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martedì 29 marzo 2022

Spese per la difesa, maggioranza divisa al Senato. Il governo verso la fiducia. -

 

I punti chiave.


Prove di mediazione sul decreto Ucraina e, in particolare sull’aumento delle spese militari, su cui la maggioranza rischia di spaccarsi al Senato. Fieramente contrario alla soglia del 2% del Pil, per gli investimenti sulla difesa, è il Movimento 5 stelle, seguito da Leu. Pronto a trattare il governo, fermo sugli impegni presi a livello militare ma anche pronto a valutare il voto di fiducia per “salvare” il provvedimento azzerando tutti gli emendamenti e gli ordini del giorno come quello di FdI che lo impegna a raggiungere la soglia del 2 per cento sulle spese militari. In quest’ottica rientra il faccia a faccia che si terrà nelle prossime ore tra il premier Mario Draghi e il suo predecessore e leader dei 5S, Giuseppe Conte.

Maggioranza in cerca di intesa.

Intanto, è fallita la ricerca di un’intesa con una riunione, in videocollegamento, tra il ministro dei Rapporti con il Parlamento, Federico D’Incà e i vertici dei vari gruppi a Palazzo Madama e delle due commissioni Esteri e Difesa che dovrebbero approvare il decreto, per discuterlo in aula mercoledì. Secondo quanto si apprende, M5S e Leu sono rimasti sulle barricate rifiutando ogni tipo di mediazione proposta, che sarebbe potuta entrare - in caso di accordo - in un ordine del giorno ad hoc.

Sul provvedimento, già votato alla Camera il 17 marzo, le divisioni non sono in sostanza sui contenuti ma proprio sull’ordine del giorno proposto da Fratelli d’Italia che chiede al governo di tener fede all’impegno preso - anche dal presidente Draghi, si rammenta nel documento - sulla «necessità di incrementare le spese per la difesa» fino al 2%.

Per FdI spazi di manovra.

Se il partito di Giorgia Meloni chiederà di metterlo ai voti (molto probabile), avrà il no di 5S e LeU. «La nostra posizione è lineare. Andiamo avanti», insiste Conte. E proprio la fiducia automaticamente blinderebbe il decreto, facendo decadere ogni mozione collegata. Estrema ratio per “salvare” il provvedimento - passato indenne e senza fiducia a Montecitorio - visto che tutti confermerebbero la fiducia. M5S compreso. L’opposizione ha, insomma, un’occasione per stanare e fiaccare la maggioranza, facendo leva sulla coerenza del governo rispetto alle posizioni prese a livello europeo e alla credibilità internazionale. Tant’è che fa spallucce la leader di FdI, Giorgia Meloni quando ribadisce che «sulle spese militari è il governo che sostiene noi», liquidando i rischi di una spaccatura “governativa” come «un problema della maggioranza».

L’approdo al Def.

Da Palazzo Chigi nessun tentennamento. L’Italia sarà fedele all’impegno preso con la Nato di portare al 2% le spese militari entro il 2024, con un percorso che dovrebbe essere ribadito nel Documento di economia e finanza (giovedì potrebbe arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri). L’approdo al Def potrebbe essere quindi la via d’uscita per i 5 Stelle. Sul tavolo - e su pressing soprattutto del Pd e di Iv- ci sarebbe anche l’opzione di un ordine del giorno unitario della maggioranza (in aggiunta a quello di FdI) che dia il segno della compattezza nonostante tutto, e su cui ad esempio ci potrebbe essere un rimando vago al Def sulle spese militari, specificando che l’arrivo al 2% del Pil sarebbe un obiettivo graduale.

Il premier sente Zelensky.

Intanto Palazzo Chigi conferma la sua posizione sull’Ucraina, in linea con il monito per «la pace subito» lanciato dal presidente Mattarella. Draghi, che ha sentito al telefono il presidente ucraino Zelensky, ribadisce il sostegno alle autorità e al popolo ucraini, contribuendo all’azione internazionale per mettere fine alla guerra. Ma anche aprendo alla possibilità, sostenuta dall’ambasciatore ucraino a Roma, Yaroslav Melnyk, che l’Italia si faccia garante in caso di aggressione all’Ucraina, insieme ad altri Paesi.

https://www.ilsole24ore.com/art/spese-la-difesa-maggioranza-divisa-senato-governo-media-ma-valuta-fiducia-AEwaTVNB

mercoledì 13 maggio 2020

Braccianti e colf, sanatoria onerosa per le imprese: 560 euro per ogni lavoratore. - Manuela Perrone

(ANSA)

Lo prevede l’articolato di mediazione messo a punto dal Viminale, che stima un gettito complessivo per l’Inps di 91,56 milioni. Nella notte raggiunto l’accordo nel Governo.

