le scelte più gravose, ho sempre avvertito l’orgoglio, l'onore e la responsabilità di rappresentare l'Italia.

Sono grato a Voi cittadini per il sostegno e l'affetto, che ho avvertito forti e sinceri in questi due anni e mezzo. Ma vi sono grato anche per le critiche ricevute: mi hanno aiutato a migliorare, rendendo più ponderate le mie valutazioni e più efficaci le mie azioni.

La forza e il coraggio dimostrati dalla intera comunità nazionale soprattutto durante quest’ultimo anno di pandemia sono stati davvero incredibili: ci hanno dimostrato che ogni ostacolo, anche il più alto e insidioso, può essere superato, scacciando via le paure e i calcoli di convenienza, fidando nel coraggio dell’azione, nella determinazione dell’impegno, nell’etica della responsabilità. Io stesso ho cercato di far tesoro di questa esperienza, pur con i miei limiti, ma - vi assicuro - con tutto il mio impegno e la mia massima dedizione.

Da oggi non sono più Presidente del Consiglio. Torno a vestire i panni di semplice cittadino. Panni che in realtà ho cercato di non dismettere mai per non perdere il contatto con una realtà fatta di grandi e piccole sofferenze, di mille sacrifici ma anche di mille speranze che scandiscono la quotidianità di ogni cittadino.

È davvero necessario che ognuno di noi partecipi attivamente alla vita politica del nostro Paese e si impegni, in particolare, a distinguere la (buona) Politica, quella con la - P - maiuscola, che ha l’esclusivo obiettivo di migliorare la qualità di vita dei cittadini, dalla (cattiva) politica, intesa come mera gestione degli affari correnti volta ad assicurare la sopravvivenza di chi ne fa mestiere di vita.

Insieme a tanti preziosi compagni di viaggio abbiamo contribuito a delineare un percorso a misura d’uomo, volto a rafforzare l’equità, la solidarietà, la piena sostenibilità ambientale. Il mio impegno e la mia determinazione saranno votati a proseguire questo percorso. La chiusura di un capitolo non ci impedisce di riempire fino in fondo le pagine della storia che vogliamo scrivere.

Con l’Italia, per l’Italia. Grazie.

https://www.facebook.com/GiuseppeConte64/photos/a.385574775257827/1173371073144856/

mercoledì 20 gennaio 2021

C'ERA BISOGNO DI UNA PERSONA CREDIBILE E CE NE ERA BISOGNO PERCHÈ VOI NON LO ERAVATE PIÙ!. - Golia Giovanni

 

Posso anche togliere il disturbo, ma, certamente, non perché lo dici tu o quegli altri due o tre. Vedete, io non sono un politico di professione. La mia professione è un'altra. Io sono stato chiamato a guidare il Governo perché c'era bisogno di una persona credibile e ce n'era bisogno perché voi non lo eravate più, non eravate più presentabili, perché voi l'avete sporcata, la politica. L'avete macchiata in maniera indelebile. Voi l'avete trasformata in business personale, in interessi di parte, in favoritismi di comodo. Avete trasformato il "bene comune" in "bene di pochi", avete trasformato la solidarietà in odio, la compassione in derisione, l'amore in indifferenza. Avete trasformato il diverso in nemico da combattere. E lo avete gridato e lo avete rivendicato, senza nessuna vergogna.

Neanche "sei milioni di motivi" vi hanno cambiato, neanche "sei milioni di motivi" vi hanno commosso. Neanche la puzza dei forni crematori che ancora arriva, vi ha fatto versare una lacrima.
Neanche le urla di dolore e le menti martoriate vi hanno intenerito.
Siete rimasti quelli di allora. Persone senza umanità, senza anima, senza cuore.

Avete la visione del mondo di "esisto solo io" in un mondo di oltre sette miliardi di persone. Avete la visione del mondo di "prima noi" in un mondo globalizzato. Conoscete solo l'amor proprio e non l'amore per il prossimo, l'amore per la falsita' e non per la verità, l'amore per il potere e non quello per il popolo.

Io posso anche togliere il disturbo, tornare alla vita di prima, alla vita di sempre. Non è un problema, per me.
Posso senz'altro ritornare ad insegnare e a fare l'avvocato. E lo farei con amore e con passione, come tutte le mie cose. Posso tornare dai miei ragazzi e posso farlo a testa alta, conscio di avere servito il mio paese, con dedizione e passione, con impegno e sagacia. Con l'unico pensiero di fare il bene di tutti. Il bene dei miei concittadini.
Io posso ritornare al mio lavoro, finita la mia esperienza politica.

E voi, cosa farete nella vostra futura vita? Vi resterà solo il vostro odio. Negli occhi, nella mente e nel cuore.
Questo è Giuseppe Conte.

https://www.facebook.com/golia.giovanni.35

venerdì 11 settembre 2020

E’ il momento di reinventare l’Italia. Conte: “Il lockdown ha rappresentato una prova ardua e difficile. Ora possiamo dedicarci alla ripartenza del Paese”.

 GIUSEPPE CONTE

“Serve coraggio, questo è il momento di reinventare l’Italia, per affrontare le sfide che ci attendono”. E’ quanto ha detto il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, intervenendo alla presentazione del rapporto annuale dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli. “Senza dubbio – ha aggiunto -, il lockdown ha rappresentato una prova particolarmente ardua, difficile anche dal punto di vista psicologico per tutti i cittadini, per l’intero settore della produzione e del commercio, per la pubblica amministrazione. Oggi però, pur continuando ovviamente a vigilare e a mantenere alta la guardia, grazie al sistema di monitoraggio nazionale e alle regole precauzionali di distanziamento, possiamo con fiducia attendere all’opera di ricostruzione e di rilancio del Paese”.

“Il lavoro straordinario – svolto presso porti, aeroporti e valichi terrestri – ha permesso a questo Paese – ha detto ancora il presidente del Consiglio – di fronteggiare in maniera più efficace l’epidemia. Siamo rimasti sorpresi da questa pandemia, ci siamo scoperti vulnerabilissimi senza adeguate attrezzature, dispositivi di protezione individuale. E voi avete lavorato perché fossero tempestivamente resi disponibili alle nostre strutture sanitarie, ai nostri cittadini. Questo sforzo ha garantito a tutti gli italiani, alle strutture ospedaliere, alla Protezione Civile, alle Forze dell’Ordine e alle imprese di disporre degli strumenti necessari per affrontare l’emergenza epidemiologica”.

“Anche in questa fase di ripartenza – ha sottolineato il premier – l’Agenzia può ricoprire un ruolo fondamentale favorendo la crescita, elementi qualificanti su cui investire per ridurre il divario di crescita le dogane rappresentano una porta primaria per l’accesso al paese. E’ necessario coraggio, questo è il momento di reinventare l’Italia, approfittare di questa occasione per renderlo più inclusivo”.

