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giovedì 12 dicembre 2019

Indagato Salvini per i voli di Stato, verifiche su 35 viaggi.


Un aereo in uso alla Polizia di Stato (foto archivio).


Procura Roma trasmette gli atti al tribunale dei ministri.

L'ex vicepremier e ex titolare del Viminale Matteo Salvini è indagato per abuso d'ufficio dalla procura di Roma, che ha trasmesso gli atti al tribunale dei ministri.Lo scrivono il Corriere della Sera e il Fatto quotidiano.L'accusa si riferisce a 35 voli di Stato già considerati illegittimi dalla Corte dei Conti, che tuttavia archiviò il fascicolo che aveva aperto -trasmettendo però gli atti alla procura di Roma- non riscontrando un danno erariale. La Corte dei conti si interessò della vicenda dopo un'inchiesta di Repubblica sugli abbinamenti di molti appuntamenti istituzionali di Salvini in giro per l'Italia con comizi o altre manifestazioni di partito nella stessa zona. Trasferte eseguite a bordo di aerei in dotazione alla polizia o ai vigili del fuoco. L'uso di quei velivoli venne ritenuto illegittimo dai giudici contabili perchè i mezzi della polizia e dei pompieri sono riservati allo svolgimento di compiti istituzionali o di addestramento e non ai cosiddetti voli di Stato, per cui vige un'altra normativa.  

martedì 17 settembre 2019

Il morbo smemorino. - Marco Travaglio



Una terribile malattia sta colpendo tutti i Matteo che fanno politica. È una forma selettiva di demenza giovanile che attacca la memoria. I primi sintomi si sono riscontrati in Matteo Orfini, di cui avevamo perso memoria anche noi, finché non l’abbiamo rivisto in una Maratona Mentana tutto sdegnato per l’intesa “contro natura” Pd-M5S: aveva dimenticato che nel 2013 definì “inimmaginabile e inesistente in natura un governo Pd-Pdl-Monti e senza Grillo”, poi due mesi dopo votò il governo Letta senza Grillo con B. e Monti. 

Il contagio s’è diffuso rapidamente a Renzi, quello che doveva ritirarsi in caso di sconfitta al referendum e invece restò. Poi si diede un gran daffare per regalare il palcoscenico al terzo Matteo, l’altro Cazzaro, con l’astuta strategia dei pop corn. Infettato a sua volta dal virus smemorino, Salvini passò 15 mesi a rinnegare le sue battaglie precedenti: No Tav anzi Sì, No Triv anzi Sì, No inceneritori anzi Sì, No Benetton anzi Sì. Poi rovesciò il suo governo e iniziò ad accusare Conte e Di Maio che non c’entravano una mazza. Fino all’apoteosi di Pontida, dove mancava poco che si scordasse come si chiama. 

Lì ha sventolato una presunta bimba di Bibbiano (che però è di Milano), immemore di aver ordinato di “tenere i bambini fuori dalla politica” quando suo figlio scorrazzava nel mar del Papeete sull’acquascooter della Polizia. Poi ha accusato Conte, restando serio, di avere “svenduto l’Italia all’Europa per le poltrone”. Ora, Conte la poltrona ce l’aveva già grazie alla fiducia di Salvini. Che l’8 agosto presentò una mozione di sfiducia. Il 20 agosto Conte lo demolì in Senato e lui, mentre replicava a rutti, ritirò la mozione di sfiducia. Conte a quel punto avrebbe potuto restare. Invece salì al Quirinale a mollare la poltrona senza che più nessuno glielo chiedesse, mentre Salvini restò imbullonato alla sua. E iniziò a stalkerare Di Maio per offrirgli la poltrona di premier e tenere la sua e quelle degli altri leghisti incollate ai rispettivi culi. Intanto l’altro cazzaro Matteo, che da tre anni menava chiunque nominasse i 5Stelle, prese a menare chiunque si opponesse ai 5Stelle. E ora si scinde dal Pd che ha fatto quel che ha detto lui per fondare un bel centrino, come se qualcuno ne avvertisse l’impellente bisogno. Lui che nel 2017, quando la scissione la fecero Bersani &C., la bollò come “una delle parole peggiori” e così ritrasse i fuorusciti: “Se fossero rimasti nel Pd, in Parlamento non ci sarebbero più rientrati: frustrati nella prospettiva di tornare a occupare gli scranni... decidono di andarsene... nel tentativo di logorare il segretario”. Ora ovviamente ha rimosso tutto. Ma stava dipingendo, a futura memoria, il suo autoritratto. 

https://infosannio.wordpress.com/2019/09/17/il-morbo-smemorino/

mercoledì 11 settembre 2019

Salvini, la grande protesta di piazza. Ma contro chi? - Montesquieu

Imponente, la manifestazione che si è tenuta davanti al palazzo di Montecitorio, in occasione ed in contemporanea al dibattito sulla fiducia al nuovo governo. In premessa: è benvenuta ogni manifestazione che si svolga con misura democratica da parte di soggetti democratici. In questo caso, due dei tre partiti che si oppongono al nuovo governo. Forza Italia, il terzo, si limita a negare la fiducia in aula. Benvenuta, anche, ogni manifestazione che unisca al metodo democratico una motivazione, che sia chiara e comprensibile, sia a chi partecipa, sia a chi costituisce l’oggetto della protesta. Ecco, sulla reale motivazione, soprattutto sul destinatario della protesta, non tutto appare limpido e lineare. Meglio, quello che appare chiaro non è quello che viene detto. “Non in mio nome”: il titolo della protesta, che viene messo in bocca ai manifestanti, appare quanto meno sviante. Un governo non nasce nel nome di chi lo contesta e gli nega la fiducia. Ovviamente. Tanto valeva dirlo, anche con tutta la durezza possibile, nelle due aule, come fa il partito berlusconiano. Nelle aule il popolo, quindi gli elettori, sono ben più correttamente e complessivamente rappresentati di quanto non lo siano in piazza.
Prendersela con il governo è normale, fisiologico, per delle opposizioni: un po’ meno, inveire al furto di democrazia, per il fatto che questo chieda la fiducia alle camere. Se la ottenesse, sarebbe di per sè legittimo. E allora, con chi ce l’hanno, i protestanti? Perché c’è un bel po’ di ipocrita frustrazione nel protestare senza poter o voler dire a chi è indirizzata una protesta così vibrata. Proviamo a capire: se si contesta la legittimazione democratica di un governo, c’è poco da cercare. Un governo, nel nostro sistema parlamentare, ha un padre ed un responsabile unico: il capo dello Stato, che lo accompagna fin davanti alle Camere, le quali decidono se dargli o meno la fiducia. Oltre che democratica, una manifestazione avrebbe il dovere, soprattutto verso chi chiama in piazza, di essere onesta. Il capo dello Stato è oggi un po’ troppo apprezzato dagli italiani per chiamarlo in causa direttamente? Certo, molto più, per il lavoro di questi difficili anni, di un anno fa, quando la promotrice della manifestazione di lunedì cercò di accreditarne l’immagine di traditore della Costituzione. Tutto sommato, se non più apprezzabile, almeno più onesta la posizione di allora che quella di oggi.
Oggi, il capo dello Stato Mattarella avrebbe meritato la più dura e illimitata delle contestazioni se, in presenza di una maggioranza che si propone di diventare governo del paese, avesse deciso di sciogliere le Camere. Come chiedono gli odierni oppositori, in questo caso non troppo costituzionali.

