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giovedì 10 marzo 2022

Una società fittizia girava a Morisi & C. i fondi del Senato. - Davide Milosa

 

LE CARTE - Si chiama Vadolive ed è definita come il “bunker”. Nel 2018 veicolò 260 mila euro del gruppo leghista alla cosiddetta "Bestia", la struttura per la propaganda social di Matteo Salvini.

A fine aprile del 2018, i vertici della Lega mostrano una strana fretta. E non per le elezioni vinte, ma per l’apertura di una piccola e sconosciuta società bresciana. Il 20, Alberto Di Rubba, allora contabile del partito per il Senato, scrive ad Andrea Paganella, tra le persone più vicine a Matteo Salvini. “Società ok trovato tutto!”. Paganella: “Procedete in modo definitivo e risolutivo, altrimenti non tengo più le truppe. E i generali”. Il 2 maggio il tesoriere del partito, Giulio Centemero, scrive all’amico Di Rubba: “Alby il bunker è ok?”. Di Rubba: “Tra un’ora è costituita”. Centemero: “Grande!”. Il 21 maggio l’allora capo della macchina social di Salvini, Luca Morisi, scrive anche lui a Di Rubba: “Ciao Alberto, ti scrivo qui la riga generica sulla mansione dei miei ragazzi bunker”. Il bunker è il nome con cui i “generali” del partito chiamano la Vadolive srl nata il 2 maggio 2018 e nelle cui casse (unica voce di entrata), per circa sei mesi, sono arrivati 260 mila euro pubblici dal gruppo parlamentare del Senato a loro volta, in violazione del regolamento di Palazzo Madama, usati per pagare i collaboratori della stessa società, vicini alla cerchia di Salvini e poi in parte assunti dal Viminale di cui Salvini a giugno diventerà ministro, percependo due stipendi.

Insomma, la storia segreta della Vadolive svela gli interessi non proprio chiari di buona parte dei vertici leghisti, segretario federale compreso. Gestita da prestanomi legati ai due ex contabili del partito, Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni, ma di fatto diretta dai più stretti collaboratori di Salvini, Luca Morisi e Andrea Paganella, la vicenda di questa srl è riassunta in una annotazione di circa 60 pagine scritta dalla Guardia di finanza di Milano nel gennaio scorso e depositata agli atti dell’ultima chiusura indagine che ha riguardato fatti e protagonisti minori della maxi-inchiesta sulla fondazione regionale Lombardia Film Commission. Il documento, per il quale ancora non è stata fatta un’iscrizione, è al vaglio dei magistrati. Tutto si svolge dal maggio 2018 con Salvini prossimo vicepremier e ministro dell’Interno. Scrive la Finanza: “Vadolive” appare “preordinata all’appropriazione di fondi di natura pubblica erogati, per legge, a favore dei Gruppi Parlamentari”. Il regolamento del Senato, come quello della Camera, consente l’utilizzo dei soldi solo per “scopi istituzionali” dei vari gruppi parlamentari. La fretta si diceva. Il 2 maggio 2018 nasce “il bunker” leghista, il 9 Morisi e amici sono assunti da Vadolive che il giorno dopo firma un contratto per 480 mila euro annui con il gruppo Lega al Senato. A siglarlo per il partito è l’allora presidente del gruppo Gian Marco Centinaio, deputato leghista e sottosegretario di Stato nel governo Draghi. Vadolive si impegna alla “promozione social delle attività del Gruppo”. Nulla che si riferisca all’assunzione degli stessi leghisti. Tra questi, Morisi e Paganella, i quali, scrive la Finanza, “con la loro società Sistemaintranet.com vantano rapporti attivi (come fornitori) con la Lega o con entità alla stessa riconducibili, dal 2017 al 2020, per 1,1 milioni”. A chiarire il vero scopo del “bunker” è una nota riservata in cui Di Rubba elenca i collaboratori, pagati con oltre 80 mila euro e precisa: “Costituzione società con spese anticipate da persone di nostra fiducia perché c’era solo fretta di iniziare”. Quindi aggiunge 43 mila euro di spese per “affitto costo loro abitazione”. E cioè un appartamento nel centro di Roma in via delle Tre Cannelle 7. Un simile contratto sarà pensato anche tra “il bunker” e la Camera. Tanto che Andrea Manzoni, contabile per Montecitorio, scrive al deputato Fabrizio Cecchetti, vicepresidente del gruppo, proponendo un contratto annuo con Vadolive per oltre 1 milione. La email è di giugno. Nello stesso mese alcuni collaboratori della srl vengono assunti al Viminale. La cosa crea allarme. Manzoni scrive a Centemero: “Bisogna essere più accorti (…). Molinari (presidente allora del gruppo alla Camera) solleva più di un dubbio sull’eventuale contratto”. Centemero: “È una cosa cui tiene Salvini. Va fatta. Molinari vada lui da Matteo a dire che non può”. Alla fine Molinari non firmerà il contratto, quello con il Senato sarà chiuso nell’ottobre 2018. In totale Vadolive veicolerà per le varie spese legate ai fedelissimi di Salvini 260 mila euro di denaro pubblico.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/10/una-societa-fittizia-girava-a-morisi-c-i-fondi-del-senato/6521126/?utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_campaign=Echobox2021&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR0Fbo1020lwINsoE67zwE9Jrh9YlxMH2Jt66jhzNx1BinBV2HIGXO0h5rE#Echobox=1646902562

giovedì 24 febbraio 2022

Cercansi monetine. - Marco Travaglio

 

Undici anni fa, quando la Camera si coprì di ridicolo trascinando i magistrati di Milano alla Consulta per non aver creduto alla balla di B. su Ruby nipote di Mubarak, la grande stampa dedicò a quello sconcio paginate piene di sdegno e di parole come “vergogna”, “scandalo”, “impunità”. Ieri invece, dopo che il Senato ha concesso il bis trascinando i magistrati di Firenze alla Consulta per non aver creduto alla balla di Renzi sull’immunità parlamentare di un suo amico non parlamentare, le paginate erano su ben altro: la presunta crisi sentimentale fra Totti e Ilary Blasi. Il fatto che Renzi un anno fa abbia fatto il lavoro sporco per conto dei grandi editori e che il Pd nel 2011 fosse sulle barricate contro B. e l’altroieri sulle barricate con Renzi e B. non è casuale. In Italia il “garantismo” è come il patriottismo per Samuel Johnson: “l’ultimo rifugio delle canaglie”. Basta ascoltare le miserevoli dichiarazioni di voto (tutte, eccetto quella impeccabile di Grasso per LeU e quella troppo generica della Castellone per il M5S). Tal Parrini del Pd si arrampica sugli specchi spacciando quel voto eversivo per una disquisizione giuridica per “fare chiarezza con la Consulta”, non sapendo (o, peggio, ben sapendo) che è tutto chiarissimo: per la legge e la Cassazione, le chat sequestrate sui cellulari sono documenti e non corrispondenza e l’immunità parlamentare vale per i parlamentari, non per gli amici che chattano con loro. E il Senato non ha chiesto chiarimenti alla Consulta: ha votato la relazione di FI che accusa la Procura di Firenze di violare la Costituzione.

