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mercoledì 23 ottobre 2019

“Il Vaticano è a rischio fallimento finanziario”: tra malumori e tradimenti, come è fallita la rivoluzione promessa da Papa Francesco. - Francesco Antonio Grana

“Il Vaticano è a rischio fallimento finanziario”: tra malumori e tradimenti, come è fallita la rivoluzione promessa da Papa Francesco

In 'Giudizio Universale' (edito da Chiarelettere) il giornalista Gianluigi Nuzzi svela i documenti riservati che testimoniano la difficile situazione economica in cui versano le casse della Santa Sede. Sullo sfondo, il clima torbido che si vive nei sacri palazzi e che emerge nelle carte segrete pubblicate dall'autore del libro.
Il Vaticano è a rischio default. Se entro il 2023 i conti non saranno risanati la Santa Sede potrebbe essere travolta da un crac finanziario. È quanto emerge dai documenti pubblicati nel nuovo libro di Gianluigi NuzziGiudizio universale, edito da Chiarelettere. Un volume che, proprio come i precedenti scritti dal giornalista sul Vaticano, svela retroscena inediti e a dir poco inquietanti della vita dei sacri palazzi. Un testo che arriva mentre il Papa è alle prese con il Sinodo speciale dei vescovi sull’Amazzonia che il 26 ottobre 2019 sarà chiamato a decidere se dare il via libera ai cosiddetti “viri probati. Ovvero uomini sposati che vengono ordinati preti senza lasciare la loro famigliaMa anche dall’indagine immobiliare che ha travolto la Segreteria di Stato e ha già costretto alle dimissioni l’ormai ex comandante della Gendarmeria Vaticana, Domenico Giani.
“La situazione – spiega Nuzzi – è sicuramente peggiorata rispetto a quando il predecessore di Francesco, Benedetto XVI, ha deciso di fare un passo indietro. Tutti i parametri sono precipitati, per esempio all’Apsa (Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica, ndr) i parametri dei risultati operativi presentano crolli anche oltre il 60 per cento. Però io credo che il Santo Padre sia determinato a invertire la china rispetto a quella che non è una ferita ma una emorragia. Come? Gli strumenti che ha sono insufficienti. Secondo me siamo di fronte a un collasso del management della Curia, gli strumenti sono vetusti, lo dicono i documenti, ancora si utilizzano trascrizioni manuali dei numeri in epoca di intelligenza artificiale, c’è una parcellizzazione delle competenze e c’è inadeguatezza della classe dirigente, questo lo dicono loro stessi”.
Secondo il giornalista “c’è anche una situazione economica negativa perché le offerte sono precipitate ed è evidente dalle carte l’inefficienza della gestione del patrimonio immobiliare. All’Apsa, ad esempio, il 40 per cento non dà reddito, un dato che sarebbe insopportabile per qualunque tipo di finanza. Quella annunciata rivoluzione della gestione delle case non si è realizzata”. Per Nuzzi “la situazione è tale per cui di recente, nel 2018, si era deciso di vendere gioielli di famiglia, vendere ad esempio alle porte di Roma, la proprietà di Santa Maria di Galeria, 424 ettari, e il Papa ha detto che c’era un problema reputazionale, ha detto, sono contrario a un utilizzo speculativo del territorio finalizzato alla mera massimizzazione dei profitti. Qui rientra la dottrina della Chiesa, il rischio, la paura di un danno reputazionale ha portato a congelare quella operazione”.
Nel volume non c’è solo economia. Nuzzi riesce a dare al lettore una fotografia del clima torbido che si respira in Vaticano. L’insoddisfazione per le politiche di Bergoglio, non solo in campo finanziario, hanno creato negli ultimi anni del pontificato numerosi malumori e tradimenti da parte dei più stretti collaboratori del Papa. In questo senso è abbastanza significativa la ricostruzione che il giornalista fa, sempre documenti alla mano, della vicenda della lettera taroccata di Benedetto XVI. Vicenda che ha portato alle dimissioni del primo prefetto del Dicastero per la comunicazione, monsignor Dario Edoardo Viganò, sostituito da Paolo Ruffini, primo laico al vertice di un organismo della Curia romana.
“Caro Dario hai fatto purtroppo un pasticcio molto grande. Mi dispiace. GG”, scrive a Viganò monsignor Georg Gänswein, prefetto della Casa Pontificia e segretario particolare di Benedetto XVI. Puntuale la replica: “Ma come? Ho letto il pezzo su cui avevamo preso accordi agli esercizi. Questo dimostra anzi come questa gente non voglia bene a Benedetto e lo usino come bandiera. Mi dispiace che tu pensi così. Abbiamo fatto bene i passi insieme e condiviso cosa fare. Perché mi dici questo? Comunque ora sono verso aeroporto ma domani torno e se credi ci sentiamo. D”. Al che Gänswein risponde: “Ne parleremo. La ‘manipolazione’ della foto della lettera ha creato guai. Questo non abbiamo concordato. Buon viaggio, a domani. GG”. Al Papa e alla Segreteria di Stato monsignor Viganò scrive di aver letto la lettera di Benedetto XVI “nella modalità concordata” con monsignor Gänswein e aggiunge: “È evidente che se Sua Eccellenza fosse intervenuto per spiegare che non era stata compiuta nessuna mistificazione avrebbe chiuso il caso”.
Nuzzi, attraverso il suo legale, ha voluto depositare al promotore di giustizia della Santa Sede la prima copia di Giudizio universale affinché valuti se i fatti raccontati nel libro hanno rilievi penali. Nel 2015 il giornalista fu processato in Vaticano, insieme al collega Emiliano Fittipaldi, proprio perché entrambi avevano pubblicato due volumi con alcuni documenti riservati della Santa Sede. Dopo nove mesi di processo, entrambi furono prosciolti per difetto di giurisdizione. Alla vigilia della prima presentazione di Giudizio universale c’è stato anche chi Oltretevere ha sollevato un vero e proprio “caso diplomatico”. Tra i relatori, infatti, era previsto il ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio. Una presenza non gradita nei sacri palazzi che, secondo alcune persone vicine a Casa Santa Marta, la residenza di Bergoglio, avrebbe addirittura potuto minare le relazioni tra l’Italia e la Santa Sede. Lo staff di Di Maio ha fatto sapere che il capo della Farnesina sarà assente perché impegnato nel Consiglio dei ministri. Con buona pace del Vaticano.