mercoledì 21 agosto 2019

Svolta Open Arms, la Procura sequestra la nave e ordina lo sbarco.



Svolta nella vicenda Open Arms. La Procura di Agrigento ha disposto il sequestro dell’imbarcazione ferma al largo di Lampedusa da 19 giorni e lo sbarco immediato delle persone a bordo. I migranti hanno raggiunto la costa di Lampedusa nella tarda serata di martedì.
Il sequestro della nave Open Arms disposto dalla Procura di Agrigento è un sequestro preventivo. Secondo quanto si apprende, oltre all'inchiesta per sequestro di persona avviata nei giorni scorsi sulla base di esposti della ong spagnola, i magistrati hanno aperto un fascicolo a carico di ignoti per omissione e rifiuto di atti d'ufficio. 
Il reato, previsto dall'articolo 328 del Codice penale, punisce «il pubblico ufficiale o l'incaricato di un pubblico servizio, che indebitamente rifiuta un atto del suo ufficio che, per ragioni di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene e sanità, deve essere compiuto senza ritardo, è punito con la reclusione da sei mesi a due anni». E così il sequestro è stato disposto «per evitare che il reato sia portato a ulteriori conseguenze».
I magistrati ora stanno ricostruendo la catena di comando per risalire a chi ha impedito lo sbarco dei profughi. Ma il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, non ci sta. E, allontanandosi dall'aula del Senato, in un video su Fb attacca: «Il sequestro impone lo sbarco degli immigrati: ricordo che non c’era allarme sanitario, finti malati e finti minorenni. Qualcuno si sta portando avanti già nel nome del governo dell'inciucio che vuole riaprire i porti. Finché campo è mio dovere difendere i confini e la sovranità del Paese». E ancora: «Molto probabilmente mi arriverà una denuncia dalla stessa Procura che mi indagò per sequestro di persona, reato che prevede 15 anni di carcere: stavolta il reato è omissione di atti d'ufficio. Io non mollo»
La svolta è arrivata un'ora dopo che dalla base di Rota, a Cadice, era partita la nave militare, inviata dal governo spagnolo di Sanchez, che in tre giorni di navigazione sarebbe arrivata a Lampedusa per recuperare i naufraghi e portarli a Maiorca.
In capitaneria Patronaggio ha sentito il fondatore e il presidente di Open Arms, Oscar Camps e Riccardo Gatti, che all’uscita si sono precipitati sulla nave per dare la notizia.
«Finalmente l'incubo finisce, le persone rimaste riceveranno assistenza immediata in terra». ha scritto Open Arms su twitter.

https://www.ilsole24ore.com/art/open-arms-molti-naufraghi-si-gettano-mare-spagna-soluzione-prossime-ore-AC67LOf


Forse questa è la strada migliore da seguire in situazioni simili. C.

mercoledì 31 luglio 2019

Quella missione in Marocco di Salvini e Savoini e il mistero dei 150mila euro.

Quella missione in Marocco di Salvini e Savoini e il mistero dei 150mila euro
Foto tratta dal profilo Facebook dell'associazione Lombardia Russia.

Nel 2015 l'allora segretario della Lega viaggia nel paese nordafricano con Savoini. Che sei mesi dopo, secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano, avrebbe ricevuto denaro per aver segnalato aziende italiane cui concedere appalti in Marocco.

ROMA - Prima della Russia, c'è stato il Marocco. Gianluca Savoini, l'ex portavoce di Matteo Salvini e presidente dell'associazione Lombardia-Russia, potrebbe essere al centro di un altro caso di corruzione internazionale. A riportare la storia è Il Fatto Quotidiano: 150mila euro consegnati a Savoini da Mohamed Khabbachi, ex direttore generale dell'agenzia di stampa Mep e uomo del re Mohammed IV per le attività di lobbiyng in Europa. 

Siamo a Parigi, nella primavera del 2016. Savoini avrebbe ricevuto la somma di denaro da Khabacci nella sala dell'hotel Le Meridien Etoile, a poche centinai di metri dall'ambasciata del Marocco. Una sorta di premio per aver fornito alle autorità marocchine una lista di aziende italiane da segnalare per futuri appalti nel Paese nordafricano. Sia Savoini che Khabacci non confermano la vicenda. L'incontro di Parigi sarebbe stato il "seguito" di un viaggio di Savoini e Salvini in Marocco nel 2015, quando l'allora segretario della Lega incontra una delegazione di ministri marocchini per poi dirsi "entusiasta del Marocco, una terra in cui investire".

E la consegna di denaro a Savoini ha anche un risvolto cinematografico, con la somma di denaro avvolta in fogli di giornale che cade - e poi viene raccolta - in un bagno turco.  


https://www.repubblica.it/politica/2019/07/31/news/savoini_marocco_moscopoli_salvini_soldi-232420675/

venerdì 5 luglio 2019

Putin a Roma fa aspettare tutti, 'Ma con l'Italia c'è intesa.'


Giuseppe Conte e Vladimir Putin, durante la cena alla fine dell'incontro a Villa Madama, Uff. Stampa Palazzo Chigi.

La capitale blindata per l'occasione. Lungo colloquio con il Papa, poi incontra Mattarella e Conte.


