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mercoledì 22 dicembre 2021

Senato, la proposta contro i transfughi: chi cambia casacca perde rimborsi e incarichi e finisce nel gruppo dei “non iscritti”.

 

Il testo base per la riforma del Regolamento del Senato, necessaria in vista del taglio dei parlamentari, è stato discusso nella seduta di Giunta del 21 dicembre. Accogliere transfughi, per i gruppi, non sarà più conveniente dal punto di vista economico: non ci sarà alcun rimborso aggiuntivo. Il numero delle Commissioni permanenti di riduce da 14 a 10, ma si "salva" quella per le Politiche europee di cui si ipotizzava l'accorpamento.

Taglio dei rimborsi e perdita degli incarichi per scoraggiare i cambi di casacca, con i fuoriusciti dai vari gruppi che non potranno iscriversi al Misto approderanno a un “gruppo dei non iscritti” con meno fondi e meno prerogative, ispirato a quello che esiste all’Europarlamento. E la riduzione da 14 a 10, mediante accorpamento, del numero delle Commissioni permanenti. Sono i contenuti del testo base per la riforma del Regolamento del Senato, necessaria in vista del taglio degli scranni (da 315 a 200) che entrerà in vigore dalla prossima legislatura. La proposta, elaborata da un Comitato ristretto con i rappresentanti di tutti i partiti è stata discussa dall’apposita Giunta nella seduta del 21 dicembre, in vista di un’approvazione a cui la presidente dell’assemblea, Elisabetta Casellati, vuol arrivare entro gennaio. I relatori sono il leghista Roberto Calderoli e il grillino Vincenzo Santangelo, che nei mesi scorsi avevano presentato ciascuno un proprio testo, mentre un terzo porta la firma di Gianluca Perilli (M5S).

Se il testo base (che unifica le tre proposte) diventerà realtà, accogliere transfughi per i gruppi parlamentari non sarà più conveniente, almeno dal punto di vista economico: “Nel caso in cui un senatore entri a far parte di un gruppo parlamentare diverso” da quello dichiarato a inizio legislatura, “al gruppo di destinazione non è riconosciuto alcun contributo aggiuntivo“, si legge nella proposta Perilli. Inoltre, a chi cambia gruppo sarà applicata una decurtazione dell’ammontare dei rimborsi riconosciuti per le spese per l’esercizio del mandato, definita sulla base delle deliberazioni adottate dal consiglio di Presidenza: a quanto riporta Repubblica, il rimborso per chi approda ai “non iscritti” sarà ridotto a 4.090 euro al mese, mentre chi cambia gruppo lo vedrà sparire del tutto.

All’interno dei “non iscritti” potranno formare componenti autonome (di almeno tre senatori) soltanto i partiti o i movimenti che hanno eletto almeno un parlamentare alle ultime elezioni politiche. Nel testo unificato si prevede che il passaggio da un gruppo a un altro faccia decadere qualunque incarico parlamentare (presidente o vicepresidente di commissione, segretario, questore) a cui si è stati eletti. La proposta Santangelo, invece, avrebbe voluto sostituire tout court al gruppo Misto quello dei non iscritti. Infine, le commissioni: da 14 scenderanno a 10 (e non a 7 come prevede la proposta Perilli): si dovrebbe “salvare”, come voleva Calderoli, quella per le Politiche europee, che rimarrà autonoma e non sarà accorpata alla Commissione Finanze (come nel testo Santangelo) o a quelle Esteri e Difesa (come nel testo Perilli). “Mi sembra un saggia decisione in sintonia con il quadro europeo e con le decisioni assunte dagli altri Paesi”, commenta il presidente Dario Stefano (Pd).

https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/12/21/senato-la-proposta-contro-i-transfughi-chi-cambia-gruppo-perde-rimborsi-e-incarichi-e-il-misto-diventa-non-iscritti-come-a-bruxelles/6433637/

mercoledì 18 marzo 2020

Berlusconi: in 20 anni, 784 milioni di rimborsi e finanziamenti elettorali - Primo Di Nicola, Francesco Giurato e Antonio Pitoni