“Il presidio del commercio internazionale – ha detto ancora il premier – è decisivo per prevenire gli illeciti, come il contrabbando e la contraffazione. L’attuale contesto geopolitico implica, da parte dell’Agenzia delle Dogane, una maggiore attenzione per gli effetti distorsivi che possono generare dazi, e regimi nazionali fiscali differenti anche all’interno dell’Ue. Dobbiamo fare sistema, e l’Agenzia è parte integrante dell’Italia come presidio della sicurezza nazionale”.

“Nei mesi a venire – ha detto il presidente del consiglio -, il nostro Paese è chiamato ad affrontare sfide complesse, ma appunto abbiamo questa opportunità senza precedenti, abbiamo questo Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, vedo qui la Presidente del Senato – dobbiamo avviare un dialogo con il Parlamento – ieri lo abbiamo anticipato, troveremo le modalità più efficaci per rendere questo piano un Piano Nazionale condiviso innanzitutto da tutte le forze politiche e anche di opposizione coinvolgente anche tutte le forze economico, sociali, culturali del Paese”.

https://www.lanotiziagiornale.it/e-il-momento-di-reinventare-italia-conte-il-lockdown-ha-rappresentato-una-prova-ardua-e-difficile/

giovedì 13 agosto 2020

Giuseppe Conte.

L'immagine può contenere: 4 persone, persone sedute e tabella

Nei mesi scorsi alcuni cittadini, avvocati, finanche un’associazione dei consumatori hanno dichiarato pubblicamente di avere presentato denunce nei miei confronti e del Governo per la gestione della pandemia. Le accuse sono state le più varie. Alcuni ci hanno accusato di avere adottato misure restrittive, altri ci hanno accusato di non aver adottato misure sufficienti o di averle adottate troppo tardi. Ci hanno addebitato i più variegati comportamenti criminali: il reato di epidemia, di omicidio colposo, di attentato alla incolumità pubblica, di attentato contro la Costituzione e contro i diritti politici dei cittadini, e altri ancora.

La prova che il nostro Paese ha vissuto e che in parte ancora sta vivendo è stata e continua ad essere impegnativa: chi ha responsabilità di governo deve rimanere concentrato sugli obiettivi da raggiungere che sono, ad un tempo, la tutela della vita e della salute dei cittadini e la ripresa più rapida possibile della vita sociale ed economica.

Abbiamo lavorato sempre allo stesso modo: ci siamo affiancati scienziati ed esperti per disporre costantemente di una base scientifica di valutazione dei dati epidemiologici e abbiamo sempre ispirato la nostra azione ai principi di precauzione e trasparenza e ai criteri di adeguatezza e proporzionalità.

Ci siamo sempre assunti la responsabilità, in primis “politica”, delle decisioni adottate. Decisioni molto impegnative, a volte sofferte, assunte senza disporre di un manuale, di linee guida, di protocolli di azione. Abbiamo sempre agito in scienza e coscienza, senza la pretesa di essere infallibili ma nella consapevolezza di dover sbagliare il meno possibile per preservare al meglio gli interessi della intera comunità nazionale.

Per massima trasparenza vi informo che io e i Ministri Bonafede, Di Maio, Gualtieri, Guerini, Lamorgese e Speranza abbiamo ricevuto un avviso ex art. 6, comma 2, legge cost. n. 1/1989. Poco fa ne abbiamo dato notizia attraverso un comunicato ufficiale. Abbiamo fatto accesso agli atti e abbiamo appreso che alla Procura di Roma, per competenza territoriale, sono state convogliate nei mesi scorsi buona parte delle denunce di reato presentate nei nostri confronti provenienti da varie parti d’Italia.
Doverosamente, la Procura di Roma ha aperto un procedimento nei nostri confronti e dopo aver valutato una ad una le relative denunce le ha giudicate “infondate e dunque da archiviare”.
Ha quindi trasmesso il fascicolo al Collegio dei magistrati competenti per i reati ministeriali accompagnando la trasmissione con la richiesta di archiviazione. L’invio del fascicolo al Collegio è un atto dovuto in quanto previsto dalla medesima legge cost. n. 1/1989. Lasciamo che la Magistratura completi questo iter procedimentale.

Io e i Ministri siamo e saremo sempre disponibili a fornire qualsiasi forma di collaborazione che ci verrà richiesta, nel rispetto dei distinti ruoli istituzionali.
Il bene dell’Italia e degli italiani, prima di tutto.


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sabato 11 luglio 2020

Coronavirus: l'annuncio di Conte, verso la proroga dello stato di emergenza a tutto il 2020.

Il Pantheon, Roma ©
Il Pantheon, Roma.

Si tratta di una decisione che non è ancora stata presa, l'intenzione del premier sarebbe comunque quella di passare per il Parlamento.