Dopo oltre due ore è terminata la cena a Villa Madama tra le delegazioni italiana e russa. Alla cena, oltre al presidente russo Vladimir Putin e al premier Giuseppe Conte, hanno partecipato i due vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini, il ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi e il suo omologo russo Sergej Lavrov. Al termine della cena Putin è andato allo scalo di Fiumicino dove ha incontrato Silvio Berlusconi.
Menù di pesce e tavoli dedicati all'arte italiana alla cena italo-russa a Villa Madama, che vede assieme il presidente russo Vladimir Putin, il premier Giuseppe Conte e i vice Luigi Di Maio e Matteo Salvini. "L'incontro tra il pescato e il crostacei con dadolata di mela verde e pesca" figura come antipasto. Come primo piatto sono servite mazzancolle con moscardini, gamberetti e scorfano mentre come secondo a tavola arriverà una spigola agli agrumi accompagnata da un flan di verdure di campo. Come dessert il menù presenta fragoline di bosco con gelato alla vaniglia, prima del caffè finale. E ciascun tavolo presenta il nome di un grande pittore italiano: da Raffaello a Pinturicchio, da Tiziano a Leonardo fino a Caravaggio.
"Abbiamo confermato l'eccellente stato delle nostre relazioni bilaterali, nonostante il permanere delle condizioni che hanno condotto al deterioramento delle relazioni con l'Ue e quindi alle sanzioni. In un momento delicato per l'economia globale è di reciproco interesse" una buona relazione tra i due Paesi. Lo ha detto il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa a Palazzo Chigi con il presidente russo Vladimir Putin.
"Riteniamo che Mosca sia un attore ineludibile per individuare soluzioni nelle principali crisi regionali. Con Putin siamo d'accordo sul fatto che queste soluzioni, per essere sostenibili, devono essere politiche". Lo afferma il premier Giuseppe Conte in conferenza stampa.
"Noi riteniamo che le sanzioni siano un fine, riteniamo che sia un regime transitorio e l'Italia lavora perché si creino le premesse per un superamento di questo stato di rapporti tra l'Ue e la Russia che non fa bene alla Russia, all'Ue e nemmeno all'Italia che potrebbe aumentare le relazioni commerciali. Per raggiungere questo obiettivo, cui l'Italia è devota, occorre che maturino le circostanze e noi lavoreremo per questo", ha affermato Conte.
Comprendiamo che l'Italia è legata con gli impegni europei e non abbiamo nessuna pretesa rispetto agli amici italiani ma speriamo che l'Italia sulle sanzioni porti avanti la posizione di un ritorno dei rapporti a 360 gradi con la Russia". Lo afferma il presidente russo Vladimir Putin in conferenza stampa congiunta con il premier Giuseppe Conte. "Siamo grati all'Italia per la posizione che consiste nel fatto che bisogna ristabilire il regime pieno dei rapporti tra Usa e Russia", aggiunge.
Il premier italiano ha accolto Putin nel cortile di Palazzo Chigi dove il presidente russo è entrato con la Aurus, la macchina presidenziale del numero uno del Cremlino. I due, dopo una stretta di mano, si sono intrattenuti per un paio di minuti per uno scambio di battute, prima di ascoltare il picchetto d'onore composto dai Carabinieri e dai lancieri di Montebello. Putin è arrivato a Palazzo Chigi con un'ora e trenta di ritardo rispetto all'agenda iniziale.
Putin ha lasciato il Quirinale, dopo l'incontro con il presidente Sergio Mattarella.

Tra Russia e Italia "i rapporti bilaterali sono ottimi". E' quanto riferiscono fonti del Quirinale al termine dell'incontro tra il presidente Sergio Mattarella e il presidente russo Vladimi Putin. I rapporti bilaterali, si è appreso da fonti del Quirinale, rimangono quindi ottimi nonostante il raffreddamento delle relazioni tra la Federazione e l'Occidente dovuta alle diverse valutazioni sull'Ucraina.

E' stata registrata una "preoccupazione comune per la guerra civile in Libia e il conseguente ritorno del terrorismo islamico battuto in Siria". Lo fanno sapere fonti del Quirinale al termine del colloquio tra il presidente Sergio Mattarella e il presidente Vladimir Putin. E' stata anche evidenziata l'importanza della stabilità libica per l'Italia e per l'Europa. Da parte russa si è sottolineata la diversa posizione dei Paesi vicini sulla soluzione politica.

Il presidente russo ha avuto in tarda mattinata un colloquio con papa Francesco e successivamente col cardinale segretario di Stato Pietro Parolin. La visita è durata in tutto circa un'ora e 45 minuti. "Grazie per il tempo che mi ha dedicato e per il discorso molto sostanzioso e interessante", ha detto il presidente russo Vladimir Putin al Papa al momento di congedarsi. "Preghi per me", gli ha detto a sua volta Francesco.
LA GIORNATA - Dopo essere atterrato a Fiumicino il presidente è stato ricevuto in udienza da papa Francesco. Il corteo di auto, proveniente direttamente da Fiumicino, è giunto in Vaticano attraversando Piazza San Pietro e l'Arco delle Campane, per raggiungere quindi il Cortile di San Damaso. Qui Putin e il suo seguito, in presenza del picchetto d'onore della Guardia Svizzera, sono stati accolti dal prefetto della Casa Pontificia, mons. Georg Gaenswein, che poi li accompagna all'ascensore per salire alla Terza Loggia e all'incontro col Pontefice. Il presidente russo Vladimir Putin è stato accolto da papa Francesco al suo arrivo nella Sala del Tronetto dell'Appartamento pontificio con una calorosa stretta di mano.Quello di oggi è stato il terzo incontro in Vaticano tra papa Francesco e Vladimir Putin. Il primo fu il 25 novembre 2013 e il secondo il 10 giugno 2015. Ma in tutto le udienze avute da Putin con tre Papi in 19 anni salgono a sei, dato che il 6 giugno 2000 e il 5 novembre 2003 incontrò anche Giovanni Paolo II e il 13 marzo 2007 Benedetto XVI, tanto da diventare in assoluto uno dei più 'assidui' capi di Stato in visita Oltretevere.
Il leader del Cremlino, atterrato con quasi mezz'ora di ritardo, è arrivato in Vaticano per l'incontro con il Papa quasi un'ora dopo l'orario previsto. Il ritardo si è quindi accumulato ulteriormente, di almeno un'ora e dieci, all'arrivo di Putin al Quirinale, previsto inizialmente tra le 14.45 e le 15. Putin è noto per far aspettare i suoi interlocutori e ospiti illustri, dal presidente americano Donald Trump alla cancelliera tedesca Merkel, dalla regina Elisabetta allo stesso papa Francesco, tutti "vittime" dei suoi lunghi ritardi. Solo con il leader nordcoreano Kim Jong-un si è presentato non solo puntuale ma con 30 minuti di anticipo in un recente incontro a Vladivostok. Nel cortile d'onore sono risuonati gli inni nazionali dei due Paesi mentre veniva issata sul Torrino del Quirinale la Bandiera della Federazione russa.