Per il resto il Senato pare quel vecchio spot dei preservativi, col professore che ne sventola uno in classe chiedendo di chi è e tutti gli allievi rispondono “È mio!”. Il leghista dice che la Lega non difende Renzi, ma la Costituzione, perché i giudici cattivi perseguitano anche il povero Salvini. La forzista dice che FI non difende Renzi, ma la Costituzione, perché i giudici cattivi perseguitano anche il povero Silvio. Il fratello d’Italia dice che FdI non difende Renzi, ma la Costituzione, perché vabbè, i giudici cattivi non hanno ancora fatto nulla alla povera Meloni, ma un cronista cattivo le ha chiesto se ha vaccinato la figlia e con quella “domanda impertinente e fuori luogo ha violentato una madre!”. Una scena strepitosa, che mescola vergogna e ridicolo in un’aula che ha smarrito l’una e l’altro. La perfetta natura morta di una casta autistica e interessata solo alla sua impunità di gregge, che si esibisce davanti a un Paese terrorizzato dal caro bollette, dagli stipendi da fame e dalle conseguenze della crisi ucraina. Una banda larga che, se non avesse tutta la stampa dalla sua, starebbe già rimpiangendo le monetine all’hotel Raphael.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/02/24/cercansi-monetine/6505356/

mercoledì 22 dicembre 2021

Senato, la proposta contro i transfughi: chi cambia casacca perde rimborsi e incarichi e finisce nel gruppo dei “non iscritti”.

 

Il testo base per la riforma del Regolamento del Senato, necessaria in vista del taglio dei parlamentari, è stato discusso nella seduta di Giunta del 21 dicembre. Accogliere transfughi, per i gruppi, non sarà più conveniente dal punto di vista economico: non ci sarà alcun rimborso aggiuntivo. Il numero delle Commissioni permanenti di riduce da 14 a 10, ma si "salva" quella per le Politiche europee di cui si ipotizzava l'accorpamento.

Taglio dei rimborsi e perdita degli incarichi per scoraggiare i cambi di casacca, con i fuoriusciti dai vari gruppi che non potranno iscriversi al Misto approderanno a un “gruppo dei non iscritti” con meno fondi e meno prerogative, ispirato a quello che esiste all’Europarlamento. E la riduzione da 14 a 10, mediante accorpamento, del numero delle Commissioni permanenti. Sono i contenuti del testo base per la riforma del Regolamento del Senato, necessaria in vista del taglio degli scranni (da 315 a 200) che entrerà in vigore dalla prossima legislatura. La proposta, elaborata da un Comitato ristretto con i rappresentanti di tutti i partiti è stata discussa dall’apposita Giunta nella seduta del 21 dicembre, in vista di un’approvazione a cui la presidente dell’assemblea, Elisabetta Casellati, vuol arrivare entro gennaio. I relatori sono il leghista Roberto Calderoli e il grillino Vincenzo Santangelo, che nei mesi scorsi avevano presentato ciascuno un proprio testo, mentre un terzo porta la firma di Gianluca Perilli (M5S).

Se il testo base (che unifica le tre proposte) diventerà realtà, accogliere transfughi per i gruppi parlamentari non sarà più conveniente, almeno dal punto di vista economico: “Nel caso in cui un senatore entri a far parte di un gruppo parlamentare diverso” da quello dichiarato a inizio legislatura, “al gruppo di destinazione non è riconosciuto alcun contributo aggiuntivo“, si legge nella proposta Perilli. Inoltre, a chi cambia gruppo sarà applicata una decurtazione dell’ammontare dei rimborsi riconosciuti per le spese per l’esercizio del mandato, definita sulla base delle deliberazioni adottate dal consiglio di Presidenza: a quanto riporta Repubblica, il rimborso per chi approda ai “non iscritti” sarà ridotto a 4.090 euro al mese, mentre chi cambia gruppo lo vedrà sparire del tutto.

All’interno dei “non iscritti” potranno formare componenti autonome (di almeno tre senatori) soltanto i partiti o i movimenti che hanno eletto almeno un parlamentare alle ultime elezioni politiche. Nel testo unificato si prevede che il passaggio da un gruppo a un altro faccia decadere qualunque incarico parlamentare (presidente o vicepresidente di commissione, segretario, questore) a cui si è stati eletti. La proposta Santangelo, invece, avrebbe voluto sostituire tout court al gruppo Misto quello dei non iscritti. Infine, le commissioni: da 14 scenderanno a 10 (e non a 7 come prevede la proposta Perilli): si dovrebbe “salvare”, come voleva Calderoli, quella per le Politiche europee, che rimarrà autonoma e non sarà accorpata alla Commissione Finanze (come nel testo Santangelo) o a quelle Esteri e Difesa (come nel testo Perilli). “Mi sembra un saggia decisione in sintonia con il quadro europeo e con le decisioni assunte dagli altri Paesi”, commenta il presidente Dario Stefano (Pd).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/21/senato-la-proposta-contro-i-transfughi-chi-cambia-gruppo-perde-rimborsi-e-incarichi-e-il-misto-diventa-non-iscritti-come-a-bruxelles/6433637/

domenica 24 ottobre 2021

Povero Renzi!... Ne azzeccasse una! Open, (o Close?).

 

Immunità si, o immunità no?

Questo è il dilemma.

Dipende da chi è l'eventuale usufruitore: se altri si deve procedere, se si tratta di se stessi no.

Con la fondazione Open - creata per raccogliere fondi da utilizzare per le sue iniziative politiche e ora caduta sotto il mirino della magistratura per: finanziamento illecito ai partiti, traffico di influenze, corruzione e riciclaggio,- rischia un processo, quindi, tramite i suoi avvocati, chiede che venga applicato l'art. 68 della Costituzione, che recita:

"I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nell'esercizio delle loro funzioni.

Senza autorizzazione della Camera alla quale appartiene, nessun membro del Parlamento può essere sottoposto a perquisizione personale o domiciliare, né può essere arrestato o altrimenti privato della libertà personale, o mantenuto in detenzione, salvo che in esecuzione di una sentenza irrevocabile di condanna, ovvero se sia colto nell'atto di commettere un delitto per il quale è previsto l'arresto obbligatorio in flagranza.

