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sabato 10 dicembre 2016

Nella palude post-referendum c’è una vittima sacrificale: non certo Renzi, ma … Grillo. - Rosanna Spadini

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Il day after è arrivato e certo non abbiamo creduto alle lacrime da lumacone di Renzi, e nemmeno alle sue promesse da baro … al sabbatico per un anno di meditazioni Zen, o al ritiro definitivo dalla politica, oppure ancora alle elezioni anticipate. Con l’Italicum vincerebbero i 5 Stelle, quindi bisogna modificare la legge, perché i bari non rispettano le regole democratiche valide per tutti, ma le cambiano e le modulano secondo le proprie esigenze. La partita a poker Renzi l’ha persa, in realtà però il potere è come il banco del casinò, non perde mai, perché ha a disposizione le tv, megafoni amplificati alla cattura del consenso, che divulgano messaggi subliminali in gran quantità, così da confondere e disinformare.
Statura da elfo e stoffa da show man, Renzi ha perso, ma è già partita la controffensiva mediatica da parte del suo gruppo di potere, per ricomporre l’establishment, e risistemare la questione … il trasferimento di sovranità fuori dai parlamenti nazionali deve essere in qualche modo oscurato dai conflitti interni, alla ricerca di un’unità nazionale delle forze politiche schierate, inammissibile e improbabile.
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Probabilmente Mattarella farà di tutto per non sciogliere le camere, da buon democristiano, e traghetterà la casta verso un governo di scopo, e i motivi sono diversi, c’è una crisi bancaria in atto da risolvere, una legge di bilancio da produrre senza mance, e poi rassicurare i mercati, consegnare un segnale di stabilità all’UE … insomma problemi urgenti, che non possono tollerare una sospensione benché minima.
Il M5S naturalmente soffia sul fuoco e chiede elezioni anticipate, quindi nell’immediato post referendum  Di Maio dice «Ha perso la politica che crede che il reddito di cittadinanza, le proposte popolari siano soltanto utopia, noi da domani saremo al governo per creare una squadra di governo, un programma di governo, per un nostro futuro governo, è il momento di dire basta all’idea che una sola persona debba governare il paese, una legge costituzionale esiste già, se la deve modificare sarà la Corte Costituzionale a farlo, in questi giorni ci saranno dei correttivi per facilitare la continuazione dell’attività governativa, è finita l’epoca dei tweet che mandano al governo, è finita l’epoca delle scorciatoie, se noi andremo al governo ci andremo con il voto dei cittadini.»
E Di Battista ha aggiunto «Non ha vinto solo il M5S ma hanno vinto i cittadini tutti, noi abbiamo fatto il nostro dovere, un referendum senza quorum fornisce il dato che avete visto, ovvero che c’è il record degli elettori, noi ringraziamo tutti i cittadini che sono andati al voto, vorrei soltanto dirvi che è il momento di dire basta a chi dice che il movimento 5 stelle sia un movimento anti politico, se c’è un partito anti politico è quel partito che ha approvato con un parlamento incostituzionale una riforma antipolitica.»
Vabbè … utopia, reddito di cittadinanza, antipolitica … intanto il potere resta in mano alla casta, e i famigerati grillini sono trattati a pesci in faccia su tutti i network tv, che sembrano accanirsi nel presentarli come incapaci, inaffidabili, incompetenti, quindi sarebbe assurdo affidare loro il governo del Paese, data la “tragica” esperienza del governo di Roma … nonostante si siano battuti come leoni in tutte le piazze d’Italia a difesa della Costituzione, nonostante lo abbiano fatto con passione e senso civico, dato che la vittoria del NO si ritorce proprio contro il Movimento.
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Nel frattempo la casta piddina dopo un nanosecondo di sconcerto si rianima e riprende la solita ύβρις «Ripartiamo dal 40% di ieri! … Tutto è iniziato col 40% nel 2012, e poi abbiamo vinto col 40% nel 2014», il patetico tweet di Luca Lotti, sottosegretario a Palazzo Chigi, ma soprattutto da sempre braccio destro di Matteo Renzi «13 milioni e mezzo dei voti del SI’, rappresentano un capitale apparentemente blindato».