sabato 18 maggio 2019

Elezioni europee, sfida su Facebook: Salvini spende più di tutti, M5S (quasi) assente. - Marco Lo Conte

Tanto Salvini, quasi altrettanto il Pd, Movimento 5 Stelle pressoché zero. E poi Berlusconi, con un gran numero di post sponsorizzati ma targettizzati poco. È in sintesi la fotografia delle campagne elettorali in vista delle elezioni europee del prossimo 26 maggio, scattata da Facebook che ha deciso di fornire piena trasparenza sulle sponsorizzazioni dei post pubblicati sulla propria piattaforma. Da cui emerge chi ha speso di più e meglio, per attirare l'attenzione degli elettori in queste ultime settimane cruciali per l'esito elettorale.

Perché, per chi non lo sapesse, ciò che guardiamo magari distrattamente sui social arriva sul nostro profilo perché magari qualcuno ha pagato del denaro affinché quel messaggio politico ci venisse sottoposto, considerandoci un “target” interessante ai fini elettorali (Facebook offre un livello di precisione in questo senso del 90%).

La ragione è nota: gli italiani trascorrono in media 6 ore e 42 minuti connessi a Internet, di cui due ore e un quarto da smartphone. Inevitabile che questo sia diventato il terreno in cui conquistare consenso politico, tralasciando i desueti cartelloni pubblicitari, desolatamente vuoti in questi giorni. 

Complessivamente dal marzo scorso ad oggi, sono stati spesi su Facebook 868.254 euro per promuovere 16.772 post legati alle elezioni europee. Questo è il dato offerto dalla piattaforma fondata da Mark Zuckerberg, che mostra il pubblico di riferimento coinvolto da ciascun post, distinti per classi di età, genere e regione, oltre al denaro stanziato. Una trasparenza che ha fatto seguito allo scandalo Cambridge Analytica, che ha intaccato l'immagine e messo in difficoltà Facebook, dopo che in occasione delle presidenziali Usa e del referendum su Brexit, erano state sponsorizzate dall'estero centinaia di pagine che veicolavano talvolta messaggi contenenti fake news.

Ora le parole d'ordine per il social seguito nel mondo da oltre 2 miliardi di persone – 34,8 milioni solo in Italia, oltre ai 23,4 della controllata Instagram –sono rimuovereridurreinformare: una volta identificate (Pagella Politica collabora in Italia su questo tema con Facebook) le fake news vengono cancellate, le campagne devono essere certificate e se non rispettano le regole indicate nel disclaimer vengono ridotte e le somme investite restituite (all'80%).

Gli investimenti quantitativamente maggiori riguardano Matteo Salvini, per il quale la Lega ha speso poco meno di 78mila euro, di cui 43.500 solo nell'ultima settimana. Da registrare l'effetto prodotto nei differenti target dai differenti messaggi politici: post come “Stavolta voto Lega!” è stato distribuito dall'algoritmo di Facebook in particolare tra le donne over45 con forte prevalenza nelle regioni del Centro-Sud (Sicilia 16%, Lazio 13%, Campania 13%), analogamente a “Salvini ha fermato la mangiatoia dell'immigrazione”.



Molto visto soprattutto tra le donne il post sponsorizzato (con il budget maggiore, fino a 5mila euro) sulla castrazione chimica (“Il 58% degli italiani è favorevole”, recita il post), distribuito in modo più uniforme a livello territoriale; mentre ha incontrato l'interesse prevalentemente giovane e maschile il post l'immagine di un giovane di colore che affronta un vigile urbano (“Se non avessi questa divisa”): la Campania, la regione in cui si è rivelato più popolare, almeno per il periodo in cui è stato visibile, prima di essere bloccato da Facebook. Da registrare come invece sia stato rimosso da Facebook il famoso post sponsorizzato del VinciSalvini, il gioco messo in campo dallo staff del leader della Lega, popolare in larga parte tra gli uomini under44, in base alla normativa di Facebook.

Il Partito Democratico ha stanziato finora 73mila euro (26mila circa nell'ultima settimana) per sponsorizzare i post del suo segretario, Nicola Zingaretti. Da registrare il cartellino giallo di Facebook che ha segnalato il ritardo nell’adeguamento alle policy di pubblicazione (per una somma pari alla metà dello stanziamento circa). Molti i post del Pd, anche se con cifre basse, ad eccezione di “Una nuova Europa per andare #avantitutti”, per cui sono stati stanziati 5mila-10mila euro, coinvolgendo un pubblico soprattutto di uomini over45.



Tra i 500 e i mille euro il post sull'indennità europea di disoccupazione che, come prevedibile, ha raggiunto soprattutto gli uomini giovani, ma in modo rilevante anche uomini e donne over55. Appena presente invece Carlo Calenda, capolista Pd nel nord est: l'ex ministro, particolarmente attivo su Twitter, ha sponsorizzato pochi post sulla piattaforma più seguita, rivolgendosi in particolare agli uomini giovani e, in un caso, unicamente agli abitanti del Trentino Alto Adige. 

Meno efficace la campagna dell'ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha sponsorizzato quasi 400 post, ciascuno però con budget particolarmente basso: complessivamente sono stati spesi 66mila euro, di cui 16mila nell'ultima settimana, parcellizzati in un pulviscolo di messaggi. Da segnalare la forte targettizzazione di alcuni post di Silvio Berlusconi, che ha puntato in modo netto sugli over45, escludendo nella campagna i più giovani.



Insieme al fondatore, da registrare un post sponsorizzato da Forza Italia riguardante il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani, targhettizzato a livello regionale: il 57% degli utenti raggiunti, infatti, risiede in Lazio, gli altri lettori del post sono in Toscana, Marche e Umbria.

