L’esecutivo apre il cantiere della riforma degli oneri di sistema: possibile prima mossa nel ddl Concorrenza.
I punti chiave.
- Il sostegno alle rinnovabili pesa sul 70% degli oneri.
- L’urgenza: tagliare dalla bolletta i costi delle vecchie centrali nucleari.
- L’ipotesi di un intervento cuscinetto contro i rincari.
- Il faro del governo sulle aste della CO2.
Il governo apre il cantiere della riforma degli oneri generali di sistema con l’obiettivo, nel medio-lungo periodo, di alleggerire il “fardello” di quelle voci che in bolletta sono destinate a coprire attività di interesse generale per il sistema elettrico e che, a partire dal 2015, hanno raggiunto un livello pari a 14-15 miliardi annui arrivando a pesare fino a un quarto della spesa totale sostenuta dagli utenti finali.
Nell’immediato, però, in vista della nuova stangata autunnale sulle bollette, provocata dai rincari delle quotazioni delle materie prime per via della ripresa dell’economia mondiale, e dal netto aumento dei prezzi dei permessi di emissione della CO2, si studia un nuova manovra, dopo quella messa in pista agli inizi di luglio, per evitare che gli effetti dell’impennata colpiscano in modo pesante il portafoglio dei consumatori.
Il sostegno alle rinnovabili pesa sul 70% degli oneri.
È un doppio livello, dunque, quello su cui si muove il governo che punterebbe ad affidare allo strumento della delega, come trapela da una bozza del nuovo disegno di legge per la concorrenza, il lavoro di revisione degli oneri inserendolo in una più compiuta riforma della materia, anche nella prospettiva di trasferire sotto la fiscalità generale gli oneri per il sostegno alle energie rinnovabili. Che, stando ai numeri pubblicati dall’Autorità per l’energia, le reti e l’ambiente (Arera) nell’ultima Relazione annuale al Parlamento e al governo, rappresentano circa il 70% dei 14,9 miliardi di euro di oneri del 2020 (la cosiddetta componente Asos).
Nella bozza del Ddl, si apre anche alla possibilità che tali oneri vadano a gravare, in modo selettivo, sul consumo di combustibili fossili nel riscaldamento e nei trasporti con meccanismi di gradualità, ma sul punto il confronto è tutt’altro che chiuso. Anche perché il ministero della Transizione ecologica, è quanto si legge nel documento, «ritiene necessaria una compiuta riforma della materia» come peraltro ribadito anche nella proposta di piano per la transizione ecologica, approvato a metà luglio, che vedrà, tra i suoi pilastri, una complessiva e strutturata revisione del sistema fiscale per affrontare le problematiche ambientali.
L’urgenza: tagliare dalla bolletta i costi delle vecchie centrali nucleari.
La strada, quindi, è tracciata anche se le possibili soluzioni sono tuttora al vaglio. Ma una direzione l’ha indicata la stessa Arera che, in più occasioni, da ultimo a ottobre, nell’ambito dell’audizione in Commissione industria al Senato, in merito all’Affare sulla razionalizzazione, la trasparenza e la struttura di costo del mercato elettrico e sugli effetti in bolletta, ha rimarcato la necessità di eliminare fin da subito dalla bolletta «gli oneri non direttamente connessi agli obiettivi di sviluppo ambientalmente sostenibile e quelli finalizzati al contrasto della povertà energetica».
Tradotto: le voci che coprono i costi di smantellamento delle centrali nucleari dismesse e anche gli oneri a copertura del regime tariffario speciale riconosciuto a Rfi per i consumi di elettricità sulla rete tradizionale. Una posizione, quest’ultima, sposata anche dall’Antitrust nella segnalazione di marzo scorso al Parlamento con le proposte di riforma per la legge annuale, secondo cui «alla copertura di tali oneri si può provvedere mediante trasferimenti dal bilancio dello Stato».
L’ipotesi di un intervento cuscinetto contro i rincari.
Fin qui il binario più generale, quindi, ancora da declinare nel dettaglio. Mentre, nel breve periodo, il governo starebbe valutando un nuovo intervento “cuscinetto” per alleviare il peso dei rincari che si annunciano nel prossimo aggiornamento trimestrale delle bollette fissato per fine settembre. Nei giorni scorsi, nel corso di una intervista, anche il presidente dell’Arera, Stefano Besseghini, ha parlato di un «cantiere aperto» su questo fronte.
E, come già accaduto agli inizi di luglio, un assist prezioso per calmierare l’impatto della stangata potrebbe arrivare dalle aste del mercato europeo dei permessi di emissione di CO2 che stanno facendo registrare ricavi straordinari a causa della tendenza rialzista del prezzo della stessa con proventi pari, nel solo secondo trimestre, a 719 milioni, come documentano i dati pubblicati dal Gse, responsabile del collocamento delle quote di emissioni italiane sulla piattaforma Ue.
Il faro del governo sulle aste della CO2.
Certo, l’entità della manovra è ancora tutta da decidere perché solo da metà settembre l’Arera comincerà a mettere in fila i numeri per capire quale sarà la variazione tariffaria per le bollette, ma intanto l’esecutivo ha acceso un faro con un occhio alle aste della CO2, i cui proventi sono destinati, come prevede l’articolo 15 del decreto di recepimento della direttiva Ue sulla promozione dell’uso dell’energia da fonti rinnovabili (Red II), per la parte che compete al Mite, a coprire, dal 2022, «i costi di incentivazione delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica mediante misure che trovano copertura sulle tariffe dell’energia».
È una tessera del percorso più ampio di riforma che, come detto, dovrebbe seguire lo strumento della delega, destinato a dominare buona parte del disegno di legge per la concorrenza che potrebbe arrivare in consiglio dei ministri per metà mese. Il governo pensa infatti di chiedere la delega al Parlamento, per poi agire con decreti legislativi, anche sui servizi pubblici locali, sulle concessioni idroelettriche, sul commercio ambulante, sulla vigilanza dei mercati e conformità dei prodotti. Altre materie invece, dalla sanità ai porti alla mobilità elettrica, dovrebbero entrare nel Ddl senza ricorso alla delega ma anche su questi fronti non si escludono cambiamenti dell’ultim’ora.
IlSole24Ore