Ma Renzi è uno zòon politikòn, versatile e mutante nello zòon dello spettacolo, in una dimensione dove l’apparire trova la sua enfasi sullo schermo dei network, e raggiunge il suo massimo grado di esposizione tra i palinsesti giornalieri, per celare la vera essenza del potere. La botta è arrivata tosta, ma non credo inaspettata, quindi la nuova storytelling strategica riparte dalla seconda stagione e non promette nulla di buono.
Secondo Murray J. Edelman, politologo statunitense del ‘900, la politica è mossa da due sostanziali dinamiche, un mercato “strumentale” (occultato alla massa) ed uno “simbolico” (pubblico), interpretate a loro volta da tre differenti fattori, l’élite dominante, il popolo, e i gruppi di interesse, dove le lobby capitalistiche  influenzano l’operato dell’élite dominante, la quale  per assicurarsi il sostegno del pubblico massificato, offre alla massa simboli che la rassicurino, la commuovano o la spaventino. Lo spettacolo del mondo così com’è raccontato dai notiziari televisivi è un’essenziale sorgente di legittimazione per lo stato e dunque per il governo «là fuori ci sono terribili nemici e sfide complicate, per riuscire a vivere tranquilli qui dentro, nel salotto di casa dove il mondo è spettacolo, qualcuno deve pensarci per noi». (Constructing the Political Spectacle1988)
Dunque di simboli mediatici si nutre la mitologia della casta, di simboli si alimenta la dialettica oratoria e  gestuale del premier, alle prese con i prossimi scenari politici, che devono essere disinnescati uno dopo l’altro, dato che una soluzione definitiva non può esistere all’interno dell’Eurozona.
La sua narrazione propagandistica, fin dall’hashtag #enricostaisereno, è stata improntata alla massima spregiudicatezza … fomentare il bollore dell’acqua, finché la rana non fosse completamente bollita. Ma forse anche questa volta le sue dimissioni potrebbero rivelarsi un’operazione sagace e spregiudicata, che approfitta della sconfitta per mutarla clamorosamente nella palude più densa di questa strana crisi di governo.
Tre gravi problemi politico-economici da risolvere: la legge di bilancio (approvata a colpi di Fiducia in 48 ore, per la serie il bicameralismo e le sue lungaggini), la drammatica situazione del sistema bancario italiano (Monte dei Paschi), e la legge elettorale.
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Sulla questione legge di bilancio c’è una differenza sul deficit strutturale pari a un punto percentuale di PIL, circa €15 miliardi. La commissione europea aveva promesso una tregua fino al referendum ma ora richiederà aggiustamenti di bilancio con nuovi tagli o nuove tasse.
A Berlino già si parla di mandare la Troika in Italia, spiega in un’intervista Volker Wieland, uno dei consiglieri economici del governo tedesco che formano il consiglio dei Cinque Saggi. «Il nuovo esecutivo dovrebbe chiedere un programma di aiuti all’Esm» … «Il referendum sulla riforma costituzionale non ha modificato in alcun modo la situazione in Italia».   Il Meccanismo di stabilità europeo, altrimenti noto come Fondo Salva-Stati, sarebbe una sorta di commissariamento da parte della Commissione europea, della BCE e del FMI (chiamasi Troika).
Nei piani di Wieland «anche il FMI dovrebbe essere coinvolto nel programma di aiuti a sostegno dell’Italia …  da un lato rappresenterebbe uno scudo in caso di crisi debitoria in Italia e, dall’altro, ESM e FMI assieme potrebbero esercitare le giuste pressioni per sbloccare le riforme». Per Wieland, Renzi avrebbe sbagliato perché «ha legato il suo futuro politico alla riforma costituzionale invece di portare avanti riforme ambiziose sul mercato del lavoro, dei prodotti, dell’amministrazione pubblica e della giustizia … chiunque si troverà a governare il Paese in futuro, dovrà finalmente creare le condizioni economiche necessarie per una crescita sostenibile. L’Italia ha bisogno di una politica dell’offerta vicina al mercato». Quindi il commissariamento dell’Italia si avvicina, e sappiamo bene che questo comporterà tasse e balzelli, privatizzazioni e ulteriore svendita del patrimonio pubblico, così com’è accaduto in Grecia, dove sono stati svenduti porti e aeroporti ad aziende tedesche.