Sempre nel centro destra, sono da segnalare i numerosi post di Giorgia Meloni, sponsorizzati complessivamente per 17mila euro (8mila nell'ultima settimana) da Fratelli d'Italia. Numerosi, ma in gran parte uguali tra loro, il che non migliora la comunicazione meno efficace nel raggiungimento dei target di riferimento. Da notare la forte prevalenza di pubblico maschile coinvolto da questi post e la bassissima percentuale di lettrici donne, ad eccezione del post “Casa diritto di tutti”. 

Per un movimento nato sulla rete può apparire un paradosso, ma per questa competizione elettorale le pagine del MoVimento 5 Stelle non hanno messo in campo alcuna sponsorizzazione su Facebook. Effetto anche del cambio di passo comunicativo che il M5S ha messo in campo ormai da tempo, con una sterzata “moderata” (in concomitanza con l'arrivo di Augusto Rubei ai vertici della comunicazione del movimento). Di fatto sui social la comunicazione dei grillini è solo organica e sponsorizzati sono solo alcuni post di singoli candidati. 

Non solo i partiti: Facebook stessa ha stanziato in Italia circa 62mila euro per due post “istituzionali” in vista delle elezioni europee. Ma la parte più consistente degli investimenti pubblicitari di post politici su Facebook è stata realizzata dal Parlamento europeo: 200mila euro, poco meno di un quarto del totale, per una campagna istituzionale che è iniziata molto mesi fa e che in molti casi è stata mirata ai giovanissimi che si recano alle urne per la prima volta.



https://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2019-05-17/elezioni-europee-sfida-facebook-salvini-spende-piu-tutti-m5s-quasi-assente-182704.shtml?uuid=ACuarBE

venerdì 19 aprile 2019

Siri indagato, la tela dell’ex deputato Arata per arrivare alle istituzioni: assessori, un ex ministro e Micciché. - Giovanna Trinchella

Siri indagato, la tela dell’ex deputato Arata per arrivare alle istituzioni: assessori, un ex ministro e Micciché

C'è un groviglio di corruzioni che ha portato gli investigatori della Dia fino al cuore del governo. Il "gruppo Arata/Nicastri", così lo definiscono gli inquirenti, quando l'imprenditore dell'eolico è finito nei guai, ha potuto far affidamento "sulla importante rete di rapporti istituzionali" di Arata "per trovare canali privilegiati di interlocuzione con organi politici regionali siciliani.

C’è un groviglio di corruzioni – svelate da una primigenia indagine antimafia della Procura di Palermo sull’imprenditore Francesco Isca – che ha portato gli investigatori della Dia fino al cuore del governo con la notifica al senatore leghista Armando Siri dell’informazione di garanzia per corruzione. Ma ci sono soprattutto nomi che parlano di una vecchia politica in dialogo con il malaffare e in alcuni casi anche indirettamente con la mafia: una tela, stando all’Antimafia, costruita da Franco Paolo Arata, ex deputato di Forza Italia. A scorrere le otto pagine del decreto di perquisizione della Dda di Palermo saltano agli occhi i nomi del boss latitante Matteo Messina Denaro, ma anche di un esponente politico di spicco come Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea Regionale Siciliana, già ministro e con responsabilità di governo con Berlusconi premier, di Alberto Dell’Utri, fratello gemello di Marcello ex senatore di Forza Italia, quest’ultimo ai domiciliari per scontare una condanna per concorso esterno, e Calogero Mannino, ex ministro democristiano, coinvolto e assolto nel processo sulla Trattativa.
Perché compaiono tutti questi nomi – nessuno di loro è indagato – nell’inchiesta di Palermo? Perché Franco Paolo Arata, già presidente del Comitato interparlamentare per lo sviluppo sostenibile, autore del programma di governo della Lega sull’Ambiente, l’uomo che – stando ai pm di Roma – avrebbe corrotto il sottosegretario leghista con la promessa o la consegna di 30mila euro, si attiva in modo da trovare ascolto e intercessioni per gli affari di Vito Nicastriimprenditore dell’eolico finito ai domiciliari con l’accusa di aver contribuito alla latitanza del boss di Castelvetrano. Senza contare le “bustarelle”, soldi e il lavoro per un figlio, andate a tre dipendenti pubblici per passare informazioni sulle pratiche e concedere una autorizzazione alla costruzione di impianti di produzione di energia alternativa delle società del duo Nicastri/Arata “soci” nel grande affare delle energie rinnovabili in Sicilia. Anche attraverso i loro figli, Manlio Nicastri e Paolo Francesco Arata, anche loro indagati.
Chi è l’imprenditore Vito Nicastri, i pm: “Spregiudicato e pregiudicato”. Partendo dagli affari di Francesco Isca, considerato vicino alle famiglie mafiose Musso e Crimi, i pm di Palermo svelano un primo legame economico tra Nicastri e Isca. Poi entra in scena Arata e gli investigatori scoprono “un reticolo di società” facenti capo alla famiglia Arata, “ma partecipate occultamente da Nicastri, vero regista delle strategie imprenditoriali” e definito dall’ex politico “la persona più brava dell’eolico in Italia”. Il re del vento “oltre ad aver un’indubbia competenza e abilità in tale settore – sottolineano gli inquirenti nell’informazione di garanzia – è un imprenditore pregiudicato e spregiudicato“. Condannato in via definitiva per corruzione e truffa aggravata a Nicastri, prima di finire ai domiciliari, nel 2012 era stata applicata la misura di prevenzione personale e nei suoi confronti era stato emesso anche un provvedimento di confisca. Nonostante questo e nonostante Nicastri – da oggi in carcere – fosse finito ai domiciliari per l’appoggio “all’amico di Castelvetrano”, i legami con Arata non si sono spezzati. L’ex deputato e suo figlio “non hanno avuto alcuna esitazione a proseguire un rapporto societario di fatto con il detenuto Nicastri, architettando molteplici escamotage per consentire una continua, e  a volte anche diretta, interlocuzione con il ‘re dell’eolico’ nonostante le prescrizioni imposte a Nicastri, ripetutamente e gravemente violate” per “portare avanti i molteplici progetti imprenditoriali e le connesse azioni delittuose”.
Il “gruppo Arata/Nicastri” e i contatti con i politici.
Scrivono poi i pm: “Gli Arata, attraverso la società Alqantara… hanno acquisito partecipazioni nella Etnea srl (operante nel settore del mini-eolico, con dieci turbine già produttive), nella Solcara srl (titolare di sei torri mini-eoliche già produttive), nella Solgesta srl (partecipata, prima al 50%, poi interamente, da Solcara srl, impegnata in due progetti di costruzione di impianti di produzione di bio-metano), nella Bion srl (fotovoltaico) e nell’Ambra Energia srl (fotovoltaico)”. Tutte società che “appaiono partecipate occultamente” da Nicastri. Ma non solo la Solgesta, come emerge da alcune intercettazioni, “è da considerarsi partecipata occultamente anche da Francesco Isca“.
Il “gruppo Arata/Nicastri”, così lo definiscono gli inquirenti, quando quest’ultimo è finito nuovamente nei guai, ha potuto far affidamento “sulla importante rete di rapporti istituzionali” di Arata “per trovare canali privilegiati di interlocuzione con organi politici regionali siciliani ed essere introdotto negli uffici tecnici incaricati di valutare, in particolare, i progetti relativi al ‘bio-metano'”. Ed è così che inizia l’elenco delle personalità contattate – ma che risultano estranee alle indagini – da Arata come l’assessore regionale alle Energie “Alberto Pierobon  grazie all’intervento di Gianfranco Micciché, a sua volta contattato da Alberto Dell’Utri“. Poi, quando “l’epicentro della fase amministrativa” è diventato l’assessorato al Territorio e Ambiente (per la verifica di assoggettabilità del progetto alla VIA, valutazione di impatto ambientale) “Arata è riuscito ad interloquire direttamente con l’assessore regionale Territorio e Ambiente Salvatore Cordaro” e  “tramite questi, con gli uffici amministrativi di detto Assessorato, dopo aver chiesto un’intercessione per tale fine a Calogero Mannino”. La Dia sentirà come persone informate sui fatti Miccichè, Pierobon e Cordaro.
Nell’assessorato alle Energie Arata e Nicastri trovano in due dipendenti che si “prodigano” a fornire informazioni sulle pratiche per loro in cambio di bustarelle. Un’altra sponda arriva in un dipendente del Comune di Calatafimi che stando, agli inquirenti ha incassato 115mila euro sul proprio conto nel corso di tre anni bonifici provenienti dalla Quantas (riconducibile a Nicastri) per aver rilasciato le autorizzazioni per la costruzione delle torri mini-eoliche della Etnea, società che nel dicembre 2015 aveva acquistato la Quantas. Ma al “gruppo” non bastava ed è per questo che a un certo punto probabilmente hanno puntato su Roma.

