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domenica 18 ottobre 2020

Fondi per sanità e scuola, 4 miliardi ai settori più colpiti, stop a cartelle esattoriali fino a dicembre e proroga della Cig a marzo: approvata “salvo intese” la manovra da 40 miliardi. Tutte le misure.

 

Via libera anche al Documento programmatico di bilancio da inviare a Bruxelles. Superate le divisioni interne alla maggioranza: i renziani si erano detti pronti a far saltare il banco se non fossero state cancellate plastic e sugar tax, per le quali si ipotizza un nuovo rinvio a luglio. Tra i provvedimenti approvati c'è anche la conferma della decontribuzione per i lavoratori del Sud e nuovi incentivi per le assunzioni di under 35.

Per il testo definitivo servirà ancora qualche giorno, ma un accordo di massima sulla legge di bilancio 2021 è stato raggiunto. Al termine di una lunga nottata di trattative, con i renziani che si erano detti pronti a far saltare il tavolo qualora non fossero cancellate plastic e sugar tax, il consiglio dei ministri ha approvato “salvo intese” la manovra economica e il Documento programmatico di bilancio, la sintesi della Finanziaria da inviare a Bruxelles. Via libera a sorpresa anche a un decreto ad hoc per prorogare il blocco del pagamento delle cartelle esattoriali fino a fine anno, mentre quello per l’estensione della Cig al 31 dicembre – come anticipato ieri – arriverà fra un paio di settimane (in manovra c’è già l’estensione a marzo). Sul piatto ci sono in totale quasi 40 miliardi di euro, gran parte dei quali destinati a contrastare gli effetti della pandemia: dai nuovi fondi per assumere medici e infermieri, all’assegno unico per le famiglie atteso per luglio 2021, fino alla decontribuzione fiscale al Sud, ai 4 miliardi per le imprese in crisi e ai 6 miliardi per scuola e università. Ecco tutte le misure.

Stop alle cartelle esattoriali fino a dicembre – La prima novità emersa dal Consiglio dei ministri riguarda proprio lo stop alle cartelle esattoriali fino a fine anno, una misura che piace sia a Italia Viva che al Movimento 5 stelle. Nel decreto ad hoc varato nella notte, chiarisce il comunicato diffuso da Palazzo Chigi al termine del cdm, viene disposta la proroga fino al 31 dicembre 2020 della sospensione delle attività di notifica di nuove cartelle di pagamento, del pagamento delle cartelle precedentemente inviate e degli altri atti dell’Agente della Riscossione, compresi dunque i pignoramenti di stipendi e pensioni. Allo stesso tempo, si proroga al 31 dicembre anche il periodo durante il quale si decade dalla rateizzazione con il mancato pagamento di 10 rate, anziché 5. Per consentire uno smaltimento graduale delle cartelle di pagamento che si sono già accumulate, alle quali si aggiungeranno quelle dei ruoli che gli enti consegneranno fino al termine della sospensione, precisa ancora il comunicato, è inoltre previsto il differimento di 12 mesi del termine entro il quale avviare alla notifica le cartelle.

Proroga Cig selettiva – Vengono finanziate ulteriori settimane di Cig Covid fino a marzo 2021, con lo stesso meccanismo che prevede la gratuità della Cassa per chi ha registrato perdite oltre una certa soglia. Per quanto riguarda la proroga fino a fine anno, invece, si attende un nuovo decreto dopo un confronto tra governo e sindacati.

4 miliardi alla sanità – Un miliardo è destinato al finanziamento del Fondo sanitario nazionale. Le altre risorse serviranno per il sostegno del personale medico e infermieristico, compresa la conferma anche per il 2021 di 30.000 fra medici e infermieri assunti a tempo determinato per l’emergenza e il sostegno delle indennità contrattuali per queste categorie. Arriva, una novità, un fondo per l’acquisto di vaccini e per altre esigenze correlate alla pandemia. Dovrebbe valere 400 milioni per 2 anni.

Riforma del fisco – Come ampiamente anticipato, viene finanziata a partire da luglio 2021 la riforma per le famiglie, con l’introduzione dell’assegno unico che viene esteso anche agli autonomi e agli incapienti. Viene inoltre prolungata la durata del congedo di paternità. Per l’assegno le risorse aggiuntive dovrebbero essere di 3 miliardi per il prossimo anno, mentre a regime vengono stanziati 8 miliardi di euro annui per la riforma fiscale, che comprende l’assegno universale, ai quali si aggiungeranno le risorse derivanti dalle maggiori entrate fiscali che confluiranno nell’apposito fondo ‘per la fedeltà fiscale’. La nuova Irpef arriverà poi per delega e sarà operativa, nelle intenzioni del governo, dal 2022.

Incentivi per il lavoro al Sud e per l’assunzione di under 35 – Diventa strutturale la fiscalità di vantaggio per il Sud, cioè la decontribuzione del 30% per i lavoratori e per i nuovi assunti, con uno stanziamento di 13,4 miliardi nel triennio 2021-2023. Prorogato per il 2021 il credito di imposta per gli investimenti nelle Regioni del Meridione (per 1 miliardo). Vengono anche azzerati per tre anni i contributi per le assunzioni degli under 35 a carico delle imprese operanti su tutto il territorio nazionale.

Bonus 100 euro in busta paga – Con circa 1,8 miliardi di euro aggiuntivi, per uno stanziamento annuale complessivo di 7 miliardi, viene portato a regime il taglio del cuneo per i redditi sopra i 28.000 euro. Si tratta del rafforzamento del bonus Renzi da 80 euro, portato a 100 a luglio di quest’anno, e confermato per tutto il 2021. La misura prevede un aumento di 100 euro mensili in busta paga che va ad azzerarsi per chi ha uno stipendio annuo di oltre 40mila euro.

Fondo Covid per i settori in crisi – Nasce un fondo da 4 miliardi a sostegno dei settori maggiormente colpiti durante l’emergenza, come ristoranti e turismo. Viene prorogata la moratoria sui mutui e la possibilità di accedere alle garanzie pubbliche fornite dal Fondo Garanzia Pmi e da Sace. Viene fornito un sostegno aggiuntivo alle attività di internazionalizzazione delle imprese, con uno stanziamento di 1,5 miliardi di euro. Vengono prorogate le misure a sostegno della ripatrimonializzazione delle piccole e medie imprese.