Berlusconi: in 20 anni, 784 milioni di rimborsi e finanziamenti elettorali

Praticamente 110 mila euro al giorno. Ecco quanto l'ex Cavaliere ha incassato dalla sua discesa in campo. Attraverso Forza Italia e il Popolo della Libertà. Utilizzando le diverse leggi che hanno reintrodotto i contributi pubblici alla politica. Aboliti dagli italiani con il referendum del 1993. (art. di aprile 2015)
Una montagna di soldi. Quasi 800 milioni di euro in vent’anni. E’ la cifra che l’ex premier Silvio Berlusconi, oggi decaduto e ineleggibile in Parlamento dopo una condanna definitiva per frode fiscale, è riuscito ad incassare dallo Stato con finanziamenti e rimborsi elettorali. Dalla sua discesa in campo nel 1994, attraverso Forza Italia (Fi) e il Popolo della libertà (Pdl), nato nel 2007. Per la precisione, come risulta dai bilanci delle forze politiche che ilfattoquotidiano.it ha consultato, 784 milioni 182 mila 330 euro, l’equivalente di 1.518 miliardi 388 milioni 720 mila 109 lire. Una paghetta, per  lui, di circa 110 mila euro al giorno. Nonostante nel 1993, appena un anno prima del debutto azzurro, sulla scia degli scandali di Tangentopoli, gli italiani avessero decretato con un referendum plebiscitario l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti.
FONDO MILIONARIO Con le politiche del 1994, segnate dal successo del Cavaliere contro “la gioiosa macchina da guerra” di Achille Occhetto, oltre che di consensi, Fi fa subito incetta anche di miliardi. Grazie ad un blitz parlamentare che, a pochi mesi dal risultato referendario, come per magia, introduce il «contributo per le spese elettorali» ripristinando di fatto il finanziamento pubblico appena abrogato dal 90,3% degli elettori italiani. Lo stratagemma adottato è quello della costituzione del fondo per le spese elettorali: una torta da 90 miliardi 845 milioni di lire (46,9 milioni di euro) da dividere tra i partiti in base ai voti ottenuti. L’equivalente di 1.600 lire per ogni cittadino italiano, che consente a Forza Italia di incassare 33,7 miliardi del vecchio conio (17,4 milioni di euro). Un sistema che resterà in vigore fino al 1997, giusto il tempo di versare nel salvadanaio azzurro altri 12,9 miliardi di lire (6,6 milioni di euro) nel 1995, anno delle amministrative, e consolare il Cavaliere con 20,3 miliardi (10,5 milioni di euro) per la sconfitta rimediata dall’Ulivo di Romano Prodi alle politiche del 1996. Passa un anno e gli italiani sono chiamati ancora al voto per una nuova tornata amministrativa. Mentre gli alchimisti parlamentari si rimettono al lavoro per ritoccare di nuovo il sistema di calcolo dei contributi elettorali. Con una legge in vigore dal 2 gennaio 1997 che introduce «la contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici». In pratica i contribuenti possono destinare il 4 per mille dell’imposta sul reddito al finanziamento di partiti e movimenti politici (ma senza scegliere il partito), per un totale massimo di 110 miliardi di lire (56,8 milioni di euro). Inoltre, per il solo 1997, una norma transitoria ingrossa ancora di più la torta fissando a 160 miliardi di lire (82,6 milioni di euro) il tesoretto del fondo per l’anno in corso. E così, anche l’assegno di Forza Italia diventa più ricco: 30 miliardi di lire (15,5 milioni di euro). Prima che, per effetto del nuovo regime, si riduca a 20,8 miliardi di lire (10,7 milioni di euro) nel 1998.
INCASSI RECORD Per i partiti è un campanello d’allarme: solo una minima parte dei contribuenti ha aderito alla contribuzione volontaria. Così, mentre si marcia al ritmo di un’elezione l’anno, nel 1999, con il voto per il rinnovo del Parlamento europeo in calendario, il Parlamento dispone l’ennesima modifica alla disciplina dei contributi pubblici. E al sistema del 4 per mille subentrano i rimborsi elettorali. Una formula dietro la quale si nasconde il totale ripristino del finanziamento pubblico dal momento che l’entità dei rimborsi è del tutto sganciata dalle spese effettivamente sostenute per la campagna elettorale. Si ritorna, infatti, ad un contributo fisso di 4.000 lire per abitante che fa lievitare a quasi 200 miliardi il fondo per le spese elettorali messo a disposizione dallo Stato. Non solo. La riforma prevede cinque diversi fondi ai quali i partiti potranno attingere: per le elezioni alla Camera, del Senato, del Parlamento Europeo, dei Consigli regionali, e per i referendum. Insomma, piovono soldi per ogni tornata. Con un paletto: i rimborsi vengono pagati in cinque rate annuali in caso di legislatura politica completa, mentre l’erogazione è interrotta in caso di fine anticipata della legislatura. Il nuovo sistema entrerà in vigore a partire dalle politiche del 2001. Intanto, nel 1999, oltre alla vittoria delle Europee con il 25,16% dei voti, Forza Italia festeggia anche il mega assegno da 43,9 miliardi di lire (22,6 milioni di euro) incassato dallo Stato. Cifra leggermente inferiore rispetto ai 44,8 miliardi (23,1 milioni di euro) intascati nel 2000, quando gli italiani sono chiamati di nuovo alle urne per il rinnovo dei consigli regionali. E siamo al 2001. Va in scena l’election day: politiche e amministrative accorpate in un unico scrutinio. Forza Italia torna al governo del Paese e incassa il rimborso record nell’ultimo anno della lira: 124,8 miliardi (64,4 milioni di euro).