giovedì 6 dicembre 2018

Giuseppe Conte risponde (piccato) a Boccia di Confindustria: “Il negoziato lo conduco io, ho le idee chiare”.

Giuseppe Conte risponde (piccato) a Boccia di Confindustria: “Il negoziato lo conduco io, ho le idee chiare”

Il 3 dicembre il presidente degli industriali gli chiedeva provocatoriamente di "trovare 4 miliardi per evitare la procedura di infrazione Ue, o di dimettersi". Il premier ha replicato: "Ringrazio per i suggerimenti". Poi ha punto Salvini: "Difesa legittima, ma a certe condizioni".

La difesa a casa propria è sempre legittima? “A certe condizioni“. Il suggerimento provocatorio di Vincenzo Boccia? “Sono io che conduco il negoziato, ma credi di avere le idee chiare”. Il declassamento di Fitch? “Non conosce la proposta all’Europa, si ricrederà”. L’ipotesi delle dimissioni di Tria? “Non c’è nessun motivo”. La vendita dei beni del Tesoro per evitare la procedura d’infrazione? “I gioielli di famiglia ce li teniamo stretti”. Il premier Giuseppe Conte non ha i toni di Lega e M5s, ma sembra rivendicare una sua autonomia anche rispetto alle posizioni dei suoi vicepremier. In un’intervista al Fatto d’altra parte aveva sostenuto apertamente di sostenere il Global Compact sull’immigrazione e di auspicare in Parlamento un dibattito “informato” e la libertà di coscienza per i parlamentari. E ora tocca a un altro tema caro alla Lega: la legittima difesa.

Che per Salvini è sempre e comunque legittima, mentre per il presidente del Consiglio deve avere dei paletti. Lo ha sottolineando in un’intervista all’AdnKronos, spiegando che la nuova legge “tutelerà tutti perché comunque si tiene sempre conto, anche nella formulazione che sta venendo fuori dal percorso parlamentare, dell’esigenza di contemperare tutte le esigenze in gioco: le esigenze di difesa e le esigenza di tutela della vita umana“. Per il capo del governo, quindi, difendersi nella propria abitazione è legittimo “a certe condizioni”, ovvero “quelle che sono precisate e verranno precisate nelle norme che modificheranno la vecchia disciplina“. 

Non uno strappo con la Lega, che detiene la patria potestà della norma, ma una precisazione sostanziale orientata al rispetto dei due sentimenti contrapposti, “le esigenze di difesa” e la “tutela della vita umana”. Niente di incendiario, per carità, ma concetti e toni precisi, come quelli utilizzati per rispondere al presidente di Confindustria. Il 3 dicembre, durante l’incontro delle categorie produttive a sostegno della Tav, Vincenzo Boccia aveva detto: “Se fossi in Conte convocherei i due vicepremier e chiederei di togliere due miliardi per uno visto che per evitare la procedura d’infrazione bastano 4 miliardi. Se qualcuno rifiutasse mi dimetterei e denuncerei all’opinione pubblica chi non vuole arretrare”. Una provocazione, a cui il premier ha risposto con garbo e fermezza: “Con tutto il rispetto, sono io che conduco il negoziato. Lo ringrazio per i suggerimenti, ma credo di avere le idee chiare”.