350 milioni ai trasporti – Pronti 350 milioni da utilizzare nei primi mesi del 2021 arriva un soccorso per il trasporto pubblico locale, colpito dalle misure di contenimento del virus. Il focus andrà dedicato in particolar modo ai trasporti scolastici.

Plastic tax e sugar tax – Nel comunicato finale del Cdm le due misure green, già rinviate una volta a causa della pandemia, non vengono citate. Potrebbe essere questo uno dei punti che ha costretto la maggioranza ad approvare “salvo intese” la legge di bilancio. Stando a quanto trapelato finora, però, sembra che l’orientamento del governo sia di posticiparle ancora una volta, a luglio 2021, accogliendo le richieste di Italia Viva.

Pensioni – Il pacchetto pensioni comprende la proroga di opzione donna e dell’Ape social, allargata ai disoccupati.

Scuola e diritto allo studio – Viene finanziata con 1,2 miliardi di euro a regime l’assunzione di 25mila insegnanti di sostegno e vengono stanziati 1,5 miliardi di euro per l’edilizia scolastica. È previsto un contributo di 500 milioni di euro l’anno per il diritto allo studio e sono stanziati 500 milioni di euro l’anno per il settore universitario. Sono destinati 2,4 miliardi all’edilizia universitaria e ai progetti di ricerca. Vengono inoltre destinati 600 milioni di euro all’anno per sostenere l’occupazione nei settori del cinema e della cultura.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/18/fondi-per-sanita-e-scuola-assegno-unico-stop-alle-cartelle-esattoriali-e-proroga-della-cig-a-marzo-approvata-salvo-intese-la-manovra-da-40-miliardi-tutte-le-misure/5970355/

giovedì 18 luglio 2019

Sgravi contributivi di Renzi, il bilancio: 16,7 miliardi alle aziende e tre anni dopo metà dei contratti non ci sono più. - Stefano Feltri

Sgravi contributivi di Renzi, il bilancio: 16,7 miliardi alle aziende e tre anni dopo metà dei contratti non ci sono più

Gli incentivi sono andati soprattutto al Nord e ne hanno usufruito 1,5 milioni di lavoratori. Una volta finito lo sconto, 10-15mila persone sono state licenziate. Il 46% di quanti erano stati assunti con lo sgravio ha cambiato posto.
Gli abusi temuti ci sono stati, anche se in numeri contenuti, e il sospetto che l’intera operazione sia stata un grande spreco di denaro pubblico resta anche ora che ci sono i dati definitivi. Nella sua prima legge di Bilancio, quella per l’anno 2015, ilgoverno Renzi introduce una misura di sostegno all’occupazione che serve ad accompagnare le riforme del Jobs Act, flessibilità associata a incentivi alle assunzioni. Le imprese che offrono un contratto a tempo indeterminato a chi rispetta certi requisiti (non aver avuto contratti a tempo indeterminato con lo stesso datore nei sei mesi precedenti) beneficiano di un esonero dai contributi da versare fino a 8.060 euro all’anno per tre anni.
Il rapporto annuale dell’Inps, presentato nei giorni scorsi, offre il primo bilancio definitivo di quella misura, visto che a dicembre 2018 si è concluso il periodo di agevolazione previsto dalla legge di Bilancio 2015. La prima sorpresa è l’entità dell’intervento, che era soltanto stimata al momento della sua approvazione perché non si sapeva quante imprese ne avrebbero beneficiato: ben 16,7 miliardi di euro (un anno di reddito di cittadinanza ne costa circa 5). Il grosso di quei soldi sono andati a imprese del Nord, 9 miliardi, al centro 3,6 e al Sud e isole 4,2 miliardi. Sono stati soldi ben spesi? Qualche dubbio è lecito.

Secondo i dati dell’Inps, nel 2015 hanno usufruito dell’esonero contributivo triennale 1,5 milioni di rapporti di lavoro (1,1 di assunzioni, 398.000 trasformazioni da tempo determinato a indeterminato) che sono il 60 per cento delle attivazioni a tempo indeterminato osservate nel 2015. Già l’estensione del beneficio legittima il dubbio che si tratti di assunzioni che ci sarebbero state comunque – difficile pensare che in un anno di ripresa economica, in assenza di aiuto pubblico, sarebbero venuti meno tutti quei posti di lavoro – e quindi più che a creare occupazione i 16,7 miliardi sono stati un aiuto alle imprese, per pagare meno dipendenti che avrebbero assunto comunque.
Anche la durata di questi rapporti sembra standard, segno che i soldi non hanno stimolato la creazione di posti di lavoro diversi da quelli che il mercato avrebbe probabilmente comunque generato. Secondo un’analisi di Veneto Lavoro, il tasso massimo di sopravvivenza dei rapporti di lavoro prima del 2015 riguarda quelli attivati nel 2011: a tre anni dalla firma, il 51 per cento dei lavoratori era ancora nello stesso posto di lavoro. La differenza con i rapporti attivati nel 2015, in un contesto molto diverso (ripresa invece che economia a un passo dalla bancarotta), è minima: 54 per cento di sopravvivenza dopo tre anni. “Se ne ricava che l’esonero del 2015 non ha assicurato quella stabilità immaginaria implicita nella nomenclatura ‘rapporti di lavoro a tempo indeterminato’ – normalmente non più della metà dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato attivati nelle imprese private supera il terzo anno e non più del 40 per cento va oltre il quinto anno – ma ha senz’altro modificato positivamente la curva di sopravvivenza”, è la conclusione tutto sommato indulgente verso la misura del governo Renzi cui arriva il rapporto Inps, firmato dal presidente Pasquale Tridico, nominato dal governo gialloverde.
Alcune imprese sembrano poi aver approfittato degli incentivi per poi disfarsi senza scrupoli dei lavoratori quando, dopo il terzo anno, il loro costo è salito. Si rileva infatti un picco di dimissioni e licenziamenti tra il 35º e il 37º mese del contratto a tempo indeterminato che non sembra avere altre ragioni se non la fine del regime agevolato (come si può vedere nel grafico qui in pagina). Nello specifico: il 56 per cento in più di licenziamenti e il 43 per cento in più di dimissioni nelle aziende con meno di 15 dipendenti, percentuali che si riducono al 15 e al 21 tra quelle di dimensioni maggiori. In valore assoluto, si tratta di cifre basse: 10-15.000 persone in tutto. Poche, ma va anche ricordato che l’enorme polemica intorno al decreto Dignità approvato dal governo Conte si fondava sulla stima del possibile mancato rinnovo di 8.000 contratti a termine per effetto della riduzione della durata massima da 36 a 24 mesi.
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/07/17/i-furbetti-degli-incentivi-prima-incassare-i-soldi-poi-licenziare/5329415/