Analoga autorizzazione è richiesta per sottoporre i membri del Parlamento ad intercettazioni, in qualsiasi forma, di conversazioni o comunicazioni e a sequestro di corrispondenza."

per evitare che la magistratura usufruisca delle intercettazioni telefoniche e delle email delle quali è entrata in possesso.

Ma il procuratore aggiunto dell'indagine, Luca Turco, ha risposto che, poichè il materiale raccolto proviene da altri indagati che non godono di tale agevolazione, la documentazione raccolta verrà usata in tribunale, per cui il povero Matteo ha dovuto chiedere al Senato che si pronunci sulla sua immunità parlamentare.

A prescindere dal fatto che tale articolo andrebbe cancellato perché crea una differenza di trattamento tra membri del governo, quindi personaggi pubblici designati da noi cittadini perché guidino lo stato e dimostrino una specchiata onestà ed onorabilità, e noi cittadini, in contrasto con quanto recitato dalla Costituzione nell'art. 3:

"Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 237 c. 148 c. 151 c. 1], di razza, di lingua [cfr. art. 6], di religione [cfr. artt. 819], di opinioni politiche [cfr. art. 22], di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese."

Ed a prescindere dal fatto che in passato lui stesso chiese ai suoi colleghi in Parlamento di non usufruire di tale prerogativa perchè lui non l'aveva, con quale coraggio ora la chiede per se stesso?

Ma pensando a Renzi come parlamentare, ricordando che:

- ha militato nella corrente di sinistra con idee di destra;

- ha fatto varare leggi di destra;

- ha proposto di abolire il Senato e si è fatto eleggere al  Senato;

- ha concluso accordi con tutti i partiti di destra; 

- ha fatto cadere un governo di sinistra eletto dal popolo pur dichiarandosi democratico;

... c'è da aspettarsi di tutto, tranne qualcosa di buono, di intelligente e di accettabile.

cetta

lunedì 6 settembre 2021

Bollette, il governo studia il taglio e misure cuscinetto per i rincari. - Celestina Dominelli, Carmine Fotina

 

L’esecutivo apre il cantiere della riforma degli oneri di sistema: possibile prima mossa nel ddl Concorrenza.

Il governo apre il cantiere della riforma degli oneri generali di sistema con l’obiettivo, nel medio-lungo periodo, di alleggerire il “fardello” di quelle voci che in bolletta sono destinate a coprire attività di interesse generale per il sistema elettrico e che, a partire dal 2015, hanno raggiunto un livello pari a 14-15 miliardi annui arrivando a pesare fino a un quarto della spesa totale sostenuta dagli utenti finali.

Nell’immediato, però, in vista della nuova stangata autunnale sulle bollette, provocata dai rincari delle quotazioni delle materie prime per via della ripresa dell’economia mondiale, e dal netto aumento dei prezzi dei permessi di emissione della CO2, si studia un nuova manovra, dopo quella messa in pista agli inizi di luglio, per evitare che gli effetti dell’impennata colpiscano in modo pesante il portafoglio dei consumatori.

Il sostegno alle rinnovabili pesa sul 70% degli oneri.

È un doppio livello, dunque, quello su cui si muove il governo che punterebbe ad affidare allo strumento della delega, come trapela da una bozza del nuovo disegno di legge per la concorrenza, il lavoro di revisione degli oneri inserendolo in una più compiuta riforma della materia, anche nella prospettiva di trasferire sotto la fiscalità generale gli oneri per il sostegno alle energie rinnovabili. Che, stando ai numeri pubblicati dall’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera) nell’ultima Relazione annuale al Parlamento e al governo, rappresentano circa il 70% dei 14,9 miliardi di euro di oneri del 2020 (la cosiddetta componente Asos).

Nella bozza del Ddl, si apre anche alla possibilità che tali oneri vadano a gravare, in modo selettivo, sul consumo di combustibili fossili nel riscaldamento e nei trasporti con meccanismi di gradualità, ma sul punto il confronto è tutt’altro che chiuso. Anche perché il ministero della Transizione ecologica, è quanto si legge nel documento, «ritiene necessaria una compiuta riforma della materia» come peraltro ribadito anche nella proposta di piano per la transizione ecologica, approvato a metà luglio, che vedrà, tra i suoi pilastri, una complessiva e strutturata revisione del sistema fiscale per affrontare le problematiche ambientali.

L’urgenza: tagliare dalla bolletta i costi delle vecchie centrali nucleari.

La strada, quindi, è tracciata anche se le possibili soluzioni sono tuttora al vaglio. Ma una direzione l’ha indicata la stessa Arera che, in più occasioni, da ultimo a ottobre, nell’ambito dell’audizione in Commissione industria al Senato, in merito all’Affare sulla razionalizzazione, la trasparenza e la struttura di costo del mercato elettrico e sugli effetti in bolletta, ha rimarcato la necessità di eliminare fin da subito dalla bolletta «gli oneri non direttamente connessi agli obiettivi di sviluppo ambientalmente sostenibile e quelli finalizzati al contrasto della povertà energetica».

Tradotto: le voci che coprono i costi di smantellamento delle centrali nucleari dismesse e anche gli oneri a copertura del regime tariffario speciale riconosciuto a Rfi per i consumi di elettricità sulla rete tradizionale. Una posizione, quest’ultima, sposata anche dall’Antitrust nella segnalazione di marzo scorso al Parlamento con le proposte di riforma per la legge annuale, secondo cui «alla copertura di tali oneri si può provvedere mediante trasferimenti dal bilancio dello Stato».

L’ipotesi di un intervento cuscinetto contro i rincari.

Fin qui il binario più generale, quindi, ancora da declinare nel dettaglio. Mentre, nel breve periodo, il governo starebbe valutando un nuovo intervento “cuscinetto” per alleviare il peso dei rincari che si annunciano nel prossimo aggiornamento trimestrale delle bollette fissato per fine settembre. Nei giorni scorsi, nel corso di una intervista, anche il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini, ha parlato di un «cantiere aperto» su questo fronte.

E, come già accaduto agli inizi di luglio, un assist prezioso per calmierare l’impatto della stangata potrebbe arrivare dalle aste del mercato europeo dei permessi di emissione di CO2 che stanno facendo registrare ricavi straordinari a causa della tendenza rialzista del prezzo della stessa con proventi pari, nel solo secondo trimestre, a 719 milioni, come documentano i dati pubblicati dal Gse, responsabile del collocamento delle quote di emissioni italiane sulla piattaforma Ue.

