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domenica 2 febbraio 2020

Vitalizi, Di Nicola (M5s): “Commissione in conflitto d’interesse, se Casellati continua a non riconoscerlo, intervenga Mattarella.”

Vitalizi, Di Nicola (M5s): “Commissione in conflitto d’interesse, se Casellati continua a non riconoscerlo, intervenga Mattarella”

L'INTERVENTO - Riceviamo e pubblichiamo l'intervento dal senatore che già nella sua carriera di giornalista è stato impegnato per anni nella lotta ai privilegi della politica: "Se Casellati e Caliendo dovessero resistere e perseverare nella loro condotta, allora dimissioni dei membri dell'organismo contrari al ripristino del vitalizio". Poi l'appello al capo dello Stato, "per evitare altre polemiche e soprattutto che aumenti il discredito che da decenni investe la politica italiana."
Il parlamentare è intervenuto sulla vicenda dell’abolizione dei tagli ai vitalizi con una lettera inviata a ilfattoquotidiano.it. Di Nicola chiede lo scioglimento della Commissione che decide sul trattamento pensionistico degli eletti perché chi l’ha nominata (la Casellati) ha compiuto un errore nell’indicare come presidente un senatore in conflitto d’interesse (Caliendo). In caso contrario, auspica le dimissione dei membri che non sono d’accordo con il ripristino dei vitalizi e, come estrema ratio, l’intervento del presidente della Repubblica per “evitare che aumenti il discredito che da decenni investe la politica italiana”.
Inutile nascondere il fuoco sotto la cenere. La questione dei vitalizi, tornata con grande scandalo al centro del dibattito politico dopo le rivelazioni del Fatto Quotidiano, non è più solo una questione di lotta contro un privilegio, il più odioso che la Casta si è data e contro il quale i cittadini si sono sempre ribellati. Per le scelte sbagliate fatte da chi nomina la cosiddetta Commissione Contenziosa, l’organo chiamato a decidere sul trattamento pensionistico degli eletti, cioè la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati, è ormai diventata una questione istituzionale. Aver scelto per guidare quest’organo un senatore come Giacomo Caliendo, in palese conflitto di interessi, visto che sta ripristinando un trattamento vantaggioso di cui beneficerà direttamente, è un vero schiaffo al prestigio e alla credibilità del Senato. Dunque, di una delle istituzioni più alte della Repubblica.
Ho già detto che va stoppata immediatamente la delibera che il 20 febbraio dovrebbe abolire i tagli introdotti ai vitalizi. E che questa Commissione Contenziosa andrebbe sciolta immediatamente per evitare di gettare altre ombre sulle nostre istituzioni, magari nominando nuovi membri tra senatori eletti a partire dal 2013 e dunque nella condizione di decidere senza che ci siano sospetti di inammissibili interessi personali in gioco. Ciononostante, a leggere le dichiarazioni ufficiali, sia la presidente Casellati che il senatore Caliendo sembrano decisi ad andare avanti sulla loro sbagliatissima strada, trascurando le richieste avanzate dal M5s, sfidando lo sdegno dei cittadini che si è scatenato dopo le ultime rivelazioni, incuranti del danno che così arrecano alla imparzialità di un organo giurisdizionale di Palazzo Madama. A questo punto, per fermare una scelta così scriteriata, non resta altra via che cercare di bloccare e boicottare i lavori della commissione attraverso le dimissioni dei membri che non condividono il ripristino degli scandalosi vitalizi. E se Casellati e Caliendo dovessero resistere e perseverare nella loro condotta, appellarsi al custode supremo del buon funzionamento delle istituzioni, il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il solo in grado di richiamare gli attori della sgangherata commedia a un minimo di rispetto della dignità del Senato. Per evitare altre polemiche e soprattutto che aumenti il discredito che da decenni investe la politica italiana.

martedì 21 maggio 2013

Mafia, testo Pdl al Senato: “Dimezzare la pena per il concorso esterno”.


Alfano e Caliendo

Tra i casi "celebri" nei quali viene contestato il concorso esterno ci sono tra gli altri quelli di Marcello Dell'Utri e Nicola Cosentino, l'ex assessore regionale della Lombardia Domenico Zambetti, l'ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardo, l'ex sottosegretario Antonio D'Alì.

