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giovedì 26 ottobre 2017

Pensioni, Consulta: "Giusta rivalutazione degli assegni". Poletti: "Confermata bontà nostra scelta".



La Corte Costituzionale ha ritenuto altresì che il decreto Poletti realizzi "un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica". Una bocciatura sarebbe potuta costare allo Stato circa 30 miliardi di euro.

La Corte costituzionale ha respinto le censure di incostituzionalità sollevate dal decreto Poletti in materia di perequazione delle pensioni. Lo rende noto Palazzo della Consulta. 

Al vaglio della Consulta vi erano questioni di legittimità sollevate da numerosi tribunali e sezioni giurisdizionali della Corte dei Conti sul decreto Poletti, che il governo, allora guidato da Matteo Renzi, varò dopo la sentenza con cui i 'giudici delle leggi' bocciarono, nell'aprile 2015, la norma Fornero che aveva bloccato per gli anni 2012 -2013 la perequazione automatica delle pensioni con importo mensile di tre volte superiore al minimo Inps (circa 1.450 euro lordi). 

Il 'bonus' Poletti, dunque, stabilì una restituzione della rivalutazione, ma non totale per tutti. Il 100% è stato previsto solo per le pensioni fino a 3 volte il minimo Inps, per quelle da 3 a 4 volte fu stabilito il 40%, che scende al 20 per gli assegni superiori di 4-5 volte il minimo, e al 10% per quelli tra 5-6 volte. Chi percepisce una pensione superiore a 6 volte il minimo Inps è stato escluso dalla restituzione. 

Secondo le ordinanze con cui i giudici rimettenti hanno sollevato le questioni di legittimità, il decreto Poletti era in contrasto con i principi costituzionali di proporzionalità e adeguatezza del trattamento previdenziale, inteso come retribuzione differita, espressi dagli articoli 36 e 38 della Costituzione. In alcune ordinanze si lamentava anche la violazione del giudicato costituzionale, in relazione alla sentenza sulla norma Fornero, e la violazione del principio di ragionevolezza. In alcuni dei giudizi, poi, era stata sollevata, congiuntamente o in via subordinata, anche una questione di costituzionalità sulla disposizione, contenuta nella legge di stabilità 2014, con cui, oltre a escludere anche per l'anno 2014 la perequazione per le pensioni di importo superiore a 6 volte il valore minimo, si disciplina il meccanismo di blocco della rivalutazione fino al 2016 (poi prorogato fino al 2018 dalla legge di stabilità 2016 ). Nelle ordinanze di rimessione si sottolineava che questa disciplina, non coordinata con quella dettata nel 2011 e modificata nel 2015, fosse anch'essa in contrasto con i principi espressi dagli articoli 36 e 38 della Costituzione. 

"Bilanciati diritti ed esigenze finanza" 
La Corte Costituzionale ha ritenuto altresì che la "nuova e temporanea disciplina" prevista dal decreto Poletti "diversamente dalle disposizioni del 'Salva Italia' annullate nel 2015", realizza "un bilanciamento non irragionevole tra i diritti dei pensionati e le esigenze della finanza pubblica".  

Una bocciatura del decreto Poletti sarebbe potuta costare allo Stato circa 30 miliardi di euro. Questa, infatti, era la cifra stimata - al netto delle restituzioni già pagate dall'entrata in vigore del decreto del 2015 - dal legale dell'Inps, Luigi Caliulo, a margine dell'udienza di ieri alla Corte Costituzionale. Tale cifra, contenuta nelle memorie che gli avvocati dell'Inps avevano trasmesso alla Consulta, è stata ricavata dalla relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione del decreto Poletti. 

Poletti: la Corte conferma la bontà della nostra scelta.
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, esprime "soddisfazione" per la sentenza della Corte Costituzionale. "Quando l'abbiamo fatto (il bonus, ndr) eravamo convinti di fare una cosa rispettosa della sentenza che la Corte aveva emesso, dovendo peraltro tenere conto di un altro principio costituzionale che è la tenuta del pareggio di bilancio. Bisognava trovare un equilibrio e se oggi la Corte conferma che la scelta era corretta, non possiamo che esprimere soddisfazione". 

http://www.rainews.it/dl/rainews/articoli/Pensioni-la-Consulta-Giusta-la-rivalutazione-degli-assegni-85582c45-9390-47d4-960f-0da150dc7fe9.html