L'uomo delle leggi fatte per attirare l'approvazione degli elettori, ma pro domo sua perchè solo provvisorie.

venerdì 3 febbraio 2017

Il terrorismo psicologico dei media sulla finta battaglia Bruxelles - Roma sulla manovra correttiva. - Marco Zanni

marco zanni - Il terrorismo psicologico dei media sulla finta battaglia Bruxelles - Roma sulla manovra correttiva

Oggi vedo molti giornali scrivere sul presunto scontro tra Bruxelles e Roma per quanto riguarda la manovra di bilancio correttiva da €3,4 miliardi richiesta dalla Commissione al nostro Paese. Avevo già parlato ampiamente di quello che sarebbe successo a fine ottobre, quando l'allora governo Renzi, come da regole UE, presentò ai partner europei e alla Commissione la legge di bilancio per il 2017. Già allora i burocrati di Bruxelles avevano sollevato dubbi su quei numeri, esprimendo però solo riserve che sarebbero state sciolte il 5 dicembre, guarda caso un giorno dopo l’attesissimo e pericolosissimo referendum italiano sulla riforma costituzionale. La motivazione? Le istituzioni UE, anticipando la tagliola sull’Italia con nuovi tagli e nuove tasse, non volevano avvantaggiare i “populisti”: campioni di democrazia insomma, come troppo spesso hanno dimostrato.
Si aspetta, ma puntualmente il 5 dicembre, durante la riunione dell’Eurogruppo (un organismo informale senza regole che però decide i destini di milioni di cittadini europei), l’UE decidere di chiedere il conto all’Italia: le assurde regole di Maastricht, inasprite dall’architrave del Fiscal Compact (Six-pack e Two-Pack), vanno rispettate: ballano €15 miliardi sul saldo strutturale di bilancio, l’1% del PIL, per rispettare le promesse fatte un anno prima da Renzi in cambio di qualche spicciolo di flessibilità sul 2016 per distribuire qualche inutile mancetta elettorale. Arrivano le prime bordate “europee” verso Roma, ma con Renzi dimissionario e senza un nuovo governo, nessuna decisione concreta viene presa. Solo una volta instaurato e rodato il governo Gentiloni, ecco l’UE tornare all’attacco. Se i toni usati da Bruxelles e dal commissario Moscovici sono pesanti, lo è un po’ meno la richiesta concreta: non un aggiustamento da €15 miliardi, ma solo un ritocchino da €3,4 miliardi, lo 0,2% del PIL. La Commissione è consapevole delle imminenti elezioni italiane e tenta di usare la mano leggera mantenendo la fermezza dei toni: costringere il governo italiano ad alzare le tasse e tagliare welfare vicino all’appuntamento elettorale rischia di consegnare il Paese in mano ai fantomatici “populisti”, che sono brutti e cattivi. Con elezioni anche in Olanda, Francia e Germania, per tenere in piedi questo castello di carta le provano tutte. Altra grande prova di democrazia dell’UE. Ma come per Brexit, non funzionerà.
E ora arriviamo agli ultimi giorni: Moscovici sollecita formalmente il governo italiano ad agire, e Padoan tenta fintamente di fare la voce grossa, almeno a quanto dicono i giornali di oggi. “Italia sfida UE: no a manovra” e altri titoli del genere, che però non rappresentano in realtà quanto veramente detto da Padoan. Infatti nelle parole del ministro dell’economia italiano non traspare la volontà, che sarebbe sacrosanta, di mandare sovranamente a quel paese Bruxelles, ma soltanto di rinviare la resa dei conti a dopo le elezioni, per non tirarsi la zappa sui piedi in campagna elettorale. Nuove tasse e nuovi tagli ci saranno sicuramente, ma Pier Carlo vuole rinviare la sorpresina per gli italiani a dopo il voto. E questa è la prima bugia, a proposito di fake news, che oggi i media italiani snocciolano.
La seconda bugia è a mio avviso ancora più grave: il frame lanciato dalla stampa nostrana è che se il governo si rifiuterà di fare la manovra correttiva, l’UE ci commissarierà. Questa fasulla interpretazione ha un significato ben preciso, un messaggio terroristico con cui ormai dovremo avere una certa dimestichezza: dobbiamo fare quello che ci dice Bruxelles, perché l’UE è l’unica alternativa possibile. Senza l’UE saremo perduti, e se non rispettiamo le regole ci commissariano. E’ la retorica del TINA, There Is No Alternative, non c’è altra alternativa all’UE, tanto cara ai sostenitori di questo progetto criminale. Questa è una truffa bella e buona propinata agli italiani per calmierare il risentimento del popolo verso queste istituzioni. Il governo italiano avrebbe il potere e la forza di esercitare quel pizzico di sovranità che ancora gli è rimasta rischiando poco o niente. E sarebbe il caso di iniziare a farlo. Dire che in caso di mancata manovra correttiva verremo commissariati, significa dire una bugia per fare terrorismo psicologico e far abituare il popolo al fatto che le nuove tasse e i nuovi tagli sono necessari, altrimenti c’è l’apocalisse. 
Il mancato rispetto delle regole di Maastricht (principalmente sul rapporto deficit/PIL e sul rapporto debito pubblico/PIL) non porta concretamente a nessun commissariamento, ma solo all’avvio da parte della Commissione europea di una procedura d’infrazione lunga e ridicola, come la storia ha dimostrato. L’ultimo caso sono state le sanzioni a Spagna e Portogallo: i due Paesi della penisola iberica erano finiti sotto procedura d’infrazione UE per mancato rispetto delle regole sul deficit. Dopo molto tempo dall’avvio della procedura (la Spagna sfora il rapporto deficit/PIL dal 2008), molti richiami, molte lettere e via dicendo la Commissione e l’Eurogruppo, a fine 2016 (ben 8 anni dopo, quasi due legislature!!!) decidono di sanzionare i due Paesi per deficit eccessivo: e qual è la terribile punizione inflitta dall’UE ai disobbedienti? Nessuna, nel concreto nessuna! Nessuna sanzione pecuniaria, ma solo la paventata minaccia di bloccare l’accesso ai fondi del bilancio UE, che poi sono una cifra ridicola e si tratta di soldi degli stessi Stati membri. Ecco, per i media italiani questa pagliacciata di procedura sanzionatoria che dura 8 anni e si traduce in una sanzione non pecuniaria equivarrebbe al commissariamento del Paese. Inutile terrorismo psicologico che va smascherato.
Ribellarsi alle assurde regole di Bruxelles non solo si può fare senza grossi problemi, ma oggi diviene assolutamente necessario. Come il popolo italiano si ribellò all’occupazione nazi-fascista durante la seconda guerra mondiale, oggi è compito di ogni governo che rappresenti davvero gli interessi dei cittadini opporsi ai crimini finanziari perpetrati dalle istituzioni UE. Il governo italiano ha il dovere di mandare a quel paese la Commissione e l’Eurogruppo, ribadendo la propria sovranità. Il benessere dei cittadini deve avere la priorità assoluta su qualsiasi assurda regola di bilancio. Avremmo dovuto farlo già a dicembre 2015, quando il governo Renzi si piegò alle regole sul bail-in e mandò sul lastrico centinaia di migliaia di risparmiatori italiani, alla faccia dell’articolo 47 della Costituzione. E nei mesi successivi la borsa italiana, di cui le banche rappresentano la parte maggiore, bruciò altre decine di miliardi di risparmi: tutto questo per rispettare una regola assurda e distruttiva.
Non fatevi spaventare dai giornali su queste cose, ma abbiate paura per i pericoli veri: il commissariamento del Paese può arrivare da altri due canali, come ho cercato di spiegare durante la conferenza di martedì sera a Milano. L’attacco al sistema bancario italiano e al debito pubblico: nel primo caso, le regole punitive possono portare il governo a chiedere aiuto al MES e quindi a far intervenire la Troika, nel secondo caso l’”aiuto” arriverebbe dal programma OMT della BCE, ma l’effetto sarebbe lo stesso, l’ingresso della Troika a Roma.
Di questo dobbiamo aver paura, e la paura deve servirci per avere il coraggio di scrivere veramente e al più presto possibile la parola “fine” all’esperienza dell’UE e dell’Euro.