Il faro del governo sulle aste della CO2.

Certo, l’entità della manovra è ancora tutta da decidere perché solo da metà settembre l’Arera comincerà a mettere in fila i numeri per capire quale sarà la variazione tariffaria per le bollette, ma intanto l’esecutivo ha acceso un faro con un occhio alle aste della CO2, i cui proventi sono destinati, come prevede l’articolo 15 del decreto di recepimento della direttiva Ue sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (Red II), per la parte che compete al Mite, a coprire, dal 2022, «i costi di incentivazione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica mediante misure che trovano copertura sulle tariffe dell’energia».

È una tessera del percorso più ampio di riforma che, come detto, dovrebbe seguire lo strumento della delega, destinato a dominare buona parte del disegno di legge per la concorrenza che potrebbe arrivare in consiglio dei ministri per metà mese. Il governo pensa infatti di chiedere la delega al Parlamento, per poi agire con decreti legislativi, anche sui servizi pubblici locali, sulle concessioni idroelettriche, sul commercio ambulante, sulla vigilanza dei mercati e conformità dei prodotti. Altre materie invece, dalla sanità ai porti alla mobilità elettrica, dovrebbero entrare nel Ddl senza ricorso alla delega ma anche su questi fronti non si escludono cambiamenti dell’ultim’ora.

IlSole24Ore

martedì 6 luglio 2021

Gioca la Nazionale? E il Senato decide se deve cancellare il taglio dei vitalizi per 700 ex. L’organo di Palazzo Madama convocato alle 19. - Ilaria Proietti

 

Casta - Durante la semifinale dell’Italia.

Quella volta lì, con gli italiani incollati ai destini della Nazionale, il governo Berlusconi pensò bene di varare il decreto salva-ladri per liberare dalle patrie galere i poverelli di Tangentopoli, altro che magie alla Roberto Baggio. E così, quel lontano 13 luglio 1994, pare oggi un ricorso della storia, ché stasera – mentre l’Italia di Roberto Mancini si gioca un biglietto per la finale agli Europei – in 700 ex senatori si giocano la partita della vita: la restituzione dei vitalizi tagliati appena due anni fa e oggetto di una valanga di ricorsi accolti già in primo grado dai “giudici” interni guidati dal più berlusconiano di tutti, Giacomo Caliendo.

Ora si disputa il finale di partita di fronte all’altro forzista Luigi Vitali, che presiede la commissione di appello: ore 19, il fischio di inizio a Palazzo Madama, salvo sorprese dell’ultima ora. Perché c’è già stato un rinvio, ma l’occasione è ghiotta causa ridotta attenzione da tifo pallonaro. E pure per il pressing dell’Associazione degli ex parlamentari, che in settimana ha tirato addirittura in ballo il capo dello Stato Sergio Mattarella lamentando che al Senato e soprattutto alla Camera si fa melina sulla loro pelle e soprattutto sul loro portafogli.

“Al Senato la sentenza di primo grado della Commissione contenziosa è stata impugnata – le parole del presidente Antonello Falomi durante l’assemblea annuale dell’associazione – Non ripeto, in questa sede, il giudizio che abbiamo dato su quell’impugnativa, e sulla connessa decisione del Consiglio di garanzia (ossia l’organismo di appello, ndr), di sospendere, in attesa della conclusione del giudizio, gli effetti della sentenza di primo grado. Il dibattimento tra le parti è terminato ormai da tre mesi, ma la sentenza non è ancora intervenuta, nonostante le nostre continue sollecitazioni”. Durante l’assemblea degli ex parlamentari, Falomi ha denunciato anche “la campagna di odio e denigrazione” perpetrata ai danni dei vitaliziati. Per poi ricapitolare lo stato dei ricorsi: nonostante il piccolo dispiacere di non aver riavuto il malloppo subito all’esito della sentenza Caliendo di primo grado, al Senato la faccenda sembrava in verità mettersi benissimo. Ma poi è deflagrato il caso Formigoni con polemiche annesse: la restituzione del vitalizio ai condannati come il Celeste da parte dell’organismo presieduto da Vitali – grazie ai voti decisivi dei due giudici leghisti, che hanno fatto finire nel tritacarne Matteo Salvini – è, a suo dire, la probabile ragione dello slittamento della decisione sul taglio degli assegni, che dovrà esser decisa nella stessa sede.

“Per l’Associazione degli ex parlamentari, la sentenza che ha eliminato la revoca del vitalizio a Formigoni è ineccepibile”, ha spiegato Falomi auspicando che quei “giudici”, a dispetto delle polemiche che ne sono seguite, siano coerenti. Ossia che non pensino alle ricadute elettorali e restituiscano loro l’agognato malloppo: fatto 30, si faccia anche 31 in quel Senato dove regna Maria Elisabetta Alberti Casellati.

E alla Camera? Roberto Fico pare un osso più duro talché bisogna usare la clava. Perché, stando a Falomi, è accusato di “assistere impassibile, se non complice, a comportamenti che dovrebbe censurare e a violazioni delle regole che dovrebbe far rispettare”. Il presidente della Camera dei deputati avrebbe “lasciato correre, senza battere ciglio, dichiarazioni pubbliche di autorevolissimi esponenti parlamentari che tentavano apertamente di condizionare l’operato dei componenti degli organi di autodichia. Altrettanta inerzia vi è stata, da parte del presidente della Camera, nell’assicurare il rispetto del Regolamento di tutela giurisdizionale di fronte a un Consiglio di giurisdizione chiaramente inadempiente: a due anni e mezzo dal deposito di circa 1400 ricorsi contro il ricalcolo retroattivo con metodo contributivo dei vitalizi e degli assegni di reversibilità il Consiglio di giurisdizione non ha ancora pronunciato la sentenza di primo grado”. Ed ecco allora l’appello a Mattarella perché faccia sentire la sua voce o anche meno, basta che intervenga in favore di Lorsignori. Per i quali, quella sui vitalizi è la linea del Piave: altro che difesa di un privilegio, qui è in ballo l’onore del Parlamento. Patrioti.

ILFQ

sabato 24 aprile 2021

Stop al vitalizio ai condannati: Senato contro Formigoni&C., il segretario generale ha impugnato la decisione in appello. - Ilaria Proietti

 

Sentenza Caliendo: il ricorso di Palazzo Madama.