lunedì 11 maggio 2015

Ecco quanti euro dovrà restituire l’Inps ad ogni pensionato La percentuale di perequazione per l’anno 2012 è pari al 2,7% mentre per l’anno 2013 al 3%. Questa è la percentuale dell’aumento mensile della pensione negato ai pensionati per il blocco della perequazione deciso dalla Riforma Fornero. Gli adeguamenti e quindi gli arretrati di pensione dovranno essere erogati dall’Inps a chi ha avuto nel 2012 una pensione superiore a 1.443 euro lordi al mese. Forniamo alcuni esempi di calcolo degli arretrati.
Pensionato con una pensione lorda di 1.600 euro. Si tratta di un assegno pensionistico che è tra 3 e 4 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 1.600 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 42 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 91 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 93 euro circa mensili.
Pensionato con una pensione lorda di 2.100 euro. Si tratta di un assegno pensionistico che tra 4 e 5 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 2.100 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 54 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 117 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 123 euro circa mensili.
Pensionato con una pensione lorda di 3.100 euro. Si tratta di un assegno pensionistico 6 volte il trattamento minimo. A questo pensionato sono state erogate 3.100 euro al mese nel 2012 e nel 2013 (nessun aumento). Per effetto della sentenza gli andranno restituiti 76 euro circa al mese per tutto l’anno 2012 e 162 euro circa al mese per tutto l’anno 2013. Non solo, un ulteriore norma contenuta nella legge 147 del 2013 ha ridotto l’indice di perequazione per chi ha una pensione superiore a 4 volte il trattamento minimo. Anche per l’anno 2014 il pensionato dovrà ricevere in restituzione 182 euro circa mensili.
Le cifre sopra indicate sono al lordo, quindi sugli arretrati l’Inps applicherà la tassazione Irpef. 
Tutto quello che si deve sapere per avere restituito dall’Inps quanto maturato dopo la sentenza della Corte Costituzionale lo si trova nella circolare n. 10/2015 della Fondazione Studi. Un  vademecum in cui si trovano le “istruzioni per l’uso” necessarie per vedere riconosciuti i propri diritti.

martedì 20 gennaio 2015

Pensioni +0,3% dal gennaio 2015.


Perequazione automatica

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha pubblicato, nella Gazzetta Ufficiale n. 280 del 2 dicembre 2014, il Decreto 20 novembre 2014, con la perequazione automatica delle pensioni per l’anno 2014 e valore definitivo per l’anno 2013.
La percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2013 è determinata in misura pari a +1,1 dal 1° gennaio 2014 (INPS aveva applicato in via previsionale un aumento pari all’1,2%- vedi circolare INPS n° 20/2014).
La percentuale di variazione per il calcolo della perequazione delle pensioni per l’anno 2014 è determinata in misura pari a +0,3 dal 1° gennaio 2015, salvo conguaglio da effettuarsi in sede di perequazione per l’anno successivo.
Con l’incremento dello 0,3% il trattamento minimo mensile al 1° Gennaio 2015 sarà pari a 502,39 euro.
A gennaio 2015 ci sarà un conguaglio negativo,  con l’importo della rata di gennaio e febbraio che risulterà inferiore, per tutte le pensioni, a quella di dicembre 2014 per i seguenti motivi:
 Recupero dello 0,1% corrisposto in più nel corso del 2014 su tutte le pensioni perché, come già ricordato, l’importo previsionale di perequazione applicato da INPS, dal gennaio 2014, fu pari all’1,2% (la trattenuta sarà pari a € 6,50 per le pensioni al minimo).
 Conguagli dovuti per l’effettiva % di perequazione da attribuirsi al secondo e all’ultimo scaglione. L’anno scorso Inps, nell’esigenza di dare il via al rinnovo dei mandati di pagamento, ha applicato alla rata di pensione in pagamento nel mese di gennaio 2014 la normativa sulla perequazione nella versione del DdL 1.120 (legge stabilità 2014) approvata dal Senato, poi modificata dalla Camera dei deputati, attribuendo il 90% dell’aliquota (sull’1,2%) anziché il 95% (sull’1,1%) alle pensioni di importo complessivo compreso fra tre e quattro volte il trattamento minimo e il 50% (sull’1,2%) anziché il 40% (sull’1,1%) alle pensioni di importo complessivo superiore a 6 volte il trattamento minimo.

martedì 7 ottobre 2014

Blocco della perequazione delle pensioni: è incostituzionale anche per la Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna. - Pierluigi Roesler Franz


ROMA – È una notizia di grande interesse per centinaia di migliaia di pensionati pubblici e privati. Due nuove eccezioni di incostituzionalità del blocco della perequazione delle pensioni superiori a 3 volte il minimo INPS per il biennio 2012-2013 (ma implicitamente anche per il successivo triennio 2014-2016), deciso dal Parlamento nella legge n. 211 del 2011 sono state sollevate dalla Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia-Romagna, in quanto il mancato adeguamento delle pensioni equivale sostanzialmente ad una loro decurtazione in termini reali con effetti permanenti ancorché il blocco sia formalmente temporaneo poiché non è previsto alcun meccanismo di recupero.
Accogliendo le tesi del professor Rolando Pini e dell’avvocato Giovanni Sciacca per conto di dieci pensionati INPS, il giudice Marco Pieroni si è rivolto all’Alta Corte, ritenendo violati i principi di uguaglianza, di proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione anche differita, della garanzia previdenziale, della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche, sanciti dagli articoli 3, 36, 38, 53, nonché dall’art. 117, primo comma, della Carta repubblicana per violazione della Convenzione europea dei diritti dell’Uomo (art. 6, diritto dell’individuo alla libertà e alla sicurezza; art. 21, diritto di non discriminazione, che include anche quella fondata sul «patrimonio»; art. 25, diritto degli anziani, di condurre una vita dignitosa e indipendente; art. 33, diritto alla protezione della famiglia sul piano giuridico, economico e sociale; art. 34, diritto di accesso alle prestazioni di sicurezza sociale e ai servizi sociali), come anche interpretata dalla Corte di Strasburgo.
Le due articolate ordinanze della Corte dei Conti dell’Emilia-Romagna, pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, saranno esaminate dai giudici di palazzo della Consulta tra alcuni mesi assieme a quelle in parte analoghe già pendenti del tribunale del lavoro di Palermo e della Corte dei Conti della Liguria.