Il presidente del Consiglio, poi, si è soffermato su questioni di strettissima attualità, come il taglio delle stime di crescita dell’Italia da parte dell’agenzia di rating Fitch. Poche parole: “Non ha ancora visto la nostra proposta all’Europa, l’agenzia si ricrederà”. Stesso modus operandi per quanto riguarda l’indiscrezione sull’ipotesi delle prossime dimissioni del ministro dell’Economia Giovanni Tria. Un’eventualità rispedita al mittente: “Un passo indietro del titolare del Tesoro? Assolutamente no, non credo assolutamente che voglia dimettersi, non ce n’è motivo”. Alla domanda se il fatto di non aver menzionato il responsabile di via XX Settembre nella nota di fiducia siglata da Di Maio e Salvini domenica scorsa sia stato letto come uno ‘sgarbo istituzionale‘, Conte ha risposto che “d’accordo anche con Tria, il negoziato lo conduco io. Questo non significa che chi prepara e lavora ai conti, il ministro dell’Economia, sia stato esautorato – ha continuato – Tria non è stato né deve sentirsi esautorato. Io sono il presidente del Consiglio, ho la responsabilità di esprimere l’indirizzo politico ed economico del governo. Quindi è ovvio che con Juncker l’interlocutore sono io”. Infine un passaggio riguardo all’ipotesi di cessione di asset fondamentali in mano al Tesoro per evitare la procedura d’infrazione della Ue. “I gioielli di famiglia noi ce li teniamo stretti” ha detto Conte, cercando di chiudere una questione che ha creato molteplici polemiche.

domenica 17 giugno 2018

Migranti, Salvini chiude i porti ad altre due ong. Toninelli: “L’Olanda richiami le sue navi che violano codice di condotta”.

Migranti, Frontex: “I trafficanti di uomini chiamano direttamente le navi delle ong”

Il vicepremier contro Lifeline e Seefuchs: "Mai più complici". Il ministro dei Trasporti: "Quelle imbarcazioni non sono attrezzate". La replica: "Non è vero, abbiamo mezzi e personale". In un giorno salvate 450 persone con il coordinamento della Guardia Costiera italiana. La Cei: "Salvare le vite, ma l'Italia non sia lasciata sola". I 600 dell’Aquarius quasi in Spagna. La Francia ne accoglierà una parte. Merkel: "Problema europeo, soluzioni europee".

migranti dell’Aquarius stanno per sbarcare in Spagna e così il ministro dell’Interno Matteo Salvini dopo una settimana può cambiare obiettivo. Questa volta sono due ong tedesche che operano davanti alla costa della Libia con navi con bandiera olandese, Lifeline (“La linea della vita”, in inglese) e Seefuchs (“Volpe del mare”, in tedesco). Torna l’hashtag #chiudiamoiporti e torna la linea: “Sono arrivate al largo delle coste della Libia, in attesa del loro carico di esseri umani abbandonati dagli scafisti” informa il vicepresidente del Consiglio sul suo profilo personale di facebook diventato un canale continuo e quasi esclusivo di comunicazione. “Sappiano questi signori che l’Italia non vuole più essere complice del business dell’immigrazione clandestina e quindi dovranno cercarsi altri porti (non italiani) dove dirigersi”. Una linea che unisce tutto il governo. 
Il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli chiede infatti all’Olanda di richiamare le navi ong con bandiera dei Paesi Bassi perché non sono attrezzate e violano i codici di condotta. Ma l’ulteriore giallo riguarda proprio queste ong perché dalla rappresentanza di Amsterdam all’Unione Europea rispondono a Toninelli: “Non si tratta di Ong olandesi, né sono imbarcazioni registrate in Olanda. Anche il governo dei Paesi Bassi è preoccupato per l’attività delle Ong nell’area di ricerca e salvataggio libica, in violazione del codice di condotta. Facendo così sono strumentalizzate dal cinico modello dei trafficanti di esseri umani libici e lo sostengono”.

Dall’altra parte c’è la Cei che chiede umanità, salvaguardia delle vite e rispetto dei diritti, ma lancia un forte appello all’Europa affinché l’Italia non resti sola. Nel frattempo il Pd, con David Sassoli, evoca l’intervento della Corte europea dei diritti dell’uomo perché “si stanno violando le convenzioni internazionali e trattati”.
I soccorsi della notte coordinati dall’Italia (e le ong non c’entrano).
Parole che su twitter accendono un duello a distanza anche molto ruvido tra il capo del Viminale e l’ong Lifeline, che però parevano la premessa per un altro caso Aquarius, con i porti “chiusi” (anche se formalmente non lo sono mai stati) di fronte a una nave con decine di persone salvate da un naufragio. In realtà Lifeline non ha nessuno a bordo: nella notte ha solo assistito – insieme ad una nave militare degli Stati Uniti – a un’operazione di salvataggio e trasbordo di 118 persone (tra cui 14 donne, 4 bambini e un neonato) sul Viking Amber, mercantile con bandiera di Singapore, designato dalla Guardia Costiera per effettuare l’intervento, quindi sotto il pieno coordinamento di Roma. I 118 tra l’altro sono solo una parte delle circa 450 persone che si trovano a bordo del Viking e che sono state recuperate dal mare nel corso di 4 interventi di soccorso. Tra oggi e domani i 118 verranno trasbordati su un mezzo della Guardia costiera italiana per essere indirizzati verso un porto ancora da definire.

Fin qui la parte operativa delle ultime ore che è gestita dalla centrale delle Capitanerie a Roma e che peraltro non vede le ong protagoniste. Poi però c’è la parte politica ed è su questo che ci si avvia a un nuovo braccio di ferro che conferma la linea del governo. La presa di posizione di Salvini, infatti, provoca un botta e risposta su twitter con LifeLine: “Quando i fascisti ci fanno promozione…” ha commentato in un primo momento l’associazione sul suo account. Il ministro dell’Interno ha replicato: “Una pseudo associazione di volontariato che dà del ‘fascista’ al vicepremier italiano? Questi non toccheranno mai più terra in Italia“. Lifeline negli stessi minuti ha fatto retromarcia, cancellando il messaggio precedente e precisando, forse in modo sarcastico: “No, @matteosalvinimi non è naturalmente un fascista. Ci è scivolato il mouse“. Ma Salvini non cede: “Roba da matti. A casa nostra comandiamo noi, la pacchia è STRA-FINITA, chiaro? Insulti e minacce non ci fermano”.
Toninelli: “Le navi di LifeLine non sono attrezzate”. Replica: “Non è vero”
Ma l’ong tiene a precisare che anche nell’intervento nel corso della notte “abbiamo cooperato con le autorità italiane ed americane nel pieno rispetto del codice di condotta”. Ed è esattamente questo il punto di scontro con il governo. “Le navi ong olandesi Lifeline e Seefuchs stazionano da ore in acque libiche – fa notare il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli – In violazione del codice di condotta perché non hanno mezzi e personale adatti a salvare un gran numero di persone. E potrebbero mettere in pericolo equipaggi e naufraghi. L’Olanda le faccia rientrare“.