sabato 10 dicembre 2016

Nella palude post-referendum c’è una vittima sacrificale: non certo Renzi, ma … Grillo. - Rosanna Spadini

accozzaglia-del-si

Il day after è arrivato e certo non abbiamo creduto alle lacrime da lumacone di Renzi, e nemmeno alle sue promesse da baro … al sabbatico per un anno di meditazioni Zen, o al ritiro definitivo dalla politica, oppure ancora alle elezioni anticipate. Con l’Italicum vincerebbero i 5 Stelle, quindi bisogna modificare la legge, perché i bari non rispettano le regole democratiche valide per tutti, ma le cambiano e le modulano secondo le proprie esigenze. La partita a poker Renzi l’ha persa, in realtà però il potere è come il banco del casinò, non perde mai, perché ha a disposizione le tv, megafoni amplificati alla cattura del consenso, che divulgano messaggi subliminali in gran quantità, così da confondere e disinformare.
Statura da elfo e stoffa da show man, Renzi ha perso, ma è già partita la controffensiva mediatica da parte del suo gruppo di potere, per ricomporre l’establishment, e risistemare la questione … il trasferimento di sovranità fuori dai parlamenti nazionali deve essere in qualche modo oscurato dai conflitti interni, alla ricerca di un’unità nazionale delle forze politiche schierate, inammissibile e improbabile.
matteo-renzi-con-il-presidente-sergio-mattarella-nel-mese-di-novembre
Probabilmente Mattarella farà di tutto per non sciogliere le camere, da buon democristiano, e traghetterà la casta verso un governo di scopo, e i motivi sono diversi, c’è una crisi bancaria in atto da risolvere, una legge di bilancio da produrre senza mance, e poi rassicurare i mercati, consegnare un segnale di stabilità all’UE … insomma problemi urgenti, che non possono tollerare una sospensione benché minima.
Il M5S naturalmente soffia sul fuoco e chiede elezioni anticipate, quindi nell’immediato post referendum  Di Maio dice «Ha perso la politica che crede che il reddito di cittadinanza, le proposte popolari siano soltanto utopia, noi da domani saremo al governo per creare una squadra di governo, un programma di governo, per un nostro futuro governo, è il momento di dire basta all’idea che una sola persona debba governare il paese, una legge costituzionale esiste già, se la deve modificare sarà la Corte Costituzionale a farlo, in questi giorni ci saranno dei correttivi per facilitare la continuazione dell’attività governativa, è finita l’epoca dei tweet che mandano al governo, è finita l’epoca delle scorciatoie, se noi andremo al governo ci andremo con il voto dei cittadini.»
E Di Battista ha aggiunto «Non ha vinto solo il M5S ma hanno vinto i cittadini tutti, noi abbiamo fatto il nostro dovere, un referendum senza quorum fornisce il dato che avete visto, ovvero che c’è il record degli elettori, noi ringraziamo tutti i cittadini che sono andati al voto, vorrei soltanto dirvi che è il momento di dire basta a chi dice che il movimento 5 stelle sia un movimento anti politico, se c’è un partito anti politico è quel partito che ha approvato con un parlamento incostituzionale una riforma antipolitica.»
Vabbè … utopia, reddito di cittadinanza, antipolitica … intanto il potere resta in mano alla casta, e i famigerati grillini sono trattati a pesci in faccia su tutti i network tv, che sembrano accanirsi nel presentarli come incapaci, inaffidabili, incompetenti, quindi sarebbe assurdo affidare loro il governo del Paese, data la “tragica” esperienza del governo di Roma … nonostante si siano battuti come leoni in tutte le piazze d’Italia a difesa della Costituzione, nonostante lo abbiano fatto con passione e senso civico, dato che la vittoria del NO si ritorce proprio contro il Movimento.
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Nel frattempo la casta piddina dopo un nanosecondo di sconcerto si rianima e riprende la solita ύβρις «Ripartiamo dal 40% di ieri! … Tutto è iniziato col 40% nel 2012, e poi abbiamo vinto col 40% nel 2014», il patetico tweet di Luca Lotti, sottosegretario a Palazzo Chigi, ma soprattutto da sempre braccio destro di Matteo Renzi «13 milioni e mezzo dei voti del SI’, rappresentano un capitale apparentemente blindato».
Ma Renzi è uno zòon politikòn, versatile e mutante nello zòon dello spettacolo, in una dimensione dove l’apparire trova la sua enfasi sullo schermo dei network, e raggiunge il suo massimo grado di esposizione tra i palinsesti giornalieri, per celare la vera essenza del potere. La botta è arrivata tosta, ma non credo inaspettata, quindi la nuova storytelling strategica riparte dalla seconda stagione e non promette nulla di buono.
Secondo Murray J. Edelman, politologo statunitense del ‘900, la politica è mossa da due sostanziali dinamiche, un mercato “strumentale” (occultato alla massa) ed uno “simbolico” (pubblico), interpretate a loro volta da tre differenti fattori, l’élite dominante, il popolo, e i gruppi di interesse, dove le lobby capitalistiche  influenzano l’operato dell’élite dominante, la quale  per assicurarsi il sostegno del pubblico massificato, offre alla massa simboli che la rassicurino, la commuovano o la spaventino. Lo spettacolo del mondo così com’è raccontato dai notiziari televisivi è un’essenziale sorgente di legittimazione per lo stato e dunque per il governo «là fuori ci sono terribili nemici e sfide complicate, per riuscire a vivere tranquilli qui dentro, nel salotto di casa dove il mondo è spettacolo, qualcuno deve pensarci per noi». (Constructing the Political Spectacle1988)
Dunque di simboli mediatici si nutre la mitologia della casta, di simboli si alimenta la dialettica oratoria e  gestuale del premier, alle prese con i prossimi scenari politici, che devono essere disinnescati uno dopo l’altro, dato che una soluzione definitiva non può esistere all’interno dell’Eurozona.
La sua narrazione propagandistica, fin dall’hashtag #enricostaisereno, è stata improntata alla massima spregiudicatezza … fomentare il bollore dell’acqua, finché la rana non fosse completamente bollita. Ma forse anche questa volta le sue dimissioni potrebbero rivelarsi un’operazione sagace e spregiudicata, che approfitta della sconfitta per mutarla clamorosamente nella palude più densa di questa strana crisi di governo.
Tre gravi problemi politico-economici da risolvere: la legge di bilancio (approvata a colpi di Fiducia in 48 ore, per la serie il bicameralismo e le sue lungaggini), la drammatica situazione del sistema bancario italiano (Monte dei Paschi), e la legge elettorale.
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Sulla questione legge di bilancio c’è una differenza sul deficit strutturale pari a un punto percentuale di PIL, circa €15 miliardi. La commissione europea aveva promesso una tregua fino al referendum ma ora richiederà aggiustamenti di bilancio con nuovi tagli o nuove tasse.
A Berlino già si parla di mandare la Troika in Italia, spiega in un’intervista Volker Wieland, uno dei consiglieri economici del governo tedesco che formano il consiglio dei Cinque Saggi. «Il nuovo esecutivo dovrebbe chiedere un programma di aiuti all’Esm» … «Il referendum sulla riforma costituzionale non ha modificato in alcun modo la situazione in Italia».   Il Meccanismo di stabilità europeo, altrimenti noto come Fondo Salva-Stati, sarebbe una sorta di commissariamento da parte della Commissione europea, della BCE e del FMI (chiamasi Troika).
Nei piani di Wieland «anche il FMI dovrebbe essere coinvolto nel programma di aiuti a sostegno dell’Italia …  da un lato rappresenterebbe uno scudo in caso di crisi debitoria in Italia e, dall’altro, ESM e FMI assieme potrebbero esercitare le giuste pressioni per sbloccare le riforme». Per Wieland, Renzi avrebbe sbagliato perché «ha legato il suo futuro politico alla riforma costituzionale invece di portare avanti riforme ambiziose sul mercato del lavoro, dei prodotti, dell’amministrazione pubblica e della giustizia … chiunque si troverà a governare il Paese in futuro, dovrà finalmente creare le condizioni economiche necessarie per una crescita sostenibile. L’Italia ha bisogno di una politica dell’offerta vicina al mercato». Quindi il commissariamento dell’Italia si avvicina, e sappiamo bene che questo comporterà tasse e balzelli, privatizzazioni e ulteriore svendita del patrimonio pubblico, così com’è accaduto in Grecia, dove sono stati svenduti porti e aeroporti ad aziende tedesche.