Ha sfondato quota 100mila firme l’appello con cui il Fatto ha chiesto ai massimi vertici del Senato di rimediare alla decisione di ridare i vitalizi ai condannati portando la questione di fronte alla Corte costituzionale. Sì, perché a Palazzo Madama dieci giorni fa l’organo di giustizia interna presieduto da Giacomo Caliendo di Forza Italia ha cancellato le regole che il massimo organo politico dello stesso Senato si era dato nel 2015 quando aveva deciso di chiudere i rubinetti agli ex inquilini che si fossero macchiati di reati gravissimi, dalla mafia al terrorismo passando per la corruzione. In una sorte di autogolpe, che ha favorito non solo Roberto Formigoni che aveva fatto ricorso per riavere l’assegno, ma pure tutti gli altri, da Berlusconi a Dell’Utri passando per Del Turco a cui era finora rimasto negato per via del casellario giudiziale non esattamente puro come un giglio. Un conflitto tra poteri tutto interno a Palazzo consumato sulla questione dell’argent. Che conta eccome. E ieri Formigoni ha attaccato il Fatto: “Nessun altro esponente di partito si è espresso, riconoscendo la giustezza della Commissione contenziosa. È stato solo il M5S, agitato dal proprio house organ, che è il Fatto Quotidiano, alimentato dagli odiatori, ma ho pietà per loro”.

Non è una pensione.

Così, mentre si riflette sul ricorso alla Consulta, il segretario generale del Senato, Elisabetta Serafin, che guida l’amministrazione di Palazzo Madama, ha impugnato in appello la sentenza di Caliendo&C. Con un ricorso che smonta in radice il presupposto che ha consentito di riaprire i rubinetti a Roberto Formigoni e ad altri 12 condannati (o loro eredi) baciati, diciamo così dalla fortuna. Perché, checché ne dica la Contenziosa, il vitalizio non è affatto una pensione pure se lo si vuol far a tutti i costi credere. “L’affermazione della natura previdenziale dell’assegno degli ex parlamentari che sarebbe contenuta nelle ordinanze delle Sezioni unite del 2019 (ossia la novità giurisprudenziale invocata a sostegno della tesi sostenuta dalla Contenziosa, ndr) non si evince dalla portata delle ordinanze stesse” ha scritto infatti il segretario generale sottolineando come le ordinanze in questione si limitino ad affermare “che il cosiddetto vitalizio rappresenta la proiezione economica dell’indennità parlamentare per la parentesi di vita successiva allo svolgimento del mandato. Ma sulla natura previdenziale non viene specificato nulla di più”.

E non è tutto. Perché nel ricorso il segretario generale evidenzia pure che, per ridare il vitalizio a Formigoni, l’organo di giustizia interna del Senato abbia addirittura smentito se stesso. In altre pronunce precedenti aveva infatti confermato la sospensione del vitalizio ai condannati sulla base della delibera che nel 2015 ha introdotto un nuovo presupposto di onorabilità per poterne godere: ossia le condizioni di dignità e onore che l’articolo 54 della Costituzione prevede per coloro che rivestono cariche pubbliche. Ma allora perché la commissione Caliendo oggi afferma il contrario brutalizzando con l’onta dell’illegittimità la stessa delibera?

La carta: Dignità e onore.

E sì che, come ricorda anche nel ricorso la Serafin, prima di decidere lo stop degli assegni ai condannati, era stata fatta una istruttoria approfondita con la richiesta di pareri a costituzionalisti ma anche al Consiglio di Stato che aveva dato semaforo verde. Anche perché il provvedimento che stabilisce la sospensione dell’assegno al venir meno delle condizioni di dignità e onore, era stato modellato sulla legge Severino (che ha stabilito che le condanne di un certo tipo facciano venir meno il requisito soggettivo per il mantenimento delle cariche pubbliche) ritenuta perfettamente legittima dalla Corte costituzionale.

Ora grazie a Caliendo&C. si vorrebbe tornare all’antico, ma non senza conseguenze.

Perché quella decisione adottata peraltro non per il solo Formigoni ma erga omnes, espone il Senato non solo alle critiche e allo sdegno, ma pure “alla restituzione di rilevanti importi verso i dodici senatori nei confronti dei quali è cessata da anni l’erogazione del trattamento”. Con l’ulteriore complicazione che se in Appello la sentenza venisse ribaltata, l’amministrazione dovrebbe recuperare le somme provvisoriamente ripristinate. Per questo il segretario generale oltre a fare appello ha chiesto che la sentenza, immediatamente messa in esecuzione da Sua Presidenza Casellati, venga sospesa in attesa della definizione del giudizio di secondo grado.

ILFQ

mercoledì 20 gennaio 2021

Ora però piantatela. - Marco Travaglio

 

Viste le premesse, in Senato poteva andare molto peggio. Ma anche molto meglio, se nel Pd tutti avessero remato nella stessa direzione come nel M5S e in LeU. Quattro giorni fa il dem Walter Verini dichiarava al Dubbio che i parlamentari scippati da Iv al Pd “non c’è bisogno di andarli a cercare”, perché il loro “smarrimento si tocca con mano”. Possibile che in quattro giorni il Pd non sia riuscito a riconquistarne nemmeno uno in Senato? Del resto domenica è stato Di Maio, non il suo capogruppo Delrio, a scoprire che l’ex leader e deputato del Pd Maurizio Martina pensava di astenersi sulla fiducia perché in procinto di passare alla Fao, quando ancora i giallorosa temevano di mancare la maggioranza assoluta pure alla Camera, e a convincerlo a votare in extremis. L’impressione è che una parte del Pd sperasse di sfregiare il premier, per tenerlo in piedi ma zoppo e forzargli la mano in vista di un rimpastone o addirittura di un nuovo governo con chi scalpita all’uscio di Palazzo Chigi, magari al posto di ottimi ministri come la Lamorgese.

Il che fa tremare al pensiero dello spettacolo che potremmo ciucciarci nei prossimi giorni: un nuovo mercato delle poltrone che paralizzi il governo per altre settimane, cioè un pernacchione in faccia agli italiani che da ieri sera speravano di aver archiviato questa crisi demenziale. Il governo l’ha sfangata. E Conte è riuscito, almeno per ora, nel capolavoro di liberarci dai due massimi irresponsabili della politica: i due Matteo. Ma se il governo perderà altro tempo non per rimpiazzare i ministri che i rispettivi partiti ritengano inadeguati e riempire le caselle vuote con un riconoscimento ai nuovi venuti, ma per rimettere tutto in discussione, peggio se con una crisi formale per il “Conte ter” che richiederebbe giorni e giorni di chiacchiere inutili e incomprensibili, si giocherà la fiducia di quella maggioranza di italiani che dicono: “Meglio un governo coi responsabili che con gli irresponsabili”. E potrebbe financo resuscitare i due Matteo, che al momento languono al minimo storico della loro parabola politica. L’Innominabile, supportato dagli opinionisti della destra e della sinistra salviniana, ha tentato anche ieri di rivoltare la frittata con le solite balle. Ha persino attribuito la crisi più pazza del mondo a un fantomatico “arrocco personale” di Conte contro di lui, quando tutti sanno che è accaduto l’opposto: è stato lui a rovesciare il governo ritirando la sua delegazione e dando al premier del “vulnus per la democrazia”. Ma a furia di sentir ripetere quelle panzane, col coro della stampa dei padroni alle spalle, i ricordi sbiadiranno. E, se gli italiani non vedranno subito un governo che si rimette al lavoro, risorgeranno anche i morti.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2021/01/20/ora-pero-piantatela-2/6071651/

mercoledì 9 dicembre 2020

Conte alla maggioranza: 'Serve coesione per battersi in Ue'. Iv firma la risoluzione sul Mes - DIRETTA