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Sulla questione banche e MPS le soluzioni di mercato sembra che non possano funzionare, probabilmente servirà un bail-in controllato e parziale con successivo intervento pubblico nel capitale. Mps è l’istituto bancario italiano che più di tutti risentirà della crisi politica post Renxit, che rende molto difficile assicurarsi un investimento da 1 miliardo di euro dal Qatar, per il piano di ricapitalizzazione. La banca soffre la crisi patrimoniale più grave in Europa, come hanno evidenziato gli ultimi stress test e, nel caso in cui il piano di ricapitalizzazione di Mps dovesse saltare, il Tesoro (primo socio con una quota di capitale del 4%) potrebbe ricorrere a un’operazione di nazionalizzazione della banca di Siena.
Per quanto riguarda l’Italicum va immediatamente cambiato, perché ai ballottaggi vincono sempre i 5 Stelle, quindi bisognerà aspettare la sentenza della Corte Costituzionale che ha rinviato la discussione sulla costituzionalità sulla legge a dopo il referendum, per poi discutere della nuova legge elettorale, che sarà categoricamente proporzionale, così costringerà alle ammucchiate partitiche ed esorcizzerà il rischio 5 Stelle. 
È la massima espressione della post-democrazia: la personalizzazione partitica delle regole democratiche.
Intanto lo scontro tra correnti del PD, nella palude delle 50 sfumature di grigio, nasce da un vero ginepraio inestricabile, e quando arriva Renzi, vince primarie, congresso, scalza Letta dal governo, dopo aver scalzato Bersani dal partito e rimescola la palude. I renziani passano saldamente in maggioranza e conquistano tutte le periferie, comprese le ex regioni rosse (Emilia con Bonaccini) tranne la Toscana. I lettiani, per quanto pochi, passano di fatto all’opposizione (Boccia), i Giovani Turchi (Orfini, Verducci, Orlando) dall’opposizione a Renzi (sostenevano Gianni Cuperlo, per la segreteria) passano in maggioranza, sfilandosi dal fronte delle opposizioni interne e arrivando a creare un asse con i renziani (Serracchiani su tutti). Il ruolo di Civati cresce, più mediaticamente che in quanto a numeri, contando su pochi parlamentari (Mineo, Casson, Ricchiuti e Vannino Chiti). L’area della minoranza bersaniana si frantuma, mentre i dalemiani si arroccano in posizione di sdegnosa retroguardia.
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L’Area riformista, il grosso della minoranza dem di derivazione bersaniana, si divide tra i più dialoganti (Roberto Speranza) e i duribersaniani D’Attorre, De Giorgis, Gotor, mentre Stefano Fassina gioca sempre più un ruolo autonomo. Il giglio magico, formato dal ministro Boschi, il sottosegretario Lotti, il portavoce Sensi e pochi altri (tra cui il ministro Madia, ex veltroniana), scontenta quasi tutti, renziani nuovi e vecchi, per la sua eccentricità. Da ultimo una nuova corrente, che conta quasi 80 parlamentari, ribattezzata dei catto-renziani perché l’elemento cattolico è quello più pronunciato, corrente voluta da Richetti, Rughetti e Delrio, ma che gode della benedizione del vicesegretario, Lorenzo Guerini (ex-dc ed ex-ppi a sua volta).