Ma anche in questo caso LifeLine replica: “Abbiamo i mezzi ed il personale per effettuare le missioni di ricerca e soccorso – si legge in un tweet – e per fornire il primo sussidio a coloro che sono in emergenza, secondo il Codice di condotta. La nostra missione è salvare e garantire che le persone in cerca di protezione non vengano riportate in Libia e offrire loro la possibilità di raggiungere un porto sicuro”.
Crimi come Salvini: “La pacchia è finita”
D’altra parte la linea di Salvini convince tutto il governo, con il sostegno esplicito del M5s. C’è per esempio il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Vito Crimi che usa le stesse parole del leader leghista: La pacchia è finita per chi specula sui migranti”, dice Crimi, per quelli che “sui 600 migranti” dell’Aquarius “avrebbero lucrato 600mila euro al mese chissà per quanto tempo: c’è un albergatore che non ha potuto accogliere 50 persone per un mese una cooperativa che non ha avuto un appalto. E’ questo che dobbiamo bloccare in Italia. La pacchia è finita per chi ha speculato”. Crimi parla da un convegno sull’immigrazione promosso dall’associazione di magistrati Area Dg, al quale hanno partecipato tra gli altri anche il procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho (che ha lamentato l’assenza della polizia giudiziaria a bordo delle navi dell’ong) e il procuratore di Catania Carmelo Zuccaro (che ha definito le ong “parte di un sistema sbagliato”, con relative polemiche politiche).

Da lì arriva anche la replica dell’ex ministro degli Interni Marco Minniti. “Non posso dire a minorenne non accompagnato ‘la pacchia è finità, non capirebbe, perché non ci può essere cosa più drammatica che lasciare la propria famiglia. Le migrazioni sono un business? No. Può esserci malaffare? Sì. E tuttavia definire le migrazioni un business significa non aver capito bene quello che abbiamo di fronte. Si può dire, parlando dell’immigrazione, ‘la pacchia è finita?’ No”. Per Minniti “l’immigrazione è un fatto epocale, è una questione che riguarda il mondo, non pensiamo che riguardi soltanto l’Italia. Può essere cancellata? No, la cosa che può fare una grande democrazie è governare i flussi migratori” e lo si può fare, aggiunge nel “rispetto reciproco” tra “istituzioni democratiche, Stati e organizzazioni umanitarie”. “Se vogliamo affrontare grandi fenomeni epocali – ha concluso Minniti – dobbiamo mettere in campo una strategia complessa e difficile”.
Aquarius domenica a Valencia, la Francia accoglierà parte dei migranti
Nel frattempo le tre navi con i 629 migranti diretti in Spagna – Aquarius della ong Sos Mediterranée, Dattilo della Guardia Costiera e Orione della Marina – sta per raggiungere Valencia dopo 4 giorni di navigazione: l’arrivo è previsto per la mattinata di domenica. “Speriamo che la vicenda dell’Aquarius rappresenti realmente un punto di svolta per cambiare una volta per tutte la politica europea in tema di migrazioni” ha detto il presidente di Msf Spagna, David Noguera che ha ribadito che è “inaccettabile” che persone che scappano da guerra e fame vengano tenute per oltre una settimana in mezzo al mare in attesa di un porto sicuro e ha chiesto che a tutti i 629 migranti a bordo dell’Aquarius sia concesso lo status di rifugiato. “Sono tutte persone che hanno subito violenze nelle settimane e nei mesi di detenzione in Libia”.

La vicepremier spagnola Carmen Calvo ha annunciato tra l’altro che la Francia collaborerà all’accoglienza dei migranti dell’Aquarius. Il presidente Pedro Sanchez, racconta la Vanguardia, ha ringraziato il presidente Emmanuel Macron, sottolineando che questa è la cooperazione “con cui l’Europa deve rispondere”. In particolare, in una nota della Moncloa, si legge che dopo l’incontro tra la vicepremier e l’ambasciatore di Francia in Spagna, Parigi “accoglierà i migranti che, dopo l’arrivo al porto di Valencia e dopo aver completato tutti i passaggi formali previsti dal procedimento di accoglienza, manifestino il desiderio di recarsi in Francia”.
Sulla questione dei migranti è intervenuta la cancelliera tedesca Angela Merkel, che nel suo video messaggio settimanale ha ribadito che quella delle migrazioni è “una sfida europea che ha bisogno di una risposta europea“. Parole pronunciate in un momento molto complesso per il suo governo, che è in fase di stallo per lo scontro tra la stessa cancelliera e il suo ministro degli interni, Horst Seehofer, sostenitore di una linea “più dura”. Lunedì, invece, la Merkel riceverà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.

La Cei: “Salvare le vite, ma l’Italia non sia lasciata sola”
La Chiesa italiana chiede salvaguardia delle vite e  rispetto dei diritti ma lancia un appello all’Europa affinché l’Italia non resti sola. Il presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il cardinale Gualtiero Bassetti, in un messaggio sottolinea: “Crediamo nella salvaguardia della vita umana: nel grembo materno, nelle officine, nei deserti e nei mari. I diritti e la dignità dei migranti, come quelli dei lavoratori e delle fasce più deboli della società, vanno tutelati e difesi. Sempre”. Ma aggiunge: “L’Italia, che davanti all’emergenza ha saputo scrivere pagine generose e solidali, non può essere lasciata sola ad affrontare eventi così complessi e drammatici. Proprio perché crediamo nell’Europa, non ci stanchiamo di alzare la voce perché questa sfida sia assunta con responsabilità da tutti“. Bassetti ammette che il fenomeno è complessoe che “risposte prefabbricate e soluzioni semplicistiche hanno l’effetto di renderlo, inutilmente, ancora più incandescente. Crediamo nel diritto di ogni persona a non dover essere costretta ad abbandonare la propria terra e in tale prospettiva come Chiesa lavoriamo in spirito di giustizia, solidarietà e condivisione. Crediamo altresì che la società plurale verso la quale siamo incamminati ci impegni a far la nostra parte sul versante educativo e culturale, aiutando a superare paure, pregiudizi e diffidenze”.

Di soluzioni non facili sul tema dei migranti parla anche il cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura: “Fermo restando che la situazione è complessa c’è però anche bisogno sempre di tenere conto di questi valori”. Quanto ai toni usati da Salvini, il cardinale, a margine della cerimonia in cui gli è stata conferita la laurea honoris causa a Bologna, ha commentato: “Penso che noi tutti dobbiamo avere una sorta di purificazione della nostra grammatica comunicativa“.