PIOGGIA DI DENARO Dal 2002 arriva l’euro. E mentre gli italiani fanno i conti con gli indiscriminati aumenti dei prezzi, trascinati al rialzo dall’innaturale equivalenza “mille lire uguale un euro”, anche in Parlamento si mettono al passo con i tempi. E le vecchie 4.000 lire di contributo vengono arrotondate a 5 euroun euro per ogni voto ottenuto moltiplicato per ogni anno di legislatura, da corrispondere in 5 rate annuali. Insomma, con il passaggio alla moneta unica europea, l’ammontare complessivo da erogare a favore dei partiti nell’arco di una singola legislatura più che raddoppia passando da 193,7 a 468,8 milioni di euro (907,8 miliardi di vecchie lire). E mentre cambia la valuta, non cambia invece la frequenza delle elezioni. Stavolta si vota per le amministrative e per Forza Italia l’ingresso nella moneta unica si dimostra subito un ottimo affare: poco più di 80 milioni di rimborsi elettorali. I contributi dello Stato per il 2003, invece, sono poca cosa: nel conto economico di quell’anno figurano appena 1,2 milioni di euro, rimborsati per le elezioni regionali del Friuli Venezia Giulia. Ma già l’anno successivo, con il rinnovo del Parlamento europeo, Forza Italia torna ad incassare un assegno di oltre 55 milioni di euro. E dopo i 40,7 milioni maturati nel 2005, anno delle elezioni regionali, gli azzurri fanno il botto nel 2006 con il primo assegno a sei cifre dell’era euro da 134,2 milioni. Tutto sommato una consolazione niente male per la seconda sconfitta subita da Berlusconi alle politiche per mano di Prodi dopo quella del 1996. Una pioggia di denaro pubblico frutto dell’ulteriore intervento legislativo sulla disciplina dei rimborsi elettorali, partorito da un decreto voluto proprio dal governo Berlusconi: si stabilisce che l’erogazione dei rimborsi elettorali è dovuta per tutti i 5 anni di legislatura, anche in caso di scioglimento anticipato delle Camere. In pratica, se la legislatura dura un solo anno, i partiti percepiscono i ratei annuali anche per il successivo quadriennio. Il risultato è che, a partire dal 2008, i partiti iniziano a percepire un doppio rimborso, incassando contemporaneamente i ratei annuali della XV e della XVI legislatura. Un meccanismo perverso, noto come «proroga regalo», che inaugura una vera e propria cuccagna per i partiti interrotta solo nel 2010 da un altro decreto emanato sempre dall’esecutivo dell’ex Cavaliere. Nel 2007, intanto, si vota solo nel piccolo Molise e Forza Italia deve accontentarsi di iscrivere a bilancio appena 329 mila euro.
PREDELLINO D’ORO Il 2008, invece, è l’anno dei grandi cambiamenti. E di nuovi record. Il 18 novembre 2007 Berlusconi sale sul predellino a Piazza San Babila, archivia Forza Italia riunendo nel Popolo della libertà (Pdl) anche Alleanza nazionale e torna al governo dopo la caduta di Prodi. L’ultimo bilancio della prima vita del partito azzurro annota il picco massimo mai registrato nei 15 anni di vita di Fi: 154,8 milioni di euro ai quali si aggiungono anche i primi 2,2 milioni incassati proprio dal Pdl nell’anno della transizione dal vecchio al nuovo soggetto politico. Nel 2009 si torna a votare per le Europee: il Popolo della libertà vince le elezioni, spedisce a Bruxelles 29 deputati e incassa 20,5 milioni di euro. Nel 2010, mentre nelle casse del partito del predellino piovono altri 32,7 milioni di euro, inizia la lenta frenata dei contributi statali. L’anno successivo, oltre all’interruzione del meccanismo della «proroga regalo» in caso di fine anticipata della legislatura, arriva anche una prima sforbiciata al fondo statale per le spese elettorali. Ma in attesa degli effetti dei tagli, il Pdl mette all’incasso un altro assegno da 31,5 milioni di euro. La mannaia definitiva si abbatte sui contributi pubblici nel 2012 con il governo guidato da Mario Monti: riduzione del fondo del 50%. A completare l’opera ci penserà poi il suo successore, Enrico Letta, fissando al 2017 l’ultimo anno di erogazione dei rimborsi elettorali prima della definitiva scomparsa. E, aspettando la fine del count down, nel 2012 il Pdl incamera altri 35,9 milioni.
GRANDE RITORNO L’anno successivo, proprio nei mesi del “sofferto” sostegno al governo Letta, Berlusconi rompe ancora una volta il giocattolo, rottama il Pdl e tiene di nuovo a battesimo Forza Italia. Ma è ancora il Popolo della libertà ad intascare i 22,9 milioni di rimborsi elettorali rendicontati nel 2013. Nel triennio successivo, invece, dovrà accontentarsi delle ultime briciole di quella enorme fetta da quasi 800 milioni servita finora al partito di Berlusconi e finanziata dai contribuenti. 
FINANZIAMENTI E RIMBORSI ELETTORALI (1994-2013)
FORZA ITALIA
1994 € 17.428.001 (33.745.315.824 lire)
1995 € 6.666.358 (12.907.870.166 lire)
1996 € 10.509.770 (20.349.753.260 lire)
1997 € 15.534.176 (30.078.359.313 lire)
1998 € 10.775.449 (20.864.179.364 lire)
1999 € 22.694.348 (43.942.386.295 lire)
2000 € 23.149.601 (44.823.878.626 lire)
2001 € 64.453.767 (124.799.896.937 lire)
2002 € 80.098.963
2003 € 1.223.015,00
2004 € 55.457.715
2005 € 40.739.742
2006 € 134.260.442
2007 € 329.341
2008 € 154.889.210
POPOLO DELLA LIBERTA’
2008 € 2.263.097
2009 € 20.504.343
2010 € 32.737.794
2011 € 31.552.146
2012 € 35.980.084
2013 € 22.934.968
TOTALE € 784.182.330