Difficile capire come andrà a finire la storytelling per la formazione del nuovo governo, non solo a Mattarella spetta l’ardua sentenza dentro la palude del renzismo dem. Ma le prospettive politiche per Renzi non sembrano comunque finite qui, ed anche se Renzi ha molteplici colpe, non pagherà per questo: ha voluto personalizzare il referendum proponendo una pessima riforma, confusa e disorganica, ha tentato di spaccare l’Italia in due, secondo il motto ben conosciuto divide et impera, ha cercato la deriva autoritaria sottraendo agli elettori l’elezione del Senato, ha evocato spettri apocalittici di crisi finanziarie alle porte, terrorizzando con l’eventualità di uno spread alle stelle, di mercati nel panico, ha sprecato sei mesi di campagna referendaria fallimentare, quando i problemi urgenti erano ben altri, e infine ha speso per tutta questa sceneggiata 300 milioni di euro buttati al vento.
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Nonostante tutto questo, nonostante il discorso strappalacrime drammatizzato con enfasi la sera della debacle (scritto da Alessandro Baricco), e benché abbia ripetutamente ricordato di volersi addirittura ritirare dalla politica, Renzi non se ne andrà … si è preso una breve pausa sabbatica per riordinare i progetti e se possibile spaccare il PD, ma sarà ben presto pronto a ritornare sulla scena, dato che the show must go on … e il suo apparato lobbistico di riferimento pretende risposte.
Anzi ha avanzato apertamente la pretesa che tutti i partiti dovrebbero assumersi le loro responsabilità (dopo che i guai li ha combinati lui), che quindi la modifica dell’Italicum ora dovrebbe diventare non solo un onore, ma anche un onere dei leader dell’opposizione. Insomma, un po’ come la favola del lupo e dell’agnello …
Nella palude dem lo show man batte tutti in carisma comunicativo mediatico, dialettica brillante, oratoria suggestiva, risposta pronta, ironia goliardica da boy scout d’antan … nessuno può sostituirlo in questo momento storico, all’interno di quella barcaccia melmosa ricolma di vecchi arnesi del PD non c’è alternativa a Renzi, perché la rottamazione mediatica è realmente avvenuta, e nella società della politica spettacolo solo lui è in grado di condurre lo show quotidiano e narcotizzare le disarmanti platee piddine, rubizze e plaudenti.
Renzi è giovane ed è molto astuto, quindi approfitterà del 41% dei Sì che ha comunque preso al referendum, per farsene vanto e ripartire, con un gruzzolo personale sostanzioso su cui lavorare nel prossimo anno di campagna elettorale, anche se fosse solo la metà riconducibile al suo progetto.
Il nuovo governo dovrà essere di scopo, progettato su scadenze ben precise: legge elettorale, salvataggio del sistema bancario al collasso, correzione della Legge di Stabilità che a marzo l’Ue boccerà, e dialogo più o meno incandescente con l’Eurogroup e la Troika …  tirando una lunga e delirante volata fino al 2018.
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Il renzismo per ora ha subito una battuta d’arresto, ma non può sparire, anzi si sta attrezzando per risorgere, perché è contaminato da un germe contaminante condiviso da due forze ideologicamente tracimanti: il mal celato fanatismo europeista da una parte, e il finanzcapitalismo tecnologico mediatico dall’altra. Il germe in questione ha un nome (euro) e una pluralità di declinazioni (Fmi, Bce, Ue, JP Morgan, Goldman Sachs, BlackRock) contrassegnate da un minimo comune denominatore: la dissoluzione della sovranità nazionale in un organismo imperialista europeo.
Proprio da ultimo è tornato sulla scena il badante della nipote di Mubarak, redivivo dall’ennesima mutazione transgenico cardiologica, rettiliano dal sangue freddo e dal piglio geniale, che si è messo a divulgare il nuovo credo politico, copiato pari pari dai 5 Stelle: uscita dall’euro, o moneta complementare, sovranità monetaria, stampare moneta per favorire la crescita economica … e come un avvoltoio, il nuovo governo delle larghe intese e delle coscienze stagnanti, calerà sulla cancrena del benessere sociale italiano, sostenendo la sua campagna demonizzante contro il M5S e Grillo in particolare, etichettato fascista, tiranno, ignorante, populista, massone e licantropo …
Ecco perché la vittoria del referendum si rivelerà un boomerang nei confronti dei 5 Stelle, troppo onesti e democratici per ambire alla guida del governo dell’Italia.