Un contributo forfettario di 400 euro per lavoratore, oltre a un contributo per le somme dovute a titolo retributivo, contributivo e fiscale da determinarsi con successivo decreto ministeriale. E un altro da 160 euro in capo al migrante che ottenga il permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi per la ricerca di lavoro, che può essere convertito in permesso per motivi di lavoro in caso di assunzione.
La norma “di mediazione” disegnata dal Viminale.
È una sanatoria onerosa per le imprese quella contenuta nella proposta di mediazione per la regolarizzazione di lavoratori agricoli, badanti e colf messa a punto dalla ministra dell’Interno Luciana Lamorgese su mandato del premier Giuseppe Conte e degli altri ministri che hanno lavorato al dossier: Teresa Bellanova (Iv), Nunzia Catalfo (M5S) e Giuseppe Provenzano (Pd). Il testo della norma - un solo articolo, «Emersione di rapporti di lavoro», e 22 commi - è stato inviato dal Viminale alla presidenza del Consiglio perché entri nel “decreto Rilancio”. E ricalca la «sintesi politica», per usare le parole di Conte, raggiunta domenica notte ma sconfessata il giorno dopo dal M5S, ripiombato nella lotta intestina tra l’ala progressista filo-dem e quella sovranista. La trattativa è durata fino a notte, quando il ministro Provenzano dal Pd e Vito Crimi dal M5S hanno comunicato: «Accordo raggiunto».
L’istanza del datore di lavoro. Come anticipato dal Sole 24 Ore del 12 maggio, la proposta prevede un doppio binario e mantiene quell’impianto. Da un lato i datori di lavoro possono favorire l’emersione del lavoro nero, di italiani o stranieri che siano stati fotosegnalati in Italia prima dello scorso 8 marzo, presentando apposita istanza tra il 1° giugno e il 15 luglio 2020, con l’indicazione della durata del contratto e della retribuzione concordata, previo pagamento di un contributo forfettario di 400 euro per ogni lavoratore, «a copertura degli oneri connessi alla procedura di emersione».
La facoltà di permessi di soggiorno di 6 mesi.
Dall’altro lato, gli stranieri che abbiano un permesso di soggiorno scaduto entro il 31 ottobre 2019 possono presentare domanda in Questura per un permesso temporaneo per la ricerca di lavoro della durata di sei mesi, convertibile in permesso di lavoro in caso di assunzione, dimostrando di aver svolto attività nei settori interessati dalla norma (agricoltura, assistenza alla persona e lavoro domestico). In questo caso il contributo dovuto ammonta a 160 euro, di cui 30 per la spedizione della domanda.
Il gettito stimato: 91,56 milioni.
In tutto, la relazione illustrativa che accompagna la norma stima un’entrata complessiva per i contributi pari a 91,56 milioni di euro al netto degli ulteriori versamenti in capo ai datori. Un carico pesante, in tempi di crisi. Gli stranieri interessati sono calcolati in 212mila per la prima procedura, 52mila per la seconda. Per il ministero dell’Interno si ipotizzano oneri da 75,11 milioni, di cui 63,3 milioni già nel 2020. 
Dettagliati meglio i paletti all’emersione. Non possono presentare istanza di emersione i datori di lavoro che nei cinque anni precedenti abbiano avuto condanne anche non definitive per caporalato, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, reclutamento di persone da destinare alla prostituzione o di minori da impiegare in attività illecite, riduzione in schiavitù, sfruttamento del lavoro. Allo stesso modo, non sono ammessi alle procedure i migranti condannati per gli stessi reati, per droga, per delitti contro la libertà personale o che siano stati anche solo segnalati per terrorismo considerati una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza dello Stato. Sono queste esclusioni a essere state esplicitate meglio nella versione definitiva, confermano fonti Pd. Almeno quanto bastava per poter permettere a Crimi, intorno a mezzanotte, di parlare di pacchetto «migliorato rispetto a quello di domenica scorsa, che accoglie nostre esplicite richieste».
Per tutto il resto scatta l’immunità.
In cambio della regolarizzazione, però, come in tutti i provvedimenti adottati in passato (da Maroni a Monti, da Berlusconi a Prodi), scatta l’immunità: per i lavoratori vengono sospesi i procedimenti penali e amministrativi per le violazioni delle norme relative all’ingresso e al soggiorno nel territorio nazionale, per i datori si sospendono i procedimenti concernenti l’impiego dei lavoratori per cui si presenta la dichiarazione di emersione, «anche se di carattere finanziario, fiscale, previdenziale o assistenziale».
Conte tiene il punto contro la fronda M5S.
Questo è dunque il pacchetto che approderà in Consiglio dei ministri, al termine di un confronto duro che ha spaccato il M5S e costretto il premier Conte a intervenire: «Legittimo che il M5S rifletta, ma regolarizzare per un periodo determinato immigrati che già lavorano sul nostro territorio significa spuntare le armi al caporalato, contrastare il lavoro nero, effettuare controlli sanitari e proteggere la loro e la nostra salute, tanto più in questa fase di emergenza sanitaria». Un richiamo all’ordine in piena regola davanti a un Movimento sempre sull’orlo della scissione tra l’anima progressista filo-dem e quella sovranista, che teme emorragie di consensi verso l’ex alleato leghista. Da qui l’insistenza del ministro degli Esteri pentastellato, Luigi Di Maio, ancora ieri sera, sul no a «sanatorie indiscriminate».

domenica 2 febbraio 2020

Vitalizi, Di Nicola (M5s): “Commissione in conflitto d’interesse, se Casellati continua a non riconoscerlo, intervenga Mattarella.”