venerdì 11 ottobre 2019

Decreto fisco, M5s: “Ci sarà la stretta sui grandi evasori. Pene fino a 8 anni”. Nel testo anche la confisca per chi compie reati tributari.



Decreto fisco, M5s: “Ci sarà la stretta sui grandi evasori. Pene fino a 8 anni”. Nel testo anche la confisca per chi compie reati tributari


Saranno abbassate le attuali soglie di punibilità ritoccate all'insù dal governo Renzi. Nella bozza c'è anche l'allargamento di una misura che oggi si applica solo ai condannati per mafia e gravi reati: l'obiettivo è colpire le organizzazioni criminali che occultano e reimpiegano proventi illeciti realizzati con reati fiscali. Previsti anche l'obbligo di certificare le compensazioni tra debiti e crediti fiscali superiori a 5mila euro e la riapertura della rottamazione ter.

Nel decreto legge fiscale collegato alla manovra che dovrebbe andare in consiglio dei ministri lunedì prossimo ci sarà anche la annunciata “stretta sui grandi evasori“, con l’abbassamento delle attuali soglie di punibilità ritoccate all’insù dal governo Renzi e l’aumento delle pene fino a 8 anni di reclusione. Dopo il botta e risposta sul carcere per chi non paga le tasse tra il ministro dell’economia Roberto Gualtieri e il Guardasigilli Alfonso Bonafede, fonti M5s hanno confermato che i pentastellati puntano a inserire questa proposta nel provvedimento. In scia a quanto affermato dal premier Giuseppe Conte che ha invitato il governo ad avere “coraggio” contro l’evasione “perché ogni euro recuperato sarà destinato a scuole, ospedali, infrastrutture e riduzione delle tassi” e “essere onesti conviene”. Non è chiaro se ci sia l’intesa con le altre forze di maggioranza. Il Pd per ora non si pronuncia e da Italia viva trapelano dubbi.
L’intervento voluto dal M5s, parte del pacchetto messo a punto da Bonafede, dovrebbe ricalcare i contenuti dell’emendamento presentato un anno fa al ddl anticorruzione dalla relatrice Francesca Businarolo, poi accantonato. Soglie più basse per individuare l’imposta evasa, dunque, e più anni di carcere per chi viene scoperto. Quell’emendamento stabiliva per esempio che per il reato di “dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti“ la reclusione prevista passasse da un minimo di un anno e sei mesi a 6 anni di massimo, a un minimo di 4 anni fino a un massimo di 8.
Le altre misure contenute nella bozza del decreto vanno dalla decurtazione dei rimborsi fiscali da eventuali debiti con l’erario già diventati cartelle esattoriali alla confisca dei patrimoni non giustificati dal reddito dichiarato allargata ai casi di condanna o patteggiamento per i reati tributari. Sempre in chiave anti evasione, arriveranno una stretta sulle movimentazioni di gas, carburanti, alcolici e altri prodotti soggetti ad accisa e sulle compensazioni di crediti di imposta per un valore superiore a 5mila euro. Per far decollare la lotteria degli scontrini, poi, i premi non saranno sottoposti a tassazione. Il provvedimento comprende anche la riapertura della rottamazione ter per chi non ha saldato la prima o unica rata il 31 luglio: la norma sposta al 30 novembre la data per il primo versamento (per chi ha scelto di pagare a rate) o per il saldo (per chi ha optato per il pagamento in una unica soluzione).
Compensazione tra crediti fiscali e cartelle esattoriali – Prima di erogare i crediti fiscali lo Stato ‘preleverà’ quanto gli spetta se il contribuente ha dei debiti con il fisco, superiori a 100 euro, già diventati cartelle. Il rimborso dunque sarà subordinato alla verifica che non ci siano debiti risultanti da carichi notificati dall’agente della riscossione. Le sole eccezioni saranno previste nei casi in cui ci sia stata una sospensione o sia stato avviato un piano di rateazione. In parallelo è in arrivo, come annunciato da Luigi Di Maio e Pasquale Tridico, una stretta sulle indebite compensazioni da cui stando alla relazione tecnica sono attesi quasi tre miliardi in tre anni. La norma modifica i presupposti per compensare crediti fiscali e debiti (fiscali o contributivi) prevedendo la presentazione della dichiarazione per ogni credito sopra i 5mila euro l’anno e comunque l’obbligo di presentare un F24 tramite i servizi telematici delle Entrate. Il gettito previsto è di 1.084 milioni nel 2020 e 878 milioni nel 2021 e nel 2022.
Verso confisca per sproporzione al condannato per reati fiscali – Un articolo della bozza prevede che il fisco proceda alla confisca di beni ‘per sproporzione’ – oggi possibile per chi si rende responsabile di gravi reati come l’associazione per delinquere di stampo mafioso, estorsione, corruzione, concussione – anche nel caso di condanna penale per evasione di imposte sui redditi e Iva. La norma punta a colpire le organizzazioni criminali che fondano la propria capacità operativa sull’abilità di accumulare, occultare e reimpiegare proventi illeciti. La confisca, che di fatto estende le norme antimafia, scatta quando il condannato non può giustificare la provenienza dei fondi accumulati. Oggi il modello tradizionale di confisca diretta “risulta raramente applicabile ai reati di natura economica per la concreta difficoltà di individuare ex post, nel patrimonio del trasgressore, i proventi dell’attività delittuosa, perché consumati o confusi con gli altri beni nella sua disponibilità, perché ceduti a terzi in buona fede, ovvero perché reinvestiti o anche solo artatamente occultati”. Per questo, al fine di “rendere più sistematica e completa la disciplina delle misure di aggressione patrimoniale nel settore penale tributario”, si prevede di “integrare le disposizioni contemplate dall’art. 12-bis del D.Lgs. n. 74/2000, al fine di ricomprendervi la confisca per sproporzione”.
Oltre 1 miliardo atteso dalla stretta su evasione Iva sui carburanti – Il decreto metterà in campo anche una stretta sulle movimentazioni di gas, carburanti, alcolici e altri prodotti soggetti ad accisa. Lo scopo è contrastare il meccanismo delle società ‘teste di legno’ – di fatto cartiere – che acquistano all’estero prodotti petroliferi aggirando l’Iva e poi rivendono in Italia incassando l’imposta. Entro il 30 giugno 2020 verrà istituito ‘Infoil’, un sistema informatizzato per la gestione della detenzione e della movimentazione dei prodotti energetici per autotrazione. Il limite temporale entro cui deve concludersi il regime di sospensione dell’accisa per la movimentazione del prodotto viene poi ridotto da 5 giorni a 24 ore: entro un giorno dalla presa in consegna, quindi, la nota di ricevimento dei prodotti andrà trasmessa all’Amministrazione finanziaria. E’ inoltre prevista la digitalizzazione della Dichiarazione accise semplificata (Das), che diventerà una spia di irregolarità. La bozza stima di poter recuperare “un maggior gettito compreso tra i 100 milioni euro l’anno (stima pessimistica di recupero) e i 200 milioni di euro/anno (stima ottimistica di recupero) che si aggiungono a quello previsto con l’adozione del Das informatico nella filiera del gasolio e della benzina per autotrazione”. Dal Das, il governo ” stima di poter recuperare tra il 30% e il 65% del tax-gap di 1,4 miliardi euro l’anno sul gasolio autotrazione, per un maggior gettito annuo compreso tra i 400 milioni euro l’anno (stima pessimistica di recupero) e i 910 milioni di euro l’anno (stima ottimistica di recupero)”.
Controlli su acquisti di auto all’estero – Faro del fisco sugli acquisti di auto all’estero, anche usate. Arriva un controllo preventivo dell’Agenzia delle Entrate anche nei casi in cui non è previsto il versamento dell’Iva con F24. In particolare, come si legge nella relazione che accompagna la norma equipara le operazioni dei titolari di partita Iva a quelle dei consumatori finali e introduce “la verifica preventiva anche per i soggetti privati che acquistano mezzi fiscalmente usati in altri Paesi dell’Unione Europea”.
Agente sotto copertura contro il gioco illegale – Da gennaio 2020 è prevista la nascita del Registro unico degli operatori del gioco pubblico, per contrastare infiltrazioni criminali e gioco illegale oltre a razionalizzare l’offerta. L’obbligo di iscrizione al registro dell’Agenzia delle Dogane e dei monopoli è già previsto per gli apparecchi da gioco con vincita in denaro e ora si estende a concessionari di scommesse, a chi venda lotterie istantanee, giochi numerici a quota fissa e a totalizzatore, ai concessionari del gioco a distanza. Per iscriversi vanno presentate autorizzazioni, concessioni e certificazione antimafia e pagati 200 euro. Si stima così di incassare 12 milioni l’anno. L’iscrizione va rinnovata ogni anno e in caso di irregolarità scatta una sanzione di 10mila euro, più il divieto di iscriversi per cinque anni. La stessa sanzione scatta per i concessionari che abbiamo rapporti con esercenti non iscritti al registro, che rischiano la revoca della concessione se reiterano per tre volte la violazione in due anni. Dovrebbe arrivare anche un “agente sotto copertura” autorizzato a giocare non oltre 100mila euro l’anno per contrastare il gioco illegale e “prevenire il gioco minorile”. L’attività di controllo sarà in capo all’Agenzia delle Dogane che potrà autorizzare il proprio personale. Le stesse operazioni potranno essere effettuate anche da polizia, carabinieri e Guardia di finanza.
Faro sui trust nei paradisi fiscali – Occhio del fisco sui ‘trust’ aperti all’estero in territori a fiscalità privilegiata – i paradisi fiscali – da beneficiari italiani. La norma serve ad evitare smagliature elusive alle norme, in particolare nel caso in cui non sia possibile possibile distinguere come considerare le somme ricevute dal beneficiario per i cosiddetti trust ‘opachi’, nei quali il beneficiario riceve reddito o parte del reddito per una scelta discrezionale del trustee (il gestore del trust).