giovedì 30 maggio 2019

VATICANO LA MULTINAZIONALE PIÙ POTENTE AL MONDO. - Marisa Denaro - 09/07/2018

Se si pensa ad una multinazionale vengono in mente uomini in giacca e cravatta che gestiscono milioni di euro, invece la più grande multinazionale è composta da uomini in abito talare.
La Chiesa Cattolica è la prima multinazionale con 2 mila miliardi di dollari di patrimonio immobiliare di cui circa il 22% del patrimonio immobiliare in Italia, riserve d’oro di oltre 60000 tonnellate sparse tra la US Federal Reaerve Bank e banche elvetiche e britanniche, per non parlare dei capitali depositati presso lo IOR, istituto opere religiose, la banca vaticana più volte coinvolta in scandali lambire anche da omicidi, finti suicidi e sparizioni.
Non solo oro e immobili ma azioni e obbligazioni detenute dal Vaticano in varie società sparse in tutto il mondo.
Un esempio su tutti l’Amministrazione patrimonio Sede Apostolica che dovrebbe gestire unicamente la curia romana, ha nelle sue disponibilità circa un miliardo di euro.
Non da meno sono i vari ordini religiosi, enti e fondazioni che gestiscono veri e propri imperi economici come Propaganda Fide (il ministero delle missioni) che gestisce un patrimonio stimato in 10 miliardi di euro.
La Banca Cattolica Pax di Colonia, come riferisce il giornale tedesco Der Spiegel, sino al 2009 aveva investito in azioni di aziende che producono tabacco, armi finanziando con 1,6 miliardi di euro la Bae Systems colosso della difesa e persino contraccettivi possedendo 580 milioni di euro in azioni della società farmaceutica Wyeth.
Una volta scoperchiato il calderone rendendo pubblici i veri affari della Banca Cattolica Pax, la stessa si è premurata di informare i propri clienti che aveva provveduto a vendere tutte le “cattive azioni”.
Non da meno sono gli arcivescovadi di Madrid e Burgos avendo investito 80 mila euro in azioni dei laboratori farmaceutici Pfizer che fabbricano Viagra e un anticoncezionale che si inietta ogni tre mesi.
Affari gestiti con estremo cinismo nel totale disprezzo del pensiero cattolico che da sempre ha condannato l’uso della pillola contraccettiva, condannando le donne che ne fanno uso da un lato e guadagnandoci dall’altro. Il tutto inoltre, accadeva mentre in Italia si assisteva ad un acceso dibattito sulla pillola abortiva RU486.
Chissà poi cosa hanno pensato i frati comboniani contrari alle banche che finanziano società che producono armi quando si sono resi conto che chi li finanziava indossava il crocifisso.
Il Vaticano ha partecipazioni in molte imprese in vari ambiti quali plastica, elettronica, cemento, acciaio e nel settore immobiliare. Ha partecipazioni in Italgas, Fiat come Alitalia.
Nonostante un capitale immenso sottostimato visto che non sono considerate le numerosissime opere d’arte di proprietà della Chiesa Cattolica, incassa anche l’8 Per mille aumentando ancor di più un capitale che da solo potrebbe sfamare le intere popolazioni disagiate del continente africano.
Lo Ior, a dispetto del suo nome, di opere religiose se ne occupa ben poco, gestisce circa 6 miliardi di euro ed è stata più volte al centro di casi di riciclaggio di denaro sporco come il caso del Banco Ambrosiano che porta con sé la morte del banchiere Roberto Calvi, per non parlare dei rapporti ambigui con Michele Sindona legato ad ambienti massonici-mafiosi o l’omicidio di Giorgio Ambrosoli, la sparizione di Emanuela Orlandi, i legami con la banda della Magliana, la misteriosa ed improvvisa morte di Papa Luciani, gli scandali Enimont e i fondi neri amministrati dall’arcivescovo Marcinkus.
Persino lo scandalo calciopoli ha coinvolti lo Ior dove erano depositati fondi neri della Gea World di Alessando Moggi.
Interessi miliardari che vanno oltre i cardini della religione cattolica che predica la povertà e la carità.
Poveri a parole ma ricchi di fatto, pro vita ma contribuiscono a produrre anticoncezionali, contro le guerre e producono armi, a favore dell’ambiente bellezza del creato da preservare e producono plastica.