"Ragionevolmente ci sono le condizioni per proseguire, dobbiamo tenere sotto controllo il virus". Con i contagi ancora in salita, focolai "anche rilevanti" in diverse zone d'Italia e l'Rt sopra l'1 in cinque Regioni, il premier Giuseppe Conte conferma quello che tecnici di istituzioni e ministeri davano ormai per scontato: lo stato d'emergenza sarà prorogato fino al 31 dicembre, quindi per tutto il 2020, e si porterà dietro una serie di norme connesse, a partire da quella sullo smart working.
"Non è ancora stato deciso tutto - prosegue il presidente del Consiglio -, ma ragionevolmente si andrà in questa direzione". La proroga potrebbe arrivare già la settimana prossima: il 14 luglio scadrà il Dpcm attualmente in vigore, quello che contiene tra l'altro le modalità d'ingresso in Italia e la sospensione delle crociere. E' molto probabile, dicono fonti di governo, che possa essere quella l'occasione per definire la proroga, riordinare le norme attualmente in vigore e per una "messa a sistema" delle modalità di ingresso nel nostro paese, anche alla luce dell'ordinanza del ministro della Salute Roberto Speranza che giovedì ha stabilito il divieto d'ingresso per chi proviene da 13 paesi: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Brasile, Bosnia Erzegovina, Cile, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldova, Oman, Panama, Perù e Repubblica Dominicana. Un elenco che potrebbe allungarsi se la situazione peggiorasse anche in altri paesi.
La scelta del governo di prorogare lo stato d'emergenza non piace però all'opposizione e solleva dubbi anche nella maggioranza, non tanto per la proroga in sé, sottolineano fonti del Pd e di Iv, quanto perché su certe decisioni è necessaria una maggiore collegialità. Il costituzionalista e deputato Dem Stefano Ceccanti lo dice apertamente, chiedendo all'esecutivo di presentarsi "in Parlamento per spiegare le ragioni e raccogliere indirizzi, in particolare rispetto alla durata della proroga e alle concrete modalità".
Ed in serata fonti di Palazzo Chigi, dopo aver premesso che lo stesso Conte ha affermato che la decisione non è stata ancora presa, hanno precisato che se si andasse verso la proroga l'intenzione del premier sarebbe comunque quella di passare per il Parlamento. Netto invece è il no del centrodestra. "Gli italiani - dice il segretario della Lega Matteo Salvini - meritano fiducia e rispetto. Con tutte le attenzioni possibili, la libertà non si cancella per decreto". Gli fa eco Giorgia Meloni.
"Non mi pare che ci siano i presupposti per prorogare fino alla fine dell'anno lo stato emergenza - sottolinea la leader di FdI -, che è uno strumento del quale il governo dispone per fare un po' quello che vuole, accelerando dei passaggi che altrimenti avrebbero bisogno di maggiori contrappesi". 
Al di là del dibattito politico e delle scelte che farà nei prossimi giorni l'esecutivo, il dato di fatto è la necessità di tenere sotto controllo il virus. I numeri giornalieri e quelli relativi al monitoraggio settimanale dimostrano che il Covid è tutt'altro che sconfitto. I nuovi contagi continuano a salire: mercoledì erano 193 in 24 ore, giovedì 229 e venerdì 276 per un totale di positivi al coronavirus che dall'inizio dell'emergenza ha raggiunto quota 242.639. Un incremento dovuto soprattutto ai 'casi d'importazione', come quelli nel Lazio legati alla comunità del Bangladesh o a focolai come quello scoppiato al corriere Tnt a Bologna con 18 nuovi casi.
Non solo: i dati relativi al monitoraggio effettuato nella settimana dal 29 giugno al 5 luglio dicono che l'Rt è superiore all'1 in cinque regioni - Emilia Romagna (1,2), Veneto (1,2), Toscana (1,12), Lazio (1,07) e Piemonte (1,06) - e che "in quasi tutte le regioni e province sono stati diagnosticati nuovi casi d'infezione, in aumento" rispetto alla settimana precedente. Nonostante il quadro generale resti a "bassa criticità" - l'Rt nazionale resta sotto l'1 e l'incidenza negli ultimi 14 giorni è di 4.3 ogni 100 mila persone -, il ministero della Salute avverte che in alcune regioni "continuano ad essere segnalati numeri di nuovi casi elevati" e "persiste una trasmissione diffusa del virus che, quando si verificano condizioni favorevoli, provoca focolai anche di dimensioni rilevanti".
La conclusione è una sola: la circolazione del virus è ancora "rilevante" e serve "cautela" rafforzando, dice il direttore per la Prevenzione del ministero della Salute Giovanni Rezza, le misure di distanziamento sociale. Con o senza proroga dello stato d'emergenza.
La decisione non è stata ancora presa, ma grazie ai deficienti che non hanno capito nulla di ciò che è successo e, purtroppo, continua a succedere, chi ha rispettato le regole subirà un ulteriore blocco della libertà personale.
Nessuno vuole mettersi in testa che quella attuale è una pandemia che sta mietendo vittime in tutto il mondo e che solo rispettando le regole potremo sconfiggerla, qualunque sia la sua origine.
Ci soffermiamo a ridimensionarla in qualsiasi modo, ma non facciamo altro che darle spazio e libertà di azione, a nostro esclusivo danno. cetta

mercoledì 13 maggio 2020

Braccianti e colf, sanatoria onerosa per le imprese: 560 euro per ogni lavoratore. - Manuela Perrone

(ANSA)

Lo prevede l’articolato di mediazione messo a punto dal Viminale, che stima un gettito complessivo per l’Inps di 91,56 milioni. Nella notte raggiunto l’accordo nel Governo.

Un contributo forfettario di 400 euro per lavoratore, oltre a un contributo per le somme dovute a titolo retributivo, contributivo e fiscale da determinarsi con successivo decreto ministeriale. E un altro da 160 euro in capo al migrante che ottenga il permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi per la ricerca di lavoro, che può essere convertito in permesso per motivi di lavoro in caso di assunzione.
La norma “di mediazione” disegnata dal Viminale.
È una sanatoria onerosa per le imprese quella contenuta nella proposta di mediazione per la regolarizzazione di lavoratori agricoli, badanti e colf messa a punto dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese su mandato del premier Giuseppe Conte e degli altri ministri che hanno lavorato al dossier: Teresa Bellanova (Iv), Nunzia Catalfo (M5S) e Giuseppe Provenzano (Pd). Il testo della norma - un solo articolo, «Emersione di rapporti di lavoro», e 22 commi - è stato inviato dal Viminale alla presidenza del Consiglio perché entri nel “decreto Rilancio”. E ricalca la «sintesi politica», per usare le parole di Conte, raggiunta domenica notte ma sconfessata il giorno dopo dal M5S, ripiombato nella lotta intestina tra l’ala progressista filo-dem e quella sovranista. La trattativa è durata fino a notte, quando il ministro Provenzano dal Pd e Vito Crimi dal M5S hanno comunicato: «Accordo raggiunto».
L’istanza del datore di lavoro. Come anticipato dal Sole 24 Ore del 12 maggio, la proposta prevede un doppio binario e mantiene quell’impianto. Da un lato i datori di lavoro possono favorire l’emersione del lavoro nero, di italiani o stranieri che siano stati fotosegnalati in Italia prima dello scorso 8 marzo, presentando apposita istanza tra il 1° giugno e il 15 luglio 2020, con l’indicazione della durata del contratto e della retribuzione concordata, previo pagamento di un contributo forfettario di 400 euro per ogni lavoratore, «a copertura degli oneri connessi alla procedura di emersione».
La facoltà di permessi di soggiorno di 6 mesi.
Dall’altro lato, gli stranieri che abbiano un permesso di soggiorno scaduto entro il 31 ottobre 2019 possono presentare domanda in Questura per un permesso temporaneo per la ricerca di lavoro della durata di sei mesi, convertibile in permesso di lavoro in caso di assunzione, dimostrando di aver svolto attività nei settori interessati dalla norma (agricoltura, assistenza alla persona e lavoro domestico). In questo caso il contributo dovuto ammonta a 160 euro, di cui 30 per la spedizione della domanda.
Il gettito stimato: 91,56 milioni.
In tutto, la relazione illustrativa che accompagna la norma stima un’entrata complessiva per i contributi pari a 91,56 milioni di euro al netto degli ulteriori versamenti in capo ai datori. Un carico pesante, in tempi di crisi. Gli stranieri interessati sono calcolati in 212mila per la prima procedura, 52mila per la seconda. Per il ministero dell’Interno si ipotizzano oneri da 75,11 milioni, di cui 63,3 milioni già nel 2020. 
Dettagliati meglio i paletti all’emersione. Non possono presentare istanza di emersione i datori di lavoro che nei cinque anni precedenti abbiano avuto condanne anche non definitive per caporalato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, riduzione in schiavitù, sfruttamento del lavoro. Allo stesso modo, non sono ammessi alle procedure i migranti condannati per gli stessi reati, per droga, per delitti contro la libertà personale o che siano stati anche solo segnalati per terrorismo considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Sono queste esclusioni a essere state esplicitate meglio nella versione definitiva, confermano fonti Pd. Almeno quanto bastava per poter permettere a Crimi, intorno a mezzanotte, di parlare di pacchetto «migliorato rispetto a quello di domenica scorsa, che accoglie nostre esplicite richieste».
Per tutto il resto scatta l’immunità.
In cambio della regolarizzazione, però, come in tutti i provvedimenti adottati in passato (da Maroni a Monti, da Berlusconi a Prodi), scatta l’immunità: per i lavoratori vengono sospesi i procedimenti penali e amministrativi per le violazioni delle norme relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale, per i datori si sospendono i procedimenti concernenti l’impiego dei lavoratori per cui si presenta la dichiarazione di emersione, «anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale».
Conte tiene il punto contro la fronda M5S.
Questo è dunque il pacchetto che approderà in Consiglio dei ministri, al termine di un confronto duro che ha spaccato il M5S e costretto il premier Conte a intervenire: «Legittimo che il M5S rifletta, ma regolarizzare per un periodo determinato immigrati che già lavorano sul nostro territorio significa spuntare le armi al caporalato, contrastare il lavoro nero, effettuare controlli sanitari e proteggere la loro e la nostra salute, tanto più in questa fase di emergenza sanitaria». Un richiamo all’ordine in piena regola davanti a un Movimento sempre sull’orlo della scissione tra l’anima progressista filo-dem e quella sovranista, che teme emorragie di consensi verso l’ex alleato leghista. Da qui l’insistenza del ministro degli Esteri pentastellato, Luigi Di Maio, ancora ieri sera, sul no a «sanatorie indiscriminate».

