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sabato 8 luglio 2023

The Remarkable Bete Giyorgis: una chiesa monolitica scavata in un'unica roccia in Etiopia. - Hassan Jasim

 

La Bete Giyorgis, conosciuta anche come la Chiesa di San Giorgio, è una chiesa monolitica che si trova a Lalibela, in Etiopia. La chiesa è una notevole opera di ingegneria e architettura, poiché è stata interamente scavata in un'unica roccia, senza l'uso di malta o materiali da costruzione. Si ritiene che la chiesa sia stata costruita alla fine del XII o all'inizio del XIII secolo d.C. ed è considerata uno degli esempi più notevoli di architettura etiope.

La chiesa si trova a Lalibela, una città nella regione di Amhara in Etiopia. Lalibela è famosa per le sue chiese monolitiche, costruite durante la dinastia Zagwe nel XII e XIII secolo d.C. Lalibela è un sito del patrimonio mondiale dell'UNESCO ed è considerato uno dei luoghi di pellegrinaggio più importanti in Etiopia.

La Bete Giyorgis è una struttura unica che è considerata una delle più belle di tutte le chiese monolitiche di Lalibela. La chiesa ha la forma di una croce e presenta intricati intagli e decorazioni all'interno e all'esterno. È circondato da una profonda trincea, che si ritiene sia stata scavata per simboleggiare il fiume Giordano.

La chiesa ha tre porte, ognuna delle quali rappresenta la Santissima Trinità. La porta centrale è la più grande ed è considerata l'ingresso principale della chiesa. L'interno della chiesa è altrettanto impressionante, con splendidi affreschi e intagli che ricoprono le pareti e il soffitto. La caratteristica più impressionante della chiesa è la croce autoportante alta quattro metri che si trova al centro del santuario.

Il Bete Giyorgis è un importante sito religioso per i cristiani etiopi, che credono che la chiesa sia stata costruita con l'aiuto degli angeli. La chiesa è anche un importante sito storico e culturale, in quanto fornisce informazioni sull'abilità architettonica e ingegneristica del popolo etiope durante la dinastia Zagwe.

In conclusione, la Bete Giyorgis, o Chiesa di San Giorgio, è una chiesa monolitica scavata in un'unica roccia a Lalibela, in Etiopia. È un'impresa notevole di ingegneria e architettura ed è considerata uno dei più begli esempi di architettura etiope. La chiesa è un importante sito religioso, storico e culturale e fornisce informazioni sull'abilità architettonica e ingegneristica del popolo etiope durante la dinastia Zagwe.

https://hasanjasim.online/the-remarkable-bete-giyorgis-a-monolithic-church-carved-out-of-a-single-rock-in-ethiopia/?fbclid=IwAR1m7njlm-e6EvTJlo0HC11q-BFeFPPJBfmH0CY89Yw9wnbW3IWHWMvQ_pI

venerdì 25 giugno 2021

Chiesa, a tre anni dalla sentenza Ue che impone la riscossione dell’Imu, lo Stato non ha nemmeno il dato ufficiale sulle somme non versate. Le stime? Fino a 11 miliardi per il periodo 2006-2011. - Chiara Brusini

 

La polemica tra Fedez e monsignor Galantino sul Ddl Zan riaccende lo scontro sulle tasse non pagate dalle strutture commerciali del Vaticano. Una querelle iniziata negli anni 90 e chiusa solo nel 2018 da una sentenza della Corte di Giustizia che obbligava l'Italia a riscuotere il dovuto per il periodo 2006-2011. A distanza di tre anni i numeri sul mancato introito restano vaghi: dai 300 milioni/anno per i soli immobili religiosi stimati dall'Anci fino ai 2,2 miliardi valutati dalla agenzia Ares.

“Ignora le cose o è in malafede. Per fermarci al 2020, l’Apsa ha versato 5.950.000 euro di Imu e 2.880.000 di Ires, solo per il patrimonio della Santa sede. E vanno aggiunte le imposte pagate da Governatorato, Propaganda fide, Vicariato di Roma, Conferenza episcopale italiana e singoli enti religiosi”. Così il presidente dell’Amministrazione patrimonio Sede apostolica, Nunzio Galantino, ha risposto a Fedez che intervenendo nel dibattito sul ddl Zan ha ricordato come “il Vaticano ha un debito stimato di 5 miliardi di euro su tasse immobiliari mai pagate dal 2005″. La querelle sulle imposte non pagate dalla Chiesa continua da almeno 15 anni. Ma Galantino ha buon gioco a parlar d’altro visto che, curiosamente, a tre anni dalla sentenza della Corte di giustizia europea che impone all’Italia di recuperare le illecite esenzioni concesse tra 2006 e 2011 ancora non esiste un dato ufficiale su quanti siano i soldi in ballo. Una cifra che, secondo le diverse stime può variare da un minimo di un miliardo e mezzo fino alla somma monstre di 11 miliardi in 5 anni di tasse mai richieste dallo Stato italiano. Ecco la storia della lunga battaglia intorno al fisco sul mattone ecclesiastico.

L’esenzione berlusconiana dall’Ici – La legge che nel 1992 istituì l’Ici esentava dal pagamento solo i fabbricati destinati “esclusivamente all’esercizio del culto” e relative pertinenze” e quelli utilizzati da enti non commerciali (ecclesiastici e non) per attività assistenziali, sanitarie, didattiche, ricettive, ricreative e sportive. Con un effetto finanziario negativo per 100 milioni di euro l’anno, stando alla relazione del gruppo di lavoro sull’erosione fiscale coordinato da Vieri Ceriani. Nel 2005 il governo Berlusconi ampliò il perimetro dell’esonero, allargandolo agli immobili con fini commerciali a patto che non avessero “esclusiva” natura commerciale. Con il risultato di escludere dalla platea dei contribuenti sia le attività – alberghi, cliniche, scuole – degli enti ecclesiastici sia quelle gestite da associazioni, comitati, fondazioni, onlus e ong. L’anno dopo partì la querelle: un gruppo di b&b, hotel e scuole private non religiose si rivolse alla Commissione europea lamentando che quell’esonero favoriva senza motivo i concorrenti concedendo un ingiusto vantaggio competitivo.