giovedì 4 aprile 2019

Torre di Belém - Lisbona - Portogallo.





La torre di Betlemme o, più correntemente, torre di Belém o "torre di San Vincenzo" è una torre fortificata situata nella freguesia di Santa Maria de Belém, nel comune di Lisbona, in Portogallo. Si tratta di un patrimonio mondiale dell'UNESCO, simbolo e memoria del ruolo importante che il Portogallo giocò nell'era delle grandi esplorazioni. La Torre fu commissionata dal re Giovanni II come parte di un sistema di difesa alla foce del fiume Tago e come porta cerimoniale di Lisbona. La torre fu costruita nei primi anni del XVI secolo ed è un esempio lampante dello stile manuelino portoghese, ma incorpora anche accenni di altri stili architettonici. La struttura è composta da un bastione di 30 metri con quattro torri.

https://it.wikipedia.org/wiki/Torre_di_Belém

giovedì 16 febbraio 2017

Inps, Corte dei Conti: ‘Per la prima volta patrimonio negativo. E il rosso peggiorerà’. Boeri: ‘Prestazioni garantite’. - Fiorina Capozzi

Inps, Corte dei Conti: ‘Per la prima volta patrimonio negativo. E il rosso peggiorerà’. Boeri: ‘Prestazioni garantite’

"Il sistema è sostenibile", ha gettato acqua sul fuoco il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Ma i magistrati contabili, nella determinazione sull'esercizio 2015 dell'istituto, sottolineano che anche il bilancio di previsione per il 2017 evidenzia una perdita e un patrimonio netto che passa da -1,73 a -7,8 miliardi. Perplessità poi sulla riforma avviata dal presidente.