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Sulla questione banche e MPS le soluzioni di mercato sembra che non possano funzionare, probabilmente servirà un bail-in controllato e parziale con successivo intervento pubblico nel capitale. Mps è l’istituto bancario italiano che più di tutti risentirà della crisi politica post Renxit, che rende molto difficile assicurarsi un investimento da 1 miliardo di euro dal Qatar, per il piano di ricapitalizzazione. La banca soffre la crisi patrimoniale più grave in Europa, come hanno evidenziato gli ultimi stress test e, nel caso in cui il piano di ricapitalizzazione di Mps dovesse saltare, il Tesoro (primo socio con una quota di capitale del 4%) potrebbe ricorrere a un’operazione di nazionalizzazione della banca di Siena.
Per quanto riguarda l’Italicum va immediatamente cambiato, perché ai ballottaggi vincono sempre i 5 Stelle, quindi bisognerà aspettare la sentenza della Corte Costituzionale che ha rinviato la discussione sulla costituzionalità sulla legge a dopo il referendum, per poi discutere della nuova legge elettorale, che sarà categoricamente proporzionale, così costringerà alle ammucchiate partitiche ed esorcizzerà il rischio 5 Stelle. 
È la massima espressione della post-democrazia: la personalizzazione partitica delle regole democratiche.
Intanto lo scontro tra correnti del PD, nella palude delle 50 sfumature di grigio, nasce da un vero ginepraio inestricabile, e quando arriva Renzi, vince primarie, congresso, scalza Letta dal governo, dopo aver scalzato Bersani dal partito e rimescola la palude. I renziani passano saldamente in maggioranza e conquistano tutte le periferie, comprese le ex regioni rosse (Emilia con Bonaccini) tranne la Toscana. I lettiani, per quanto pochi, passano di fatto all’opposizione (Boccia), i Giovani Turchi (Orfini, Verducci, Orlando) dall’opposizione a Renzi (sostenevano Gianni Cuperlo, per la segreteria) passano in maggioranza, sfilandosi dal fronte delle opposizioni interne e arrivando a creare un asse con i renziani (Serracchiani su tutti). Il ruolo di Civati cresce, più mediaticamente che in quanto a numeri, contando su pochi parlamentari (Mineo, Casson, Ricchiuti e Vannino Chiti). L’area della minoranza bersaniana si frantuma, mentre i dalemiani si arroccano in posizione di sdegnosa retroguardia.
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L’Area riformista, il grosso della minoranza dem di derivazione bersaniana, si divide tra i più dialoganti (Roberto Speranza) e i duribersaniani D’Attorre, De Giorgis, Gotor, mentre Stefano Fassina gioca sempre più un ruolo autonomo. Il giglio magico, formato dal ministro Boschi, il sottosegretario Lotti, il portavoce Sensi e pochi altri (tra cui il ministro Madia, ex veltroniana), scontenta quasi tutti, renziani nuovi e vecchi, per la sua eccentricità. Da ultimo una nuova corrente, che conta quasi 80 parlamentari, ribattezzata dei catto-renziani perché l’elemento cattolico è quello più pronunciato, corrente voluta da Richetti, Rughetti e Delrio, ma che gode della benedizione del vicesegretario, Lorenzo Guerini (ex-dc ed ex-ppi a sua volta).
Difficile capire come andrà a finire la storytelling per la formazione del nuovo governo, non solo a Mattarella spetta l’ardua sentenza dentro la palude del renzismo dem. Ma le prospettive politiche per Renzi non sembrano comunque finite qui, ed anche se Renzi ha molteplici colpe, non pagherà per questo: ha voluto personalizzare il referendum proponendo una pessima riforma, confusa e disorganica, ha tentato di spaccare l’Italia in due, secondo il motto ben conosciuto divide et impera, ha cercato la deriva autoritaria sottraendo agli elettori l’elezione del Senato, ha evocato spettri apocalittici di crisi finanziarie alle porte, terrorizzando con l’eventualità di uno spread alle stelle, di mercati nel panico, ha sprecato sei mesi di campagna referendaria fallimentare, quando i problemi urgenti erano ben altri, e infine ha speso per tutta questa sceneggiata 300 milioni di euro buttati al vento.
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Nonostante tutto questo, nonostante il discorso strappalacrime drammatizzato con enfasi la sera della debacle (scritto da Alessandro Baricco), e benché abbia ripetutamente ricordato di volersi addirittura ritirare dalla politica, Renzi non se ne andrà … si è preso una breve pausa sabbatica per riordinare i progetti e se possibile spaccare il PD, ma sarà ben presto pronto a ritornare sulla scena, dato che the show must go on … e il suo apparato lobbistico di riferimento pretende risposte.
Anzi ha avanzato apertamente la pretesa che tutti i partiti dovrebbero assumersi le loro responsabilità (dopo che i guai li ha combinati lui), che quindi la modifica dell’Italicum ora dovrebbe diventare non solo un onore, ma anche un onere dei leader dell’opposizione. Insomma, un po’ come la favola del lupo e dell’agnello …
Nella palude dem lo show man batte tutti in carisma comunicativo mediatico, dialettica brillante, oratoria suggestiva, risposta pronta, ironia goliardica da boy scout d’antan … nessuno può sostituirlo in questo momento storico, all’interno di quella barcaccia melmosa ricolma di vecchi arnesi del PD non c’è alternativa a Renzi, perché la rottamazione mediatica è realmente avvenuta, e nella società della politica spettacolo solo lui è in grado di condurre lo show quotidiano e narcotizzare le disarmanti platee piddine, rubizze e plaudenti.
Renzi è giovane ed è molto astuto, quindi approfitterà del 41% dei Sì che ha comunque preso al referendum, per farsene vanto e ripartire, con un gruzzolo personale sostanzioso su cui lavorare nel prossimo anno di campagna elettorale, anche se fosse solo la metà riconducibile al suo progetto.
Il nuovo governo dovrà essere di scopo, progettato su scadenze ben precise: legge elettorale, salvataggio del sistema bancario al collasso, correzione della Legge di Stabilità che a marzo l’Ue boccerà, e dialogo più o meno incandescente con l’Eurogroup e la Troika …  tirando una lunga e delirante volata fino al 2018.
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Il renzismo per ora ha subito una battuta d’arresto, ma non può sparire, anzi si sta attrezzando per risorgere, perché è contaminato da un germe contaminante condiviso da due forze ideologicamente tracimanti: il mal celato fanatismo europeista da una parte, e il finanzcapitalismo tecnologico mediatico dall’altra. Il germe in questione ha un nome (euro) e una pluralità di declinazioni (Fmi, Bce, Ue, JP Morgan, Goldman Sachs, BlackRock) contrassegnate da un minimo comune denominatore: la dissoluzione della sovranità nazionale in un organismo imperialista europeo.
Proprio da ultimo è tornato sulla scena il badante della nipote di Mubarak, redivivo dall’ennesima mutazione transgenico cardiologica, rettiliano dal sangue freddo e dal piglio geniale, che si è messo a divulgare il nuovo credo politico, copiato pari pari dai 5 Stelle: uscita dall’euro, o moneta complementare, sovranità monetaria, stampare moneta per favorire la crescita economica … e come un avvoltoio, il nuovo governo delle larghe intese e delle coscienze stagnanti, calerà sulla cancrena del benessere sociale italiano, sostenendo la sua campagna demonizzante contro il M5S e Grillo in particolare, etichettato fascista, tiranno, ignorante, populista, massone e licantropo …
Ecco perché la vittoria del referendum si rivelerà un boomerang nei confronti dei 5 Stelle, troppo onesti e democratici per ambire alla guida del governo dell’Italia.