La Ue: “Esenzione illegittima ma recupero impossibile” – Bruxelles aprì un’indagine e, con una decisione del dicembre 2012, sancì che effettivamente di aiuto di Stato anticoncorrenziale si trattava perché “gli enti non commerciali interessati dalle misure in questione svolgevano, almeno parzialmente, attività economiche” e “la natura selettiva della misura fiscale” non era “giustificata dalla logica del sistema tributario”. Ma diede retta allo Stato italiano che sosteneva fosse impossibile individuare retroattivamente gli immobili in cui si erano svolte anche attività commerciali e pretendere il versamento delle somme non versate negli anni. Conclusione: l’esenzione è illegittima ma non si può procedere al recupero.

La Corte di giustizia ribalta la decisione – Nel frattempo a Palazzo Chigi era arrivato Mario Monti, che con la manovra salva Italia aveva sostituito l’Ici con l’Imposta Municipale Propria (Imu), senza esenzioni per gli enti ecclesiastici che svolgano attività commerciali, che siano ricettive o scolastiche. Una definizione comunque ambigua: capita che anche veri e propri alberghi si presentino al fisco come strutture di accoglienza ai fedeli senza scopo di lucro e ottengano l’esenzione. Una scuola elementare montessoriana di Roma che aveva partecipato alle prime denunce, sostenuta dai Radicali, decise dunque di andare avanti e nell’aprile 2013 fece ricorso contro la Commissione. Ma nel 2016 il Tribunale Ue confermò l’impossibilità di recuperare quanto dovuto.

La Montessori e il titolare di un bed and breakfast di San Cesareo si opposero e nel novembre 2018 ottennero ragione dalla Corte di giustizia europea, che impose all’Italia di recuperare le somme non raccolte tra 2006 e 2011. Sottolineando che per sostenere che i soldi erano persi e irrecuperabili non era sufficiente, come aveva fatto l’Italia, “comunicare alla Commissione difficoltà interne, di natura giuridica, politica o pratica e imputabili alle azioni o alle omissioni delle autorità nazionali, senza intraprendere alcuna vera iniziativa presso le imprese interessate al fine di recuperare l’aiuto e senza proporre alla Commissione modalità alternative di esecuzione”. Nel mezzo si era pronunciata anche la Cassazione italiana, confermando che il Comune di Livorno poteva batter cassa dalle scuole paritarie. Ma soprattutto aveva detto la sua senza giri di parole Papa Francesco: “Un collegio religioso, essendo religioso, è esente dalle tasse, ma se lavora come albergo è giusto che paghi le imposte. In caso contrario, il business non è pulito“.

La cifra? Da un miliardo e mezzo a 11 miliardi – Insomma: per la giustizia europea Roma deve chiedere indietro le imposte non pagate dalla Chiesa tra 2006 e 2011. Ma a quanto ammonta il dovuto? Mistero. In questi giorni è tornata a circolare la stima, attribuita all’Anci, di “4-5 miliardi di euro”: circa 800 milioni l’anno nei sei anni in questione. L’Anci però nega di aver diffuso quella cifra, citata anche nel ddl del 2019 con cui il Movimento 5 Stelle proponeva un giro di vite sul pagamento delle imposte immobiliari da parte della Chiesa. L’archivio storico dell’Ansa viene in soccorso, ma non chiarisce il quantum: a quantificare la perdita di gettito in “600-700 milioni“, calcolando però anche le esenzioni per gli immobili delle associazioni no profit, è stato nel novembre 2005 l’allora vicepresidente Anci Fabio Sturani. Una nota ufficiale dell’Anci riduceva infatti a 300 milioni il dovuto per i soli immobili religiosi. L’assessore al bilancio del Comune di Roma, Marco Causi, temeva un ammanco di 24,5 milioni solo per la Capitale di cui 16 da enti religiosi e 8,5 dal non profit. Ma due anni dopo l’Ares (Agenzia per la ricerca economico sociale) alzava la posta, sostenendo che l’esenzione riguardava 45mila immobili – il 50% di quelli ecclesiastici – tra cui molti alberghi in zone strategiche di Roma. E valeva addirittura 2,2 miliardi. Da moltiplicare per 5 anni.

ILFQ

venerdì 30 ottobre 2020

Strage in chiesa a Nizza: 3 morti. L’assalitore veniva da Lampedusa. - Luana De Micco

 

Brahim Aouissaoui ha continuato a gridare Allah Akbar anche mentre la polizia lo fermava e lo trasferiva in ospedale, ferito, ma vivo. Poco prima, verso le nove del mattino, armato di un coltello, è entrato nella basilica Notre-Dame di Nizza dove si raccoglievano i fedeli e ha ucciso due persone. Una donna che pregava: il killer l’ha massacrata tentando di decapitarla.

L’altro era il sagrestano della chiesa, un laico di 45 anni, padre di due figli. È stato sgozzato. Una terza persona è stata attaccata, una donna di una trentina di anni, che è riuscita a fuggire, ma le sue ferite alla gola erano troppo gravi ed è morta poco dopo. Aouissaoui è stato identificato perché addosso gli è stato trovato un documento della Croce Rossa italiana. Il terrorista, un tunisino di 21 anni in situazione irregolare, è sbarcato il 20 settembre a Lampedusa. Si trovava su uno dei barconi, una ventina, arrivati quel giorno con decine di migranti tunisini a bordo. Era stato indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e trasferito a Bari per le procedure di identificazione. “Non ci sono dubbi sul fatto che si tratti di un militante islamo-fascista”, ha detto il sindaco di Nizza, Christian Estrosi.