martedì 8 gennaio 2019

I rimborsi a luci rosse dell’Europarlamento.



(agi.it) – Pillole dimagranti, punturine anti-età, persino il Viagra: sono decine i farmaci di cui gli eurodeputati possono chiedere il rimborso a spese dei contribuenti. A riferirlo è il Sun che ha spulciato tra i documenti del bilancio del Parlamento europeo sulle spese mediche per i deputati che l’anno scorso sono ammontate a 2,7 milioni di euro.
I farmaci rimborsabili per aiutare la vita sessuale dei deputati di Strasburgo sono 32 e possono essere prescritti dal medico dell’Europarlamento. In generale gli interventi sanitari previsti sono i più svariati, spiega il tabloid inglese, si va dalle spese per la depilazione a quelle per la chirurgia per la riduzione del seno agli ormoni della crescita.

Non c’è sempre bisogno della prescrizione.

Per richiedere il rimborso, in alcuni casi c’è bisogno della prescrizione medica, per altri invece basta presentare la fattura; il rimborso avviene di solito per i due terzi, ma in circostanze particolare è totale. Gli eurodeputati possono persino chiedere il rimborso per un intervento chirurgico per la “rimozione di un corpo estraneo dal retto”, annota il Sun.
Le spese sono coperte con i fondi, 4 milioni e mezzo di euro, stanziati nel bilancio Ue, alla voce spese fondo sanitario, a cui possono attingere anche i deputati in pensione, i loro familiari e il personale dell’istituzione europea. I farmaci per l’impotenza vengono rimborsati ai deputati “con disturbi erettili causati da un intervento alla prostata, da un incidente o da una grave malattia riconosciuta”.

sabato 26 dicembre 2015

I RIMBORSI AI PICCOLI RISPARMIATORI. - GIACOMO COSTA (*)

I rimborsi ai piccoli risparmiatori

I giornali di oggi e degli ultimi giorni sono pieni di notizie sulle modalità, i criteri e gli organi da creare ex-novo mediante i quali attribuire i rimborsi. Altri aspetti, quali ad esempio l’appropriazione che il governo conta di fare di una parte delle risorse del Fondo interbancario di garanzia dei depositi, sono lasciati un po’ sullo sfondo: e così anche le incomprensibili speciose difficoltà che farebbe, al solito, “l´Europa” a questo riguardo. 

Ciò che non è in evidenza è il titolo al quale i piccoli risparmiatori dovrebbero ricevere dei contributi. 

Difficile supporre che –come aveva inizialmente asserito il ministro Padoan- si tratti di sussidi umanitari. Come risulta ad esempio dagli ampi resoconti che sono stati dati della situazione del povero Luigi D., il risparmiatore suicida, si tratta di famiglie che non sono affatto state buttate sul lastrico dalle perdite subite: sono tipicamente titolari di una o più pensioni, e abitanti in case di proprietà. Né gli si può riconoscere un diritto  ad una compensazione per aver perso dei soldi, dato che le azioni e i titoli bancari sono soggetti a oscillazioni varie, e queste persone avevano addirittura ricevuto delle inequivocabili messe in guardia sul conto delle obbligazioni subordinate emesse da Banca Etruria. 

