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martedì 8 marzo 2022

Faraone navigator: vuole più poltrone per sindaci ed eletti. - Giacomo Salvini

 

Che sia un sostegno non ci piove. Che lo sia soprattutto per quei politici locali che, a fine mandato, sognano uno strapuntino ben remunerato, anche. Ed è per questo che i renziani a Palazzo Madama stanno provando a far entrare nel decreto “Sostegni Ter” un regalo per sindaci, governatori e consiglieri regionali. Un emendamento, a prima firma Davide Faraone e sostenuto anche dalla ex M5S Elvira Lucia Evangelista, che se approvato permetterebbe agli amministratori locali di passare da una poltrona all’altra: restare nelle partecipate di Comune o Regione o con incarichi dirigenziali nell’amministrazione. Il tripudio delle porte girevoli, insomma.

Oggi, infatti, la norma in vigore dal 2013 prevede che una volta terminato l’incarico di governatore, consigliere regionale, sindaco o consigliere comunale (ma solo per le città sopra i 15 mila abitanti), per due anni l’amministratore non possa ricoprire incarichi nelle partecipate o nella stessa amministrazione. Un vincolo minimo per evitare potenziali conflitti d’interessi. Ma per Faraone e i renziani è un cappio troppo stretto e quindi va eliminato. L’emendamento del capogruppo di Italia Viva in Senato, infatti, con un tratto di penna cancella i 24 mesi di “cuscinetto” per evitare di passare da una poltrona all’altra e permette di poter assumere l’incarico il giorno dopo la fine del mandato. E quindi, per fare solo qualche esempio, alla fine del suo mandato il sindaco di Roma Roberto Gualtieri potrebbe ricoprire un incarico in Acea (acqua pubblica) o il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana in Aria (la centrale degli acquisti lombarda) oppure rimanere con un incarico dirigenziale al Campidoglio o al Pirellone. Una norma, specificano i firmatari dell’emendamento, che serve “per non disperdere le competenze e le professionalità acquisite nel corso del mandato”.

Ma dietro alla nobile motivazione, in Senato l’emendamento è balzato all’occhio ai colleghi per la sua tempistica sospetta: Faraone non è solo il capogruppo di Italia Viva a Palazzo Madama, ma da poche settimane è anche il candidato renziano a sindaco di Palermo. Non ha possibilità di essere eletto ma un seggio in consiglio comunale non glielo leva nessuno. E poi, visti i tempi di magra dopo il taglio dei parlamentari, è sempre meglio guardare al futuro. Faraone non è il solo parlamentare renziano candidato in pectore alle prossime amministrative: anche il magistrato e deputato Cosimo Maria Ferri, sotto procedimento disciplinare al Csm per lo scandalo delle nomine, potrebbe essere candidato sindaco nella sua Carrara. L’emendamento in materia di “inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale” è stato presentato da Italia Viva al Sostegni Ter e ieri il gruppo al Senato si è riunito per fare una scrematura e per “segnalare” quelli considerati più importanti. La proposta renziana potrebbe trovare una sponda favorevole anche nelle altre forze politiche di maggioranza. Le porte girevoli, si sa, fanno comodo a tutti.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2022/03/08/faraone-navigator-vuole-piu-poltrone-per-sindaci-ed-eletti/6518637/?utm_campaign=Echobox2021&utm_content=marcotravaglio&utm_medium=social&utm_source=Facebook&fbclid=IwAR0HbtBC4MCV_vfqqtLK0MGku0lYB5oM4AmO8_J9ll372Ir-dRQjgj8Ccg0#Echobox=1646733272

venerdì 13 dicembre 2019

Aldo Renxi - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 5 persone, persone che sorridono

Si pensava che il Premio Pinocchio della settimana fosse una questione tra Salvini (per le sue balle sul Mes) e i cosiddetti “dissidenti” 5Stelle passati o in procinto di passare alla Lega (i Solgenitsin de noantri parlano di “coerenza” sul Mes e poi si consegnano al partito che li ha traditi ogni giorno per un anno e mezzo su Reddito, Tav, trivelle, inceneritori, Autostrade, blocca-prescrizione e acqua pubblica). Poi ha parlato Renzi, arringando i pochi senatori presenti nel tentativo di somigliare a Moro e a Craxi arrampicandosi sulle loro tombe per tramutarsi da nano in gigante. Purtroppo la statura è rimasta la stessa. Dopo aver ripetuto, da quando partì l’inchiesta Open, che non ce l’ha coi pm, ha elogiato quelli morti e calunniato quelli vivi. Dopo avere sprizzato bile e rabbia da ogni orifizio, s’è vantato dei suoi “sorrisi”, esibendo una via di mezzo fra un ghigno e una paresi. Così tutti hanno capito che l’indagine lo terrorizza: solo un soggetto in preda al panico riuscirebbe a stracciare il record mondiale di balle al secondo, peraltro già suo. In 20 minuti di delirio ne abbiamo contate 30. Per motivi di spazio ci limitiamo alle migliori 10.