La spirale del terrore non sembra avere fine in Francia. Appena il 16 ottobre i francesi scoprivano con orrore la morte di Samuel Paty, un insegnante di Storia aggredito e decapitato da un giovane ceceno radicalizzato mentre usciva dalla scuola di Conflans-Sainte-Honorine, dove insegnava. Aveva tenuto una lezione sulla libertà di espressione e mostrato ai suoi allievi le caricature di Maometto pubblicate da Charlie Hebdo. Il clima di tensione che si è instaurato negli ultimi giorni tra Parigi e Ankara, coinvolgendo altri Paesi del mondo arabo, faceva temere. Una nota del ministero dell’Interno allertava sin da domenica del rischio di nuovi attacchi all’avvicinarsi della festa di Ognissanti, dopo gli appelli al “jihad individuale” intercettati sui media legati a al Qaeda. “I cattolici hanno il sostegno di tutta la Francia. La religione deve continuare a essere esercitata liberamente nel nostro Paese. Se siamo stati attaccati – ha detto Emmanuel Macron arrivando a Nizza ieri – è per i nostri valori”. Ai francesi ha chiesto di restare “uniti”, di “non cedere allo spirito di divisione”, come dopo l’omicidio di Samuel Paty. La giornata di ieri è stata caotica. Poco dopo le 11 è arrivata anche la comunicazione che ad Avignone un uomo aveva minacciato i passanti con un coltello ed era stato abbattuto dalla polizia. Nello stesso tempo, a Gedda, in Arabia Saudita, un uomo ha accoltellato una guardia del consolato di Parigi. Tutto questo nel giorno in cui i francesi aspettavano i dettagli del nuovo lockdown che entra in vigore oggi, deciso dopo l’impennata dell’epidemia.

Di fronte a una minaccia terroristica sempre più alta, Macron ha annunciato che l’allerta sarebbe stata elevata al livello massimo e il numero dei militari dell’operazione “Sentinelle” portato da tremila a settemila per garantire la sicurezza dei luoghi di culto e delle scuole, che resteranno aperte durante il lockdown.

Messaggi di solidarietà sono arrivati dal Papa, dai vescovi di Francia e dal Consiglio francese del culto musulmano, da numerosi capi di Stato, compreso Erdogan. Il ministro francese degli Esteri ha inviato un “messaggio di pace” al mondo musulmano. L’attacco della basilica rinvia al 26 luglio 2016 e a padre Jacques Hamel, sgozzato nella sua chiesa vicino a Rouen, mentre celebrava la messa. Ma anche all’attentato sul lungomare della stessa Nizza, colpita appena alcuni giorni prima, il 14 luglio 2016, da un camion lanciato sulla folla alla festa nazionale.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/30/strage-in-chiesa-a-nizza-3-morti-lassalitore-veniva-da-lampedusa/5985038/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=oggi-in-edicola&utm_term=2020-10-30

domenica 4 ottobre 2020

Il Papa cacci i furfanti dal Tempio. - Antonio Padellaro

 
















“E insegnava dicendo loro: ‘Non è scritto la mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti?’. Ma voi ne avete fatto un covo di ladroni”.

Marco 11,15-19

Nelle chiese desertificate dal virus (e molto prima dalla strisciante disaffezione) non ci si può scambiare il segno della pace per evidenti motivi. Ma da qualche domenica, un altro momento di devozione è diventato imbarazzante: con quale spirito, infatti, i fedeli superstiti osserveranno il tradizionale gesto di carità al momento della raccolta delle offerte? Certo, quei pochi soldi deposti nel sacchetto del sacrestano, o nelle cassette votive sotto le immagini sacre, raggranellati per sostenere le immediate necessità delle parrocchie, assai poco hanno da spartire con il colossale scandalo finanziario culminato con le dimissioni imposte da Papa Bergoglio al non più cardinale, Giovanni Angelo Becciu. Tuttavia, se una fede comune unisce la basilica di San Pietro con l’ultima delle pievi, è innegabile che la fiducia (che con la fede è imparentata, neppure tanto alla lontana) nelle alte gerarchie ecclesiastiche abbia subito l’ennesima scossa negativa. E così un’altra certezza degli osservanti è andata a farsi benedire.

“La gente non sa più chi è Cristo”, ha risposto il cardinale arcivescovo di Colonia, Rainer Maria Woelki, a chi lo interrogava sui veri problemi della Chiesa. Il pericolo è anche che la gente non sappia più cosa sia la Chiesa. Ciò accade quando si lascia che una comunità riunita nello stesso credo aneli alla luce dell’aldilà, ma sia tenuta all’oscuro dei gravi problemi (e delle pesanti colpe) che affliggono l’istituzione su questa terra. Molti credenti, ne siamo convinti, si sentirebbero sollevati se con l’autorità che gli deriva dal profondo affetto, dal profondo rispetto e dalla profonda fiducia da cui è circondato, Papa Francesco trovasse il modo di spiegare al mondo (e non soltanto a quello cattolico) come diavolo è potuto accadere che il tempio sia stato profanato e lordato da una cricca di corrotti, ladri e profittatori. Che hanno sottratto e intascato il denaro dei fedeli, inviato al Papa per essere ridistribuito a sostegno dei poveri e delle missioni.

Sarebbe straordinario se questo pontefice, a cui il carattere (e se fosse un cattivo carattere, meglio ancora) non difetta, facesse ciò che nei tempi lontani del catechismo tanto ci affascinava. Sul libretto l’immagine di Gesù che caccia a scudisciate dal Tempio di Gerusalemme i mercanti e rovescia i tavoli dei cambiavalute. Forza Francesco completa l’opera, facci sognare.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/04/il-papa-cacci-i-furfanti-dal-tempio/5953621/?utm_source=newsletter&utm_medium=email&utm_campaign=commenti&utm_term=2020-10-04