venerdì 9 agosto 2019

Giuseppe Conte

L'immagine può contenere: 2 persone, vestito elegante

1. Non spetta al Ministro Salvini convocare le camere del parlamento;

2. Non spetta al Ministro Salvini decidere i tempi di una crisi politica cui intervengono ben altri attori istituzionali;

3. Al Ministro Salvini nella veste di Senatore e Leader della Lega spetterá invece spiegare al paese e giustificare agli elettori che hanno creduto nella prospettiva del cambiamento le ragioni che lo inducono ad INTERROMPERE anticipatamente e bruscamente le azioni di GOVERNO;

4. In Parlamento e quindi a tutti gli italiani dovremo dire la verità e non potremo nasconderci dietro dichiarazioni retoriche e slogan mediatici;

5. Non permetterò più che si alimenti la narrativa di un GOVERNO CHE NON OPERA . QUESTO GOVERNO NON ERA IN SPIAGGIA! Era nelle sedi istituzionali a lavorare dalla mattina alla sera.

6. Non accetterò più, quindi, che vengano sminuiti la dedizione e la passione con cui gli altri MINISTRI hanno affrontato l’impegno di governo insieme a me;

7. È certo non posso accettare che sia svilito il COSPICUO LAVORO fin qui svolto dai PARLAMENTARI nelle rispettive commissioni e nelle aule.

8. Salvini mi ha anticipato l’intenzione di andare a votare per capitalizzare il consenso di cui gode. Farò in modo che questa crisi da lui innescata sia la più trasparente della vita repubblicana.


GIUSEPPE CONTE
Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica Italiana


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martedì 9 luglio 2019

Francesco Bellomo arrestato: “Imponeva minigonne e divieto di nozze alle allieve”. Indagato anche per calunnie a Conte.

Francesco Bellomo arrestato: “Imponeva minigonne e divieto di nozze alle allieve”. Indagato anche per calunnie a Conte

L'ex giudice ai domiciliari per maltrattamento ed estorsione nei confronti di alcune sue allieve, che dovevano indossare abiti previsti dal suo "dress code" e garantirgli "fedeltà". Inquirenti: "Sopraffazione sistematica". Gip: "Manipolazione psicologica delle vittime". Le minacce ai danni del premier risalgono invece a quando Conte era a capo della commissione disciplinare chiamata a pronunciarsi su di lui.

Francesco Bellomol’ex giudice barese del Consiglio di Stato che imponeva minigonne e dress code alle sue borsiste, è stato arrestato e si trova ai domiciliari nella sua casa di Bari. Una misura cautelare motivata dalla reiterazione di un clima di sopraffazione nei confronti delle sue allieve che perpetrava anche al di fuori della sua scuola Scuola di Formazione Giuridica Avanzata Diritto e Scienza. Quindi “la circostanza che il servizio di borse di studio sia stato temporaneamente sospeso è del tutto irrilevante nell’ottica di valutare la sussistenza e perduranza” del suo atteggiamento, anche perché il “servizio potrebbe essere riattivato”. Il docente e direttore scientifico dei corsi post-universitari per la preparazione al concorso in magistratura è accusato di maltrattamento nei confronti di quattro donne con le quali aveva avuto una relazione sentimentale, in concorso con l’ex pm di Rovigo Davide Nalin, coordinatore delle borsiste. Si tratta di tre di loro e di una ricercatrice, a cui si aggiunge estorsione aggravata ai danni di un’altra corsista per fatti che risalgono tra il 2011 e il 2018. Per il gip del Tribunale di Bari Antonella Cafagna che ha disposto l’arresto, l’ex giudice del Consiglio di Stato manipolava psicologicamente le vittime, imponendo loro il divieto di sposarsi e obbligandole alla fedeltà nei suoi confronti. Secondo quanto emerso dalle indagini, una borsista, confidandosi con la sorella, disse di aver sottoscritto “un contratto di schiavitù sessuale“, mentre un’altra è stata “punita” per aver violato gli obblighi imposti dal contratto, finendo in una rubrica sulla rivista della scuola con “dettagli intimi sulla sua vita privata”. Mentre da un’altra ancora avrebbe preteso che “si inginocchiasse e gli chiedesse perdono” per avere violato regole del contratto. Bellomo è anche indagato per i reati di calunnia e minaccia ai danni di Giuseppe Conte. L’accusa risale al settembre 2017, quando il premier era vicepresidente del Consiglio di Presidenza della giustizia Amministrativa (Cpga) e presidente della commissione disciplinare chiamata a pronunciarsi sull’ex giudice.