Condanna dimezzata per concorso esterno in associazione mafiosa. Niente carcere e intercettazioni per chi svolge attività sotterranea di supporto ai componenti dell’associazione mafiosa. Si dovrà dimostrare che c’è un profitto. Lo prevede il testo Pdl appena assegnato in commissione Giustizia del Senato, relatore Giacomo Caliendo.
Tra i casi “celebri” nei quali viene contestato il concorso esterno ci sono tra gli altri quelli dell’ex senatore Pdl e Marcello Dell’Utri e dell’ex deputato Pdl Nicola Cosentinol’ex assessore regionale della Lombardia Domenico Zambettil’ex presidente della Regione Sicilia Raffaele Lombardol’ex sottosegretario Antonio D’Alì. Come noto per concorso esterno è stato condannato in via definitiva l’ex presidente della Regione Sicilia Totò Cuffaro. Tuttavia in questo caso, a differenza degli altri, la legge non avrebbe effetto.
Mentre nel caso del politico tra i fondatori di Forza Italia e amico di Silvio Berlusconi, che attende il verdetto definitivo della Cassazione, avrebbe l’effetto di evitargli la galera in caso di condanna definitiva. Dell’Utri è stato condannato a 7 anni lo scorso 23 marzo dopo che la Corte di Cassazione, nel marzo 2012, aveva annullato il precedente giudizio d’appello, che si era concluso con la medesima condanna a sette anni. I giudici, però, aveva assolto Dell’Utri dai reati a lui contestati dal ’92 in poi. Nelle motivazioni i supremi giudici aveva sottolineato che il reato di concorso esterno a Cosa nostra era stato commesso certamente “fino al 1977″, mentre non lo aveva ritenuto provato per gli anni successivi.
Attualmente il concorso esterno in associazione mafiosa è punito con il carcere fino a 12 anni. Ma sinora non si trattava di una norma ‘tipizzata’ nell’ ordinamento. Lo diventerebbe con il progetto di legge da oggi all’esame della commissione Giustizia, che porta la firma anche del senatore del Pdl Guido Compagna. Nel testo, infatti, si prevede l’introduzione di due nuovi articoli nel codice penale: il ’379-ter’ e il 379-quater’. Il primo (“Favoreggiamento di associazioni di tipo mafioso”) prevede che chiunque, fuori dei casi di partecipazione alle associazioni di cui all’articolo 416-bis, agevoli deliberatamente la sopravvivenza, il consolidamento o l’espansione di un’associazione di tipo mafioso, anche straniera, è punito con lareclusione da uno a 5 anni. Il secondo (“Assistenza agli associati”) stabilisce che chiunque, fuori dei casi di concorso nel reato o di favoreggiamento, dia rifugio o fornisca vitto, ospitalità, mezzi di trasporto, strumenti di comunicazione a taluna delle persone che partecipino a un’associazione di tipo mafioso, anche straniera, al fine di trarne profitto, è punito con la reclusione da 3 mesi a 3 anni. La pena è aumentata se l’assistenza è prestata continuativamente. L’articolo 418 del codice penale, che disciplina l’assistenza agli associati, verrebbe abrogato.
Se queste norme venissero introdotte nell’ordinamento le conseguenze sarebbero varie e tutte di una certa rilevanza visto che avrebbero un riflesso anche sui giudizi in corso grazie al principio del ‘favor rei’(se la legge varia in modo favorevole all’imputato o condannato non in via definitiva essa è applicabile anche in via retroattiva, ndr): prima di tutto il concorso esterno verrebbe derubricato alla categoria ‘favoreggiamento’ e questo comporta di per sé una riduzione della pena che passerebbe infatti da un massimo di 12 anni a un massimo di 5 (cioè da 1 ai 5 anni). Il che significa che ci sarebbe uno stop alle intercettazioni visto che gli ascolti vengono consentiti in caso di reati per i quali sono previste condanne superiori ai 5 anni. Poi, per chi ‘supporta’ i componenti dell’associazione mafiosa, la pena fissata nel ddl va dai 3 mesi a 3 anni. E questo comporterà che non scatterà la custodia cautelare in carcere: il tetto perchè scatti, infatti, è di 4 anni. In più, perché si possa condannare il ‘sostenitore’ o l“assistente esterno all’associazione mafiosa, si dovrà dimostrare che dalla sua azione si ricavi un profitto”.