martedì 4 agosto 2020

Comunione e liberazione: il peggior cattolicesimo. - Ettore Boffano

Comunione e Liberazione - Diocesi di
“Anima persa” del cattolicesimo italiano, tra l’inizio e la fine della Chiesa di Karol Wojtyla, Comunione e Liberazione è stata una vera e propria “testa di cuoio” del collateralismo religioso a favore del ventennio berlusconiano. Appoggiata, usata e incentivata soprattutto dalle scelte dell’allora presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Camillo Ruini, in una commistione tra il Vangelo e gli interessi politici e affaristici degli “atei devoti”.
Eppure, che cosa fosse Cl, e che cosa fosse in particolare il suo Movimento Popolare, era ben chiaro già negli anni 70 e 80 sia al laicato cattolico sia ad alcune gerarchie della Chiesa italiana che, dopo il Concilio Vaticano II, avevano dato il via a una riflessione sulla necessità di un rinnovamento del ruolo dei credenti nella politica, a cominciare dalla “scelta religiosa” dell’Azione Cattolica sotto la guida di Vittorio Bachelet.
C’è un episodio, tenuto perlopiù nascosto dalla pubblicistica (e divulgato unicamente da siti stranieri, mai però smentiti) che risale al 13 aprile 1980 e alla prima visita di Giovanni Paolo II a Torino, nei giorni del terrorismo delle Brigate Rosse. Cardinale della città era Padre Anastasio Ballestrero, un carmelitano scalzo che, nel 1975, era stato eletto presidente della Cei. Forse l’oppositore più strenuo della volontà di Wojtyla di dare pieno riconoscimento ecclesiale a Cl. Quella domenica, dopo la messa, lui e il papa si incontrarono nella sagrestia. Unico testimone fu padre Giuseppe Caviglia, anche lui un carmelitano scalzo e segretario di Ballestrero, che poi mantenne per molti anni la riservatezza su quanto ascoltò. Le ricostruzioni raccontano di una domanda aspra del papa, “Eminenza, perché lei è così ostile a Comunione e Liberazione?”, e di una risposta altrettanto esplicita: “Santità, lo capirà quando si sarà accorto che è la parte peggiore del cattolicesimo italiano”. Parole profetiche, rileggendo gli ultimi 40 anni di storia del nostro Paese. Parole, però, non ascoltate. Poco dopo, infatti, il riconoscimento a Cl arrivò assieme alla grande occasione per Ruini e per il suo modo di intendere “il ruolo dei cattolici nella politica italiana”. Come ha scritto Alberto Melloni: “Ruini intuisce che, nel venir meno della credibilità dei partiti e nel disfarsi del tessuto della rappresentanza politica, lui ha una grandissima chance”. I giornalisti e gli intellettuali ciellini serviranno poi, come una clava, per abbattere qualsiasi altra voce cattolica di dissenso: bollata con le accuse quasi eretiche di “relativismo” o addirittura di “gnosticismo”.
Il ruolo di Comunione e Liberazione in quell’arco di tempo avrà il suo occaso e il suo tramonto nella parabola di Roberto Formigoni, l’enfant prodige della creatura di don Luigi Giussani: fondatore e presidente del Movimento Popolare, parlamentare prima della Dc e poi delle sue varie frammentazioni, fino ad approdare nella galassia del Partito delle Libertà di Silvio Berlusconi. Il “Celeste” che viveva con i “memores domini”, ma che da presidente della Regione Lombardia è finito in carcere ed è stato condannato a 5 anni e sei mesi: i pm del processo di primo grado parlarono di lui come “il capo di un gruppo criminale”. Un terremoto per la credibilità di Cl e di tutte le sue diramazioni (e a discapito di migliaia di militanti e credenti), compresa la Compagnia delle Opere: il suo braccio economico. Un potere politico (ma sorretto dalla religione) che, in Lombardia, ha conquistato, assieme alla Lega, una sanità pubblica sempre più spostata verso i privati, nel nome della “sussidiarietà” (quella stessa sanità disastrata dell’emergenza Covid-19) e, in Italia, quasi il monopolio delle mense scolastiche e universitarie.
Una difficoltà rivelata finalmente, negli ultimi anni, da un imbarazzato silenzio mediatico attorno al movimento, nonostante il perdurare di certe attenzioni e, soprattutto, di certe autocensure, persino nei giornali di sinistra. Una prudenza che aveva coinvolto anche il Meeting di Rimini, per due decenni vera e proprio talk show dal vivo della politica estiva, soprattutto in chiave berlusconiana. Sino a qualche giorno fa, però, quando con l’annuncio dell’edizione 2020, è stato anche svelato che sarà Mario Draghi a inaugurarla. Presentato così da Bernhard Scholz, il presidente tedesco della manifestazione: “È importante ascoltare persone che hanno saputo prendere decisioni coraggiose e di grande competenza in momenti storici di difficoltà”; parole subito seguite da un ragionamento politico: “Se si vuole parlare di un governo di unità nazionale, occorre prima di tutto superare il clima di continua campagna elettorale”. Qualcosa che di certo avviene a insaputa di Draghi, ma che svela ancora una volta il vizio irrefrenabile della “parte peggiore del cattolicesimo italiano”.

giovedì 31 ottobre 2019

LE DUE DESTRE. Viviana Vivarelli.