Gip: “Sistema di sopraffazione” – Il gip del Tribunale di Bari parla di “indole dell’indagato in seno al rapporto interpersonale in termini di elevata attitudine alla manipolazione psicologica mediante condotte di persuasione e svilimento della personalità della partner nonché dirette ad ottenerne il pieno asservimento se non a soggiogarla, privandola di qualunque autonomia nelle scelte, subordinate al suo consenso”. Nell’ordinanza il giudice analizza quello che definisce “sistema Bellomo“, nel quale “l’istituzione del servizio di borse di studio non era altro che un espediente per realizzare un vero e proprio adescamento delle ragazze da rendere vittime del proprio peculiare sistema di sopraffazione, fondato sulla concezione dell’agente superiore e sui corollari di fedeltà, priorità e gerarchia“. Secondo “la concezione ‘bellomiana’ dei rapporti interpersonali“, le vittime sarebbero state prima “isolate, allontanandole dalle amicizie“, quindi Bellomo ne avrebbe tentato una “manipolazione del pensiero se non addirittura di indottrinamento” con successivo “controllo mentale, mediante l’espediente di bollare come sbagliate le opinioni espresse o le scelte compiute dalla vittima, in modo da innescare un meccanismo di dipendenza da sé”. È anche una delle vittime a definire il rapporto con Bellomo “come se si fosse impossessato della mia testa”.
Le minacce a Conte – L’ex magistrato aveva citato per danni dinanzi al Tribunale di Bari Conte e un’altra ex componente della commissione disciplinare, Concetta Plantamura, “incolpandoli falsamente” di aver esercitato “in modo strumentale e illegale il potere disciplinare“, svolgendo “deliberatamente e sistematicamente” una “attività di oppressione” nei suoi confronti, “mossa – denunciava Bellomo – da un palese intento persecutorio, dipanatosi in un numero impressionante di violazioni procedurali e sostanziali, in dichiarazioni e comportamenti apertamente contrassegnate dal pregiudizio”. Pochi giorni dopo la notifica della citazione e nell’imminenza della seduta del Plenum per la discussione finale del procedimento disciplinare a suo carico, Bellomo avrebbe depositato una memoria chiedendo “l’annullamento in autotutela degli atti del giudizio disciplinare per vizio di procedura” e il suo “proscioglimento immediato” per “evitare ogni ulteriore aggravamento dei danni ingiusti già subiti”. Per la Procura di Bari, Bellomo avrebbe così “implicitamente prospettato oltre all’aggravarsi dell’entità del risarcimento chiesto, anche il possibile esercizio di azioni civili in caso di ulteriori danni”. Avrebbe quindi minacciato Conte e Plantamura “per turbarne l’attività nel procedimento disciplinare a suo carico – si legge nell’imputazione – e impedire la loro partecipazione alla discussione finale, influenzandone la libertà di scelta e determinando la loro estensione, benché il Cpga avesse votato all’unanimità, ed in loro assenza, l’insussistenza di cause di astensione e ricusazione“.
Cafagna ha rigettato la richiesta cautelare del pubblico ministero per quanto riguarda le accuse ai danni di Conte, reati per i quali Bellomo rimane indagato. Il gip, per questi due casi, ha ritenuto la misura degli arresti domiciliari “certamente inadeguata”, come scrive al termine dell’ordinanza, composta di 99 pagine. “Fermo, infatti, il requisito della gravità indiziaria” sui due capi di imputazione, il gip osserva che “la richiesta del Pubblico Ministero è del tutto generica riguardo ai reati per i quali il trattamento cautelare è da applicare, non contenendo in proposito alcuna specificazione”.
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venerdì 5 luglio 2019

Putin a Roma fa aspettare tutti, 'Ma con l'Italia c'è intesa.'


Giuseppe Conte e Vladimir Putin, durante la cena alla fine dell'incontro a Villa Madama, Uff. Stampa Palazzo Chigi.

La capitale blindata per l'occasione. Lungo colloquio con il Papa, poi incontra Mattarella e Conte.


Dopo oltre due ore è terminata la cena a Villa Madama tra le delegazioni italiana e russa. Alla cena, oltre al presidente russo Vladimir Putin e al premier Giuseppe Conte, hanno partecipato i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e il suo omologo russo Sergej Lavrov. Al termine della cena Putin è andato allo scalo di Fiumicino dove ha incontrato Silvio Berlusconi.
Menù di pesce e tavoli dedicati all'arte italiana alla cena italo-russa a Villa Madama, che vede assieme il presidente russo Vladimir Putin, il premier Giuseppe Conte e i vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini. "L'incontro tra il pescato e il crostacei con dadolata di mela verde e pesca" figura come antipasto. Come primo piatto sono servite mazzancolle con moscardini, gamberetti e scorfano mentre come secondo a tavola arriverà una spigola agli agrumi accompagnata da un flan di verdure di campo. Come dessert il menù presenta fragoline di bosco con gelato alla vaniglia, prima del caffè finale. E ciascun tavolo presenta il nome di un grande pittore italiano: da Raffaello a Pinturicchio, da Tiziano a Leonardo fino a Caravaggio.
"Abbiamo confermato l'eccellente stato delle nostre relazioni bilaterali, nonostante il permanere delle condizioni che hanno condotto al deterioramento delle relazioni con l'Ue e quindi alle sanzioni. In un momento delicato per l'economia globale è di reciproco interesse" una buona relazione tra i due Paesi. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa a Palazzo Chigi con il presidente russo Vladimir Putin.
"Riteniamo che Mosca sia un attore ineludibile per individuare soluzioni nelle principali crisi regionali. Con Putin siamo d'accordo sul fatto che queste soluzioni, per essere sostenibili, devono essere politiche". Lo afferma il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa.
"Noi riteniamo che le sanzioni siano un fine, riteniamo che sia un regime transitorio e l'Italia lavora perché si creino le premesse per un superamento di questo stato di rapporti tra l'Ue e la Russia che non fa bene alla Russia, all'Ue e nemmeno all'Italia che potrebbe aumentare le relazioni commerciali. Per raggiungere questo obiettivo, cui l'Italia è devota, occorre che maturino le circostanze e noi lavoreremo per questo", ha affermato Conte.
Comprendiamo che l'Italia è legata con gli impegni europei e non abbiamo nessuna pretesa rispetto agli amici italiani ma speriamo che l'Italia sulle sanzioni porti avanti la posizione di un ritorno dei rapporti a 360 gradi con la Russia". Lo afferma il presidente russo Vladimir Putin in conferenza stampa congiunta con il premier Giuseppe Conte. "Siamo grati all'Italia per la posizione che consiste nel fatto che bisogna ristabilire il regime pieno dei rapporti tra Usa e Russia", aggiunge.
Il premier italiano ha accolto Putin nel cortile di Palazzo Chigi dove il presidente russo è entrato con la Aurus, la macchina presidenziale del numero uno del Cremlino. I due, dopo una stretta di mano, si sono intrattenuti per un paio di minuti per uno scambio di battute, prima di ascoltare il picchetto d'onore composto dai Carabinieri e dai lancieri di Montebello. Putin è arrivato a Palazzo Chigi con un'ora e trenta di ritardo rispetto all'agenda iniziale.
Putin ha lasciato il Quirinale, dopo l'incontro con il presidente Sergio Mattarella.

Tra Russia e Italia "i rapporti bilaterali sono ottimi". E' quanto riferiscono fonti del Quirinale al termine dell'incontro tra il presidente Sergio Mattarella e il presidente russo Vladimi Putin. I rapporti bilaterali, si è appreso da fonti del Quirinale, rimangono quindi ottimi nonostante il raffreddamento delle relazioni tra la Federazione e l'Occidente dovuta alle diverse valutazioni sull'Ucraina.