Vitalizi, Di Nicola (M5s): “Commissione in conflitto d’interesse, se Casellati continua a non riconoscerlo, intervenga Mattarella”

L'INTERVENTO - Riceviamo e pubblichiamo l'intervento dal senatore che già nella sua carriera di giornalista è stato impegnato per anni nella lotta ai privilegi della politica: "Se Casellati e Caliendo dovessero resistere e perseverare nella loro condotta, allora dimissioni dei membri dell'organismo contrari al ripristino del vitalizio". Poi l'appello al capo dello Stato, "per evitare altre polemiche e soprattutto che aumenti il discredito che da decenni investe la politica italiana."
Il parlamentare è intervenuto sulla vicenda dell’abolizione dei tagli ai vitalizi con una lettera inviata a ilfattoquotidiano.it. Di Nicola chiede lo scioglimento della Commissione che decide sul trattamento pensionistico degli eletti perché chi l’ha nominata (la Casellati) ha compiuto un errore nell’indicare come presidente un senatore in conflitto d’interesse (Caliendo). In caso contrario, auspica le dimissione dei membri che non sono d’accordo con il ripristino dei vitalizi e, come estrema ratio, l’intervento del presidente della Repubblica per “evitare che aumenti il discredito che da decenni investe la politica italiana”.
Inutile nascondere il fuoco sotto la cenere. La questione dei vitalizi, tornata con grande scandalo al centro del dibattito politico dopo le rivelazioni del Fatto Quotidiano, non è più solo una questione di lotta contro un privilegio, il più odioso che la Casta si è data e contro il quale i cittadini si sono sempre ribellati. Per le scelte sbagliate fatte da chi nomina la cosiddetta Commissione Contenziosa, l’organo chiamato a decidere sul trattamento pensionistico degli eletti, cioè la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, è ormai diventata una questione istituzionale. Aver scelto per guidare quest’organo un senatore come Giacomo Caliendo, in palese conflitto di interessi, visto che sta ripristinando un trattamento vantaggioso di cui beneficerà direttamente, è un vero schiaffo al prestigio e alla credibilità del Senato. Dunque, di una delle istituzioni più alte della Repubblica.
Ho già detto che va stoppata immediatamente la delibera che il 20 febbraio dovrebbe abolire i tagli introdotti ai vitalizi. E che questa Commissione Contenziosa andrebbe sciolta immediatamente per evitare di gettare altre ombre sulle nostre istituzioni, magari nominando nuovi membri tra senatori eletti a partire dal 2013 e dunque nella condizione di decidere senza che ci siano sospetti di inammissibili interessi personali in gioco. Ciononostante, a leggere le dichiarazioni ufficiali, sia la presidente Casellati che il senatore Caliendo sembrano decisi ad andare avanti sulla loro sbagliatissima strada, trascurando le richieste avanzate dal M5s, sfidando lo sdegno dei cittadini che si è scatenato dopo le ultime rivelazioni, incuranti del danno che così arrecano alla imparzialità di un organo giurisdizionale di Palazzo Madama. A questo punto, per fermare una scelta così scriteriata, non resta altra via che cercare di bloccare e boicottare i lavori della commissione attraverso le dimissioni dei membri che non condividono il ripristino degli scandalosi vitalizi. E se Casellati e Caliendo dovessero resistere e perseverare nella loro condotta, appellarsi al custode supremo del buon funzionamento delle istituzioni, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il solo in grado di richiamare gli attori della sgangherata commedia a un minimo di rispetto della dignità del Senato. Per evitare altre polemiche e soprattutto che aumenti il discredito che da decenni investe la politica italiana.

lunedì 2 dicembre 2019

Dl fisco: rinvio sanzioni Pos, 730 a settembre. Sì alle manette agli evasori, Iv vota contro. - Andrea Carli e Marco Mobili

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Tra gli emendamenti approvati nella notte, quello che riscrive il calendario fiscale: la scadenza del 730 passa dal 23 luglio al 30 settembre. No a multe a negozianti senza pos. Strappo degli ex renziani anche sulle fondazioni.

Dopo una seduta di 14 ore è giunto il via libera della commissione Finanze della Camera al Dl fisco. Il mandato ai relatori è arrivato al termine di una seduta notturna e dopo che si è registrata una spaccatura nella maggioranza (Iv ha votato contro) sulle correzioni al testo riguardanti l’inasprimento delle sanzioni penali per i reati tributari. Il provvedimento verrà esaminato domani, martedì 3 dicembre, dall’Assemblea di Montecitorio, in prima lettura.

Il decreto scade il 25 e viene pertanto dato per certo il ricorso al voto di fiducia fa parte del Governo, che dovrebbe essere posta martedì, con voto nella giornata di mercoledì 4 dicembre.

La protesta dell’opposizione.
Lega, FdI e FI hanno abbandonato i lavori in commissione sul provvedimento poco prima del voto all’emendamento del governo sul carcere agli evasori. La protesta ha riguardato anche, ha spiegato Massimo Bitonci (Lega), le norme sugli appalti.

La spaccatura nella maggioranza sul carcere per gli evasori.
In mattinata la commissione Finanze della Camera, dopo una sospensione dei lavori, ha fatto scattare il semaforo verde per le norme sul carcere agli evasori ma la maggioranza si è spaccata: Italia Viva ha infatti votato no. Incassano comunque l’ok gli emendamenti dei relatori e del governo al dl fisco che hanno cercato una sintesi all’interno della maggioranza: resta l’innalzamento complessivo delle pene ma sarà meno consistente per i reati minori.