Risultati immagini per zingaretti e salvini

Ci sono due destre in Italia come in Europa e da noi il Pd purtroppo ha dato il suo appoggio ad entrambe.
La richiesta da parte del Pd in questi giorni in Parlamento di un finanziamentoi pubblico di 24 milioni a favore della sola Radio radicale e la svolta brusca della Lega verso concetti neonazisti e un uso illegale del web dovrebbe riaprire la discussione su queste due destre che si stanno facendo strada con modi bruschi, illegali o incostituzionali, oggi, nel nostro Paese, ma io questa discussione non la vedo da nessuna parte, come vedo una pericolosa confusione tra Liberismo e Liberalismo, concetti che per il 99% degli italiano sono privi di significato. Del resto il livello culturale di massa degli italiani, soprattutto nei fanatici della Lega, è così basso che questo tipo di discussione non sarebbe nemmeno ipotizzabile, ma questa discussione non la vedo nemmeno in persone come Gad Lerner o Telese, Paragone o Cacciari, Travaglio o Di Maio, o altri che per la loro formazione e preparazione potrebbero farla.
Il Liberalismo è un movimento filosofico universale a favore delle libertà personali dell'uomo, è cosmopolita e appartiene in teoria ad ogni uomo della Terra. Nasce con l'illuminismo ma si propaga e cresce per forza della civiltà.
Il Liberismo è una ideologia di guerra di tipo economico che usa armi finanziarie per il predominio del mercato sullo Stato e l'arricchimento di una cricca di troppo ricchi con l'impoverimento dei più poveri e la riduzione per loro di libertà diritti e tutele.
I radicali sono stati insieme liberali e liberisti. Quasi tutti i loro referendum sono stati vinti perché difendevano alcune libertà umane. Ma tutta la loro posizione economica sta dalla parte dei più ricchi ed è quindi liberista.
Il Pd è stato per decenni liberista e democratico; con gli ultimi governi, da Bersani in poi si è lasciato contagiare dal liberismo che ha raggiunto il suo sprofondo con Renzi, che voleva addirittura annullare progressivamente lo stato sociale, che è sempre stato a favore delle banche e che, se ha svenduto i nostri porti all'Ue, non lo ha fatto per principi umanitari ma per un bieco calcolo di convenienza di potere.
La Lega è in gran parte liberista e, se ha fatto delle leggi a difesa delle classi povere, è stato per la spinta dei 5 stelle. Ma è enormemente nemica di tutto ciò che è liberale.
Inutile chiedersi da che parte stia la Chiesa. Ma anche la Chiesa è divisa tra una parte fondamentalmente attratta dal potere e una chiesa periferica, spesso emarginata, che cerca di aiutare evangelicamente poveri ed emarginati.
Era liberale Don Gallo. Non lo era certo Marcinkus. E' stato sempre emintemente liberista lo IOR o quella parte della Chiesa che non paga l'ICI o investe nelle armi o nella Coca Cola. E' addirittura dalla parte della Lega quella Chiesa di destra, nera, estremista e reazionaria come la chiesa lefevriana, che odia Papa Bergoglio e non accetterà mai aperture nella Chiesa alle donne o a preti sposati.
Ci sono due destre in Italia come in Europa e da noi il Pd purtroppo ha dato il suo appoggio ad entrambe.
La richiesta da parte del Pd in questi giorni in Parlamento di un finanziamentoi pubblico di 24 milioni a favore della sola Radio radicale e la svolta brusca della Lega verso concetti neonazisti e un uso illegale del web dovrebbe riaprire la discussione su queste due destre che si stanno facendo strada con modi bruschi, illegali o incostituzionali, oggi, nel nostro Paese ma io questa discussione non la vedo da nessuna parte, come vedo una pericolosa confusione tra Liberismo e Liberalismo, concetti che per il 99% degli italiano sono privi di significato. Del resto il livello culturale di massa degli italiani, soprattutto nei fanatici della Lega, è così basso che questo tipo di discussione non sarebbe nemmeno ipotizzabile, ma questa discussione non la vedo nemmeno in persone come Gad Lerner o Telese, Paragone o Cacciari, Travaglio o Di Maio, o altri che per la loro formazione e preparazione potrebbero farla.
Il Liberalismo è un movimento filosofico universale a favore delle libertà personali dell'uomo, è cosmopolita e appartiene in teoria ad ogni uomo della Terra. Nasce con l'illuminismo ma si propaga e cresce per forza della civiltà.
Il Liberismo è una ideologia di guerra di tipo economico che usa armi finanziarie per il predominio del mercato sullo Stato e l'arricchimento di una cricca di troppo ricchi con l'impoverimento dei più poveri e la riduzione per loro di libertà diritti e tutele.
I radicali sono stati insieme liberali e liberisti. Quasi tutti i loro referendum sono stati vinti perché difendevano alcune libertà umane. Ma tutta la loro posizione economica sta dalla parte dei più ricchi ed è quindi liberista.
Il Pd è stato per decenni liberista e democratico; con gli ultimi governi, da Bersani in poi si è lasciato contagiare dal liberismo che ha raggiunto il suo sprofondo con Renzi, che voleva addirittura annullare progressivamente lo stato sociale, che è sempre stato a favore delle banche e che, se ha svenduto i nostri porti all'Ue, non lo ha fatto per principi umanitari ma per un bieco calcolo di convenienza di potere.
La Lega è in gran parte liberista e, se ha fatto delle leggi a difesa delle classi povere, è stato per la spinta dei 5 stelle. Ma è enormemente nemica di tutto ciò che è liberale.
Inutile chiedersi da che parte stia la Chiesa. Ma anche la Chiesa è divisa tra una parte fondamentalmente attratta dal potere e una chiesa periferica, spesso emarginata, che cerca di aiutare evangelicamente poveri ed emarginati.
Era liberale Don Gallo. Non lo era certo Marcinkus. E' stato sempre eminentemente liberista lo IOR o quella parte della Chiesa che non paga l'ICI o investe nelle armi o nella Coca Cola. E' addirittura dalla parte della Lega quella Chiesa di destra, nera, estremista e reazionaria come la chiesa lefevriana, che odia Papa Bergoglio e non accetterà mai aperture nella Chiesa alle donne o a preti sposati.