1. “La magistratura fa un’invasione di campo: pretende di decidere cosa è un partito e cosa no”. Ma la Procura di Firenze non pretende di decidere niente: indaga su alcune notizie di reato. Quando Renzi era premier e segretario del Pd, i suoi dirottavano i fondi privati dal partito alla fondazione Open, garantendo ai donatori l’anonimato e talvolta favorendoli con provvedimenti ad hoc. Purtroppo, per essere leciti, i finanziamenti devono essere non solo dichiarati, ma anche disinteressati. Se c’è uno scambio di favori, sono tangenti.

2.“Stiamo discutendo della separazione dei poteri”. Sì, ma a calpestarla è proprio l’ex premier che attacca i pm impegnati in un’indagine doverosa su possibili finanziamenti illeciti.

3. “Nel ’77, alla Camera, Moro usò parole notevoli con chi voleva processare la Dc nelle piazze. Impariamo dalla storia”. Se avesse imparato almeno da Wikipedia, saprebbe che Aldo Moro non polemizzava con i pm del caso Lockeed, ma con Pannella che accusava il presidente Leone e con il demoproletario Pinto che chiedeva “processi non in aula ma nelle piazze” alla Dc (per Gui) e al Psdi (per Tanassi), visto che in aula imperava l’immunità-impunità. Gui fu poi assolto e Tanassi condannato: le tangenti Lockeed esistevano eccome.
4.“Il caso Lockheed ha segnato le dimissioni di Leone non perchè coinvolto, ma per uno scandalo montato ad arte da media e politici. Per distruggere la reputazione di un uomo basta la copertina di un settimanale. I tempi cambiano, ma il settimanale rimane”.
Ce l’ha, ingrato, con l’Espresso, dopo tutto quel che ha fatto per lui. Ma anche qui è male informato: Leone fuggì anzitempo dal Colle perchè l’Espresso aveva dimostrato che spendeva più di quanto dichiarava al fisco.

5. “Craxi nel ‘92 chiamò in causa tutti e disse che larga parte del finanziamento ai partiti era illecito o irregolare”. Geniale l’idea di respingere i sospetti di finanziamento illecito citando un campione della materia, fuggito in latitanza da arresti e condanne.

6. “Se si sanziona il privato che offre dei contributi, il cittadino non darà mai più un centesimo. È un ipocrita chi dice che non servono i soldi alla politica, leciti e puliti”. Infatti nessun finanziatore del Pd o di Iv è mai stato sanzionato: qui si indaga su fondazioni che fanno da schermo a partiti per nascondere i donatori e le eventuali contropartite.

7. “Può accadere a ciascuno di voi”. Suvvia, chi di voi non ha una fondazione che incassa 6-7 milioni? Chi non parte a gennaio con 15mila euro sul conto e a dicembre se ne ritrova 800mila? Chi non incontra una vecchina col figlio piazzato a Cdp che gli presta 700mila euro per la villa? Son cose che capitano a tutti.

8.
“I pm mandano all’alba i finanzieri da cittadini incensurati e non indagati”. Le perquisizioni si fanno all’alba per trovare la gente in casa. E l’art.352 Cpp prevede le perquisizioni su “persone” (indagate o no) o “luoghi” dove si ritiene “si trovino occultate cose o tracce pertinenti al reato che possono essere cancellate o disperse”. Punto.