Strappo dei renziani anche su rinvio norme per fondazioni.
Spaccatura all’interno della maggioranza anche sul rinvio delle norme sulle Fondazioni. I renziani si sono smarcati sull’emendamento per rinviare le norme di equiparazione dei partiti alle fondazioni, approvato con i voti di M5s, Pd e LeU. «La decisione di rinviare applicazione della spazzacorrotti per equiparare le regole di trasparenza tra partiti e fondazioni è un clamoroso errore che la commissione ha fatto nottetempo col voto favorevole di M5S, Pd e Leu e il voto contrario di Italia Viva». È quanto ha scritto su Twitter il deputato di Iv Luigi Marattine. A quanto si apprende, anche i partiti di opposizione, hanno votato contro l’emendamento al dl fisco.

Si allenta la stretta sulle ritenute negli appalti.
Sulle norme che riguardano le ritenute e le compensazioni degli appalti è stata alla fine trovata la quadra. Con un emendamento dei relatori approvato dalla commissione Finanze della Camera si prova a semplificare la procedura prevista per contrastare l'evasione fiscale e contributiva sulle ritenute nei casi di illecita somministrazione di manodopera. In particolare viene previsto che a versare le ritenute saranno direttamente le società appaltatrici, subappaltarici affidatatrie della realizzazione dell'opera. La nuova procedura per verificare e contrastare il mancato versamento delle ritenute si applica ai contratti di appalto o subappalto superiori ai 200.ooo euro annui.

Villarosa: no multe a negozianti senza pos.
«Abbiamo appena approvato l’abrogazione delle sanzioni per i commercianti che non hanno il pos per i pagamenti con carta di credito/debito». Lo ha scritto il sottosegretario al Mef, Alessio Villarosa.

Cambia il calendario fiscale.
Tra gli emendamenti per ora approvati, quello che riscrive il calendario fiscale: per l’invio del modello 730 i contribuenti avranno tempo fino al 30 settembre. L’emendamento dei relatori approvato dalla Commissione Finanze prevede anche un ampliamento della platea che può utilizzare il 730: oltre ai lavoratori dipendenti e ai pensionati viene estesa ai titolari di redditi assimilati a quello di lavoro dipendente senza limitazioni e ai titolari di redditi di lavoro autonomo con la sola esclusione di quelli derivanti dall'esercizio di arti e professioni e di impresa non occasionali (ad esempio, redditi fondiari o redditi da lavoro autonomo occasionale). Quanto alle scadenze, si introduce anche un “termine mobile” per i conguagli che arriveranno con la prima retribuzione utile e, comunque, con quella di competenza del mese successivo a quello in cui il sostituto ha ricevuto il risultato contabile. Con un emendamento della Lega l'obbligo dell’invio dell'esterometro diventa trimestrale.

Iva al 5% per gli assorbenti lavabili.
L'Iva passa dal 22% al 5% per gli assorbenti compostabili o lavabili.

Iva a 4% per auto green per disabili.
Arriva l’Iva al 4% per l’acquisto di auto ibride ed elettriche da parte di persone con disabilità.

Carnevali (Pd): 200 milioni per personale sanità.
«Sul personale della sanità - ha sottolineato Elena Carnevali (Pd) a proposito di una modifica al dl fisco approvata in commissione alla Camera - arriva finalmente una terapia d’urto. L’approvazione dell’emendamento del Pd della commissione Affari sociali pone fine alla stretta sulle assunzioni che ha penalizzato il Ssn e realizza il cambiamento fondamentale per il nuovo Patto per la salute. L’aumento del tetto di spesa per il personale dal 5 al 10% nel triennio 2019-2021 corrisponde ad un incremento di 200 milioni di euro».

Una banca dati per stanare chi non paga il bollo auto.
Nella campagna a tutto campo contro l'evasione, la Commissione Finanze della Camera mette nel mirino anche i furbetti del bollo auto. Per evitare duplicazioni e perdite di tempo il Dl fiscale prevede che il sistema informativo del Pubblico registro automobilistico sarà alimentato anche con i dati delle tasse automobilistiche. I dati saranno poi girati alle Entrate, alle Regioni e alle province autonome che procederanno ad incrociare le informazioni acquisite con quelle già a loro disposizione. Sarà un disciplinare siglato da tutte le amministrazioni a regolare l'utilizzo delle banche dati e dei dati messi a fattor comune per stanare gli evasori.

Rinvio multe per chi non si adegua a nuove regole seggiolini.
Vengono rinviate al 6 marzo le multe per chi non si adegua alle nuove norme sui seggiolini auto per i bambini. Aumentano da uno a 5 milioni gli stanziamenti previsti nel 2020 per le agevolazioni sotto forma di credito di imposta.

Incentivo per acquistare air-bag per moto.
È introdotto un incentivo per l’acquisto di airbag per moto. Dal 2020 si potrà detrarre fino a 250 euro (il 50 per cento di una spesa massima di 500 euro) «per l'acquisto di dispositivi di protezione individuale moto airbag». Per il provvedimento sono stati stanziati fino a 30 milioni di euro all’anno.