venerdì 18 novembre 2016

Fisco: indagato a Roma Alfio Marchini.

Alfio Marchini © ANSA


Sono 23 i provvedimenti della Procura di Roma nell'inchiesta che ha portato oggi a una serie di perquisizioni presso un gruppo di societa' collegate alla Methorios Capital spa.


C'è anche Alfio Marchini tra i 23 indagati della Procura di Roma nell'inchiesta che ha portato oggi a una serie di perquisizioni presso un gruppo di societa' collegate alla Methorios Capital spa, direttamente collegata all'ex candidato sindaco della capitale.  Nei confronti di tutti gli indagati il reato contestato e' quello di concorso in false comunicazioni sociali delle societa' quotate, in ordine ai bilanci (consolidato e di esercizio) della Methorios chiusi al 31 dicembre 2014 e 2015. Marchini, in particolare, e' sotto inchiesta per lo stesso reato riferito al bilancio, chiuso al dicembre 2015, della societa' Imvest spa. Il procedimento, coordinato dal procuratore aggiunto Rodolfo Sabelli, è stato avviato dopo la denuncia presentata il 4 ottobre scorso da Andrea Suriano, vicepresidente del cda e consigliere di Methorios e tra gli indagati, "da cui emerge - si legge nel decreto di perquisizione - un grave ed univoco quadro indiziario in ordine alla commissione dei reati", riferiti all'approvazione di bilanci di societa' quotate all'Aim Italia. Dalle verifiche "è emerso che nei bilanci e altre comunicazioni dirette ai soci e al pubblico sono stati consapevolmente esposti fatti materiali non rispondenti al vero e che e' stata omessa la comunicazione al mercato di fatti materiali rilevanti circa la situazione economica, patrimoniale e finanziaria di Methorios"


