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venerdì 23 marzo 2018

Tiziano Renzi non risponde ai pm e se la prende con i giornali: ‘Stop stillicidio, urlo mia innocenza, processatemi ovunque’.

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I genitori dell'ex premier si avvalgono della facoltà di non rispondere nell'inchiesta che li vede indagati a Firenze per presunte fatture false. L'avvocato del padre dirama una nota in cui Tiziano accusa la stampa, professa la sua innocenza e anticipa che non risponderà mai più ai magistrati: "Non ho niente da temere, non avendo commesso alcuno dei reati che mi sono stati contestati".

Per Tiziano Renzi la colpa è dei giornali. Specie di quelli che hanno raccontato i suoi affari e le indagini dei magistrati nei suoi confronti. La versione del padre dell’ex premier è arrivata oggi, in una lunga nota diramata dal suo avvocato Federico Bagattini. I tempi contano: la lettera di Renzi senior è arrivata dopo che il diretto interessato e sua moglie Laura Bovoli si sono avvalsi della facoltà di non rispondere alle domande dei pm fiorentini Luca Turco e Christine von Borries, che hanno iscritto i coniugi Renzi nel registro degli indagati ipotizzando il reato di fatture false. Il padre e la madre dell’ex sindaco di Firenze, nella fattispecie, avrebbero dovuto chiarire i loro rapporti con Luigi Dagostino, imprenditore di origini pugliesi molto attivo nel settore degli outlet di lusso ed ex socio di Tiziano Renzi.

Il padre dell’ex segretario del Pd, però, ha deciso di tacere, almeno davanti ai magistrati. Molto articolata, invece, la presa di posizione che emerge dalla nota diffusa dal suo legale. “Da quattro anni la mia vita professionale e personale è stata totalmente stravolta – si è lamentato Tiziano Renzi – Dopo anni di onorata carriera, senza alcun procedimento penale mai aperto in tutta la mia vita nei miei confronti, mi sono trovato improvvisamente sotto indagine in più procure d’Italia per svariati motivi”. I motivi? Per Renzi non ce ne sono: “All’improvviso e del tutto casualmente dal 2014 la nostra vita è stata totalmente rivoluzionata – ha spiegato – da cittadino modello a pluri-indagato cui dedicare pagine e pagine sui giornali. Alla veneranda età di 67 anni confesso la mia stanchezza. Ribadisco con forza e determinazione che non ho mai commesso alcuno dei reati per i quali sono stato – e in alcuni casi ancora sono – indagato“.

Tiziano Renzi, poi, ha passato in rassegna le indagini in cui è coinvolto, rispedendo al mittente le accuse ma non spiegando i motivi della sua convinzione: “Non ho mai fatto bancarotta fraudolenta come finalmente dopo anni di indagine Genova si è stabilito con l’archiviazione del procedimento; non ho mai commesso il reato di traffico di influenza per il quale sono stato messo sotto indagine a Napoli prima e a Roma poi; non ho mai fatto fatture false come si ipotizza a Firenze”. Poi l’appello e l’accusa ai giornali, colpevoli di aver scritto articoli su di lui: “Urlo con forza la mia innocenza che peraltro nessuno ha mai potuto negare in questi anni – ha sottolineato Tiziano Renzi – Ma dopo quattro anni di processi sui giornali con uno stillicidio di anticipazioni, notizie, scoop senza che mai ci sia un solo responsabile per le clamorose e continue fughe di notizie, adesso dico basta. Sono io – ha detto – che chiedo che si facciano i processi. Ma si facciano nelle aule di tribunale, non sui giornali. Ho il dovere di difendere la mia dignità e la credibilità professionale della mia azienda”.
Successivamente Tiziano Renzi ha anticipato quella che sarà la sua strategia processuale: “D’ora in avanti ho deciso che in tutti i procedimenti in cui sono coinvolto mi avvarrò della facoltà di non rispondere – ha spiegato – Non ho niente da temere, non avendo commesso alcuno dei reati che mi sono stati contestati. Ma voglio essere processato davanti alla Giustizia italiana per ciò che ho fatto, non sui giornali per il cognome che porto. Ancora oggi – ha raccontato – dovevo essere interrogato a Firenze e ore prima dell’appuntamento con i magistrati le redazioni dei giornali erano già state allertate”. “Sono un cittadino italiano – si legge ancora nella nota – stupito da ciò che è avvenuto nei procedimenti giudiziari che mi riguardano a cominciare dalla evidente falsificazione di presunte prove nei miei confronti, falsificazione così enorme da suonare paradossale”: chiaro, in questo caso, il riferimento all’inchiesta Consip e alla questione Scafarto. “Ma credo nella giustizia e nelle Istituzioni italiane. E dunque mi auguro che si celebrino i processi – ha detto ancora – Chiedo che si celebrino i processi: quelli in cui sono indagato e quelli in cui ho chiesto risarcimento danni per tutelare la storia professionale mia e della mia azienda. Se devo essere processato, che mi processino. Che mi processino il più velocemente possibile, se possibile. Passerò i prossimi anni della mia vita nei tribunali per difendermi da accuse insussistenti e per chiedere i danni a chi mi ha diffamato. Ma almeno – ha concluso Tiziano Renzi – potrò dire ai miei nipoti che la giustizia si esercita nelle aule dei tribunali e non nelle fughe di notizie e nei processi mediatici“.
Avvalersi della facoltà di non rispondere equivale ad una tacita ammissione dei reati ascritti.
Gli avvocati della difesa, infatti, consigliano di utilizzare questa formula quando temono che l'imputato, rispondendo alle domande della pubblica accusa, possa, in qualche modo, ammettere le colpe attribuitegli per non dichiarare il falso e commettere, per conseguenza, l'ulteriore reato di falsa testimonianza o spergiuro.

martedì 29 aprile 2014

Strage via D'Amelio, Mancino s'avvale facoltà di non rispondere.

Nicola Mancino (foto: ANSA)


Ex ministro chiamato a deporre al processo in corso a Caltanissetta.
L'ex ministro dell'Interno Nicola Mancino, chiamato a deporre al processo per la strage di via D'Amelio in corso a Caltanissetta, si è avvalso della facoltà di non rispondere. L'ex politico Dc, che è imputato al dibattimento sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, doveva essere sentito come imputato di procedimento connesso: tale status gli ha dato la possibilità di astenersi dal testimoniare. 
"Non voglio sottrarmi in alcun modo, ma non voglio interferire su un procedimento in cui non sono stato ancora interrogato", ha detto riferendosi proprio al processo di Palermo sulla trattativa in cui è accusato di falsa testimonianza. Mancino avrebbe dovuto deporre sul suo incontro col giudice Paolo Borsellino avvenuto l'1 luglio 1992, giorno del suo insediamento alla guida del Viminale.