E' stata registrata una "preoccupazione comune per la guerra civile in Libia e il conseguente ritorno del terrorismo islamico battuto in Siria". Lo fanno sapere fonti del Quirinale al termine del colloquio tra il presidente Sergio Mattarella e il presidente Vladimir Putin. E' stata anche evidenziata l'importanza della stabilità libica per l'Italia e per l'Europa. Da parte russa si è sottolineata la diversa posizione dei Paesi vicini sulla soluzione politica.

Il presidente russo ha avuto in tarda mattinata un colloquio con papa Francesco e successivamente col cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. La visita è durata in tutto circa un'ora e 45 minuti. "Grazie per il tempo che mi ha dedicato e per il discorso molto sostanzioso e interessante", ha detto il presidente russo Vladimir Putin al Papa al momento di congedarsi. "Preghi per me", gli ha detto a sua volta Francesco.
LA GIORNATA - Dopo essere atterrato a Fiumicino il presidente è stato ricevuto in udienza da papa Francesco. Il corteo di auto, proveniente direttamente da Fiumicino, è giunto in Vaticano attraversando Piazza San Pietro e l'Arco delle Campane, per raggiungere quindi il Cortile di San Damaso. Qui Putin e il suo seguito, in presenza del picchetto d'onore della Guardia Svizzera, sono stati accolti dal prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gaenswein, che poi li accompagna all'ascensore per salire alla Terza Loggia e all'incontro col Pontefice. Il presidente russo Vladimir Putin è stato accolto da papa Francesco al suo arrivo nella Sala del Tronetto dell'Appartamento pontificio con una calorosa stretta di mano.Quello di oggi è stato il terzo incontro in Vaticano tra papa Francesco e Vladimir Putin. Il primo fu il 25 novembre 2013 e il secondo il 10 giugno 2015. Ma in tutto le udienze avute da Putin con tre Papi in 19 anni salgono a sei, dato che il 6 giugno 2000 e il 5 novembre 2003 incontrò anche Giovanni Paolo II e il 13 marzo 2007 Benedetto XVI, tanto da diventare in assoluto uno dei più 'assidui' capi di Stato in visita Oltretevere.
Il leader del Cremlino, atterrato con quasi mezz'ora di ritardo, è arrivato in Vaticano per l'incontro con il Papa quasi un'ora dopo l'orario previsto. Il ritardo si è quindi accumulato ulteriormente, di almeno un'ora e dieci, all'arrivo di Putin al Quirinale, previsto inizialmente tra le 14.45 e le 15. Putin è noto per far aspettare i suoi interlocutori e ospiti illustri, dal presidente americano Donald Trump alla cancelliera tedesca Merkel, dalla regina Elisabetta allo stesso papa Francesco, tutti "vittime" dei suoi lunghi ritardi. Solo con il leader nordcoreano Kim Jong-un si è presentato non solo puntuale ma con 30 minuti di anticipo in un recente incontro a Vladivostok. Nel cortile d'onore sono risuonati gli inni nazionali dei due Paesi mentre veniva issata sul Torrino del Quirinale la Bandiera della Federazione russa.

mercoledì 13 febbraio 2019

Ue, Conte attaccato in Aula: ‘Io burattino? No, forse quelli al servizio delle lobby. Alcuni interventi offendono me e italiani’.

“Io burattino non lo sono. Interpreto e sono orgoglioso di rappresentare un intero popolo e di interpretare la voglia di cambiamento del popolo italiano e di sintetizzare una linea politica di un governo che non risponde alle lobby. Forse i burattini sono coloro che rispondono a lobby e comitati d’affari”. Lo afferma, rispondendo all’attacco di Guy Verhofstadt, il premier Giuseppe Conte alla plenaria del Parlamento Ue.  “Alcuni interventi non andrebbero commentati, perché hanno pensato di offendere non solo il sottoscritto ma l’intero popolo che rappresento”.
Poi c’è stato un botta e risposta tra l’europarlamentare Pd Daniele Viotti e lo stesso Giuseppe Conte. Viotti, tra i tanti eurodeputati critici intervenuti in Aula, ha letto i numeri, molto bassi, delle presenze dei ministri del governo giallo-verde alle riunioni del Consiglio europeo. “Chiedete scusa, all’Italia serve un governo presente in Europa”, ha attaccato Viotti. “Grammatica vuole che un governo possa essere rappresentato anche da un sottosegretario o da un delegato”, ha sottolineato Conte nella sua replica, non risparmiando una frecciata al Pd: “Lei è un esponente di un partito che non ha presidiato adeguatamente per l’Ema e ne paghiamo ancora le conseguenze”, ha affermato il premier rivolgendosi a Viotti.

giovedì 6 dicembre 2018

Giuseppe Conte risponde (piccato) a Boccia di Confindustria: “Il negoziato lo conduco io, ho le idee chiare”.

Giuseppe Conte risponde (piccato) a Boccia di Confindustria: “Il negoziato lo conduco io, ho le idee chiare”

Il 3 dicembre il presidente degli industriali gli chiedeva provocatoriamente di "trovare 4 miliardi per evitare la procedura di infrazione Ue, o di dimettersi". Il premier ha replicato: "Ringrazio per i suggerimenti". Poi ha punto Salvini: "Difesa legittima, ma a certe condizioni".

La difesa a casa propria è sempre legittima? “A certe condizioni“. Il suggerimento provocatorio di Vincenzo Boccia? “Sono io che conduco il negoziato, ma credi di avere le idee chiare”. Il declassamento di Fitch? “Non conosce la proposta all’Europa, si ricrederà”. L’ipotesi delle dimissioni di Tria? “Non c’è nessun motivo”. La vendita dei beni del Tesoro per evitare la procedura d’infrazione? “I gioielli di famiglia ce li teniamo stretti”. Il premier Giuseppe Conte non ha i toni di Lega e M5s, ma sembra rivendicare una sua autonomia anche rispetto alle posizioni dei suoi vicepremier. In un’intervista al Fatto d’altra parte aveva sostenuto apertamente di sostenere il Global Compact sull’immigrazione e di auspicare in Parlamento un dibattito “informato” e la libertà di coscienza per i parlamentari. E ora tocca a un altro tema caro alla Lega: la legittima difesa.

Che per Salvini è sempre e comunque legittima, mentre per il presidente del Consiglio deve avere dei paletti. Lo ha sottolineando in un’intervista all’AdnKronos, spiegando che la nuova legge “tutelerà tutti perché comunque si tiene sempre conto, anche nella formulazione che sta venendo fuori dal percorso parlamentare, dell’esigenza di contemperare tutte le esigenze in gioco: le esigenze di difesa e le esigenza di tutela della vita umana“. Per il capo del governo, quindi, difendersi nella propria abitazione è legittimo “a certe condizioni”, ovvero “quelle che sono precisate e verranno precisate nelle norme che modificheranno la vecchia disciplina“. 