domenica 18 settembre 2016

IL PENTAGONO – UNA VORAGINE DI DENARO. - DAVE LINDORFF*


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Che cosa potrebbe succedere se l’ispettore generale del Dipartimento di Salute e dei Servizi Umani dovesse rilevare che dai libri contabili risulta che si sono persi seimila e cinquecento miliardi e che questi soldi sono irreperibili? Potremmo immaginare che titoli farebbero i giornali, giusto?
E se si fosse trattato di 65 mila-miliardi di dollari? I titoli sarebbero a caratteri cubitali come quelli del primo sbarco sulla luna o dello sbarco a Omaha Beach nella seconda guerra mondiale. Ma se un rapporto è dell’Ufficio dell’Ispettorato Generale del Pentagono e dice che l’esercito americano ha seimila e cinquecento miliardi di dollari di spese inspiegabili delle quali semplicemente non c’è nessuna traccia cartacea? Stiamo parlando di sessantacinquemila milioni di dollari ! Ne avete già sentito parlare? Probabilmente no.
Questo dannatissimo rapporto è stato pubblicato il 26 luglio – ben due settimane fa – ma fino ad oggi non ne ha parlato nessun giornale dei media ufficiali.
Non è che si tratta di nessuna informazione segreta e non è difficile da trovare. Questo report è disponibile online sul sito del Department of Defense’s OIG. E afferma:
L’Ufficio dell’Assistant Secretary dell’Esercito (Financial Management & Comptroller) (OASA[FM&C]) e del Defense Finance and Accounting Service di Indianapolis (DFAS Indianapolis) non dispone di un adeguato supporto per 2,8 miliardi di dollari nel terzo quadrimestre come risulta dai libri contabili (JV) portando così il progressivo annuo a 6.500 miliardi di dollari sui dati AGF dichiarati nella compilazione.2 del bilancio dell’anno finanziario 2015. I dati senza giustificativi trovati sui JV sono stati rilevati perché la OASA (FM & C) e il DFAS di Indianapolis non hanno tenuto conto delle rettifiche del sistema per le quali si erano prodotte le irregolarità riportate sul JV, e perché non erano state fornite sufficienti istruzioni per evitare quel tipo di irregolarità generate dal sistema.
Inoltre, il DFAS di Indianapolis non ha nessun documento o pezza d’appoggio per giustificare il motivo per cui il Report del Sistema-bilancio (DDR-B) del Dipartimento alla Difesa – un sistema di reporting finanziario – abbia rimosso non meno di 16.513 su un milione e trecentomila voci registrate nel terzo trimestre dell’esercizio 2015. Tutto è successo perché il DFAS di Indianapolis non ha ricevuto una documentazione dettagliata in accompagnamento ai dati inseriti nel DDRS-B e perché i rapporti di sistema ricevuti non erano né accurati, né completi.
Di conseguenza, i dati utilizzati per la redazione del Bilancio Finanziario FY 2015 – AGF del terzo trimestre – e progressivo a fine anno – sono stati dichiarati inaffidabili e senza adeguata tracciabilità. Oltre al fatto che il DoD e chi gestisce le spese dell’esercito non hanno potuto contare sui dati dei sistemi contabili per poter prendere decisioni relative alla gestione delle risorse.
Questa fitta burocratizzazione non significa che seimila e cinquecento miliardi siano stati rubati, o che questo denaro sia da considerare in aggiunta ai 600 miliardi di dollari spesi dal Pentagono nell’anno fiscale 2015. Questo significa che per anni – e seimila e cinquecento miliardi corrispondono al valore di circa 15 anni di spesa militare USA – il Dipartimento della Difesa (sic), non ha monitorato, non ha registrato, né effettuato controlli su tutto il denaro dei contribuenti assegnato dal Congresso – su quello che è stato speso, su quanto bene sia stato speso, o dove quel denaro sia effettivamente finito. Qui ci sono parecchie opportunità per corruzione, tangenti, finanziamenti segreti per “Black Ops” e per attività illegali, e naturalmente per semplici sprechi nell’esercizio di un grande esercito, della marina e dell’aeronautica. E tra l’altro, le cose non vanno meglio per la Navy, per l’Air Force e per i Marines.
Incredibilmente, nessun giornalista o editorialista dei media tradizionali USA ha visto questo fatto come una storia di cui valesse la pena scrivere un articolo per il pubblico americano.
Tanto per dare un senso sulla portata di questo scandalo, si consideri che il totale delle spese discrezionali federali nel FY 2015 sono state poco più di 1,1 miliardi di dollari. Tutto incluso, Istruzione (70 miliardi di $), Edilizia e sviluppo sociale ($ 63 miliardi), Medicare e la Salute ($ 66 miliardi), Pensioni per i veterani ($ 65 miliardi), Energia ($ 39 miliardi), Trasporti ($ 26 miliardi) e Affari Internazionali ( $ 41 miliardi ), e, naturalmente, che $ 600.000.000.000 per i militari.
A tutte le altre agenzie responsabili per spese analoghe, come il Dipartimento della Pubblica Istruzione, il Dipartimento dei Veterans Affairs, il Dipartimento di Housing and Urban Development, ecc, è stato richiesto dal Congresso – fin dal 1996 – di redigere relazioni annuali sui controlli effettuati sui loro bilanci. Anche il Pentagono è soggetto alla stessa legge del Congresso, ma per 20 anni di seguito ha omesso di farlo. Ha semplicemente fatto ostruzionismo, e finora è riuscito a starne lontano.