9. “Chi dice che la privacy vale sono per qualcuno e non per altri viene meno allo stato di diritto: è barbarie”. Veramente lo diceva il padre della legge sulla privacy, Stefano Rodotà: “Nel Codice deontologico per i giornalisti - che qualsiasi magistrato può applicare trattandosi di norma giuridica vincolante - è scritto che ‘la sfera privata delle persone note, o che esercitano funzioni pubbliche, dev’essere rispettata se le notizie o i dati non hanno alcun rilievo sulla loro vita pubblica’. Tecnicamente si chiama ‘minore aspettativa di privacy’… Il conflitto nasce se una persona nota chiede di tenere riservate notizie che l’opinione pubblica vuole conoscere per controllare chi fa un attività pubblica… Se il giornalista accerta che un signore con un ruolo pubblico incontra un mafioso, per il pm può essere irrilevante, ma per il giornalista, in quanto interlocutore dell’opinione pubblica, è della massima rilevanza”.

10. “Chi si permette di parlare viene censurato dal Csm. Non mi risulta sia stato abrogato l’art.68 della Costituzione: i membri del Parlamento non sono chiamati a rispondere delle posizioni espresse”. Manco la Costituzione conosce: gli eletti sono insindacabili su “opinioni espresse e voti dati nell’esercizio delle funzioni”. Non su calunnie sparate fuori dall’Aula o dalle funzioni. In ogni caso, nessuno l’ha trascinato in tribunale (come fa lui con i giornalisti liberi): il Csm ha solo difeso i pm, che non possono farlo da soli, dai suoi insulti.

Ps. Su un punto Renzi ha ragione: sarebbe ingiusto processare i renziani nelle piazze. Molto meglio i tribunali.

domenica 15 settembre 2019

La Banda dei Buchi. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 15 Settembre:

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Il Partito degli Affari è di nuovo in ambasce: avrebbe preferito un bel monocolore Salvini-B., magari un tricolore Lega-FI-Pd. Il problema sono sempre i maledetti 5Stelle e il putribondo Conte, che per quanti sforzi si facciano non si riescono proprio a sterminare, con la loro fissa dell’ambiente. Gira e rigira, tutti i mal di pancia dei giornaloni e dei leoni da tastiera e da talk sul Conte 2 vengono di lì. Un anno fa il PdA era andato nel panico tre volte: per la dipartita dei vecchi santi protettori FI&Pd e per il governo giallo-verde; per l’annuncio di Conte, Di Maio e Salvini sulla revoca delle concessioni ad Autostrade dopo il crollo del ponte Morandi; e per le analisi costi-benefici sulle grandi opere (Tav in primis). Poi Salvini voltò gabbana su tutti e tre i fronti, diventando il nuovo patrono del PdA, che tirò un sospiro di sollievo. E cominciò a pompare il Cazzaro con i suoi giornaloni e tv, gonfiandolo come la rana della fiaba fino a farlo scoppiare. Ora il programma green di Conte provoca nuovi conati alla Banda del Buco: si vede dalle facce e dalle arrampicate sugli specchi dei suoi pennivendoli, che non dissero una parola sui vergognosi inciuci Pd-FI e ora si consumano le unghie in cerca di pretesti per sputtanare in fasce un governo pienamente legittimo.

Se c’è una critica che si può e si deve muovere al Conte 2, così come al Conte 1, è la preoccupante presenza di ministri e sottosegretari devoti al PdA: per esempio, al Mit, la De Micheli (che promette grandi opere à go-go senz’alcun controllo) e il suo vice Margiotta (in pieno conflitto d’interessi per le passate vicende petrolifero-giudiziarie e la società familiare di engineering). Ma ciò che allarma noi rallegra la Banda del Buco. E viceversa. Noi però non amiamo i processi alle intenzioni: dunque attendiamo al varco anche la De Micheli e Margiotta, per giudicarli dagli atti e dai fatti. I tre nuovi arresti per i report taroccati di Autostrade su altri viadotti pericolanti dopo il crollo del Morandi rendono urgentissima la revoca almeno parziale delle concessioni. Che peraltro lo era già un anno fa, prima del voltafaccia pro Benetton della Lega. Le responsabilità penali le stabiliranno i giudici con le loro regole e i loro tempi. Quelle gestionali del concessionario inadempiente per omessa manutenzione e messa in sicurezza di beni pubblici pagati dai cittadini e scriteriatamente privatizzati dal centrosinistra nel 1999, sono già accertate nero su bianco nella relazione degli esperti nominati da Toninelli. Qui si parrà la nobilitate del Conte 2 e la “discontinuità” del Pd che s’è ripreso Trasporti e Infrastrutture. Tutto il resto è noia. E chiacchiera.


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