Cancellata la tassa sui biliardini.
Biliardini, gru per vincere palloni, pelouche o dolcetti e tutti gli apparecchi che non consentono di vincere denaro «di qualsiasi entità», non faranno scattare l’obbligo di iscrizione al Registro unico degli operatori del gioco pubblico. Con un correttivo al decreto legge fiscale è stata dunque cancellata quella che era stata subito ribattezzata la tassa sul calciobalilla. Come spiega Alessio Villarosa (M5S) è stato raccolto l’invito dei gestori che, nella maggior parte dei casi, per pochi periodi dell’anno consentono ai loro clienti di giocare a biliardino o comunque con apparecchi, spesso utilizzati anche dai bambini, che non erogano vincite in denaro.

Arriva la nuova tassa sui container.
Una tassa sui container, pieni o vuoti poco importa, per potenziare il controllo sulle merci in transito o ingresso ai varchi doganali. L’obiettivo dichiarato è quello di tutelare la sicurezza collettiva, l’ordine pubblico, le esigenze finanziarie dello Stato e le entrate Comunitarie, la salute e la sicurezza delle persone fisiche. Il nuovo balzello, che sarà rapportato alla tassa sui porti già esistente, sarà definita nei suo dettagli da un provvedimento del Governo che dovrà essere adottato entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto fiscale. A riscuoterla e liquidarla sarà direttamente l’agenzia delle Dogane.

A Capri non si rottama l’Ape Taxi o Calessino.
Si salvano dalla rottamazione tutti quei veicoli a motore con caratteristiche inquinanti Euro0 che nelle isole minori sono utilizzati storicamente per il trasporto pubblico locale soprattutto perché di piccole dimensioni e in grado di circolare per vicoli e dirupi. L’elenco dei mezzi che si salveranno dalla rottamazione, secondo l’emendamento approvato dalla Camera al Dl fiscale, arriverà nei prossimi mesi dal ministero dei Trasporti, sulla falsariga dell’elenco dei veicoli storici e in uso alle autoscuole ammessi ancora alla circolazione.

https://www.ilsole24ore.com/art/dl-fisco-stop-nodo-carcere-evasori-riprende-esame-commissione-ACDcqg2

Per approfondire:

mercoledì 9 ottobre 2019

Taglio dei parlamentari è legge: sì definitivo della Camera. Gli eletti passeranno da 945 a 600. - Nicola Barone

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Si tratta della quarta e ultima lettura parlamentare del testo. Entro tre mesi dall'approvazione del disegno di legge un quinto dei componenti di uno dei rami del Parlamento, cinque Consigli regionali o 500mila elettori potranno chiedere un referendum confermativo.

Sì definitivo dell'Aula della Camera con 553 voti a favore e 14 no (2 gli astenuti) al disegno di legge costituzionale che taglia il numero dei parlamentari. Si tratta della quarta e ultima lettura della riforma che porta la quota dei senatori da 315 a 200 (con non più di cinque nominati a vita) e i deputati da 630 a 400.

Per il suo via libera definitivo era necessaria la maggioranza assoluta e, come stabilito dalla Costituzione, entro tre mesi dall'approvazione del disegno di legge un quinto dei componenti di uno dei rami del Parlamento, cinque Consigli regionali o 500mila elettori potranno chiedere un referendum confermativo (il cui quesito deve essere vagliato dalla Cassazione).
La riduzione dei seggi diventa effettiva al primo scioglimento del Parlamento ma non prima di 60 giorni dall'entrata in vigore della riforma.
Contro le modifiche fortemente sostenute dal Movimento 5 Stelle si era espresso nelle precedenti votazioni il Partito democratico, in mancanza di riforme concomitanti ritenute imprescindibili come quella della legge elettorale. I dubbi espressi in passato, ha spiegato nella discussione il capogruppo dem a Montecitorio Graziano Delrio, «avevano ragioni di merito e non ideologiche. Pensavamo e pensiamo che il Parlamento non sia un luogo oscuro ma la casa della democrazia. Il nostro no era a difesa di questa istituzione e proprio perché abbiamo ottenuto garanzie a questi principi ora diciamo sì convintamente». Mancava insomma «un contesto organico che dicesse che il taglio non serve solo a risparmiare, ma anche a garantire la rappresentanza». Ma ora il documento politico su cui la maggioranza ha convenuto «afferma che le storture che avevamo denunciato saranno subito risolte».
Alla Camera e al Senato tutte le circoscrizioni vedranno una riduzione drastica, con una media del 36,5%. Sopra la media alla Camera le circoscrizioni Sicilia 1 (da 25 a 15 deputati) e Lazio 2 (da 20 a 12). Da segnalare al Senato il caso dell’Umbria e della Basilicata. Sono le due Regioni che subiscono in percentuale l’emorragia maggiore. Qui i senatori sono più che dimezzati (-57%). In entrambe le regioni infatti si passa da 7 a soli 3 eletti.
Il taglio“costerà” al Nordest la perdita di 39 rappresentanti in Parlamento: 26 al Veneto, 8 al Friuli Venezia Giulia e 5 al Trentino Alto Adige. Il calcolo è riportato dall'Osservatorio elettorale del Consiglio regionale del Veneto. Alla Camera il Veneto perderà 18 deputati (da 20 a 13 in Veneto 1 e da 30 a 19 in Veneto 2), il FVG passerà da 13 a 8 mentre il Trentino AA scende da 11 a 7. In merito invece al Senato, per il Veneto si prospetta un calo di 8 seggi (da 24 a 16), 3 invece quelli che saranno persi dal Friuli (da 7 a 4) e 1 sarà tolto al Trentino AA (da 7 a 6). A Palazzo Madama il Friuli avrà un taglio del 42,9% dei rappresentanti, mentre alla Camera la sforbiciata arriverà al 38,5%.