lunedì 22 febbraio 2016

BEPPE … IL CANGURO AZZOPPATO E #MATTEOSTAISERENO. - Rosanna Spadini

grillo

Grillo non è Crozza, un giullare del potere che intrattiene le masse cerebrolese di un pubblico sempre più passivo e inebetito, mutuando la falsa analisi socio politica con zerbinismi satirici verso l'una o l'altra fazione, oppure facendo un camouflage retorico tra destra e sinistra, maggioranza e opposizione, euro e no-euro, sempre al servizio dell’altra faccia del capitale finanziario che deve intrattenere e divertire … 

Grillo non soffre della Sindrome di Zelig (Leonard il protagonista del film), una personalità camaleontica mossa da trasformismo identitario, espressione del perfetto conformista … Grillo non adotta nemmeno la comicità di Zelig (comic show), bastarda, superficiale e puttanesca, che prostituisce un'immagine tronfia di sé … se mai interpreta il volto più rabbioso e incazzato delle classi più devastate dalla crisi economica e lo ripropone attraverso la satira.  

Di conseguenza Grillo usa la comicità per dissacrare l'ipocrisia della classe politica italiana, che per anni ha ingannato i propri elettori con tutti i mezzi disponibili, usa il moralismo per far emergere le contraddizioni insite nel sistema, usa il linguaggio dello show man per smascherare le fandonie della neolingua mediatica, per cui 
il Decreto Salva Banche risulta funzionale alla rapina dei risparmi degli obbligazionisti e dei correntisti, 
la Buona Scuola serve a privatizzare la scuola pubblica sul modello anglosassone 
e gli attacchi di Renzi all'UE e alla Merkel, mirano ad oscurare il prossimo collasso del sistema borsistico e bancario, voluto e pilotato per imporre nuove misure drastiche di privatizzazioni.

Grillo poi nel suo ultimo spettacolo non farebbe ridere ma riflettere, dice Massimo Fini, io aggiungerei che Grillo è riuscito in pochi anni a conquistare il 25% dei consensi elettorali, proprio perché interpreta la schizofrenia di questo tempo maledetto, dove l’uomo continua a immaginare di vivere ancora nel secolo breve, e invece il nuovo capitalismo finanziario sta facendo strage di diritti ed esseri umani, trasformati in semplici ologrammi, analfabeti emotivi e alogici, che scambiano per razionalità l’iperrealtà invasiva dell'organizzazione tecnica, priva ormai di qualunque ordine di senso riconoscibile.

E dunque spiazzando tutti gli osservatori politici, come al solito ha centrato l’obiettivo, tornando a fare temporaneamente spettacoli, riprendendosi un po’ della propria libertà, ma disorientandoli anche con una delle sue mosse politiche più riuscite: il dietrofront sulla legge Cirinnà. La bomba infatti è esplosa quando Beppe sul suo blog ha annunciato che sulla legge Cirinnà i parlamentari a 5 Stelle avrebbero votato secondo coscienza, e non in base all'ordine di scuderia impartito da tempo, un tiro mancino al governo, che stava mediando con Alfano scambi di favori, e prove tecniche con i centristi (Lorenzo Cesa).

Con il voltafaccia di Grillo tutto viene rimesso in discussione. Grillo ha intuito che Renzi difendeva la Cirinnà solo in apparenza, mentre dietro le quinte lavorava per trovare un punto di mediazione con i centristi, quindi il suo colpo di scena ha rimescolato il puzzle, lasciando il rottamatore rottamato, proprio mentre tentava di agganciare i 5 stelle e il centro, per aggiungere al suo cahier des charges l’ennesima riforma Ocse. 

Matteuccio ha cercato di azzoppare il canguro, per affossare una legge che non è certo apprezzata in Vaticano. Meglio massacrare le pensioni di reversibilità che farsi nemici i cardinali.
Sta di fatto che il premier sembra essere entrato in un periodo di disgrazie rancide e scalogne nere da invasione delle locuste, mentre i 5S mantengono i propri consensi, nonostante tutte le trappole mediatiche e fandonie diffamanti orditegli dai media. Ma Grillo e Casaleggio in questo sono stati accorti, evitando di ghettizzare il movimento su posizioni estreme, ma continuando ad alimentarlo con propaganda populista e fiancheggiando le istanze popolari più sensibili, quali: castacorruzione, onestà, reddito di cittadinanza, lavoro, costituzione, nazionalizzazione delle banche fallite
Inoltre i vertici hanno gestito abilmente il blog, in modo da attrarre consensi sia da destra che da sinistra, hanno saputo governare gli iscritti e i parlamentari che spesso assumevano posizioni troppo sinistroidi, mantenendo certe ambiguità di "coscienza" sia sull’abolizione del reato di clandestinità ( che non cambia gli effetti della legge), che sulle unioni civili (che nella patria delle cappe rosse non sarebbero mai passate nella versione "stepchild adoption"). Grillo dunque, per compensare la tendenza sinistroide degli iscritti deve ogni tanto assestare una virata, al fine di soddisfare l'altra metà di destroidi.
Il momento è delicato per Renzi, l'attacco nei suoi confronti è ormai pressante, prima Manfred Weber il Capogruppo al Parlamento Europeo del PPE, che accusa il premier durante l’assemblea plenaria con queste pesanti parole: “Renzi sta mettendo a repentaglio la credibilità europea a vantaggio del populismo“, poi il Vice Presidente della Commissione Valdis Dombrovskis che ammonisce che la flessibilità concessa all’Italia è a tempo e che l’Italia deve sbrigarsi a fare le riforme, e infine il Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker che lamenta relazioni politiche burrascose con il governo italiano.