Non uno strappo con la Lega, che detiene la patria potestà della norma, ma una precisazione sostanziale orientata al rispetto dei due sentimenti contrapposti, “le esigenze di difesa” e la “tutela della vita umana”. Niente di incendiario, per carità, ma concetti e toni precisi, come quelli utilizzati per rispondere al presidente di Confindustria. Il 3 dicembre, durante l’incontro delle categorie produttive a sostegno della Tav, Vincenzo Boccia aveva detto: “Se fossi in Conte convocherei i due vicepremier e chiederei di togliere due miliardi per uno visto che per evitare la procedura d’infrazione bastano 4 miliardi. Se qualcuno rifiutasse mi dimetterei e denuncerei all’opinione pubblica chi non vuole arretrare”. Una provocazione, a cui il premier ha risposto con garbo e fermezza: “Con tutto il rispetto, sono io che conduco il negoziato. Lo ringrazio per i suggerimenti, ma credo di avere le idee chiare”.

Il presidente del Consiglio, poi, si è soffermato su questioni di strettissima attualità, come il taglio delle stime di crescita dell’Italia da parte dell’agenzia di rating Fitch. Poche parole: “Non ha ancora visto la nostra proposta all’Europa, l’agenzia si ricrederà”. Stesso modus operandi per quanto riguarda l’indiscrezione sull’ipotesi delle prossime dimissioni del ministro dell’Economia Giovanni Tria. Un’eventualità rispedita al mittente: “Un passo indietro del titolare del Tesoro? Assolutamente no, non credo assolutamente che voglia dimettersi, non ce n’è motivo”. Alla domanda se il fatto di non aver menzionato il responsabile di via XX Settembre nella nota di fiducia siglata da Di Maio e Salvini domenica scorsa sia stato letto come uno ‘sgarbo istituzionale‘, Conte ha risposto che “d’accordo anche con Tria, il negoziato lo conduco io. Questo non significa che chi prepara e lavora ai conti, il ministro dell’Economia, sia stato esautorato – ha continuato – Tria non è stato né deve sentirsi esautorato. Io sono il presidente del Consiglio, ho la responsabilità di esprimere l’indirizzo politico ed economico del governo. Quindi è ovvio che con Juncker l’interlocutore sono io”. Infine un passaggio riguardo all’ipotesi di cessione di asset fondamentali in mano al Tesoro per evitare la procedura d’infrazione della Ue. “I gioielli di famiglia noi ce li teniamo stretti” ha detto Conte, cercando di chiudere una questione che ha creato molteplici polemiche.

sabato 27 ottobre 2018

Tap, il governo ha deciso: “Il gasdotto si deve fare”. Conte: “Con stop costi insostenibili”. I comitati per il No: ‘Dimissioni’.

Tap, il governo ha deciso: “Il gasdotto si deve fare”. Conte: “Con stop costi insostenibili”. I comitati per il No: ‘Dimissioni’

Il governo getta la spugna: il gasdotto verrà completato e arriverà a San Foca, in provincia di Lecce. Il premier prova a rassicurare le comunità locali, che da anni avversano l'infrastruttura: "Strada senza via d'uscita: ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica. Prometto un'attenzione speciale per le comunità locali, la meritano". Di Maio: "Penali insostenibili". Salvini: "Avanti con i lavori". Opposizioni contro il M5s: "Ha preso in giro gli elettori". Malumori tra gli eletti nel Movimento, non solo pugliesi. Il sindaco di Melendugno: "Ce ne ricorderemo".