https://www.ilsole24ore.com/art/taglio-parlamentari-all-ultimo-voto-test-la-maggioranza-ACouJ1p

mercoledì 15 maggio 2019

Voto di scambio è legge, Forza Italia e Pd hanno votato contro. Il vicepremier Di Maio: “Questa norma era un dovere”.


Voto di scambio è legge, Forza Italia e Pd hanno votato contro. Il vicepremier Di Maio: “Questa norma era un dovere”

Il provvedimento ha ottenuto 157 sì, 81 no e 2 astenuti ed è approvato in via definitiva. Grasso (Leu): "Legge migliorativa rispetto all'attuale". Il pentastellato Giarrusso: "Quanti farisei presenti anche in questa Aula, la prossima settimana andranno a ricordare Giovanni Falcone a Palermo, dove si dovrebbero vergognare di andare".

Come era già accaduto per il voto alla Camera, il 7 marzo scorso, Pd e Forza Italia hanno votato contro. Ma è diventata legge dello Stato, con il via libera dall’Aula del Senato, il ddl sul voto di scambio politico mafioso. Il provvedimento ha ottenuto 157 sì, 81 no e 2 astenuti ed è approvato in via definitiva. “La nostra riforma del voto di scambio politico-mafioso adesso è legge! Rafforzare questa norma era un dovere anche nei confronti di chi ha dato la vita per impedire ogni patto tra politica e criminalità organizzata. #ViaLaMafiaDallaPolitica” scrive su Twitter il vicepremier e leader del M5s Luigi di Maio, aggiungendo un’immagine di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino con la scritta: “Le loro idee camminano sulle nostre gambe”. Giurisprudenza a parte, l’effetto principale della riforma è l’inasprimento delle pene che potranno arrivare a quindici anni di carcere. Con le aggravanti speciali si arriva fino a 22 anni e mezzo di condanna: un passaggio che però – per le opposizioni – sarebbe a rischio di ricorsi alla Corte costituzionale.

Cosa prevede la nuova legge: pene più alte e interdizione perpetua. Il testo approvato da Palazzo Madama modifica l’articolo 416 ter del codice penale ed è formato da un solo articolo. Prevede che chiunque accetti, direttamente o con intermediari, la promessa di voti da persone delle quali si sa che appartengono ad associazioni mafiose, in cambio di denaro o della promessa di denaro oppure di un altro favore, o in cambio della disponibilità a soddisfare interessi dell’associazione mafiosa, è punito con la pena stabilita nel primo comma dell’articolo 416 bis. In pratica la formulazione del reato lega il voto di scambio con l’associazione a delinquere di stampo mafioso. In questo modo si stabilisce un collegamento ontologico tra le due fattispecie criminali: non è un caso, infatti, che nel 416 bis tra i reati fine delle associazioni mafiose s’indica anche “impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali”.
Le pene sono quindi più dure: da sei/dodici anni si passa a dieci/quindici anni. Per tutti i condannati scatta poi l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. C’è poi “un’aggravante speciale“: se il politico si è messo d’accordo con il mafioso per ottenere voti e viene effettivamente eletto le pene sono aumentate. In questo caso la pena dei 10-15 anni previsti dal 416 bis, viene aumentata della metà. L’aggravante speciale, però, era stata contestata e la legge alleggerita da un emendamento di Fratelli d’Italia. Che poi era stato neutralizzato in modo che la norma prevedesse che il riconoscimento della responsabilità di tutti quei politici che prendono voti da mafiosi o intermediari di mafiosi.
Patuanelli (M5s): “Fuori la mafia dalla politica”- “Fuori la mafia dalla politica. Non è uno slogan ma il messaggio chiaro e netto che diamo al nostro Paese con la legge che abbiamo approvato: il voto di scambio – scrive su Facebook il capogruppo del Movimento 5 Stelle al Senato Stefano Patuanelli –  tra i politici e i mafiosi è un attacco al cuore della nostra democrazia, il tradimento della fiducia dei cittadini e la fine della credibilità per le istituzioni. Da oggi l’Italia ha strumenti nuovi ed efficaci per combattere le mafie e chi fa i loro interessi dentro lo Stato. Era un obiettivo fondamentale del Movimento 5 Stelle, oggi è legge“.  “L’approvazione in via definitiva della legge M5S contro il voto di scambio politico-mafioso è motivo di enorme soddisfazione. È un provvedimento che – dichiara Riccardo Fraccaro, ministro per i Rapporti con il Parlamento –contrasta il malaffare e tutela la democrazia, inasprendo le pene per i politici che scendono a patti con la criminalità organizzata in cambio di voti. Le mafie sono una piaga di questo Paese e si combattono non a parole ma con i fatti. Chi amministra la cosa pubblica, non può avere alcun tipo di contiguità associazioni mafiose. La politica deve rispondere esclusivamente agli interessi dei cittadini che devono poter scegliere legittimamente i loro rappresentanti. Con il provvedimento varato dal Senato mettiamo la mafia fuori dallo Stato“.