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giovedì 30 maggio 2019

VATICANO LA MULTINAZIONALE PIÙ POTENTE AL MONDO. - Marisa Denaro - 09/07/2018

Se si pensa ad una multinazionale vengono in mente uomini in giacca e cravatta che gestiscono milioni di euro, invece la più grande multinazionale è composta da uomini in abito talare.
La Chiesa Cattolica è la prima multinazionale con 2 mila miliardi di dollari di patrimonio immobiliare di cui circa il 22% del patrimonio immobiliare in Italia, riserve d’oro di oltre 60000 tonnellate sparse tra la US Federal Reaerve Bank e banche elvetiche e britanniche, per non parlare dei capitali depositati presso lo IOR, istituto opere religiose, la banca vaticana più volte coinvolta in scandali lambire anche da omicidi, finti suicidi e sparizioni.
Non solo oro e immobili ma azioni e obbligazioni detenute dal Vaticano in varie società sparse in tutto il mondo.
Un esempio su tutti l’Amministrazione patrimonio Sede Apostolica che dovrebbe gestire unicamente la curia romana, ha nelle sue disponibilità circa un miliardo di euro.
Non da meno sono i vari ordini religiosi, enti e fondazioni che gestiscono veri e propri imperi economici come Propaganda Fide (il ministero delle missioni) che gestisce un patrimonio stimato in 10 miliardi di euro.
La Banca Cattolica Pax di Colonia, come riferisce il giornale tedesco Der Spiegel, sino al 2009 aveva investito in azioni di aziende che producono tabacco, armi finanziando con 1,6 miliardi di euro la Bae Systems colosso della difesa e persino contraccettivi possedendo 580 milioni di euro in azioni della società farmaceutica Wyeth.
Una volta scoperchiato il calderone rendendo pubblici i veri affari della Banca Cattolica Pax, la stessa si è premurata di informare i propri clienti che aveva provveduto a vendere tutte le “cattive azioni”.
Non da meno sono gli arcivescovadi di Madrid e Burgos avendo investito 80 mila euro in azioni dei laboratori farmaceutici Pfizer che fabbricano Viagra e un anticoncezionale che si inietta ogni tre mesi.
Affari gestiti con estremo cinismo nel totale disprezzo del pensiero cattolico che da sempre ha condannato l’uso della pillola contraccettiva, condannando le donne che ne fanno uso da un lato e guadagnandoci dall’altro. Il tutto inoltre, accadeva mentre in Italia si assisteva ad un acceso dibattito sulla pillola abortiva RU486.
Chissà poi cosa hanno pensato i frati comboniani contrari alle banche che finanziano società che producono armi quando si sono resi conto che chi li finanziava indossava il crocifisso.
Il Vaticano ha partecipazioni in molte imprese in vari ambiti quali plastica, elettronica, cemento, acciaio e nel settore immobiliare. Ha partecipazioni in Italgas, Fiat come Alitalia.
Nonostante un capitale immenso sottostimato visto che non sono considerate le numerosissime opere d’arte di proprietà della Chiesa Cattolica, incassa anche l’8 Per mille aumentando ancor di più un capitale che da solo potrebbe sfamare le intere popolazioni disagiate del continente africano.
Lo Ior, a dispetto del suo nome, di opere religiose se ne occupa ben poco, gestisce circa 6 miliardi di euro ed è stata più volte al centro di casi di riciclaggio di denaro sporco come il caso del Banco Ambrosiano che porta con sé la morte del banchiere Roberto Calvi, per non parlare dei rapporti ambigui con Michele Sindona legato ad ambienti massonici-mafiosi o l’omicidio di Giorgio Ambrosoli, la sparizione di Emanuela Orlandi, i legami con la banda della Magliana, la misteriosa ed improvvisa morte di Papa Luciani, gli scandali Enimont e i fondi neri amministrati dall’arcivescovo Marcinkus.
Persino lo scandalo calciopoli ha coinvolti lo Ior dove erano depositati fondi neri della Gea World di Alessando Moggi.
Interessi miliardari che vanno oltre i cardini della religione cattolica che predica la povertà e la carità.
Poveri a parole ma ricchi di fatto, pro vita ma contribuiscono a produrre anticoncezionali, contro le guerre e producono armi, a favore dell’ambiente bellezza del creato da preservare e producono plastica.

Chiesa, 2mila miliardi di immobili nel mondo. - Marzio Bartolini - (15 febbraio 2013)

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Il suo patrimonio mondiale è fatto di quasi un milione di complessi immobiliari composto da edifici, fabbricati e terreni di ogni tipo con un valore che prudenzialmente supera i 2mila miliardi di euro. Può contare sullo stesso numero di ospedali, università e scuole di un gigante come gli Stati Uniti. Ha oltre 1,2 milioni di "dipendenti" e quasi un miliardo e duecento milioni di "cittadini".
Questo Paese immaginario dotato delle infrastrutture di un big dell'economia occidentale e della popolazione della Cina va sotto il nome di Chiesa. Un universo dietro al quale non c'è solo e unicamente il Vaticano, ma una galassia di satelliti fatta di congregazioni, ordini religiosi, confraternite sparse ovunque nel mondo che, direttamente o attraverso decine di migliaia di enti morali, fondazioni e società, possiedono e gestiscono imperi immobiliari immensi che nessuno forse è in grado di stimare con precisione e che sono sempre in costante metamorfosi.
Un patrimonio dove l'elenco dei beni, la maggior parte sicuramente no-profit ma una discreta fetta anche a fini commerciali, sembra non esaurirsi mai: chiese, sedi parrocchiali, case generalizie, istituti religiosi, missioni, monasteri, case di riposo, seminari, ospedali, conventi, ospizi, orfanotrofi, asili, scuole, università, fabbricati sedi di alberghi e strutture di ospitalità per turisti e pellegrini e tante, tantissime abitazioni civili in affitto. Un universo intorno al quale gravitano nel mondo 412mila sacerdoti e 721mila religiose – senza contare centinaia di migliaia di laici - che assistono 1 miliardo e 195 milioni di fedeli.
Secondo il gruppo Re, che da sempre fornisce consulenze a suore e frati nel mattone, circa il 20% del patrimonio immobiliare in Italia è in mano alla Chiesa. Un dato quasi in linea con una storica inchiesta che Paolo Ojetti pubblicò sull'Europeo nel lontano 1977 dove riuscì per la prima volta a calcolare che un quarto della città di Roma era di proprietà della Chiesa. Un patrimonio immenso che però non si ferma appunto alla sola capitale dove ci sono circa 10mila testamenti l'anno a favore del clero e dove i soli appartamenti gestiti da Propaganda Fide – finita nel ciclone di alcune indagini per la gestione disinvolta di alcuni appartamenti – valgono 9 miliardi. La Curia vanta possedimenti importanti un po' ovunque in Italia e concentrati, tra l'altro, in gran numero nelle roccaforti bianche del passato come Veneto e Lombardia.
Quindi se oggi il valore del patrimonio immobiliare italiano supera quota 6.400 miliardi di euro – come qualche giorno fa ha registrato il rapporto sugli immobili in Italia realizzato dall'Agenzia del territorio e dal dipartimento delle Finanze – si può stimare prudenzialmente che solo nel nostro Paese il valore in mano alla Chiesa si aggiri perlomeno intorno ai mille miliardi (circa il 15%). Se a questa ricchezza detenuta in Italia – dove pesa l'eredità di un potere temporale durato per quasi duemila anni – si aggiunge il patrimonio posseduto all'estero fatto di circa 700mila complessi immobiliari tra parrocchie, scuole e strutture di assistenza la stima, anche stavolta più che prudenziale, può raddoppiare almeno a 2mila miliardi. Numeri, questi, che nessuno conferma dall'interno della Chiesa perché per molti neanche esiste una stima ufficiosa. Ma da ambienti finanziari interpellati la cifra sembra apparire congrua. Cifra a cui si devono aggiungere, tra l'altro, investimenti e depositi bancari di ogni tipo. Questi sì ancora meno noti.
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giovedì 18 ottobre 2018