In verità, non hanno alcun diritto a ricevere alcunché, ed è sorprendente il gran daffare che si sta dando il governo per attribuirglielo.

Se però risultasse che almeno una parte di costoro sono vittime di una serie di reati –dalla frode alle false comunicazioni al plagio- o altri illeciti compiuti ai loro danni dai funzionari della Banca, magari per ordine dei superiori, allora si aprirebbe per loro la strada maestra di denunce e azioni risarcitorie varie, che certamente gli permetterebbe di rientrar in possesso di parte almeno dei loro averi mediante opportune escussioni dei patrimoni dei responsabili, una volta accertatane l’identità. 

In tutto ciò al governo spetterebbe al massimo, se proprio lo volesse fare, un ruolo di stimolo nell’organizzare tali azioni di responsabilità e risarcitorie. Il punto è molto semplice: se ci sono dei truffati ci sono dei truffatori, e il mal tolto lo devono restituire questi ultimi, non l’innocente Fondo interbancario di garanzia dei depositi. 

Ma questo corso naturale degli eventi parrebbe quello che il governo si sia proposto di deviare, stabilendo ad esempio nel decreto salva-banche che nei confronti delle banche salvate tali azioni giudiziarie siano condizionate all’assenso del Governatore della Banca d’Italia, una previsione patentemente assurda e certamente incostituzionale. 

Come incostituzionale, in quanto violazione del diritto di proprietà, parrebbe l´aggressione che il governo intende fare al Fondo di garanzia dei depositi, che è di proprietà di un consorzio di banche e non è in alcun modo nella disponibilità del Tesoro.In sostanza, il governo si propone di difendere il management delle banche rigenerate, tra cui la Banca d´Etruria, esonerandolo da qualunque azione di responsabilità, e di tacitare i piccoli risparmiatori con delle compensazioni ottenute depredando il Fondo interbancario di garanzia dei depositi. 

Questo spiega bene un particolare curioso. Esistono già diversi organi di arbitrato in materia finanziaria, uno della Banca d´Italia, uno della Consob. Ma al governo non vanno bene. Come mai? Perché sono pensati per arbitrare, ossia, per dirimere delle dispute tra le parti. Ma l’organo “arbitrale” del governo non dovrà arbitrare nulla. Non vi sarà alcuna disputa tra le parti. Le dispute sono ciò che il governo vuole evitare a tutti i costi. Bisognerà solo decidere quanta elemosina concedere a ciascun piccolo risparmiatore per acquistarne la remissività.

 Pisa, 15 dicembre 2015

(*) Già ordinario di economia monetaria e crediti alla Facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Pisa.

http://www.libertaegiustizia.it/2015/12/17/i-rimborsi-ai-piccoli-risparmiatori/

lunedì 11 maggio 2015

Ecco quanti euro dovrà restituire l’Inps ad ogni pensionato La percentuale di perequazione per l’anno 2012 è pari al 2,7% mentre per l’anno 2013 al 3%. Questa è la percentuale dell’aumento mensile della pensione negato ai pensionati per il blocco della perequazione deciso dalla Riforma Fornero. Gli adeguamenti e quindi gli arretrati di pensione dovranno essere erogati dall’Inps a chi ha avuto nel 2012 una pensione superiore a 1.443 euro lordi al mese. Forniamo alcuni esempi di calcolo degli arretrati.
Pensionato con una pensione lorda di 1.600 euro. Si tratta di un assegno pensionistico che è tra 3 e 4 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 1.600 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 42 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 91 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 93 euro circa mensili.
Pensionato con una pensione lorda di 2.100 euro. Si tratta di un assegno pensionistico che tra 4 e 5 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 2.100 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 54 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 117 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 123 euro circa mensili.
Pensionato con una pensione lorda di 3.100 euro. Si tratta di un assegno pensionistico 6 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 3.100 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 76 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 162 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 182 euro circa mensili.
Le cifre sopra indicate sono al lordo, quindi sugli arretrati l’Inps applicherà la tassazione Irpef. 
Tutto quello che si deve sapere per avere restituito dall’Inps quanto maturato dopo la sentenza della Corte Costituzionale lo si trova nella circolare n. 10/2015 della Fondazione Studi. Un  vademecum in cui si trovano le “istruzioni per l’uso” necessarie per vedere riconosciuti i propri diritti.

mercoledì 19 novembre 2014

Spese pazze, il summit dei consiglieri indagati: “Politica? Concentrato di idioti”

Spese pazze, il summit dei consiglieri indagati: “Politica? Concentrato di idioti”

Ecco quello che la Casta dice, quando si riunisce a porte chiuse. A rivelarlo sono le 200 pagine delle conversazioni dei capigruppo dei partiti, mattatore Marco Monari (Pd), registrate di nascosto da Andrea De Franceschi (M5S) e finite agli atti dell’inchiesta sulle spese pazze in Regione Emilia Romagna.