Nessuno al Congresso sembra preoccuparsi di questo disprezzo per il Congresso stesso e nemmeno i due candidati – della politica tradizionale – a presidente, il repubblicano Donald Trump e la democratica Hillary Clinton, sembrano preoccuparsenee. Nessuno dei due ha accennato a questo scandalo epico.
Secondo il rapporto della OIG, questo problema in realtà risale indietro di una generazione, al 1991, cinque anni prima che il Congresso approvasse la legge che impone a tutte le agenzie federali di agire nel rispetto dei principi contabili federali e di effettuare verifiche annuali, quando il Government Accountability Office rilevò che “adjustments senza giustificativi ” erano stati riportati sui bilanci militari durante un audit condotta sull’esercizio di bilancio dell’esercito del 1991. Giusto 17 anni dopo, l’esercito, nella sua dichiarazione di affidabilità sul controllo interno per l’anno finanziario 2008, rilevò che la “debolezza” rilevata nel 1991 “sarebbe stata corretta entro la fine dell’esercizio 2011” scandaloso dopo un secondo decennio. Ma il rapporto OIG continua dicendo :
Comunque la dichiarazione di affidabilità sui controlli interni per l’anno 2015, indica che questa debolezza materiale rimane ancora nelle registrazioni e che non potrà essere corretta fino al terzo trimestre del 2017.
Un atteggiamento tanto apatico da parte del Pentagono, del Congresso e dei media verso una irregolarità contabile tanto abnorme da arrivare a migliaia di miliardi di dollari è semplicemente sbalorditiva, non esiste nessuno del Congresso che si metta di traverso, che interpelli la Casa Bianca, oppure chieda una audizione del Comitato dell’Armed Services per avere risposte e per chiedere teste. Nessun presidente e nemmeno nessun candidato alla presidenza ha denunciato questa atrocità.
A parte la questione politica su quanto, in realtà, dovrebbe essere per gli Stati Uniti la spesa per i militari — e se gli USA possano spendere per la guerra e per la preparazione della guerra, quasi quanto tutto il resto del mondo messo insieme — e se questa sia giustificabile. Come può, qualsiasi persona di qualsiasi convinzione politica, accettare l’idea di spendere somme di denaro da capogiro senza pretendere che qualcuno ne sia responsabile?
Si consideri che i politici di entrambi i maggiori partiti politici chiedono la tracciabilità per ogni centesimo speso per il welfare, inclusa la richiesta ai destinatari delle sovvenzioni di dimostrare che stanno cercando di trovare un lavoro. Idem per le persone che ricevono il sussidio di disoccupazione.
Consideriamo inoltre quanto tempo e quanto denaro si spende per fare test sugli studenti delle scuole pubbliche in un vano tentativo di rendere gli insegnanti responsabili per le “performance degli studenti”. Ma allo stesso tempo i militari non devono rendere conto di nessuno delle loro migliaia di miliardi spesi in manodopera e armi – anche se il Congresso già da più di una generazione ha approvato una legge che richiede che si assumano le loro responsabilità.
Tutte le richieste via e-mail e telefoniche inviate all’Ufficio stampa del DoD, per chiedere un commento sui fatti sono rimaste senza risposta.
Mandy Smithberger, direttore del Straus Military Reform Project del Project on Government Oversight (POGO), dice: “La contabilità presso il Dipartimento della Difesa è un disastro, ma nessuno sta urlando per questo fatto perché c’è un sacco di persone nello stesso Congresso che credono in maggiori spese militari, per questo motivo non si oppongono concretamente alle spese militari ” – e aggiunge: ” Non si vedrà nessun cambiamento a meno che il Congresso non tagli il budget del Pentagono, per ottenere qualche risultato, e il Congresso non ha nessuna intenzione di farlo. ”
Potrebbe anche aver aggiunto che giornalisti, redattori e editori dei media main-strem sono tutti per la spesa militare, dato che i media non dicono niente di questo scandalo cosicché il pubblico continua a restare al buio e si dimostra indifferente su questo fatto. Certo, i media racconteranno dei sedili del water degli aerei pagati 600 dollari e il pubblico sarà opportunamente indignato per questi soldi, ma nemmeno una parola sui sei trilioni e mezzo di dollari di spesa militare di cui non esiste nessuna traccia e di questo il pubblico non potrà sentirsi assolutamente indignato —- a meno che forse, qualcuno leggerà qualche pubblicazione alternativa, come questa.
Ma ora credo di averne avuto abbastanza! Non voglio sentire più denunce su troppa spesa pubblica per il welfare, per l’Istruzione, per l’ambiente, per i sussidi, per l’assistenza sanitaria, per i benefici per gli immigrati o per qualsiasi altra cosa, fino a quando il Pentagono non avrà riferito su questo fatto e non abbia giustificato e controllato ogni singolo dollaro che sta spendendo per la guerra.
Basta con questi passaggi gratis ai militari. 
*Dave Lindorff è membro fondatore di ThisCantBeHappening!, un giornale on-line collettivo, ed ha contribuito Hopeless: Barack Obama and the Politics of Illusion (AK Press). 
Fonte : http://www.counterpunch.org/ 11 agosto 2016
autore della traduzione Bosque Primario