Uganda, “bambini al lavoro nei campi della Chiesa cattolica”. - Lara Volpi

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Uganda, “bambini al lavoro nei campi della Chiesa cattolica”
La denuncia arriva da un'inchiesta della Bbc, che ha intervistato anche un ex bambino soldato dell'Uganda. Interpellato dai giornalisti della tv britannica, il portavoce vaticano padre Federico Lombardi ha negato ogni addebito: "Se c'è un problema con la chiesa locale non sono io il responsabile"


KAMPALA – La Chiesa cattolica e quei legami con il lavoro minorile in Uganda: si intitola così un’inchiesta firmata da Vinnie O’Dowd e Danny Vincent della Bbc che indaga il rapporto tra il Paese africano, la Chiesa e i bambini sfruttati. Durante la sua visita dello scorso novembre in Africa, continente in cui vivono quasi 200 milioni di cattolici, papa Francesco ha detto che i bambini sono le maggiori vittime dello sfruttamento occidentale in Africa. Allo stesso tempo ha invitato con forza i giovani africani a resistere alla corruzione. Eppure, si chiedono i cronisti della Bbc, il Vaticano potrebbe forse fare qualcosa di più? Alex Turyaritunga, ex bambino soldato dell’Uganda che oggi ha 32 anni, ha raccontato la propria esperienza alla Bbc: “Ero un bambino soldato, nulla me lo farà mai dimenticare. Ricordo la guerra nel 1994. Portavo un fucile in spalla”. Oggi Turyaritunga è un infermiere presso l’Agenzia Onu per i rifugiati in Uganda. Da bambino, però, rimase orfano del padre. Ad aiutare lui, sua madre e i suoi fratelli, ha detto alla Bbc, fu la Chiesa cattolica, che nel suo paese, Kabale, gli pagò gli studi. “Mi aiutarono a diventare quello che sono”, dice oggi. Allo stesso tempo, però, non risparmia le accuse. Turyaritunga sostiene infatti che la Chiesa tolleri nelle sue terre di Kabale il lavoro minorile: ci sono anche bambini di 10 anni che lavorano nelle piantagioni di tè, ha detto il giovane ugandese alla Bbc. Secondo le stime dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, in Uganda ci sono tre milioni di bambini lavoratori. Circa il 30% dei piccoli tra i cinque e i 14 anni lavorano, nonostante quella dei 14 anni sia l’età minima legale per qualunque tipo di lavoro. I bambini vengono pagati tra i mille e i duemila shillings ugandesi al giorno, ovvero tra i 30 e i 60 centesimi di dollaro. I cronisti della Bbc sono andati in Uganda e hanno verificato di persona la situazione. Hanno provato a contattare il vescovo locale, monsignor Callistus Rubaramira, che però era irreperibile. A quel punto hanno cercato di chiedere delucidazioni al suo segretario, padre Luciano, che però ha negato che nella piantagione venisse utilizzata manodopera minorile. Alla fine i giornalisti della Bbc hanno contattato direttamente il Vaticano. Il portavoce, padre Federico Lombardi, ha però negato qualunque responsabilità: “Se c’è un problema con la chiesa locale non sono io il responsabile”, ha detto alla Bbc. -


Fonte: laici.forumcommunity del 8/1/2016

mercoledì 30 agosto 2017

Senza casa.

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Leggo di "Persone senza casa, uomini e donne che vivono una condizione drammatica ed estrema di povertà, gente che in un attimo si trova fuori da tutto, fuori dal circuito dei diritti e dalle relazioni."

E penso che mi è capitato di vederne qualcuno, ma non mi è mai capitato di vedere qualche ricco prelato dar loro aiuto, solo gente comune, caritatevole. 
Sorge, quindi, spontanea una domanda: Che se ne fa la chiesa di tutte le ricchezze che possiede?
Come e a chi destina le proprietà immobiliari delle quali ha il possesso?

mercoledì 21 ottobre 2015

LA SUGGESTIVA CHIESA COLONIALE CHE RIEMERGE DALLE ACQUE DEL MESSICO. - Marta Albè

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Le rovine di una chiesa di epoca coloniale sono riemerse dalle acque del Messico per via della siccità che ha colpito la zona del Chiapas, nel Sud del Paese. All’interno di un serbatoio di questa regione il livello dell’acqua si è ridotto di circa 25 metri.
La chiesa è sommersa dal 1966 a causa della costruzione di una diga, che ha portato alla formazione del serbatoio idrico di Nezahualcoyotl. La costruzione dell’edificio risale a 400 anni fa. I pescatori hanno iniziato ad accompagnare i turisti lungo il fiume Grijalva per vederne da vicino le rovine.
Questa chiesa è nota con il nome di Tempio di Santiago o di Tempio di Quechula ed è circondata dall’omonima città sommersa. Ora la chiesa è riemersa per la seconda volta nel giro di circa quindici anni.
Infatti nel 2002 la siccità aveva quasi prosciugato il fiume che alimenta il bacino idrico dove si trovano le rovine e i livelli delle acque erano così bassi da permettere di camminare all’interno dell’edificio.
La chiesa fu abbandonata a causa delle grandi piaghe che colpirono questa zona del Messico tra il 1773 e il 1776, come ha spiegato l’architetto Carlos Navarrete, che ha collaborato con le autorità messicane per realizzare una relazione su questa struttura.
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A causa di quelle circostanze straordinarie, pare che la costruzione del centro abitato di cui doveva essere il centro non fu mai portata a termine. Non ci resta allora che ammirarne le rovine almeno in fotografia.

venerdì 30 gennaio 2015

Raccoglievano cibo per i poveri e lo rivendevano ai ristoranti.

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Denunciati per truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita, presidente e vicepresidente di una Onlus di Ponzano.

PONZANO (Treviso) – Presidente e vicepresidente di una Onlus di Ponzano che si occupa della raccolta di generi alimentari per le famiglie bisognose, sono stati denunciati dai carabinieri per truffa ai danni dello Stato e appropriazione indebita.
Gli investigatori, dopo mesi di indagini, hanno scoperto che una parte delle derrate -in particolare quelle di marca- raccolte dai volontari e custodite in un magazzino a Ponzano, venivano vendute a ristoranti con fatture intestate a una società che sarebbe stata appositamente costituita dai fratelli.

lunedì 26 novembre 2012

Nuove regole Imu sotto lente di Bruxelles.