Da “Gabanelli troia” a “sulla foto di Monti ci piscio sopra”. Da “dopo Fiorito il mondo è cambiato” a “il prezzo del caffè, se dobbiamo pagarlo noi, facciamolo abbassare”. Da “i giornalisti servi della gleba” fino al tentativo di “lavare le mutande sporche”. Ecco quello che la Casta dice, quando si riunisce a porte chiuse. A rivelarlo sono le 200 pagine delle conversazioni dei capigruppo dei partiti, registrate di nascosto da un collega e finite agli atti dell’inchiesta sulle spese pazze in Regione Emilia Romagna. I toni sono a volte preoccupati a volte invece scherzosi e provocatori. Siamo nel 2012, ultimi mesi del governo di Mario Monti. E’ appena esploso lo scandalo rimborsi del consigliere del Lazio Franco Fiorito. E di lì a poco il presidente del Consiglio firmerà il decreto per tagliare vitalizi (futuri). A Bologna, il consiglio guidato dal governatore Pd Vasco Errani, ha appena saputo delle indagini della procura. E cerca di correre ai ripari. L’ex consigliere M5s Andrea Defranceschi si presenta alla riunione dei capigruppo con un registratore e documenta segretamente le quasi tre ore di conversazione. Raccoglie “a strascico”. Battute e affermazioni seriose si mischiano. Il risultato è un testo che diventa un ritratto senza filtri della classe dirigente.
Obiettivo dell’incontro, presenti quasi tutti i capigruppo dei partiti e il presidente del consiglio regionale Matteo Richetti, è trovare un accordo su una nuova normativa regionale da votare in aula per limitare i danni almeno per il futuro. Ma a preoccupare è principalmente il passato: tutti hanno chiesto rimborsi e non capiscono dove potrebbero arrivare le indagini portate avanti in quel momento sia dalla procura della Repubblica che dalla Corte dei conti. Due anni dopo quelle stesse indagini porteranno agli attuali 41 consiglieri indagati e tutti i presenti a quella riunione sono nella lista: lo stesso Defranceschi, Marco Monari capogruppo del Partito democratico, Roberto Sconciaforni della Federazione della Sinistra, Liana Barbati dell’Italia dei valori, Gian Guido Naldi capogruppo di Sinistra ecologia e libertà, il capogruppo ora deceduto della Lega Nord, Luigi Giuseppe Villani del Pdl. In pratica una classe politica che non c’è più: nessuno di loro è stato ricandidato alle prossime elezioni del 23 novembre. Ma non solo: Monari in un secondo incontro, sempre registrato di nascosto e sempre agli atti dell’inchiesta, dirà: “Report con quella troia della Gabanelli”. Dopo la pubblicazione sui giornali delle conversazioni, il politico si è autosospeso dal partito.
“Il tentativo di portare le mutande in lavanderia”
Nella conversazione registrata di nascosto, la cui trascrizione Ilfatto.it ha potuto leggere, il più attivo nella discussione è proprio il capogruppo Pd Marco Monari. Sembra il più lucido nel capire che il lavoro degli inquirenti sarà certosino: “La sostanza è che nei rendiconti c’è tutto e se uno è capace, cioè ha fatto la seconda magistrale e mette due fogli contro il vetro vede gli incroci, punto, bisogna saperlo… perché poi le mosse che facciamo per il futuro, cioè tentativo di portare le mutande in lavanderia”. Interviene Naldi di Sel: “Sono per il futuro”. Poi Monari riprende: “Sono per il futuro! Ma bisogna che il messaggio venga fuori chiaro eh!! Chiaro!! Perché i giornali li leggono anche loro, non li leggiamo solo noi, anzi li leggono meglio loro di noi perché li tengono alimentati”. Il riferimento potrebbe essere in questo punto ai magistrati che stanno portando avanti l’indagine, anche se il consigliere Pd non li cita mai esplicitamente: “Se vogliamo fare la discussione seria … tra gente che ha a cuore la baracca, non la ditta, la baracca, che la ditta è un’altra cosa, ognuna c’ha la sua (…) Ve lo dico perché il rendiconto sono i rendiconti eh, c’è tutto! Quello che vogliono i giornalisti, il panino con la mortadella”.
“Davanti a Fiorito a Porta a Porta abbiamo finito tutti”
Monari continua il suo monologo e se la prende con lo scandalo dei rimborsi del consigliere del Lazio Franco Fiorito che avrebbe rovinato tutti i colleghi. “E’ cambiato il mondo, punto. Questo … non c’è bisogno di … è cambiato il mondo. E’ cambiato il mondo e … mentre cambiava il mondo c’è chi ha dato delle risposte, chi ha puntato di dar delle nuove, chi ha tentato di darne un’altra, non voglio fare una graduatoria, per esempio Defranceschi ha immediatamente capito che era meglio togliersi dai coglioni evidentemente la questione di mettere tutto online”. Mettere le spese in rete è per Monari una scocciatura, ma che nella nuova fase post Fiorito diventa necessaria. Almeno così argomenta Monari: “Cioè uno si fa propri i difensori che si sono difesi buttando la palla in tribuna ma male, ma male. Porta a Porta l’abbiamo visto tutti … uno può anche difendere la sua posizione, per l’amor di Dio, ma quando arriva a dire che ha comprato un SUV, perché quando i soldi gli arrivano sul conto corrente, non son più del gruppo ma son soldi suoi ..”. E qui il consigliere si mette a battere le mani e poi continua: “Abbiam già finito tutti, capito? Cioè davanti a Fiorito a Porta Porta abbiamo finito tutti, perché non è che uno arriva e dice: sì va beh io quello … un cabaret di pastine … eh, dove sei andato con le paste? Al compleanno di mio cugino. Perché non l’hai pagate coi tuoi? C’è lo scontrino al gruppo! Perché c’è lo scontrino al gruppo ragazzi, c’è! C’è, cioè è inutile che ci guardiamo con le facce beote eccetera, c’è!”. Intorno i colleghi scoppiano a ridere.
“Ciò che non è raccontabile, non si può più fare”