 

Il premier parla in Aula alla Camera in vista della riunione del Consiglio Europeo e ribadisce le aperture all'opposizione. Resta alta la tensione sul Recovery.


"Il governo ha bisogno anche della massima coesione delle forze di maggioranza per continuare a battersi in Ue. Il confronto dialettico è segno di vitalità e ricchezza ma è senz'altro salutare che sia fatto con spirito costruttivo e che non ci distragga dagli obiettivi".

Lo dice il premier Giuseppe Conte nelle comunicazioni alla Camera. Intanto Iv, dopo aver ascoltato le comunicazioni del premier Giuseppe Conte alla Camera, ha firmato la risoluzione di maggioranza sulla riforma del Mes

Ieri le tensioni di ieri sul Recovery Fund. La ministra delle Pari Opportunità, Elena Bonetti, oggi è arrivata a mettere sul piatto le proprie dimissioni sulla questione. "Io - ha detto a Radio Capital replicando sulla questione della task force -sarei pronta a dimettermi nel momento in cui non avrei più la possibilità di rispondere al giuramento che ho fatto. Ho giurato sulla Costituzione Italiana che prevede un processo democratico che deve essere tutelato e mantenuto. Nel momento in cui non fossi messa nelle condizioni di rispettare questo giuramento, anche per coscienza personale, sì sarei pronta anche a dimettermi".

LA DIRETTA

  

"Spesso ho rivolto appello all'opposizione e in alcuni passaggi ho trovato ascolto. Il tavolo del confronto rimane sempre aperto", ha detto ancora il premier

"I cittadini dei 27 Paesi - dice Conte - non perdonerebbero un segnale che contraddica" quella che è stata una svolta "irreversibile delle politiche dell' Ue". Il premier sottolinea la necessita di "superare i veti ungheresi e polacco" sul Recovery plan. "Sosteniamo gli sforzi della presidenza tedesca per una soluzione rapida dello stallo", aggiunge.

Sulla riforma del Mes "resta la responsabilità delle Camere sulla ratifica" del trattato. Ma "per cambiare l'Ue è decisiva ben altro percorso. L'Italia si farà promotrice di una proposta innovatrice per integrare il nuovo Mes nell'intera archietettura europea. Il modello a cui ispirarsi lo abbiamo già adottato, è il Next Geeneration Eu". "Com'è noto la riforma del Mes conteneva il backstop che è obiettivo cardine per il nostro Paese. Grazie al contributo italiano l'Eurogruppo ha trovato un'intesa per introdurlo con due anni di anticipo".

Aula quasi al completo a Montecitorio durante le comunicazioni del presidente del Consiglio Giuseppe Conte in vista del prossimo Consiglio Europeo. Tutti i posti disponibili nell'emiciclo di Montecitorio, al netto di quelli necessariamente vuoti per garantire il distanziamento, sono occupati dai deputati. Vuote, invece, le tribune ed il transatlantico. Conte parla accanto ai ministri Gualtieri, Amendola, D'Incà e Speranza.

"La lotta al cambio climatico è priorità per l'Italia. E' essenziale che gli obiettivi di Cop 26, che ospiteremo l'anno prossimo, siano accompagnati da incentivi economici per la transizione verde", è un altro passaggio dell'interveno di Conte.

Il governo di Conte sempre più stretto da un lato dalle proteste degli 'ortodossi' dei Cinque Stelle, dall'altro dalle richieste dei rappresentanti di Italia Viva.

Lo scoglio del voto sulla riforma del Mes di oggi a Palazzo Madama, sembra essere ormai superato, grazie a un'intesa su una risoluzione unitaria. Ma la tensione resta, con Iv sulle barricate contro la cabina di regia proposta da Conte. Matteo Renzi, intervenendo a un convegno su zoom organizzato da Eureca, l'ha detto apertamente: "Sulla task force Conte si fermerà, ma se si impunta il Parlamento è sovrano". Come dire, escludendo il ricorso alle urne, di cui nessuno vuole sentir parlare, alla fine vale il detto celebre usato per i Papi, morto un governo se ne fa un altro. Sì, ma come? Già questa legislatura è nata all'insegna delle variabili più diverse e tutti e due esecutivi sono nati all'interno del Parlamento. Ora ci si chiede se ciò possa essere possibile per una terza volta. Sinora i due governi, del tutto diversi, hanno avuto però un elemento costante: la presenza dei Cinque Stelle, primo gruppo sia alla Camera che al Senato.

Numeri alla mano, non è per nulla facile solo pensare una maggioranza al Senato senza i 92 senatori pentastellati . i 35 del Pd e i 18 di IV. Un'alleanza ipotetica - e comunque negata da tutti gli attori - tra Fi (54 senatori), Pd (35), Iv (18), Autonomie (9), e alcuni del Misto (una quindicina), sarebbe ferma attorno ai 131 voti. Alla quota minima dei 161 consensi mancherebbero almeno una trentina di senatori. Si potrebbe già escludere che Fratelli d'Italia, forte di 18 senatori, possa appoggiare un governo con il Pd. Per le stesse ragioni, uguali ma opposte, difficilmente i 4 senatori LeU starebbero al governo con il partito di Silvio Berlusconi. 