Agevolazioni di alcuni enti non commerciali, in particolare la Chiesa, sarebbero considerati come aiuti di Stato illegali.

BRUXELLES - Il nuovo regolamento sull'Imu pubblicato in Gazzetta Ufficiale sabato è ora sotto la lente di Bruxelles, che deve verificarne la compatibilità con le norme Ue e valutare quindi se chiudere la procedura d'infrazione aperta contro l'Italia. "Stiamo studiando le misure adottate", ha assicurato il portavoce del commissario Ue alla concorrenza Joaquin Almunia, precisando che l'analisi della Commissione si situa "nel quadro della procedura sugli aiuti di stato in corso".

Le agevolazioni fiscali di cui hanno finora goduto in Italia gli enti non commerciali, e in particolare la Chiesa, possono, secondo le norme europee, essere considerate come aiuti di stato illegali. Il contenzioso con l'Antitrust Ue risale al 2007, quando erano partite le prime richieste di informazioni a Roma. Almunia aveva deciso di riaprire il dossier dell'esenzione dell'allora Ici nei confronti della Chiesa nel 2010, dopo le denunce ripresentate dal deputato radicale Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli, che si erano rivolti alla Corte di giustizia Ue per impedire l'archiviazione. Dopo avere definito lo scorso febbraio un "progresso sensibile" l'emendamento proposto dal governo Monti, i servizi antitrust Ue sono rimasti in attesa del testo legislativo finale, che ha ricevuto uno stop dal Consiglio di stato. Con il regolamento pubblicato ora sulla gazzetta Ufficiale, i servizi di Almunia hanno gli elementi necessari per poter compiere la loro valutazione, che dovrà essere completata in tempi utili perché le nuove norme possano o meno partire con l'anno nuovo. In ogni caso l'Italia, allo stato attuale, non rischia multe, ma solo l'ingiunzione da parte di Bruxelles di procedere al recupero presso i beneficiari degli aiuti illegali precedentemente percepiti. Solo nell'ipotetico caso in cui l'Italia ricevesse l'ingiunzione e non procedesse nei tempi stabiliti al recupero, allora Bruxelles potrebbe aprire un'altra procedura d'infrazione che, una volta giunta nella fase finale, potrebbe a sua volta terminare con una multa da parte della Corte di giustizia Ue.

lunedì 12 novembre 2012

Imu, il governo di Mario Monti tenta il colpo di mano per favorire la Chiesa.


Basilica San Pietro

L'esecutivo tecnico dei professori ha inserito una modifica ad hoc sulla definizione di no profit nel decreto Enti locali per favorire le realtà ecclesiastiche. Il tutto contro il parere del Consiglio di Stato e con il rischio che l'Europa multi l'Italia. Si tratterebbe di un danno di quasi tre miliardi di euro.


Una modifica ad hoc sulla definizione di no profit. Obiettivo? Permettere alla Chiesa di non pagare la tassa sugli immobili relativa alle ‘attività ad uso misto’, ovvero quelle che producono utili (cliniche, alberghi, ostelli, mense, ecc). Se non è un colpo di mano poco ci manca. Il governo tecnico di Mario Monti ci sta riprovando: cambiare in corsa le regole del gioco al fine di far risparmiare il Vaticano sull’Imu. Una mossa che non piace né al Consiglio di Stato (che il 4 ottobre scorso ha bocciato il regolamento per l’Imu prodotto dal ministero dell’Economia), né probabilmente all’Europa tanto cara ai professori, che potrebbe sanzionare l’Italia per aiuti di stato illegali. Il favore alla Chiesa, inoltre, non farà bene alle casse del Paese; sia per l’immediato (il governo contava di incassare dai 300 ai 500 milioni di euro all’anno), sia nel lungo periodo, visto che se la Commissione di Bruxelles dovesse davvero multare l’Italia si tratterebbe di un danno assai vicino ai tre miliardi di euro – come riportato oggi da Repubblica – perché l’Ue punterebbe a recuperare le somme condonate sin dal 2006.
L’asso nella manica, come detto, passa da una nuova definizione del concetto di ente commerciale, che tale non sarebbe se nello statuto venisse fatta una piccola modifica entro dicembre: vietato distribuire gli utili, che al contrario devono essere investiti per scopi sociali. E qualora l’ente non profit dovesse sciogliersi, il suo patrimonio deve passare tassativamente ad un altro ente no profit. Non solo. Particolarmente interessante il pagamento dell’Imu per cliniche ed ospedali, che nulla dovranno pagare se accreditate o convenzionate con gli enti pubblici e se – si legge nel provvedimento – le loro attività si svolgono “in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico”. Come? O a titolo gratuito o dietro pagamento di rette “di importo simbolico”. Cosa si intende per simbolico non è dato saperlo, il che produce un vuoto normativo che potrebbe aprire il campo a tutta una serie di interpretazioni e, perché no, speculazioni. Per quanto riguarda convitti e scuole, inoltre, saranno esentati quelli che fanno attività paritaria rispetto alle istituzioni statali e quelli che non discriminano gli alunni, mentre non pagheranno l’imposta sugli immobili le strutture con ricettività sociale. Il concetto di pagamento simbolico che evita l’Imu, inoltre, torna anche per le attività culturali, ricreative e sportive.
Per quanto riguarda il timing della vicenda, il punto di non ritorno è la bocciatura da parte del Consiglio di Stato (4 ottobre) del regolamento del ministero dell’Economia, il cui obiettivo era aiutare a compilare entro dicembre l’autocertificazione sui metri quadrati dell’immobile di proprietà riservata alle attività commerciali. Il Consiglio di Stato, il cui parere è obbligatorio ma non vincolante, dice no al documento prodotto dal governo (per decreto, in virtù della delega concessa all’esecutivo dal Parlamento). Il motivo? Proprio l’inserimento degli ‘sconti’ relativi all’Imu poiché del tutto estranei all’ordinamento italiano. Il governo a questo punto inserisce il cavillo con la nuova definizione di no profit all’interno del decreto Enti Locali (pensato per occuparsi dei costi della politica) e lo rispedisce al Consiglio di Stato, che l’8 novembre lo esamina nuovamente. Sconti confermati, quindi.