Il Tap non verrà fermato dal governo. La costruzione del gasdotto proseguirà e l’opera verrà completata con approdo a Melendugno, in provincia di Lecce. A gettare la spugna in una lettera indirizzata ai sindaci pugliesi interessati dal passaggio dell’infrastruttura che collegherà Azerbaijan e Italia è il premier Giuseppe Conte: “Abbiamo fatto tutto quello che potevamo, ma fermare l’opera comporterebbe costi insostenibili“. “Abbiamo fatto un’istruttoria per due mesi, abbiamo verificato tutti gli aspetti di quell’opera e ci sono fino a venti miliardi di euro di penali da pagare, cioè più del reddito di cittadinanza e di quota cento insieme. È questo il problema”, ha spiegato poi il ministro del Lavoro e vicepremier Luigi Di Maio.
Finisce così una delle battaglie storiche del Movimento Cinque Stelle, che si è sempre battuto per contrastare l’opera e nella primavera dello scorso anno aveva assicurato di poterla “fermare in due settimane”. E ancora a settembre con il vicepremier Luigi Di Maio ribadiva: “Eravamo e restiamo NoTap”. Ma la sensazione che il via libera fosse solo una questione di tempo era forte da luglio, quando rassicurazioni erano state fornite proprio dal presidente del Consiglio a Donald Trump durante un bilaterale alla Casa Bianca. Dopo l’ultima verifica sulla documentazione da parte del ministero dell’Ambiente, è arrivata la decisione definitiva.
“Abbiamo fatto di tutto” – “Gli atti sono legittimi”, ha scritto Sergio Costa a Conte ricordando come solo su quello bisogna basare le decisioni. E dopo aver letto la relazione del ministro, il premier ha ufficializzato la decisione: “Mi ero impegnato con le autorità locali e con i rappresentanti delle comunità territoriali, ivi compresi i parlamentari eletti in Puglia, ad effettuare un rigoroso controllo delle procedure di realizzazione dell’opera al fine di verificare tutti i profili di eventuale illegittimità che erano stati segnalati”, ricorda il premier. “Avevo altresì preannunciato che se avessimo riscontrato tali profili di illegittimità non avremmo esitato ad assumere tutti i conseguenti provvedimenti, compresa la decisione di interrompere i lavori – spiega – Da quando ci siamo insediati abbiamo fatto quello che non è mai stato fatto in precedenza. Abbiamo effettuato un’analisi costi-benefici, abbiamo dialogato con il territorio, abbiamo ascoltato le istanze e studiato i documenti presentati dalle autorità locali”.
I malumori nel Movimento – “Vendiamo l’anima alla Lega”, è uno degli sms che rimbalza su alcuni cellulari dei parlamentari M5S più imbestialiti per il via libera, secondo quanto riporta l’Adnkronos. A fremere non sono solo gli eletti salentini ma da tutto il Paese, “perché il ‘vaffa’ alla Tap era una nostra bandiera, ma la sacrifichiamo all’altare di un governo che ci sta cannibalizzando…”, lamenta un deputato campano. Sempre secondo quanto riporta l’agenzia di stampa, alcuni parlamentari, in queste ore, valutano di tirarlo in ballo Beppe Grillo, chiedendogli un intervento diretto “per salvaguardare il Movimento”. “Dopotutto – ragiona una deputata pugliese – Grillo è il nostro garante. E se è pur vero che ora siamo al governo, è altrettanto vero che questa è una battaglia del M5S”. Lo scorso week end, proprio il fondatore dal palco della festa al Circo Massimo aveva detto: “Vogliamo il gas che passa sotto quei cazzo di ulivi della Puglia o non lo vogliamo?”.
Conte: “Fermarla costa decine di miliardi” – Non ci sono spazi di manovra, assicura il presidente del Consiglio: “Ad oggi non è più possibile intervenire sulla realizzazione di questo progetto che è stato pianificato dai governi precedenti con vincoli contrattuali già in essere. Gli accordi chiusi in passato ci conducono a una strada senza via di uscita“. Perché “non abbiamo riscontrato elementi di illegittimità” e “interrompere la realizzazione dell’opera comporterebbe costi insostenibili, pari a decine di miliardi di euro“. In ballo, sottolinea il premier, “ci sono numeri che si avvicinano a quelli di una manovra economica“. Ora però, conclude, “è arrivato il momento di operare le scelte necessarie e di metterci la faccia. Prometto un’attenzione speciale alle comunità locali perché meritano tutto il sostegno da parte del Governo”.
Di Maio: “Quelli di prima l’hanno blindato bene con le penali” – “Questo non vuol dire che abbasseremo la guardia, noi staremo attentissimi a quello che succederà con quest’opera”, ha aggiunto. “C’è addirittura una parte del cantiere sequestrato dalla Procura e non si faranno sconti a nessuno. Il tema vero è che dalle analisi che abbiamo fatto nell’istruttoria ci sono almeno venti miliardi di penale da pagare cioè che quelli di prima l’avevano blindata bene per fare in modo che, nonostante la sconfitta alle elezioni, potesse andare avanti”.
I capigruppo M5S: “Stop sarebbe danno economico per il Paese” – “Stoppare la Tap ci costerebbe miliardi di euro. Inoltre tutte le verifiche disposte dal governo non hanno fatto emergere alcuna irregolarità nelle procedure di autorizzazione dei lavori, il cui via libera alla realizzazione dell’opera, ricordiamo, è stato dato dai precedenti governi. Noi oggi ci ritroviamo davanti a contratti che se non venissero rispettati ci porterebbero a pagare cifre esorbitanti. Di sicuro vigileremo affinché l’iter dei lavori non arrechi danni alla comunità locale”, hanno detto Francesco D’Uva e Stefano Patuanelli, capigruppo M5S alla Camera e al Senato.
I comitati: “Andate a casa” – Dunque il gasdotto si farà, con buona pace del Movimento No Tap che nelle ultime settimane aveva pesantemente attaccato il governo ricordando le rassicurazioni delle scorse settimane e parlando di “tradimento” da parte degli esponenti pentastellati. Alle penali e ai risarcimenti danni evocati da Conte non crede la comunità salentina, anche perché – dicono da più parti – non sono mai state né quantificate né documentate. E quindi chiedono le dimissioni, perché la giravolta dei pentastellati rispetto alle promesse elettorali è ritenuta insostenibile. “Una perdita di tempo, una presa in giro per calmare gli animi”, dice Gianluca Maggiore, leader del movimento No Tap. “È chiaro – dice – che la nostra battaglia continuerà, come è chiaro che tutti i portavoce locali del M5S che hanno fatto campagna elettorale qui e che sono diventati addirittura ministri grazie ai voti del popolo del movimento No Tap, si devono dimettere adesso“. Il leader NoTap conclude: “Noi siamo qui, sui luoghi della Tap ad aspettare. Vogliamo vedere se gli eletti pentastellati saranno dalla parte della popolazione dimettendosi, o dalla parte di chi vuole imporre l’opera con la forza“.
Il sindaco di Melendugno: “Ce ne ricorderemo” – “Non abbiano chiesto a Conte o alla ministra Lezzi di essere i dottori dei nostri dolori. Ci cureremo da soli le nostre ferite, sapremo rialzarci e continuare a combattere. Conte con questo atteggiamento avalla quella che sarà una follia ingegneristica e la distruzione di un intero territorio. Nel Salento se lo ricorderanno bene“, attacca il sindaco di Melendugno, Marco Potì. Dicendosi “deluso e amareggiato”, l’amministratore locale più coinvolto dalla costruzione del gasdotto se la prende con il premier: “Sono ancora più deluso dalle dichiarazioni di Conte, che parla di ristori per le comunità e di vicinanza ai territori. Il primo ministro può starsene a Roma. Le comunità di questi territori – conclude – non vogliono essere ristorate, né vogliono vicinanza, perché non hanno trovato in questo Governo e nelle forze politiche che lo sostengono il coraggio e la volontà politica di cambiare rispetto a quest’opera verso cui si è dichiarato sempre e totalmente la contrarietà. Sono deluso da questa fretta e superficialità nel voler liquidare queste criticità che conoscevano bene tutti, specie i ministri e i deputati salentini del M5S”.
Salvini: “Avanti”. Pd: “È Ilva 2 la vendetta” – Già sabato, nel punto dove dovrebbero riprendere i lavori per la costruzione del micro-tunnel, è prevista una manifestazione del Comitato No Tap. E che la multinazionale possa aprire il cantiere nel mar Adriatico in tempi brevissimi è l’auspicio di Matteo Salviniche negli scorsi mesi aveva incontrato l’ambasciatore di Tap, Tony Blair, e ripetuto più volte la necessità di andare avanti: “Avere l’energia che costerà meno a famiglie e imprese è fondamentale, quindi avanti coi lavori“, ha detto subito dopo l’annuncio di Conte. La svolta decisa dal governo porta le opposizioni a criticare il M5s, che ha sempre contrastato la realizzazione del gasdotto. La capogruppo di Forza Italia, Maria Stella Gelmini, parlando di “un’ottima notizia” attacca: “Il M5s sapeva di non poter bloccare il gasdotto, ma in Puglia ha fatto la campagna elettorale gridando NoTap, prendendo in giro i cittadini. Che dice Alessandro Di Battista?”. Mentre il coordinatore regionale della Puglia e deputato Mauro D’Attis ironizza: “Frode ai danni degli elettori. Una fattispecie di reato che se esistesse porterebbe alla denuncia da parte di centinaia di migliaia di elettori che hanno votato il M5S”. Per il capogruppo Pd nella commissione Ambiente, Andrea Ferrazzi, “si ripete per Tap il film visto con l’Ilva. I 5Stelle dovranno rispondere ai loro elettori delle bufale raccontate in campagna elettorale. Prossima puntata la Tav, poi il Brennero”. Per l’ex ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, “Tap è Ilva 2 la vendetta – scrive su Twitter – E adesso Luigi Di Maio piantiamola con le perdite di tempo e le sceneggiate e andiamo avanti. Grazie”.
Fonte: ilfattoquotidiano del 26/10/2018

Non riesco a comprendere per quale motivo i governi recedenti hanno stipulato contratti capestro con penali miliardarie da pagare in caso di recessione.
Sapevano che avrebbero perso le elezioni e "dovevano" mantenere saldi gli accordi presi con vincoli contrattuali da capestro?
E se è questo il motivo, perché "dovevano" mantenere saldi gli accordi presi??
E i rappresentanti del Pd e di Fi, colpevoli del misfatto, con quale coraggio inneggiano alla vittoria e ironizzano sulla impossibilità del governo di mantenere le promesse fatte in campagna elettorale?
Cetta.