Renzi sembra essere diventato scomodo per le forze euriste, che stanno ricompattandosi per poterlo eliminare politicamente, sostituendolo con un Presidente Travicello, magari sostenuto da un Governo tecnico, nel nome dell’emergenza, e teleguidato da Francoforte. 

Guarda caso lo spread che finora se n’era stato buono intorno a soglia 100, nonostante il bail-in e le borse a picco, in pochi giorni ha toccato quota 150. Borse in calo, spread in aumento, credibilità del governo in Europa a livello da minimi storici. Che sta succedendo? Si è messo in moto forse lo stesso meccanismo che ha fatto esplodere il governo Berlusconi?

S’intravede di nuovo un disegno della Troika mirato a destabilizzare ancora la politica e l’economia italiana, quasi Renzi avesse sbracato oltre i limiti e fosse ora costretto a ripiegare la testa, accettando una nuova stretta di austerità. Certo anche la vita del M5S non è facile, perché non solo deve combattere contro tutti i mezzi di distrazione di massa che lo screditano e lo infamano quotidianamente, ma deve guardarsi anche alla spalle e ai fianchi, vessato dalle insinuazioni continue dei maestri del sospetto.

Leghisti travestiti da sovranisti che camuffano le loro responsabilità storiche con euroscetticismi paideutici … economisti che profetizzano il collasso dell'euro da 4 anni, o economisti con la sindrome del numero 4 (Bagnai + Borghi + BarraC + Berlusconi), che spargono fango sul movimento appena possono intervenire nei vari talk show, avvocati costituzionalisti che propongono false e improponibili alleanze tra il M5S e la Lega, salvatori della patria che sponsorizzano la Lega come fosse un partito vergine. 

Intanto i pentastellati non sono certo un movimento di pseudo-sinistri, non sono “compagni che sbagliano”, né un movimento radical-socialista, né un movimento di estrema destra, sono decisamente una cosa diversa, non identificabile con chiarezza: probabilmente sono i figli ribelli della dimensione postmoderna del pensiero debole.

Ma nel tempo contemporaneo, le masse cercano i simulacri e non i significati, implodono in una “maggioranza silente”, figura della “fine del sociale”, perché dove lo spettacolo ha invaso le nostre vite, le reali relazioni sociali regrediscono, gli individui scompaiono nei mondi della simulazione, nella stessa realtà virtuale dei media e del web, e non riescono più a fare massa pubblica sensibilizzata sui problemi comuni. E nello splendido reame dell’iperreale, tutto contribuisce a governare l’immaginario sociale, il pensiero e il comportamento degli utenti, tanto che non si stanno accorgendo della demolizione dei diritti democratici e del benessere sociale, anche se tutto sta accadendo alla luce del sole, sotto i loro occhi: lavoro, pensioni di reversibilità, welfare, sanità pubblica, riforme costituzionali, distruzione dell’assetto economico delle piccole e medie imprese … 

Tutto rientra nella pacata e atroce azione demolitrice del capitale, della grande finanza speculativa e delle corporations delocalizzatrici.

Comunque a mettere a posto le cose si è ridestato dal coma profondo il vecchio Giorgio, la cui apparizione è sempre una gufata avariata e che ha subito preteso una bella intervista sul giornale delle larghe intese, Repubblica, dove ha elargito qualche sganassone al giovin signore: “Le intese in Europa dovranno essere comunque molto più larghe” … “L'errore sarebbe, come sinistra, restare impigliati nella dimensione nazionale, anziché agire per fare un balzo in avanti nell'integrazione, perché il pericolo è ripiegare sulla difesa dei confini nazionali e sulla rivendicazione di maggior spazio per le politiche di bilancio nazionali".