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/12/08/mes-attesa-per-le-comunicazioni-di-conte-tensione-sul-recovery-diretta_8fdd52a7-9109-4f1a-86e1-1a00f7368440.html

lunedì 30 novembre 2020

LA CAMPANELLA DI PARTE. - Rino Ingarozza

 

Penso che l'altro giorno, in Senato, si sia rasentato il ridicolo. Non solo, è accaduto qualcosa di grave in quanto, qualcuno, è venuto meno al proprio dovere istituzionale di imparzialità, di super partes.
Parlo, ovviamente, della Presidente ( o, preferite Presidenta o Presidentessa) del Senato, Elisabetta Alberti Casellati.
Ma andiamo con ordine.
Aveva iniziato a parlare il Senatore 5 stelle, Giovanni Endrizzi.
Appena ha cominciato ad aprire bocca, tutta la destra si è messa ad urlare, non si sa bene perché, visto che aveva soltanto detto che era stato fermato da una ragazza di Padova. La Presidente Alberti Casellati ha chiesto si, il silenzio, ma non perché il Senatore aveva diritto ad esprimersi, ma perché "sentiamo dove vuole arrivare" .....dove vuole arrivare? E lei chi è per dire questa frase? Come si permette? Le ricordo che siede sulla poltrona più alta del Senato, per garantire tutti e non per polemizzare con chi sta parlando. Le ricordo che Lei non può, in alcun modo, ammiccare alla sua parte politica e fare gli interessi di questa. Le è chiaro? Lei è un arbitro, né più, né meno. Come si permette a fare, tra l'altro in maniera strafottente, da portavoce ai Senatori che sbraitano?
Ma non è mica finita qui. La signora Alberti Casellati doveva, ancora, dare il meglio di sé.
Nel suo discorso, più volte interrotto, il Senatore del Movimento 5 stelle, ha poi detto che la destra aveva candidato una persona come Jole Santelli, definendola figura di alto profilo istituzionale, ma, ha aggiunto, anche un personaggio come Domenico Tallini che, praticamente, era nel mirimo della magistratura e che era stato segnalato come impresentabile, dalla commissione antimafia, di cui la Santelli era vicepresidente e della quale facevano parte elementi della Lega e di Fratelli d ....del duce. Quindi, si chiedeva il Senatore Endrizzi, dove fosse la coerenza.
Non l'avesse mai detto. La Casellati si è messa a sbraitare contro di lui, dicendo di non peggiorare la situazione, dicendo queste cose. " Non si può parlare di una persona morta" ha detto gridando (come quelli che sono in cerca di un applauso). E meno male che aveva premesso che la Santelli era una persona rispettabile e di alto profilo istituzionale, altrimenti avrebbe chiamato dei cecchini per farlo fuori.
Si è messa a gridare come il peggior Sgarbi, ma per una cosa che non c'entrava niente. Mi dice, egregia
Presidente, dove avrebbe mancato di rispetto ad una persona defunta? Ce lo dica ......glielo ha anche chiesto Endrizzi, ma si è guardata bene dal rispondere. E il Senatore le ha anche detto, la prossima volta, di scriverlo Lei, quello che doveva dire.
Magari se si rasa anche i capelli a zero e si mette le mani sui fianchi, allora è perfetta. Entra di più nel personaggio.
Io, al contrario del Senatore, Le faccio un'altra domanda e cioè:
Ma Lei a chi vuole prendere per il culo?
Lei non si è adirata per le parole sulla Santelli, non ce n'era motivo.
Lei si è messa a gridare perché il discorso si stava facendo compromettente, per Lei e per la sua parte politica. Ancora una volta ha cercato di spostare l'attenzione su altro, su una cosa che non esiste. Perché vi rode quando si parla dei vostri inquisiti, dei vostri arrestati, dei vostri collusi. Ha capito che qualcuno dei vostri avrebbe dovuto dare delle spiegazioni su questa candidatura e allora l'ha buttata in caciara. E lo ha fatto venendo meno al suo obbligo istituzionale. Lei non può interrompere un Senatore che sta parlando, per fare un comizio. Lei è una mistificatrice, un abominevole, squallido personaggio che fa becera propaganda partitica da una poltrona istituzionale. Se vuole fare politica, si dimetta dalla sua carica e si confronti sugli scranni del Parlamento e non faccia la voce grossa dall'alto della sua carica per dar voce agli ordini del suo padrone.
È questo che le ha ordinato? Zittire chi avrebbe chiesto spiegazioni sulla candidatura di uno accusato di collusione con la mafia? Certo, non potevate mica dire che lo avete fatto perché portava voti, questo proprio non lo potevate dire.
I parlamentari sono i rappresentanti del popolo e non dei burattini collodiani che si muovono agli ordini di odierni Mangiafuoco e il popolo chiede a gran voce "Perché avete candidato uno in odore di mafia?"
Potete fare quel che volete, anche sbraitare nelle "vostre trasmissioni" dicendo che i 5 stelle sono il cancro della politica, con una bella dosa di faccia tosta, anche perché, a dirlo, è stato uno di Forza Italia e, quindi, un discendente politico del mafioso Dell'Utri, ma non vi potete nascondere per sempre.
E allora mi faccia il piacere, stia al suo posto e usi la campanella per zittire le persone maleducate, mentre qualcuno sta, semplicemente, chiedendo quello che il popolo vuole sapere.
La usi, la campanella, ma per zittire Lei.
Rino Ingarozza

mercoledì 22 luglio 2020

Conte al Senato, il risultato della trattativa appartiene all'Italia intera.


Il premier Conte al Senato. Foto d'archivio.

Il premier: 'La classe politica ha dato prova grande maturità' e cita Delors.

"Si è trattato di un vertice straordinario anche in termini di complessità. L'intesa raggiunta rappresenta senza dubbio un passaggio fondamentale che ci spinge ad affermare che l'Ue è stata all'altezza della sua storia". Lo ha detto il premier Giuseppe Conte nelle comunicazioni al Senato aggiungendo che "l'Ue sta affrontando una crisi che ha coinvolto Paesi e scosso la vita cittadini europei, costringendo a riconsiderare in modo repentino prospettive e sviluppo. Nel corso di questi mesi l'Ue ha saputo rispondere con coraggio e visione fino ad approvare per la prima volta un ambizioso programma di bilancio. Si è radicato un mutamento di prosettiva".
Il DIBATTITO IN AULA - DIRETTA
  
"L'approvazione del poderoso piano di finanziamento - ha proseguito il premier - è interamente orientato alla crescita economica, allo sviluppo sostenibile e alla transizione ecologica. In favore di un' Ue più coesa, più sociale, più vicina ai cittadini, certamente più politica. E' l'unico percorso possibile per preservare l'integrità del mercato unico e la stabilità stessa dell'unione monetaria. Un intenso impegno politico e diplomatico iniziato ben prima del vertice ha consentito di vedere confermato il volume complessivo della proposta: 750 miliardi di euro, quindi la proposta è rimasta integra".
L'INTERVENTO DEL PREMIER. 
   