Fi: “Aumenti di pena sconsiderati”. Pd: “Profili di illegittimità”. “Non si può non riconoscere che grazie alle nostre leggi, mai modificate, si continua a combattere la mafia con le norme più giuste. Questa legge non la votiamo invece perché prevede – aveva detto Giacomo Caliendo, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia, nel corso del dibattito – soltanto aumenti di pena sconsiderati e incoerenti con la complessiva legislazione penale. Non condividiamo inoltre che in materia penale si intervenga ogni due anni rendendo così la legislazione slabbrata e in contrasto con i principi fondamentali della Costituzione. Noi riteniamo che il vero antidoto alla mafia siano processi rapidi applicando norme equilibrate e severe come quelle da noi realizzate. Oggi più che mai vogliamo ribadire che i nostri governi di centrodestra di cui faceva parte anche la Lega hanno approvato leggi di contrasto alla criminalità organizzata tuttora in vigore”.
Anche i democratici hanno votato contro: “All’inizio della scorsa legislatura fu approvata la riforma del 416 ter. Quella riforma, lo ha ripetuto la procura Antimafia più volte, ha funzionato, ha consentito molte condanne. Era una norma chiara, equilibrata, condivisa dalla magistratura e dal vasto mondo associativo Antimafia, che nessuno aveva chiesto di modificare. Ora questa maggioranza, in nome della propaganda, la vuole cambiare al fine di intestarsi una battaglia per apparire gli unici depositari del principio di legalità, proprio mentre il decreto sblocca cantieri fa un passo indietro su questo terreno, come denunciato anche oggi da Raffaele Cantone  – ha detto il senatore Franco Mirabelli, vice presidente dei senatori del Pd -. Per apparire più onesti degli altri, Lega e 5S peggiorano e mettono a rischio una norma importante: si restringe il campo, si crea incertezza interpretativa, si rischiano profili di illegittimità costituzionale con pene sproporzionate e senza logica. L’unico risultato che si ottiene è quello di indebolire il contrasto al voto di scambio politico-mafioso”.

Prima del voto c’era stato un confronto tra il dem Luigi Zanda e il 5stelle Michele Giarrusso: “Quanti farisei – aveva detto il pentastellato – presenti anche in questa Aula, la prossima settimana andranno a ricordare Giovanni Falcone a Palermo, dove si dovrebbero vergognare di andare”. “Il senatore Giarrusso – la replica del tesoriere dem –  ha dato dei farisei a senatori che siedono in questa Aula. Lanciare accuse o insulti generici senza dire i nomi delle persone a cui queste accuse sono rivolte è un metodo mafioso e in quest’Aula queste cose non sono consentite“.
LeU invece vota a favore dopo astensione alla Camera
Critico con il governo il senatore Pietro Grasso, ex procuratore capo di Palermo, che però ha annunciato il voto favorevole di LeU. Il partito di sinistra si era astenuto alla Camera alla votazione precedente: “State facendo anche della lotta alla mafia – tema che dovrebbe unirci tutti per garantire al nostro Paese legalità, sviluppo e crescita – l’ennesimo spot elettorale. Vederla utilizzata come “scusa” dal ministro dell’Interno per sottrarsi alle celebrazioni della Liberazione, ad esempio, è un modo per svilire un impegno che deve essere costante, quotidiano, serio. Non basta – ha aggiunto l’ex magistrato – inaugurare a favore di telecamere beni confiscati molti anni fa, non bastano post e tweet ad ogni arresto – magari ad operazioni in corso, compromettendone anche l’esito – per adempiere a quelli che sono gli obblighi di guida del Paese. I latitanti non li arrestano i Governi, ma la magistratura e le forze di Polizia! Il contrasto alla mafia, infatti, è molto di più di tutto questo. “l Paese merita molto di più di quanto non stiate facendo su questo come su tutti gli altri fronti della vostra azione politica. Ci aspettiamo altri provvedimenti in Commissione e in Aula per rendere il contrasto alle mafie più efficace, la lotta all’economia criminale più incisiva e i processi più rapidi. Ciò premesso, e dandovi ulteriore prova di quanto quello che ci interessa è il merito dei provvedimenti e non la parte politica che li sostiene, riteniamo che la nuova fattispecie del 416-ter, soprattutto dopo le modifiche apportate alla Camera, sia migliorativa rispetto all’attuale, e per questo annuncio che Liberi e Uguali voterà a favore”.