E alle domande dalle cento pistole di Folli, l’avvoltoio ha decretato: "Oggi siamo di fronte a possenti spinte centrifughe. Perciò non dimentichiamo che qualsiasi intesa per rinnovare e far progredire l'Unione e superarne le attuali insostenibili contraddizioni deve comprendere la Germania. È inimmaginabile qualsiasi svolta senza e contro Berlino" … "L'Italia è interessata alle più ampie intese in tutte le istituzioni dell'Unione, e non solo per un componimento delle divergenze che sono insorte tra il nostro governo e la Commissione. Occorre accortezza e capacità di persuasione da parte nostra. "

azz … allora è giusta la previsione di un prossimo ministro del Tesoro o delle Finanze europeo? Inviato direttamente dalla Troika? Probabilmente sì … sembra finalmente arrivato il momento che i lanzichenecchi, travestiti da finanzieri, caleranno sullo stivale d’Europa, così come hanno fatto del resto tante volte nei secoli trascorsi.
Anche il Financial Times prevede una stranita foschia all’orizzonte: 

“Il quarantunenne premier che è andato al potere sull'onda dell'ottimismo e della buona volontà, come il leader più forte in Italia dai tempi di Silvio Berlusconi, deve ora fare i conti con i problemi in casa propria e all'estero . Problemi che minacciano di travolgere la sua amministrazione. Venerdì scorso, i report dell'Istat hanno mostrato che l'economia è cresciuta di appena lo 0,1% nel quarto trimestre del 2015.”

Al macero dunque le pensioni di reversibilità … e poi arriva la Troika, tanto gli assidui seguaci del partito collaborazionista voteranno sempre e comunque … Pd.
Beppe Grillo

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16247

sabato 23 marzo 2013

ZERO AUGURI, BERSANI. - ILRIBELLE.COM



Napolitano dà l’incarico al segretario Pd: nella speranza, tutta loro, di imbastire un governo “ragionevole”

La mossa è pressoché obbligata, ma il presidente della Repubblica si sente in dovere di affiancarla con un lungo discorso (1). Il cui “titolo”, sul sito del Quirinale, recita «L’Italia deve darsi un governo operante nella pienezza dei suoi poteri; occorre assicurare la vitalità della nuova legislatura».

In altre circostanze le due frasi suonerebbero come delle perfette ovvietà. Nella situazione attuale, invece, assumono significati complessi e risonanze niente affatto tranquillizzanti.

La chiave di volta è innanzitutto nei verbi: in quei «deve» e «occorre» che cercano di mettere le mani avanti e di trasformare il libero confronto parlamentare – che dovrebbe svilupparsi solo ed esclusivamente sulla base degli impegni elettorali assunti dai rispettivi partiti nei confronti dei cittadini che li hanno votati – in una disponibilità quasi incondizionata a trovare un accordo purchessia. 

Il “titolo”, del resto, è una citazione tratta dal testo completo. E non a caso è preceduta, in quella sede, da queste parole: «L'essenziale è mostrare a noi stessi, all'Europa e alla comunità internazionale quanto apprezziamo e coltiviamo il valore della stabilità istituzionale, non minore di quello della stabilità finanziaria: da entrambi dipende il grado di affidabilità del nostro paese».

Chiaro: Napolitano, ovvero l’uomo che nel novembre 2011 ha imposto Mario Monti come presidente del Consiglio, tenta in ogni modo di rimettere insieme i cocci, lanciando allo stesso tempo un’ulteriore assicurazione di fedeltà a chi di dovere (la Troika) e un monito a chi dovrà decidere, nei prossimi giorni, se appoggiare oppure no gli sforzi di Bersani. 

Logiche, e sottomissioni, e grovigli di interessi, che su queste pagine abbiamo analizzato in lungo e in largo. Ribadiamone giusto un frammento, allora: per l’establishment andrebbe benissimo un governo di Grosse Koalition tra Pd e PdL, ma non possono formarlo, o almeno non subito, perché apparirebbe una scelta smaccatamente oligarchica. Inoltre, viste le molte fazioni che si annidano nell’uno e nell’altro schieramento, temono che l’eventuale intesa si sgretoli troppo in fretta. Delegittimando ancora di più l’intera impalcatura istituzionale e moltiplicando i fattori di instabilità.

Tornare alle urne sarà l’extrema ratio. A meno che nel frattempo il M5S abbia perso buona parte della sua credibilità, o del suo fascino, e si possa confidare nello scampato pericolo.

1) http://www.quirinale.it/elementi/Continua.aspx?tipo=Notizia&key=35032 


http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=11641&mode=thread&order=0&thold=0