I conti 2015 dell’Inps sono in rosso. E, per la prima volta, nel 2016 le perdite mangeranno anche quasi due miliardi di patrimonio dell’istituto. Ma per il presidente Tito Boeri non c’è nessun allarme nello scenario decritto dalla Corte dei Conti con la determinazione sull’esercizio 2015 dell’istituto. Anche perché “il disavanzo deriva unicamente da ritardi nei trasferimenti dello Stato che vengono anticipati dall’Inps e poi ripianati di nuovo dallo Stato. E’ già successo altre volte”, ha precisato Boeri. Aggiungendo che in ogni caso “le prestazioni sono garantite dallo Stato”. “Il sistema è sostenibile“, ha aggiunto poi il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, spiegando che non sono previsti interventi del governo a supporto dell’ente previdenziale.
Eppure per la Corte dei Conti c’è un chiaro trend di deterioramento patrimoniale. Se infatti il 2015 si chiude con un risultato economico negativo per 16,297 miliardi e un patrimonio netto in flessione a 5,87 miliardi, non c’è da star tranquilli per gli anni a venire. I magistrati contabili evidenziano come sullo scorso anno “per effetto di un peggioramento dei risultati previsionali assestati del 2016 (con un risultato economico negativo che si attesta su 7,65 miliardi) il patrimonio netto passi, per la prima volta dall’istituzione dell’ente, in territorio negativo per 1,73 miliardi“. Non solo: “Nella stessa direzione, il bilancio di previsione per il 2017 adottato dal presidente il 27 dicembre 2016 e in corso di approvazione da parte del Consiglio di indirizzo e vigilanza (Civ), mostra un risultato economico di esercizio negativo per 6,152 miliardi e un patrimonio netto che si attesta a -7,863 miliardi”, come si legge nel documento della Corte dei Conti che evidenzia come nel 2015 21 milioni di pensioni (di cui l’82% previdenziali) siano costate 307 miliardi contro 215 miliardi di entrate contributive.
Ma, al di là dello squilibrio di gestione, la maggiore criticità nel bilancio Inps è nei crediti contributivi. Nel 2015 il loro valore è ammontato a 92,399 miliardi. Ma sulla effettiva riscossione di questa somma cui non ci sono certezze perché si tratta di crediti “a rischio di realizzabilità”. Non a caso, nel 2015 sono state proprio le svalutazioni dei crediti (per 13,09 miliardi) a determinare il risultato negativo della gestione. “Rimane, pertanto, centrale ai fini del rispetto degli stessi principi della attendibilità e veridicità dei dati iscritti in bilancio che l’Istituto prosegua e rafforzi gli interventi volti ad accertare la sussistenza dei presupposti sottesi all’iscrizione in bilancio dei residui attivi, la cui revisione – e la conseguente cancellazione di quelli non più riscuotibili – si pone a monte sia della eliminazione dalle poste dell’attivo dello stato patrimoniale dei correlati crediti, sia della correzione degli importi iscritti nel fondo svalutazione crediti (55 miliardi, ndr) che figura nel passivo dello stato patrimoniale” precisa la Corte.
Nelle 206 pagine di delibera, la magistratura contabile accende anche un faro su voucher e Isee. Per la Corte dei Conti, dietro all’incremento dei buoni lavoro per le prestazioni occasionali di lavoro accessorio (+66% rispetto al 2014 per 1,151 miliardi) potrebbero infatti nascondersi “fenomeni di lavoro nero e irregolare” capaci di incidere negativamente sui flussi di cassa dell’ente. Per questo “l’espandersi dell’utilizzo dello strumento impone, comunque, un’attenta opera di vigilanza”, si legge nella delibera. Per quanto invece ai rapporti con i Caf per l’assistenza agli utenti delle dichiarazioni sostitutive uniche (Dsu) ai fini della certificazione Isee, l’Inps ha registrato un incremento nei costi (87 milioni, 11 in più rispetto alla stanziamento di bilancio 2016) coperto, con un intervento spot, attraverso la riduzione di altre voci di spesa dell’Istituto. Tuttavia “il problema della copertura dei costi del servizio reso dai Caf, in particolare, ai fini della certificazione Isee rimane, dunque, ancora non risolto, con ripercussione già dal 2017. E’ dunque necessario che si pervenga ad individuare idonee soluzioni anche di carattere tecnico-normativo”, spiega il documento esprimendo preoccupazione per uno strumento necessario per consentire l’accesso alle agevolazioni per le classi meno agiate della popolazione.
Desta, infine, perplessità la riforma avviata da Boeri. La Corte esprime dubbi cioè sul regolamento, che ha rafforzato la figura del presidente ed innescato una lotta di potere all’interno dell’ente previdenziale. Per i magistrati contabili, “l’interpretazione conferita dalla norma regolamentare al quadro normativo vigente non appare del tutto convincente” relativamente al rapporto fra presidente e direttore generale. Per non parlare del fatto che anche la determinazione presidenziale che stabilisce criteri e modalità per gli incarichi dirigenziali rischia di far scattare una “crescita esponenziale del contenzioso sulla materia”. Con un conseguente impatto negativo sui risultati futuri dell’ente.
Che l'abuso di utilizzo e le pessime amministrazioni abbiano causato il problema risulta anche naturale, ciò che lascia perplessi è l'opinione che esprime la Corte dei Conti su Boeri. 
Un responsabile deve avere un certo potere decisionale sull'oggetto affidatogli.
O chi ha affidato la nomina pensava di aver posto in atto l'ennesima investitura di simil "cavalier servente"?
La politica ha perso il suo bel significato, purtroppo, assumendone uno peggiore e mortificante: quello di "pessima espressione di amministrazione della società".
C.