“Oggi abbiamo raggiunto un altro grande risultato: è stata approvata definitivamente la nuova norma sul voto di scambio politico-mafioso. Il testo che è stato licenziato consentirà di contrastare in modo più efficace ogni ipotesi di infiltrazioni della mafia all’interno della politica. Situazioni gravissime perché incidono sulla massima espressione della democrazia” dicono i portavoce del MoVimento 5 Stelle in Commissione giustizia alla Camera, commentando l’approvazione della proposta di legge che modifica l’art. 416-ter c.p. “È fondamentale, invece, che il voto espresso alle urne sia libero da qualsiasi tipo di condizionamento, specie quello derivante da soggetti legati in qualsiasi modo alle cosche mafiose e al malaffare. Tante sono le novità di rilievo, dall’aumento delle pene al daspo a vita per i politici condannati per questo gravissimo reato. Non possiamo che mostrare la massima soddisfazione per aver fatto un altro passo verso il cambiamento, così da restituire ai cittadini la fiducia nella giustizia e nello Stato“.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/05/14/voto-di-scambio-politico-mafioso-e-legge-forza-italia-e-pd-hanno-votato-contro/5179258/


Ora aspettiamo che si vari una legge elettorale che non sia farraginosa e che preveda che ogni lista e relativo rappresentante si presentino da soli collocandosi preventivamente a sinistra, al centro o a destra e che decidano alleanze solo ad elezioni avvenute.
E' ridicolo vedere rappresentanti di lista appoggiati da altri 10 partitucoli nati dal nulla in una notte di mezzo....inverno.

Cetta.

sabato 11 maggio 2019

Vitalizi Trentino-Alto Adige, la Consulta: “Taglio previsto da legge legittimo”. M5s: “Privilegi e non diritti acquisiti”. - Giuseppe Pietrobelli

Vitalizi Trentino-Alto Adige, la Consulta: “Taglio previsto da legge legittimo”. M5s: “Privilegi e non diritti acquisiti”

Anche se reatroattive, per i giudici, le norme rispondevano a due esigenze fondate. La prima era quella “di ricondurre a criteri di 'equità e ragionevolezza' gli assai favorevoli meccanismi di calcolo dell’attualizzazione degli assegni vitalizi”. La seconda esigenza era quella “di provvedere al contenimento della spesa pubblica”. E la Lega annuncia un nuovo disegno di legge.

I tagli ai vitalizi dei consiglieri regionali del Trentino-Alto Adige decisi nel 2014 non erano incostituzionali. Lo ha stabilito la Consulta che ha esaminato i quesiti posti dal giudice civile di Trento Massimo Morandi e riguardanti la norma che aveva cercato di ridurre gli effetti a favore della casta politica di una precedente legge regionale del 2012. La causa riguardava gli effetti “retroattivi, permanenti ed irreversibili” che vietavano il cumulo con altri vitalizi nazionali o europei oltre i 9.000 euro lordi mensili e prevedeva un taglio del 20 per cento dell’importo erogato dalla Regione.

Le cause erano state promosse dalle vedove di Hans Rubner e di Ioachim Dalsass, che avevano visto ridurre gli assegni di reversibilità mensili lordi da 4.765,89 a 1.895 euro e da 6.761 a 1.895. Altre cause erano state promosse da due ex consiglieri e deputati, Hubert Frasnelli (vitalizio calato da 7.965 a 5.891 euro, che si aggiungeva a 3.108 da deputato nazionale) e Siegfrid Brugger (da 3.543 a 139 euro euro, oltre agli 8.860 incassati da deputato). Erano tagli legittimi e proporzionati? Poteva la Regione prendere una decisione che incideva sui benefici acquisiti? La Consulta dà una risposta precisa e ritiene infondata la censura di incostituzionalità. Anche se retroattive, le norme rispondevano a due esigenze fondate. La prima era quella “di ricondurre a criteri di ‘equità e ragionevolezza’ gli assai favorevoli meccanismi di calcolo dell’attualizzazione degli assegni vitalizi” introdotti da una legge regionale del 2012 e da due delibere dell’ufficio di presidenza del Consiglio regionale nel 2013. La seconda esigenza era quella “di provvedere al contenimento della spesa pubblica”. In particolare, scrivono i giudici della Consulta, “l’intervento legislativo aveva mirato a correggere gli effetti di una normativa che aveva complessivamente determinato un ampliamento della spesa pubblica regionale, in controtendenza rispetto alle generali necessità di contenimento e risparmio perseguite dal legislatore statale, a fronte di una crisi economica di ingente (e notoria) portata”.
La notizia arrivata da Roma ha scatenato qualche scintilla tra Lega e Movimento Cinquestelle. Roberto Paccher, presidente leghista del Consiglio regionale, ha commentato: “Dopo questa storica sentenza, che conferma che si possono tagliare i vitalizi, è mia intenzione presentare un nuovo disegno di legge per trasformare i vitalizi dal sistema retributivo a quello contributivo”. Pungente la replica di Filippo Degasperi, di M5S: “Siamo molto soddisfatti, anche perché la sentenza di fatto chiarisce che la vicenda non riguarda diritti acquisiti, ma privilegi auto-riconosciuti da un’intera classe politica”. Il consigliere trentino punta il dito contro “i commenti entusiastici di rappresentanti appartenenti a partiti che non hanno offerto alcun sostegno alla causa e che anzi, oltre ad aver approvato la legge con cui sono stati distribuiti 96 milioni di euro a circa 150 colleghi ed ex, hanno mantenuto il segreto più rigoroso per quasi due anni sul pagamento degli assegni d’oro”. A che cosa si riferisca Degasperi è presto detto: “Solo l’avvento del M5s, con un’interrogazione a mia prima firma ha scoperchiato il pentolone della legge Vergogna che era stata approvata nel 2012 per acclamazione e senza riserve dal Consiglio regionale”.
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