A Bruxelles, spiega "è stata confermata una risposta ambiziosa, adeguata alla posta in gioco. E in questa prospettiva abbiamo lavorato non solo per preservare il nostro Paese ma anche le prerogative delle istituzioni Ue, da alcuni tentativi insidiosi" nei confronti della stessa Europa. "Ci sono stati dei momenti in cui la rigidità delle differenti posizioni sembrava insuperabile. Ma anche in quei momenti continuava a maturare la consapevolezza di un profondo senso di responsabilità. Non potevamo fallire, accedere a un mediocre compromesso o rinviare la soluzione. Il risultato non appartiene ai singoli, neppure a chi vi parla, al governo, o alle forze di maggioranza. Appartiene all'Italia intera". 
"Desidero ringraziare tutti i ministri che non hanno mai fatto mancare il loro sostegno, una menzione particolare al ministro Amendola che era con me a Bruxelles. E mi sento davvero di ringraziare tutte le forze di maggioranza: avete sostenuto in modo compatto il governo. Però permettetemi di ringraziare l'opposizione che pur nella diversità delle differenze ha capito l'interesse nazionale. La classe politica italiana nel suo complesso ha dato prova di grande maturità. Ringrazio poi tutti i cittadini italiani".
"Un risultato politicamente rilevante dell'intensa azione politica e diplomatica è che il meccanismo di governance preserva le prerogative della commissione Ue. I piani saranno approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata ma singoli esborsi saranno decisi dalla commissione Ue. Anche il freno di emergenza avrà una durata massima di tre mesi e non potrà prevedere un diritto di veto". Il meccanismo dell' "unanimità avrebbe imprigionato lo strumento chiave della ripresa in veti incrociati tra Paesi membri. Su questo punto l'Italia ha tenuto la sua linea rossa".
"Ho ritenuto mio dovere essere qui per riferire sul Consiglio europeo che ha assunto decisioni di portata storica. L'Ue Ha saputo rispondere con coraggio e visione fino ad approvare un ambizioso programma di rilancio. Siamo chiamati ad un forte e profondo impegno per far si che il percorso riformatore abbia concreta attuazione. Del piano di riforme abbiamo già posto le basi. Il piano della ripresa sarà un lavoro collettivo, ci confronteremo con il Parlamento. Dobbiamo impegnarci anche per aumentare la fiducia nelle istituzioni italiane e nell'Ue".
Il premier ha spiegato poi che sarà necessario "impiegare in maniera efficiente le risorse, la crisi da Covid ha reso evidente alcune storiche criticità, questo governo si assume la responsabilità di predisporre e realizzare un piano con determinazione e lungimiranza. La credibilità dell'Italia in Ue passa anche dal saper dimostrare di cogliere questa opportunità storica, non farlo sarebbe un errore epocale di cui non potremmo accusare l'Ue".
"Il fiore della speranza è tornato al centro del giardino europeo". E' con una citazione di Jacques Delors che il premier Giuseppe Conte conclude il suo intervento al Senato descrivendo l'importanza dell'accordo raggiunto a Bruxelles.
GLI INTERVENTI IN AULA.
SANTANCHE' - "Basta soldi per le marchette, i fondi siano spesi per le Infrastrutture e per la scuola perchè fino a quando le scuole non riaprono l'Italia non può ripartire. Noi siamo patrioti ma il nostro giudizio sul governo è pessimo, sino ad ora non ne avete indovinata una". Lo afferma Daniela Santanchè, senatrice di Fratelli d'Italia nel corso del dibattito dopo l'informativa di Conte.
RENZI - "L'europa ha fatto bene a differenza del 2012, ma lei é stato bravo e noi gliene diamo atto e se questa è la strada noi saremo al suo fianco e di chi sceglierà sempre l'Europa". Lo ha detto Matteo Renzi, leader di Iv, intervenendo in Aula al Senato e rivolgendosi al premier Conte dopo la sua informativa sul vertice Ue. "Adesso il tempo ci riempie di responsabilità non abbiamo piu alibi. O faremo scelte coraggiose o saremo portati via dall'onda delle aspettative che abbiamo creato" ha detto Renzi sottolineando che "non c'è stato in 30 anni un governo con queste risorse a disposizione e non ce ne sarà uno nei prossimi 30 anni. E' un fatto epocale, ha ragione lei quando ha auspicato il coinvolgimento delle opposizioni. Abbiamo uno spazio politico pazzesco, è lo spazio della politica". Renzi ha quindi citato tre ambiti, il digitale, la moda e la sanità, in cui per l'Italia si aprono opportunità per far fare un salto in avanti al Paese. La sanità nel prossimo decennio avrà bisogno di molti investimenti "per questo - ha proseguito - la invitiamo a riflettere attentamente sul Mes: i 37 miliardi del Mes hanno una condizionalità inferiore a quelli del Recovery Fund. Invito tutti, trovatemi un presidente di Regione o un candidato che dica no al Mes".
BONINO - "Sono stata e sono all'opposizione dell'esecutivo in molti degli atti del governo, ma in questa mia opposizione costruttiva riconosco gli esiti positivi del negoziato. L'accordo è importante, penso che si sia operato in modo costruttivo da mesi il che dimostra che i pugni sul tavolo all'improvviso non servono. Il suo governo però sarebbe stato più forte se avesse portato progetti di riforme definiti e se non ci fosse l'equivoco sul Mes". Lo afferma la senatrice di Più Europa Emma Bonino nel corso del dibattito dopo l'informativa del premier Conte. "Abbiamo una fame di liquidità enorme tant'è che si pensa ad un nuovo scostamento di bilancio. C'è qualcuno che mi dice che non c'è bisogno di interventi nella sanità o nelle scuole? Basta il recovery fund? No, quello è nel 2021 il Mes invece è ora, e consente anche spese correnti su tema sanitario e istruzione. Io sono convinta che l'Ue ha fatto il suo lavoro, ora tocca a noi, serve la responsabilità italiana".
SALVINI - "Noi abbiamo ascoltato in religioso silenzio, ora lasciate parlare chi è maggioranza nel Paese . Noi parliamo a nome della maggioranza degli italiani. Presidente Conte lei ha dato le patenti di opposizione brava o cattiva se qualcuno contesta qualcosa non lo fa perché è cattivo ma perché non abbiamo le fette di salame sugli occhi". Lo afferma il leader della Lega Matteo Salvini a chi lo contestava in Aula.
PICHETTO - "Forza Italia apprezza il risultato raggiunto, per l'Europa e l'Italia, e lei ha fatto il suo dovere". Lo ha detto il senatore di Forza Italia Gilberto Pichetto Fratin, intervenendo in Aula al Senato dopo l'informativa del premier Conte sul vertice europeo.