Siamo a fine settembre 2012. L’obiettivo della riunione dei capigruppo sarebbe di arrivare al primo gennaio 2013 con nuove regole. I cittadini dell’Emilia Romagna altrimenti non capirebbero. È ancora il capogruppo Pd a parlare: “Tutto quello che non è raccontabile non si può più fare. Quindi la fattura del convegno, la fattura dell’iniziativa, la fattura eh… è raccontabile, perché? Perché è diciamo una rappresentazione di un gruppo politico che fa delle cose politiche. La rappresentazione del soggetto singolo consigliere regionale, non è colpa di Monari né colpa di Defranceschi né di Villani né di Richetti eccetera, viene attribuita al soggetto singolo e quindi tutto quello che fai per te, con i soldi che prendi, lo puoi pagar di tasca tua, non importa che mi rompi i coglioni e mi aggiungi anche delle pezze d’appoggio che continuo a pagare io”. Monari lascia insomma intendere che è finito per molti consiglieri il tempo di mettere anche le spese private in conto alla Regione: “Quindi non si può più fare. Ora, tutto quello che è stato fatto fino adesso è difficile da spiegare. Se conveniamo su questo… bisogna fare una mossa credibile che lanci anche il messaggio che abbiamo capito, non siamo scemi …”. Naldi di Sel commenta: “Gli italiani si son rotti i coglioni”. E Monari: “Gli italiani si son rotti i coglioni e noi dal 1° gennaio arriviamo lavati e stirati o sperando che capiscano anche loro tutto quello che… se no!”.
L’allora consigliere democratico fa poi riferimento a Paolo Nanni, il consigliere Idv della legislatura 2005-2010 che ha recentemente patteggiato una pena per peculato. Il suo caso è stato il primo in Emilia Romagna ad attirare l’attenzione della magistratura sull’uso dei soldi dei gruppi regionali: “Non è che attorno a questo tavolo possiamo dire dalli a Nanni, dalli a Nanni, dalli a Nanni! Vogliamo far… pensiamo di lavarci così le mani? Alla Ponzio Pilato! Nanni? Ah… è un ragazzo che sbaglia, eh. Crea imbarazzo!”. Poi l’esponente democratico gela la sala: “Non so quanti Nanni ci sono qua dentro!”.
“Quello della politica è un concentrato di idioti”
Infine è Monari stesso a concludere: “Vogliamo fare lo striscione e adesso accoppateci tutti? Siam lì eh cioè! Secondo me ci vuole una legge”. Poi mentre parla di come portare la nuova legge in aula si lascia andare a un commento sui suoi colleghi di partito: “Quello della politica è un concentrato di idioti… Il Pd è un partito grande, ci sono molti idioti”.
“Giornalisti teste di minchia”
Infine ci sono gli insulti ai giornalisti (per i quali Monari ha già chiesto scusa): “Quelle teste di minchia che son qua sotto, che sono i servi della gleba di un’altra casta molto più potente della nostra, ma loro non lo sanno, sono pagati in nero, 8 euro a pezzo,darebbero via le chiappe pur di firmare perché pensano legittimamente, son tutti ragazze e ragazzi giovani, a una prospettiva di carriera quindi a loro li perdono, a chi li strumentalizza purtroppo no”.
“Devo licenziare delle persone, ma non solo una…”
Durante la riunione c’è anche chi teme che il ciclone non travolga i propri collaboratori: “Lo dico perché devo licenziare delle persone, credo… ma non una… eee!”, spiega Naldi di Sel. Il presidente del consiglio regionale Matteo Richetti (oggi deputato Pd) prova a fare un ragionamento in termini di realistiche riduzioni: “Secondo me siamo nelle condizioni di poter costruire una riduzione dell’importo complessivo del 30% che sono tanti soldi”. Ma poi Richetti precisa: “Ovviamente si deve costruire secondo me senza lasciare a casa persone, e provando dare sostenibilità a questo nuovo importo, e stiamo parlando di oltre 1 milione di euro, ma che è anche un’altra indicazione che deve venire… che deve venire in maniera condivisa e… e convinta da … dai gruppi consiliari e dai partiti”.
“Sono soprattutto cene e rimborsi chilometrici”
Oltre a Monari, che monopolizza in gran parte le tre ore di riunione, bisogna segnalare anche gli interventi di Richetti, che sono di tutt’altro tenore. Ad esempio, il presidente del consiglio regionale prova a indicare quali possano essere i correttivi per una nuova legge su rimborsi dei gruppi in Regione. “C’è un buco in questa cosa, per cui è evidente che io, penso noi dobbiamo sottoporre a partire della gestione 1° gennaio 2013, oltre il tema del controllo dei Sindaci revisori, la capigruppo deve dare mandato all’ufficio di Presidenza di verificare la possibilità di stipulare una convenzione con la Corte dei Conti e sottoporre alla Corte dei Conti il controllo anche dei bilanci dei gruppi consiliari. Penso alla Corte dei Conti perché… ovviamente si può discutere, un soggetto privato, un soggetto terzo selezionato come volete… siamo comunque nell’ambito di un… di un controllo verificabile dal soggetto preposto a verificare la regolarità di qualunque bilancio pubblico o qualunque soggetto che faccia il bilancio con soldi pubblici, per cui io sarei per andare direttamente alla fonte di controllo principale su quello che è ogni tipo di livello della pubblica amministrazione”. Poco dopo Richetti chiarisce quali saranno poi le note dolenti dell’indagine (ai 41 consiglieri verranno poi contestate quasi 3 milioni di rimborsi che non sarebbero leciti): “Non nascondiamoci”. Poi spiega: “La parte più critica delle spese ce l’abbiamo proprio su questo: pranzi, cene e rimborsi chilometrici siccome io penso che il tema non sia solo dare qualche segnale, ma un cambio radicale che ha un costo alto, non so… non in termini economici, in termini di agibilità e di strumenti, rimangono consentite ai gruppi tutte quelle spese che sono oggettivamente inerenti al funzionamento, alle iniziative, che sono supportate da una fattura, da un contratto di servizio, da un consulenza che produce ovviamente un riscontro e su questo tentare un passo in avanti”.